di Laura Isgrò
Lo studio della storia del territorio, concepito nell’ambito del curricolo orizzontale e verticale per la formazione delle conoscenze e delle competenze di natura storica, permette agli alunni di avviare e consolidare il processo di comprensione del passato del luogo in cui vivono, cogliendone la struttura a maglie che lo lega intimamente al presente. Tale struttura costituisce il presupposto fondamentale per la valorizzazione del rapporto persistente fra presente e passato nel contesto in cui si forma il senso della cittadinanza. L’approccio appena delineato offre l’occasione per assumere familiarità con gli aspetti materiali della storia che si esprime anche attraverso fonti primarie concretamente visibili nel territorio degli alunni [1]. Pertanto il docente di storia ha il compito di favorire l’incontro fisico e simbolico con i beni culturali sin dalla scuola dell’infanzia, organizzando visite didattiche, opportunamente strutturate sulla base dell’età anagrafica dei bambini, per garantirne il pieno e attivo coinvolgimento.
Il traguardo più significativo per la scuola nelle Indicazioni nazionali per il curricolo (2012), in ambito storico, è il riconoscimento della funzione formativa, identitaria e critica della storia del territorio e la sua acquisizione in qualità di strumento per interpretare autonomamente la contemporaneità, valorizzando allo stesso tempo il complesso intreccio dei rizomi culturali locali, nazionali e internazionali. Affinché ciò si realizzi è necessario che l’insegnante abbia consapevolezza delle potenzialità racchiuse nella didattica della storia, imprescindibili per il metodo storiografico. Siffatta consapevolezza si esplica nella promozione della riflessione su fenomeni e tracce riscontrabili nel presente che consenta di imparare ad andare a ritroso, per gradi e in profondità fino a risalire ai contesti e alle cause che hanno dato origine ai fenomeni e alle tracce stesse.
Il docente ha il compito di favorire negli alunni il coinvolgimento emozionale rispetto ai luoghi del proprio territorio, alla luce di un’educazione alla lettura dell’ambiente e alla sua preservazione. Per questa ragione deve stimolare l’interesse e il piacere della ricerca a partire dalla manipolazione di vari tipi di fonti e dalla loro classificazione motivando alla tutela e alla lettura critica dei reperti in quanto strumenti fondamentali per la ricostruzione dei fatti [2]. È necessario che incoraggi, inoltre, la scoperta del lessico a supporto del dominio linguistico della disciplina e che adotti costantemente il metodo didattico cooperativo. Quest’ultimo ha la caratteristica di tenere alto il livello della motivazione all’apprendimento e di incentivare la costruzione di relazioni positive. Risulta particolarmente efficace orientare gli alunni all’osservazione approfondita dei fenomeni quale veicolo che permette di strutturare quadri di sintesi concettuale (attraverso la realizzazione di mappe, schemi, disegni, linee del tempo, grafici, e l’interpretazione di carte geografiche) da cui sviluppare lo studio secondo il metodo storico.
Il docente deve avere l’opportunità di mettere gli alunni a contatto con gli spazi urbani all’aperto, con le strutture monumentali, con gli archivi, con le biblioteche, con le Case museo e con tutte le strutture fisiche e i materiali in esse contenuti che siano significativi per la narrazione storica. L’esperienza “sul terreno” consente di far prendere coscienza dei diversi luoghi in cui l’uomo sviluppa le proprie tecnologie e la propria cultura, assumendo forme variegate sulla base della peculiarità della conformazione e delle caratteristiche ambientali. Infine, è importante che l’insegnante promuova la conoscenza delle vaste aree tematiche di cui si occupa la storia del territorio, intersecando altri settori della disciplina: storia del patrimonio culturale, del paesaggio, dell’economia, della gestione amministrativa e politica di una determinata realtà sociale.
Grazie a questo percorso didattico ed esperienziale gli alunni hanno la possibilità di cogliere e comprendere le trasformazioni che il territorio compie durante il tempo, imparando a superare la concezione manualistica dello studio e aprendosi a una visione interdisciplinare, preambolo per l’approfondimento previsto per tutto lo svolgersi del curricolo verticale. Lo sviluppo delle competenze utili per la conoscenza del passato del proprio ambiente consentono di strutturare il senso della cultura storica in rapporto agli ambiti più generali a cui essa si rivolge.
Il docente, pertanto, assume la funzione di mediatore e di facilitatore nella fruizione dei mezzi e dei contenuti attinenti alla ricerca storica. L’approccio laboratoriale, il più indicato per la messa in opera dei princìpi fin qui delineati, predilige l’idea “dell’imparare facendo” che si concretizza nella strutturazione di un ambiente di apprendimento stimolante, ricco di materiali e di strumenti (multimediali; concretamente tangibili come cartelloni, supporti per tracciare e consultare ampie mappe; archivi) nonché nella disposizione degli alunni in assetto cooperativo che permette loro di imparare a ricavare informazioni preziose dall’uso delle fonti inizialmente selezionate e validate dall’insegnante.
Gli alunni apprendono così a formulare le questioni necessarie alla costruzione della conoscenza. La curiosità verso il territorio in cui si vive comporta un’intenzionalità conoscitiva che trae origine da un complesso sforzo cognitivo a cui l’insegnante offre supporto [3]. Le domande esplorative sorte dall’osservazione del presente sono orientate a ottenere risposte plausibili e confermate dall’uso delle fonti, e dal contatto concreto con la realtà. In questo modo ai bambini si manifesta il valore autentico della storia intesa come ambito del sapere strettamente legato all’attualità, alle vicende degli uomini e delle donne, alle loro opere, al patrimonio culturale materiale e immateriale, a prescindere dal fatto che sia riconosciuto e tutelato dalle istituzioni.
È possibile immaginare un’unità modulare di apprendimento [4] che esemplifichi il concetto di didattica laboratoriale applicata alla storia intesa come disciplina, rivolta ad alunni delle ultime classi di scuola primaria, concepita come laboratorio di storia settoriale e più precisamente di storia della cultura materiale e del territorio. I contenuti da proporre devono possedere una forte relazione con il presente, in quanto pensati per avvicinare in modo scientifico gli alunni al tema del riconoscimento del valore della cultura popolare intesa come passepartout per comprendere fenomeni locali e di più ampia estensione.
Il progetto che qui riportiamo come esempio e a cui possiamo dare il titolo Attraverso il corpo di un pupo: dialogo con la storia del territorio, si fonda su un tema su cui esiste una copiosa letteratura scientifica in ambito storico-antropologico, e possiede la caratteristica della materialità in quanto non è possibile separare l’oggetto di ricerca, ossia l’artefatto, da chi lo usa, e chi lo usa non può essere separato dal suo mestiere, il mestiere dall’artigianalità, l’artigianalità dalla condizione sociale, e quest’ultima dal patrimonio culturale, il quale non può essere separato dall’identità culturale, ed è proprio questo il punto in cui interviene l’aspetto immateriale dell’oggetto stesso di ricerca. La costruzione del percorso laboratoriale assume valore epistemologico, didattico e pedagogico nel momento in cui non viene dato per scontato che l’attuale generazione di alunni di scuola primaria conosca la profondità storica del Teatro dell’Opera dei pupi e i molteplici ambiti di fruizione che ha coinvolto in passato e che coinvolge tuttora in modo diretto.
È probabile che i bambini di dieci anni (e anche meno) abbiano visto almeno una volta un pupo armato esposