il centro in periferia
di Giulia Rieti
Arrivare su di un’Isola è sempre emozionante. Non vi è nessuna legge scientifica o fisica a dimostrarlo ma sono le percezioni e le sensazioni provate dalle persone che vi si recano a testimoniarlo. Rio Marina è un piccolo paese che consta di circa 2.200 abitanti, i colori delle case sono sui toni dell’arancione e del rosa salmone, già dal traghetto, ancor prima di sbarcare, le finestre e i portoni delle case ti osservano; scrutano il forestiero e si domandano il perché della scelta di passare del tempo proprio in quel paese della costa orientale dell’Isola d’Elba, apparentemente meno turistico rispetto ad altre località, ma dove regna una sorta di tranquillità che diventa un’atmosfera distintiva.
Ogni isola ha la sua particolarità, sono convinta di ciò, e a caratterizzare un determinato luogo possono essere svariati fattori. Il paese di Rio Marina possiede una caratteristica che ancora non ho riscontrato in nessun altro posto: “luccica”. A brillare non sono solamente le spiagge ricche di sabbia nera, dovuta alla presenza del ferro, che caratterizzano il versante est dell’isola, soprattutto nel tratto tra Rio Marina e Cavo, sono piuttosto i palazzi, le strade, le mura. Se si è vicini alla spiaggia l’effetto è maggiormente evidente, poiché il riflesso del sole sull’acqua fa luccicare il mare che a sua volta rifrange di luce scintillante il paese. Non si esige un occhio attento o esperto, ma forse sensibile sì, ad accorgersi che vi è qualcosa di insolito se si passeggia per il paese, un elemento in più che contraddistingue questa località dalle altre. Questo “brillare” [1] infatti conferma un passato comune a diverse parti dell’Isola; è testimone di un passato minerario.
Essere un’Isola
La definizione di “isola” appare piuttosto ovvia e nota a chiunque «Porzione di terraferma completamente circondata dall’acqua e situata in un oceano, mare, lago, laguna o fiume; l’origine delle isole può essere dovuta a movimenti della crosta terrestre, erosione, vulcanismo, deposizione di materiali sedimentari, formazione madreporica» [2]. Al di là della definizione geografica in sé, vi sono tuttavia altri fattori che entrano a formare l’intimità dell’isola. Mi riferisco all’identità, alla località, ai miti, alle tradizioni e alle rappresentazioni che abitano il luogo: «dal punto di vista culturale, ogni isola tende ad essere ricca di tradizioni e tratti originali che, pur non impedendo transiti e movimenti, producono una sorta di sospensione storica dell’immaginario dei residenti e dei visitatori, come dimostrano le ricche mitologie locali e i rispettivi miti di fondazione» (Simonicca, 2015: 273).
Se prendiamo come riferimento l’Isola d’Elba non possiamo non considerare il suo glorioso passato minerario. Si narra, infatti, che sin dai tempi degli Etruschi l’Isola fosse famosa per i suoi giacimenti di ferro; non solo, si crede, in più, che anche gli antichi eroi del viaggio per eccellenza, gli Argonauti, si recassero sulla spiaggia delle Ghiaie a Portoferraio quando avevano necessità di riparare le imbarcazioni, poiché il luogo, già da allora famoso per il ferro, induceva Virgilio, nell’Eneide, a comunicarne l’incredibile abbondanza con versi lapidari: «Ilva […] Insula inexhaustis Chalybum generosa metallis […]» («Elba […] isola inesauribile miniera de’ Càlibi») [3]. E del resto, non è il solo ferro e i suoi minerali (tra cui la pirite, l’ematite, la magnetite, l’ilvaite, la limonite) a rendere così importante e attraente l’Isola, ma anche la presenza di moltissimi altri cristalli come per esempio il quarzo prasio o le tormaline, di cui l’elbaite rappresenta la varietà più famosa e che prende il suo nome proprio dall’Isola d’Elba.
Difatti l’attività mineraria ha accompagnato la popolazione di Rio Marina nel corso della sua storia, affiancandosi a quella dei marittimi, dei pescatori e degli agricoltori, senza mai sostituirla o andarvi in collisione, e non a caso sono proprio i versi immortali del poeta latino, incisi in ferro battuto sulla facciata del Palazzo del Burò, ad accogliere il visitatore all’ingresso del Museo del Parco Minerario.
Il ritorno
Fare ritorno all’Isola d’Elba dopo avervi passato intense stagioni estive da bambina è stato emozionante e, ad essere sincera, quasi impensabile, perché non avevo mai guardato a Rio Marina in un’ottica di ricerca, né mai, da più piccola, avrei pensato di poter svolgere una ricerca in un luogo a me così caro. Erano anni che non tornavo all’Elba. Dopo la morte di mia nonna, la famiglia veniva meno volentieri e quindi anch’io; eppure, ho tanti ricordi che mi legano al luogo, giornate di sole, tuffi dagli scogli con mio fratello, nuotate con mio padre in cerca di ricci. Mi ha fatto bene tornare e il fatto di aver passato un mese da sola mi ha dato modo di riflettere sul valore che attribuisco a questo luogo e su cosa significa per me. Ho imparato a vivere il paese in maniera differente, a partire dallo stretto contatto con la realtà mineraria della quale, ad esclusione di qualche ricordo e alcune letture, sapevo veramente ben poco. Devo molto a tutti i membri del Parco Minerario che mi hanno accolta fin da subito con grande premurosità e hanno esercitato una grande pazienza a spiegarmi il funzionamento del sito, a condurre con me lunghi discorsi, a intervenire con interesse al lavoro che stavo svolgendo.
Le interviste che propongo si riferiscono al periodo che va da metà agosto a metà settembre 2020, a cui vanno aggiunti diversi week end sino alla fine di ottobre, periodo che noi tutti – allora! – ingenuamente definivamo “Post Covid-19”, eppure, sottotraccia, si sentiva un rafforzato velo di diffidenza e timore per chiunque fosse “estraneo” alla cerchia dello staff del Parco. Ricordare il contesto è importante, perché aiuta a capire meglio tanto le dinamiche con le persone quanto gli esiti del lavoro intrapreso.
Lo dico ora in maniera diretta: oggetto della ricerca era/è il Parco Minerario di Rio Marina e il suo passaggio da sito estrattivo a organizzazione erogatrice e promotrice di servizi e attività per la conoscenza della realtà mineraria e la creazione delle condizioni fruitive che tentano di produrre sintonia tra il turista e l’ambiente circostante.
Ho raccolto le voci di molti e credo che siano interessanti, oltre che per la loro qualità umana, soprattutto perché derivano – proprio per la loro diversità: questionari, interviste, colloqui –dalla vita e dall’esperienza di molte persone – visitatori, ex-minatori, guide, operatori e staff del parco – che rappresentano un mondo plurale e un fascio di punti vista che in qualche maniera rileggono e danno senso e nome al territorio stesso.
Osservando e partecipando ho potuto vivere in prima persona le attività proposte dal Parco Minerario (visita museale, gite al cantiere con il trenino, laboratori didattici, trekking, tour al cantiere in fuoristrada) e trovare ampio confronto con le parole di chi mi ha raccontato le stesse esperienze. Quando, ad esempio, Roberto o Leonardo, due guide del sito, fanno riferimento alla proprietà dell’ematite, parlano di “iridescenza”, solo l’esperienza diretta può fare comprendere la forza delle sfumature colorate del minerale, così come solo il “calpestare” lo stesso terreno che hanno calpestato i minatori, rende ragione dello stare in miniera, e connota di senso il camminare quando l’acqua produce una sorta di acquitrino oppure si cerca di sollevare il pesantissimo martello pneumatico, utilizzato per l’escavazione.
Rivivere un mondo è una modalità di conoscenza; però oltre a questa sorta di conoscenza corporea, attuale, per capire un luogo bisogna recuperare la memoria e la percezione che i locali hanno del mondo, dell’abitare e dei valori che attribuiscono ai loro spazi, ma anche la memoria di chi arrivando da fuori offre del nuovo un’immagine, un disegno, un bozzetto, che arricchisce e rivalorizza il quadro complessivo; e recuperare tutto ciò significa parlare della sua ‘anima’.
Area interna
È una nozione che ha bisogno di essere approfondita, per riferirla al nostro paese. Rio Marina, in apparenza, non trasmette un’impressione di luogo remoto e isolato, giacché non è situato nell’entroterra dell’Isola, anzi, la sua storia, per essere stato un paese di pescatori e minatori, si lega ad una “esposizione” al mare e agli scambi necessari per la produzione lavorativa sia della pesca sia dei minerari – trasporti inclusi; e trattandosi della costa orientale è, assieme a Cavo, la località più vicina e raggiungibile con il traghetto dal porto di Piombino. Eppure, se per sua definizione e ubicazione geografica non appare come un’area “interna”, molte sue caratteristiche rispecchiano questa condizione, e abbisognano di precisazioni.
Seguendo la definizione contenuta nella “Strategia Nazionale per le Aree Interne” (SNAI) per aree interne si intendono «quelle aree significativamente distanti dai centri di offerta di servizi essenziali (di istruzione, salute e mobilità), ricche di importanti risorse naturali e ambientali e di un patrimonio culturale di pregio» (DPS, 2014) [4]. Ed effettivamente, se analizziamo le componenti del territorio di Rio Marina, ci accorgiamo che per quanto possa essere vicino e ben collegato alla terraferma ha un rapporto di lontananza dai centri abitati più grandi dell’Isola ed erogatori di maggiori servizi, difetta di mezzi di trasporti pubblici (problema, questo, del resto del tutto insulare), manca di ospedale, anche se è presente un Centro di pubblica assistenza; l’offerta formativa si ferma alle scuole elementari. A fianco a tutti questi elementi, sfavorevoli a uno sviluppo locale, non possiamo non rilevare, però, la presenza di risorse naturali e di un patrimonio culturale di rilievo, il patrimonio minerario.
Va aggiunto, per amore di verità, che Rio Marina non è stata sempre un’area interna come sopra definita. Prima, nel tempo, quando le miniere erano attive e il minerale era estratto, lavorato e trasportato, figurava tra i più ricchi paesi dell’Isola, quello con maggiori contatti con l’esterno, il maggiormente attrattivo per i visitatori dal continente, il più visibile per la sua posizione centrale nel territorio. Ed è proprio questo ‘prima’, connotato di asprezza ma anche di gloria, che torna nell’immaginario delle persone del luogo, per la presenza di professionisti, per il fluire maggiore di reddito, per la possibilità di accedere a luoghi della cultura, per il loisir.
I: «La vita prima era una vita diversa no? La vita era più dura specie in un posto come questo quindi vabbè la vita della miniera è durissima è sempre stata dura ma anche la vita del contadino quanto era dura! Perché il territorio era aspro e quindi coltivare la vigna, qua voleva dire un lavoro immane rispetto ad altri quindi diciamo che questo anzi può generare un senso di fierezza anche perché poi non vi dimenticate che quando le miniere erano attive qua, in quest’area qua e il turismo non c’era ancora all’Elba, questa, questo luogo, questa zona dell’Elba, questa parte orientale era la più ricca dell’Elba era quella dove si stava meglio proprio perché c’eran le miniere dove c’erano più diciamo contatti con l’esterno, dove il continente veniva qui! Quindi i tecnici, gli ingegneri le persone che erano anche più evolute da un punto di vista culturale venivano qua, lavoravano qua, portavano le famiglie qua, venivano in vacanza qua, quindi questa era: c’era più ricchezza: c’erano teatri, c’erano bar, c’eran ristoranti era un’altra cosa ora naturalmente con la chiusura delle miniere questo luogo è rimasto indietro e si è espanso il turismo dall’altra parte dell’Elba e quindi l’altra parte dell’Elba ha tutta più benessere» [5].
E chi ha vissuto Rio Marina al tempo delle miniere ricorda ancora la vivacità del traffico da lavoro e viaggi, attività oggi sostituita dalla quiescenza senile:
A: «c’erano diverse opzioni di lavoro perché c’erano i marittimi tipo il suo babbo [indica L.] e tipo tante altre persone, poi c’erano coloro che lavoravano in miniera e poi c’erano altre persone che vivevano di pesca [rumore di moto che passa] e con il lavoro ce ne era molto molto di più allora che oggi. Oggi siamo un paese totalmente di pensionati, escluso questi quattro ristoranti».
L: «prima c’erano, venivano da tutte le parti»
A: «ma venivano da tutte le parti del mondo»
L: «ma anche l’inverno eh perché eravamo una bella popolazione»
A: «da Portoferraio, da Porto Azzurro, Capoliveri e da Rio Elba convergevano tutti»
L: «e da di fuori, da Milano anche xxx» [risate] [6].
Un’altra dimensione da tenere in considerazione, quando ci riferiamo a un’area interna, è relativa all’aspetto demografico. I sistemi locali hanno raggiunto un grado di invecchiamento tale che spesso non è più garantito un sufficiente ricambio generazionale, con conseguente drastica riduzione della popolazione nelle classi in età lavorativa. Queste aree, perciò, diventano luoghi generatrici di flussi migratori, specialmente tra i giovani, i quali, una volta conclusa la formazione liceale e decisi a completare il percorso di studi necessariamente altrove, si iscrivono all’Università (mete favorite dai Riesi sono Firenze, Pisa e Bologna), oppure decidono di lasciare la casa natale per cercare lavoro sulla Penisola/Continente. Non è però un fatto del tutto irreversibile, in quanto emerge di continuo un dettaglio interessante, e cioè la dinamica sociale e insieme esistenziale del “ritorno” o il “rientro” estivo.
Se è vero che molti giovani abbandonano Rio Marina per motivi di studio, di lavoro o anche solo per “cambiare aria”, è pure vero che nei mesi estivi quasi tutti vi fanno ritorno, sia esso il motivo il ricongiungersi con la propria famiglia oppure il beneficiare dell’aria di mare oppure l’aumento di cash da attività in stagione balneare, come che sia, tutti tendono a farvi ritorno.
Un po’ come tutte le isole, l’Elba è caratterizzata da un’occupazione stagionale e durante tutto l’inverno la maggior parte degli abitanti vive del reddito tratto dal guadagno estivo, è comprensibile dunque che, data l’importanza conferita al turismo, i giovani, anche se durante il resto dell’anno risiedono altrove, facciano ritorno nei mesi caldi per aiutare i familiari nel lavoro e per guadagnare anch’essi qualcosa in più.
Turismo da area interna
Ed è proprio attorno all’immaginario minerario che si è andato pian piano a costituire il landscape turistico di Rio Marina. Quando è avvenuto il passaggio da sito estrattivo a miniera erogatrice di servizi sociali, e aperta quindi alla fruizione sociale, sono aumentati i bar e sono numerosi i ristoranti che offrono pietanze di mare – e non solo – ai visitatori. Si può effettivamente parlare di un turismo sia “giornaliero” sia delle seconde case, e ciò incide sulla percezione che ne ha il paese, in bene e in male. Di sicuro il turismo vissuto “alla giornata” – e quindi non profondo ma spesso dissipativo – è dato da differenti fattori, che costituiscono invece l’attrattiva di chi vi giunge: la dimensione del paese, la scarsità di strutture ricettive, la non popolarità delle spiagge.
La dimensione molto ridotta del paese e la sua lontananza dagli altri centri abitati potrebbero non favorire Rio Marina come prima meta di viaggio, considerato anche il fatto che se non si possiede un mezzo proprio diventa complicato muoversi sull’intera isola; affittare una macchina o un motorino è assai dispendioso, soprattutto in alta stagione, e i mezzi pubblici, per quanto durante il periodo estivo siano intensificate le corse, sono sempre pochi per raggiungere determinate località, senza considerare il grave limite che l’ultima corsa, che collega le varie parti del sito, parte intorno alle 21.00, azzerando la possibilità di trattenersi per ammirare il tramonto o più semplicemente godersi la cena in tranquillità. Pur tuttavia l’appeal della località se ne avvantaggia.
Il problema dei trasporti pubblici è del resto acuto, si estende a tutta l’Isola e sono gli stessi isolani a lamentarsene, anche per ciò che concerne il tariffario, ritenuto eccessivo.
G: «ok, secondo voi il territorio dell’Isola d’Elba, tutto, integralmente, è adatto ad accogliere i visitatori? A livello anche di strutture, di ricettività, di attività proposte?»
X: «sì, secondo me, sì. A livello di strutture, a livello di attività proposte, l’unica cosa che manca sono i trasporti. Perché tutto il turismo è organizzato, diciamo, per arrivare all’Elba con la macchina e non c’è una buona connessione con i treni e con gli autobus c’è qualcosa con le grandi città con Milano, Firenze, forse Pisa non lo so però non c’è un grande collegamento diciamo con i pullman che ti portano… […] sull’Isola c’è l’autobus con un orario invernale che finisce con la chiusura della scuola [forte rumore di sottofondo] che è tutto per il servizio all’utenza scolastica quindi fino a metà giugno il sabato e la domenica ci sono pochissime corse mentre da metà giugno a metà settembre diciamo ci sono più corse, è un pochino più utile però ehm diciamo ehm è tutto fatto con pullman standard e quindi con pullman piccoli che magari raggiungono certe località e poi non è economico. Perché se vai da Portoferraio a Procchio il biglietto costa 2 euro, se sei una famiglia alla fine ti conviene la macchina [ride] economicamente [ride]» [7].
Dal punto di vista dello housing, poi, la presenza delle strutture ricettive è limitata, consta di un hotel nel pieno centro e di una decina di affittacamere, più diffuse; e questo è un altro fattore che complica la permanenza di turisti per più di una giornata, data la seria difficoltà di pernottamento. Anche l’assenza di spazi di loisir per la vita notturna tende a disincentivare la permanenza a Rio Marina, soprattutto per i più giovani che magari preferiscono la più animata Porto Azzurro, la più grande Portoferraio che offre maggiore varietà di scelte oppure Lacona, dove le attrezzature, senz’altro più adeguate dei campeggi, permettono di condurre vita sociale e attività di divertimento in gruppo e con nuove conoscenze.
Circa le spiagge, infine, quelle del versante est sono poco conosciute, mentre nutrono migliore pubblicità le spiagge bianche delle Ghiaie, di Capo Bianco o della Padulella a Portoferraio, quelle, assai preziose, di Enfola, dove risiede il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, oppure le spiagge della Fetovaia e di Cavoli nella parte sud-ovest dell’Isola, senza dimenticare le piscine naturali.
L’elenco sarebbe lungo, perché l’Isola d’Elba detiene il privilegio di possedere un’infinità di spiagge splendide, tra cui scegliere a piacere; e grazie alla piccola estensione insulare è possibile visitare anche tre spiagge in una sola giornata. Si rileva un fatto oramai assodato, e cioè che il turismo balneare è incentrato per lo più su queste zone dell’Isola, mentre le spiagge dalla sabbia nera, situate lunga la costa orientale, sono meno conosciute dai turisti e di conseguenza meno apprezzate. Si tratta di colori e fondali diversi, su cui si esercita senz’altro un regime di distinzione estetica, lo riconosco, ma non è proprio la varietà a rendere l’Isola d’Elba così unica?
Pur poco conosciuta per le sue spiagge, questa parte dell’isola è invece famosa per le sue miniere, tanto che il visitatore che si imbatte nel paesino di Rio Marina non potrà andarsene senza prima avere vissuto un incontro ravvicinato con questa realtà. Alcuni turisti vengono in questa località appositamente per fare un’escursione tra la natura e i colori che offre il paesaggio minerario e sono sempre più numerosi coloro che vi fanno ritorno per lo stesso motivo; numerosissime sono le famiglie che portano i bimbi a familiarizzare con i minerali sul trenino, non mancano né mancheranno mai le visite di studiosi e di persone interessate alla storia del posto.
G: «parlando dei visitatori e dei turisti che vengono al Parco Minerario, secondo lei si tratta più di visitatori occasionali e quindi che vengono diciamo a passare quelle due/tre ore o invece magari anche persone che sono informate e sono appassionate del sito minerario?»
I: «bhe diciamo che è un mix, no? Quindi noi dobbiamo raggiungere, se vogliamo far funzionare le cose anche da un punto di vista turistico dobbiamo realizzare un mix, quindi non andare verso un solo tipo di utente ma verso vari tipi di utente, quindi ci sono quelli che sono attenti allo studio, sono esperti, quindi vengono qua proprio per studiare quello che è il discorso del ferro, ci sono quelli che vengono perché gli piace la storia, l’identità, quindi vengono a ricercare la vera identità del luogo, ci sono quelli che vengono, e sono i più piccoli anche, che vengono per divertimento, perché vedono una specie di parco giochi, per esempio molti di quelli che visitano la miniera in trenino sono questi, sono i più piccini. Noi cerchiamo di andare verso una: vorremmo fare, il nostro è anche un discorso presuntuoso e troppo ambizioso, vogliamo fare un turismo di qualità anche per quanto riguarda i più piccini, quindi facciamo anche dei laboratori per le famiglie, vogliamo far crescere la nostra offerta dal punto di vista qualitativo quindi anche quello che sarà un turismo più di evasione e più di divertimento dovrà avere dei connotati più culturali» [8].
Tante sono anche le idee e i suggerimenti degli abitanti per promuovere il Parco e per condividere i saperi del patrimonio minerario elbano con l’esterno.
L: «lei lo sa che qui a Rio Marina ci sono dei cristalli di minerali unici al mondo, lo sa?».
G: «lo so, cioè l’ho scoperto quest’anno però si lo so, ora lo so».
L: «qui a Rio Marina dovrebbero fare …».
A: «già stai passando ai cristalli, vai a monte, scusa».
L: «vado a monte, certo, a monte, a monte».
A: «eh».
L: «a monte c’è: le lavorazioni gliele racconti te poi che sei più esperto, il progetto, che si potrebbe fare sul parco minerario di Rio Marina, allora avendoci gli unici, avendo i cristalli unici al mondo potrebbe venir fuori un bel parco minerario qui, coinvolgere la Comunità Europea per i finanziamenti, ci vuole progetti eh, bisogna fare progetti […] farseli finanziare. Qui ci abbiamo degli immobili che ci farei la foresteria per i docenti universitari, su in miniera dei punti di ristoro e ci dovrebbero venire tutte le università d’Europa, del mondo non d’Europa perché sono unici al mondo questi cristalli, a studiare i minerali. Questo è un progetto che (…) io farei ecco» [9].
E condividerlo anche con gli abitanti dell’isola stessa, in particolare con i più piccoli.
S: «Io nel mio immaginario vedrei una “settimana della Cultura” per esempio».
G: «eh sì sarebbe bello»
S: «capito? Ma non solo per il posto, ti dico Rio Marina ma come altre parti dell’Elba perché la storia è storia di tutti, è storia dell’Elba capito? Quindi sarebbe una settimana della cultura gratuitamente, ci si organizza, certo è vero che ti impegnano dei lavoratori, ti impegnano ehh».
G: «sì, ma a maggior ragione no? Crei impieghi …».
S: «eh, ci si organizza si fanno la “settimana della Cultura” in modo tale che tutti i bimbi tutti gli anni a qualsiasi età conoscono la loro eh perché non è solo la passeggiata in miniera capito? Cioè la passeggiata in miniera rimane fine a se stessa, vedi un paesaggio, ma ci vuole la guida che ti racconta, ti racconta la storia del minatore, cioè capito? Son state poche le iniziative, c’è stato il “giorno dei nonni” ultimamente che i bimbi dell’asilo, i nonni li portavano, li portavano anche a fare la visita al museo. Questo mi ricordo uno degli ultimi anni però non c’è, son pochi capito? Sono poche le attività e il Parco questo è un limite che ci ha. Cioè io capisco che comunque ti impegna, impegnativo forse anche a livello economico perché te magari gratuitamente ma però: insomma deve essere una cosa che deve essere valorizzata, insomma i bimbi sta cosa non ce l’hanno, non c’hanno questa opportunità nemmeno nel loro territorio non ce l’hanno. (3sec.) quindi ecco io l’ho detto questa cosa l’ho fatta presente, l’ho fatta presente perché secondo me è una delle prima cose che dovrebbe esserci; una “settimana della Cultura” anche tutte le scuole dell’Elba di qualsiasi livello la possibilità di fare in questa settimanacosì te impegniil Parco, il comune, chicchessia in una sola settimana e dai la possibilità però con le guide di conoscere, di fare escursioni, questo» [10].
Seppur più di nicchia rispetto al balneare, questo tipo di turismo culturale ed educazionale sta prendendo piede e sono sempre di più coloro che sono interessati non solo al “bel mare”, ma anche alla multiforme bellezza dell’Isola fino nelle più piccole sfaccettature, e, nel caso di Rio Marina, sono pronti a conoscere una parte di essa attraverso l’esperienza diretta con il minerale.
R: «e far capire alle persone che veramente c’è stato tutta questa vita, tutto questo mondo, tutta questa fatica, sangue, morte, sudore, c’è stato tutto qui. C’è stato infortuni mortali […] tantissime storie da raccontare, è veramente un universo e chi viene e riesce veramente a capire che al di là del mare, del sole, delle belle spiagge, della movida, del divertimento, di tutto quello che vuoi, c’è anche questo, c’è anche altro» [11].
Il Parco Minerario
Il Parco Minerario dell’Isola d’Elba nasce dall’idea di restituire all’ambiente e all’uso dell’uomo una vasta area che è stata profondamente trasformata, riconoscendone il suo valore storico e culturale. Si offrono attività didattiche e conoscitive a tutti coloro che sono curiosi e vorrebbero sapere di più a proposito del funzionamento delle miniere, e inoltre il Parco ricopre sul territorio un ruolo di “trasmettitore di memoria”, con piena consapevolezza di tale ruolo e funzione: «compito del Parco Minerario è di riannodare i fili, per quanto possibile, e di trasmetterla alle future generazioni come un patrimonio di alto valore culturale» [12].
Il Parco Minerario è aperto alla fruizione pubblica dal 14 luglio 2001 ed è composto dal Palazzo del Burò (prima sede degli uffici delle miniere) che ospita su due livelli il Museo dei minerali e dell’arte mineraria, la Laveria nella quale si svolgono le attività del Laboratorio ambientale, l’Anfiteatro presso il quale si organizzano gli eventi culturali (che non sono necessariamente di carattere minerario, ma che fungono sempre da punto d’incontro e di ritrovo per la comunità Riese e per i visitatori) e le coltivazioni minerarie [13] a cielo aperto che prevedono le escursioni presso Bacino e Valle Giove, i due principali cantieri di Rio Marina.
A usufruire di tale offerta durante i mesi estivi sono maggiormente i visitatori giornalieri, costituiti prevalentemente da famiglie con bambini, ma anche appassionati di escursioni naturalistiche, studiosi o giovani coppie che cercano un’alternativa interessante alla spiaggia. La visita ai cantieri minerari a cielo aperto si trasforma così in un’esperienza a tutti gli effetti; i visitatori non vivono un’esperienza passiva, svolgono un ruolo di protagonismo in attività autonomamente scelte. Che si tratti di visitare il cantiere minerario raggiungendolo con il caratteristico trenino oppure di una camminata di circa tre ore tra i colori e il luccichio del paesaggio minerario, il visitatore si sente partecipe del tour e questo senso di appartenenza vibra ancora di più quando viene data la possibilità di trovare il proprio minerale: la guida fornisce a tutti i partecipanti una bustina di plastica e un piccone con il quale andare alla ricerca del minerale e portare a casa tanti minerali quanti entrano nella bustina. La clausola limitativa, ovvia, svolge il compito di tutelare l’ambiente, dando l’opportunità al visitatore di toccare con mano l’esperienza della miniera stessa, riducendo il danno al minimo.
Guardare, sentire l’odore di zolfo e di metalli, cercare, scavare e trovare fanno parte del processo di scoperta e d’inclusione proprie all’attività; chi vi partecipa, si sente motivato, si diverte e inevitabilmente impara di più. Alla domanda posta nel questionario di gradimento «Pensa che questa esperienza al Parco Minerario abbia aggiunto valore alla sua vacanza?» e «che tipo di valore pensa abbia aggiunto?», i risultati sono stati più che positivi: su un campione di 50 questionari ben 47 persone affermano che la visita al Parco Minerario abbia aggiunto valore alla propria vacanza e il tipo di valore apportato è nella maggior parte dei casi di tipo culturale ed esperienziale.
Come già detto l’itinerario in miniera prevede diverse tappe a seconda dell’attività che si predilige: visita museale dove la vita del minatore è ricostruita tramite modelli ed esposizione di fotografie; si possono contemplare i minerali dell’Elba esposti sotto teche di vetro illuminate e funzionano a regime il laboratorio didattico per bambini, il percorso trekking, il tour in fuoristrada oppure la gita in trenino per arrivare al bacino minerario, dove la cava a cielo aperto diventa un museo interattivo per bambini che dotati di piccoli picconi sono liberi di scavare, esplorare, cercare i minerali all’interno della conca. Il fatto di potere usufruire di spazi diversi rende il Parco Minerario uno splendido esempio di coesistenza di tradizione e modernità, grazie alla presenza di un museo minerario al chiuso (le tradizionali teche di vetro che custodiscono i preziosi minerali, la ricostruzione dell’alloggio del minatore, mappe e modellini in scala) e dell’open air-museum, che abbraccia un’ampia area esterna, dove lungo i sentieri che portano ai ‘cantieri’, è possibile osservare gli antichi edifici e gli strumenti caratterizzanti la realtà mineraria.
In questo itinerario manca però, a mio avviso, qualcosa. Vengono spiegate le reazioni chimiche, la storia dei minerali e la loro distribuzione sull’Isola d’Elba; si dedica pur tuttavia poco tempo a parlare della vita dei minatori. Certo, due guide hanno avuto rispettivamente un padre e un nonno minatori e questo è un ottimo punto a favore di una conoscenza basata sull’esperienza. Sono però solo due e per quanto durante le spiegazioni si possa fare riferimento a qualche aneddoto riguardante la vita degli uomini che vi hanno lavorato, sarebbe molto utile avere la possibilità di una narrazione diretta da chi la miniera l’ha realmente vissuta e patita. Solamente così si entrerebbe in completa sintonia con l’ambiente e l’atmosfera mineraria, e sarebbe più semplice comprendere le dinamiche che si instauravano tra gli abitanti di un paese dove la fonte di reddito principale derivava da quella attività.
Anche Federica, una delle guide, si pone in maniera positiva a favore di una svolta compartecipativa, conoscitiva, educativa e sociale.
F: «te fai conto che ci sono tante cose: all’inizio il Parco Minerario ha utilizzato comunque come personale per mettere in sicurezza, per accompagnare con le prime visite e cercare anche di educare appunto in questo nuovo flusso turistico e gli abitanti del posto a una nuova realtà di sviluppo ha utilizzato persone che erano ex-minatori quindi la guida spesso si interfacciava nel racconto con persone che hanno vissuto direttamente perché una guida può comunque fare da tramite cioè può raccontarti la storia che ha letto o ha sentito, può approfondire degli aspetti come nel campo dell’educazione ambientale, alla sostenibilità e quindi anche di tipo scientifico ma sicuramente non ti può trasferire quella memoria, come dicevi, che invece il contatto diretto con il signore che guida il trenino o la jeep che è stato un minatore e che quindi sa cosa vuol dire la fatica, quali erano i pro e i contro di questo lavoro e ha anche un attaccamento perché comunque è del posto e vede anche comunque se vogliamo un’attività estremamente pesante e difficoltosa per la propria giovinezza, per la propria vita la vede rivalutata potendosi anche raccontare, potendo anche raccontare la sua storia. Ecco io ad esempio come giuda ho sempre (.) avrei fatto questo come Parco Minerario, come succede in tanti altri parchi d’Italia, avrei comunque creato queste due figure, dato spazio alle due figure: alla figura della guida che ti spiega il punto di vista scientifico e al minatore (l’ex minatore) che ti spiega la storia. Infatti spesso con le scolaresche usufruiamo di filmati che hanno i due aspetti quindi intervistano i minatori e nello stesso tempo intervistano il geologo che ti spiega l’aspetto scientifico in modo tale che così lasciamo alle scuole che vengono a visitare questo territorio le due facce, i due aspetti» [14].
La proposta non è facile da realizzare, perché il numero di ex minatori ancora in vita nel paese è limitato (meno di una decina) e la loro età è di forza avanzata. È un peccato perdere questa opportunità, e si potrebbe cercare un’alternativa, quale per esempio puntare sulla testimonianza di figli o nipoti che, pur non avendo testimonianza diretta, possono rappresentarla, facendo riferimento ai resoconti, racconti o ricordi che sono stati loro tramandati di generazione in generazione. Sarebbe dunque opportuno offrire ai visitatori anche questa possibilità: poter rivivere la vita della miniera non solo attraverso i paesaggi, l’estrazione, la ricerca ma anche attraverso i ricordi di chi l’ha vissuta realmente o da chi ha avuto modo di conoscerla a fondo grazie alle narrazioni dei suoi parenti più cari.
Identità mineraria
Se turisti e visitatori appaiono soddisfatti ed escono divertiti dell’esperienza al Parco Minerario, da un punto di vista percettivo locale la situazione muta. Per la maggior parte degli abitanti di Rio Marina il Parco è come se non esistesse: sono consapevoli della sua presenza e ubicazione, certamente, ma non sono informati e non partecipano, esclusi alcuni appassionati, alle attività; è come se non lo “sentissero” proprio fino in fondo. Conducendo le mie interviste è venuto alla luce che nei locali il ricordo legato alle miniere è debole, soprattutto nei giovani:
R: «i giovani, ma i giovani intesi già intorno ai 30 eh, dai 30 anni in giù cioè coloro che non hanno mai avuto nè un babbo nè un nonno che lavorava nella miniera o nelle cave o che aveva diciamo così preso parte a questa attività nel corso degli anni non sanno niente della miniera, non sanno nulla (.) cioè non conoscono neanche i nomi dei minerali cioè allora io non è che pretendo che sappiano la formula chimica della pirite però voglio dire almeno sapere chi siamo da dove veniamo, perché siamo qui e perché c’è il Parco, perché ci son le cave perché c’è la miniera, non lo sanno e questo sarebbe importante secondo me che il Parco si dedicasse un attimino a comunicare un po’ di più con le scuole, questo li manca purtroppo» [15].
G: «però come hai detto prima, non sono in tanti a conoscenza di questo passato minerario»
S: «assolutamente no, specialmente le nuove generazioni no» [16].
In effetti, se non si hanno legami familiari con chi ha lavorato in miniera (babbo o nonno) si tende a non sapere o a non voler ricordare. Inizialmente ho attribuito questo allontanamento dal passato all’immaginario cupo che aleggia attorno a tutto ciò che riguarda la miniera (sacrificio, dolore, morte, polveri, fatica ecc.). Non è però solo questo:
G: «secondo te perché non c’è stato un buon passaggio d’informazioni o perché è tutto legato a un immaginario negativo quindi la gente vuole dimenticare?»
S: «no, non penso che sia legato a niente di negativo, l’unica cosa è che oltre alla mancanza d’informazione anche la mancanza di interesse dall’altra parte, dagli esterni. Non c’è stato mai qualcosa che colpisse veramente da far invogliare le persone, i residenti qua».
G:«e le persone che vivono qui come pensi che vedano il Parco minerario?»
S: «come una cosa ormai superflua e trascurata e niente d’interessante»
G: «quindi dici per loro non ha valore culturale ma solo economico? O nemmeno?»
S: «no il valore culturale l’ha! Se ne rendono conto che comunque ne ha anche molto di più di quanto tanti pensano. L’unico problema è che viene sottovalutato e ormai è diventato una cosa che è lì (.) è passiva, non c’è niente di attivo che possa anche invogliare la gente del posto a fare una visita o una gita perché da anni e anni sempre organizzata nello stesso modo, strutturata nello stesso modo, sviluppata nello stesso modo che la gente, specialmente chi abita qua che è a stretto contatto con questa realtà perde la voglia e l’interesse di relazionarsi in un secondo tempo o comunque in un altro momento.»
G: «quindi dici servirebbe magari qualche attività nuova?»
S: «si, qualche novità qualcosa che interessi anche la gente del posto che la conosce da anni e anni però non ha mai…, dopo una volta che ci vieni, ok, bella, interessante, ti è piaciuta però non sei invogliato a tornarci perché sai che la seconda volta è uguale alla prima» [17].
Alcuni intervistati parlano della mancanza di un “collegamento”, di un “poter fare di più” per i residenti.
G: ma forse perché non c’è abbastanza ricordo di questo passato?
S: «è mancato proprio questo collegamento e questa possibilità di valorizzare la tradizione, il passato, non son state poche le iniziative sembra che manchi proprio la volontà»
G: forse è passato troppo tempo dal momento di chiusura delle miniere a poi la rifunzionalizzazione del luogo oppure anche l’immaginario negativo no? Magari
S: «no no, secondo me è proprio mancata: è come se fossero due realtà a se stanti, c’è mancato un collegamento. Il collegamento lo dovevamo fare noi cittadini e ma chi ci rappresenta prima di tutto […] i Riesi dovrebbero ancora di più che poi quello che ti assimili è poi quello che trasmetti, al turista, trasmetti a chiunque poi viene. Il turista percepisce questo tuo attaccamento, questo tuo affetto che hai nei confronti della tua terra è un’altra cosa. Cioè tu fai tutte le cose che fai in un certo modo, le farai in un certo modo ma non tanto per farle, per un motivo, per uno scopo capito? Perché hai un… hai una certa empatia con il territorio in cui vivi e allora viene tutto meglio»
S: «infatti, infatti tanti scelgono Rio Marina perché poi è rimasta caratteristica, è rimasta così com’era capito? Ma appunto se non lo vuoi deturpare in tanti modi utilizza quello che già hai. La cosa primaria che abbiamo ed è nostra è questo: è la miniera, capito? […] però insomma ce l’abbiamo è nostra!» [18].
Altri fanno risalire questa mancanza al troppo tempo trascorso.
G: «e a voi dispiace un po’ che si è perso?»
A: «che si è perso questa tradizione diciamo sì»
G: «ma anche che le persone non ricordano»
A: «ormai sono passati molti anni»
G: «lei pensa che le persone che vivono qui si rendano conto di quanto è importante o è stato importante?»
A: «quelle attuali no. No perché ormai il minatore (.) se lei… se stasera non trovavi a noi due [indicando lui e il compagno] di minatori in paese ce ne sono ben pochi» [19].
G: «lei pensa che qua gli abitanti di Rio Marina si ricordino del passato minerario?»
C: «eh ora come ora non c’è più nessuno, siamo rimasti pochi e niente (.) ah [sospira]»
G: «quindi pensa si sia perso?»
C: «sì, sì»
G: «non è stato tramandato a sufficienza?»
C: «mmm, niente, ormai…l’abbiamo perso» [20].
Altri ancora parlano di mancanza di rispetto.
G: «tu pensi che a livello di memoria sia rimasto al paese il fatto che la gente vi ha lavorato, vi ha faticato?»
L: «secondo me no. Secondo me il paese di Rio Marina e soprattutto gli abitanti non valorizzano la propria storia, non danno un peso specifico a questa cosa. Per esempio molti sono anche irrispettosi perché vengono trovati con le mani nel sacco magari a scavare e a portarsi il minerale a casa no? Secondo me questa è già una cosa, pff [fa una sorta di pernacchia/smorfia con la bocca per sottolineare il suo sgomento] mancanza di rispetto verso il Parco no? »[21].
Sensibilizzare una comunità per farle ricostruire il suo passato non è affatto semplice ed è un processo che necessariamente deve partire dall’interno ed essere appoggiato ed accompagnato dal consenso della popolazione locale.
S: «il Parco ha bisogno di strutture ma anche di energia, cioè di risorse umane. E ovviamente deve cercare il consenso nella popolazione locale perché le risorse umane in gamba non farebbero niente se il consenso locale poi non li sostiene, verrebbero sostituiti.»
G: «non c’è consenso, dici?»
S: «il consenso c’è se queste risorse umane si espongono, si:: se impiegano il loro tempo a divulgare perché ho visto nei piccoli::, come questa stessa intervista, se mi spendo e non penso che spreco il mio tempo ma anche questa intervista con una dottoressa in antropologia, io è vero che non saprò i risultati di questa intervista, del lavoro che farà l’antropologa, ma so che io ho dato una mia ricchezza e questo mio tempo e quindi mi rende felice di averlo dato, è un’occasione che l’essere umano ha quando scambia questa ricchezza attraverso la voce» [22].
Il Parco Minerario potrebbe dare il primo avvio e aiutare a entrare in contatto con le tradizioni culturali e con gli artefatti del passato, offrendo maggiori opportunità anche per i residenti, cercando la loro collaborazione e mettendo in condivisione i loro pareri, così da conferire nuovamente senso e importanza al patrimonio locale, riscoprendo la storia e le antiche tradizioni per poi attribuire loro il loro dovuto valore. Ovviamente il Parco non può farsi carico di tale impegno da solo, ma dovrà essere aiutato prima di tutto dalla volontà della gente nonché dalle amministrazioni e dal Comune che lo gestiscono. A proposito di questo l’anno scorso il Parco ha offerto la possibilità per i lavoratori del terzo settore di partecipare a un corso a titolo gratuito in modo tale da informarli e aggiornarli sulle possibilità e le proposte offerte dal territorio:
G: «Una delle prime volte che ci siamo visti mi avevi raccontato che avevi fatto una sorta di corso, se vogliamo definirlo così, di formazione per i ristoratori, no?»
S: «sì ho chiesto un minimo quando un turista va a mangiare o nell’albergo incontrano il portiere oppure il cameriere non con il proprietario del ristorante i quali magari sanno che ci sono le miniere ma non sono a contatto con il turista che mangia quel piatto o dorme nella sua struttura ma è il cameriere o il portiere che alla domanda “Che cosa c’è da vedere?” come tutti fanno quando vanno a visitare una città se non sono informati si rivolgono alla prima persona che può essere il cameriere, la cameriera, il portiere d’albergo o quant’altro o semplicemente la persona che passa. Se loro hanno la possibilità di essere stati in miniera attraverso una gita con la jeep, con il trenino o quant’altro ecco che possono spiegare perché l’emozione se la sono creata loro. E quindi è stata fatta questa iniziativa a titolo gratuito perché potesse essere proprio il passaparola, il motore» [23].
Così facendo si cerca di sensibilizzare una parte della popolazione nella speranza di una trasmissione di quanto appreso non solamente in un’ottica economica, ma anche con lo scopo principale di una riscoperta dei valori e delle tradizioni legate al luogo e che sono comuni a chi ne fa parte.
Vorrei concludere narrando un fatto singolare, da analizzare alla luce di quanto riportato finora sul rapporto tra identità (mineraria) del luogo e comunità. Nella notte tra il 27 e il 28 ottobre 2018 ci fu una forte mareggiata che fece crollare il ponte di ferro di Vigneria che era lì dalla metà dell’800 e serviva per l’imbarcazione e il trasporto del minerale. Il crollo del ponte destabilizzò tutti: Riesi, abitanti di altri paesi dell’Isola, proprietari di seconde case e visitatori ricorrenti, tutti. L’intera comunità guarda adesso con nostalgia a quella parte di mare dove prima spiccava questo pontile, ovviamente pericolante già da anni e con divieto di accesso ma che faceva parte del paese; il suo “stare lì” era stato metabolizzato dalla popolazione ed era entrato a far parte dell’immaginario comune e del panorama di Rio Marina. Anche gli abitanti più giovani ricordano con malinconia quel vecchio ponte e non solamente loro; mi è capitato di scambiare qualche chiacchiera con dei signori che non sono del posto ma hanno casa a Rio Marina da anni e sono soliti passare lì gran parte delle vacanze. Ebbene, anche a loro la caduta del pontile ha causato turbamento, e sinceramente anche a me. Da quando ero bambina mi ha sempre incuriosito quel ponte e quando lo iniziavo a vedere dal traghetto ero così felice perché sapevo che mancavano pochi minuti e sarei arrivata all’Elba. Un valore del genere a questo manufatto, secondo me, è attribuibile solamente da chi ha vissuto il paese, perché, per quanto visto da fuori possa rappresentare un monumento architettonico dell’industria mineraria, solamente chi vive o chi ritorna a Rio Marina può comprenderne realmente il significato.
Ed è curioso che nonostante l’identità mineraria sia poco percepita dalla comunità Riese, il crollo del pontile ha scosso l’animo di tutti. È solo un piccolo esempio, più che esplicativo, del fatto che in realtà si può recuperare il legame con il passato. Si può asserire che non è vero che alla gente del posto poco importa delle miniere o che guardano al Parco Minerario con indifferenza; vale la pena riconoscere che, anzi, come accade spesso nella vita, il valore di ciò che si possiede viene realizzato solamente quando lo si perde. Se il pontile non fosse mai crollato, magari nessuno avrebbe mai scoperto la sua importanza o l’emotività che imbrigliava, per una nota dinamica dalla filiera dell’abitudine alla presenza.
Adesso, invece, senza quel pontile nel panorama del paese qualcosa stona. E questo dovrebbe far riflettere sull’importanza incorporata in determinati oggetti, che in apparenza sono solo oggetti ma che, una volta resi distintivi da fatti o eventi traumatici, assumono un significato pieno. Ed è significativo come la mancanza di un elemento possa diventare tanto essenziale per la memoria collettiva.
Conclusioni
In questi ultimi anni l’attività di gestione del Parco Minerario di Rio Marina è riuscita a salvaguardare e conservare il patrimonio minerario, promuovendo differenti interventi, quali per esempio l’ambientale, lo scientifico e il didattico e conferendo una sorta di consapevolezza sull’importanza della tutela ai fini di uno sviluppo economico sostenibile del territorio, e per la conservazione e la ri-produzione della memoria. Nonostante ciò, il legame che la comunità ha con il suo vissuto minerario è debole e sarebbe quanto mai importante farlo riemergere, dando la possibilità, specialmente ai giovani, di scoprire e conoscere maggiormente il passato e la storia del luogo dove sono nati, in modo tale da rafforzare l’identità locale e trasmettere alle generazioni e ai visitatori futuri la cultura del luogo in tutti i suoi aspetti, compreso quello minerario.
Le miniere non sono semplici luoghi estrattivi da visitare o da abbandonare una volta cessata l’attività. Le miniere rappresentano qualcosa di più: custodiscono memoria, esperienza e ricordi, sono luoghi di storia umana ed è bene che per tale motivo esse siano valorizzate e messe a disposizione di tutti coloro che vogliano scoprire questa realtà, non troppo lontana da noi e che è stata per anni l’attività principale dell’Isola d’Elba.
Dialoghi Mediterranei, n. 48, marzo 2021
Note
[1] Il “luccichio” deriva dalla polvere sottile di ematite che nella sua ultima fase si degrada e si adagia sugli edifici, le strade e le spiagge che circondano il paese.
[2] Enciclopedia Treccani
https://www.treccani.it/enciclopedia/isola/#:~:text=Porzione%20di%20terraferma%20completamente%20circondata,di%20materiali%20sedimentari%2C%20formazione%20madreporica.
[3] Eneide, X, 146-214 (trad. di Giuseppe Albini).
[4]http://old2018.agenziacoesione.gov.it/it/arint/
[5] Dall’intervista a Icilio Disperati presidente del Cda del Parco Minerario, 12 Ottobre 2020.
[6] Dall’intervista ad A. e L., ex-minatori e abitanti di Rio Marina, 17 ottobre 2020.
[7] Dall’intervista ad una locale residente a Portoferraio, 11 ottobre 2020.
[8] Dall’intervista a Icilio Disperati, cit.
[9] Dall’intervista ad A. e L., cit.
[10] Dall’intervista a Sara membro dello staff del Parco, abitante di Rio Maria, 17 ottobre 2020.
[11] Dall’intervista alla guida Roberto, abitante di Rio Marina, 2 settembre 2020.
[12] Dal filmato/documentario sul Parco Minerariohttps://www.youtube.com/watch?v=A6zRK-qFhJo
[13] Per coltivazioni minerarie si intende il complesso di tutti i metodi e le norme utilizzate per ricercare ed estrarre i minerali utili dal giacimento. La coltivazione può essere effettuata in superficie nel caso si tratti di miniere a cielo aperto o miniere a giorno oppure in sotterraneo mediante l’utilizzo di gallerie o di pozzi verticali o inclinati.
[14] Dall’intervista alla guida Federica, abitante a Marciana, 27 agosto 2020.
[15] Dall’intervista alla guida Roberto, cit.
[16] Dall’intervista a Simone membro dello staff, abitante di Rio Marina, 18 ottobre 2020.
[17] Ibidem.
[18] Dall’intervista a Sara, cit.
[19] Dall’intervista ad A. e L., cit.
[20] Dall’intervista a Claudio, ex-minatore, abitante di Rio Marina, 19 ottobre 2020.
[21] Dall’intervista alla guida Leonardo, abitante di Rio Marina, 11 ottobre 2020.
[22] Dall’intervista a Silvestro Mellini membro del Cda, abitante di Rio Marina, 12 ottobre 2020.
[23] Ibidem.
Riferimenti bibliografici
Atzeni, P. et alii, 2011, Recupero e valorizzazione delle miniere dismesse: lo stato dell’arte in Italia, a cura di Agata Patanè – Servizio Attività Museali – Dipartimento per le Attività Bibliotecarie, Documentali e per l’Informazione, ISPRA, Quaderni – Ambiente e Società 3/2011.
Borgogni, S. et alii, 2008, Linee guida per la tutela, gestione e valorizzazione di siti e parchi Geo-Minerari. Proposte prospettive perla crescita e la sostenibilità del settore, ISPRA.
Simonicca, A., 2015, Cultura Patrimonio Turismo. Dal viaggio alla mobilità culturale. Elementi di antropologia del presente, Roma, CISU.
Simonicca, A., 2019, Sull’estetico etnografico, Roma, CISU.
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Giulia Rieti, laureata in Storia, Antropologa, Religioni alla Sapienza Università di Roma (Facoltà di Lettere e Filosofia), titolo della tesi triennale: “Ceuta e Melilla: alla frontiera delle ingiustizie” (relatore: Prof. Alessandro Simonicca), sta conseguendo il titolo magistrale in Discipline Ento-antropologiche alla Sapienza Università di Roma, con una tesi che ha previsto un lavoro di campo presso Rio Marina (Isola d’Elba). Ha partecipato al “Laboratorio Etnografico di Magliana” nel centro culturale “InsensoInverso” con un progetto sull’immigrazione, la diversità culturale e sociale e l’educazione offerta agli extra-comunitari. Ha partecipato alla redazione del report “Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018” sulla valutazione d’impatto sul territorio.
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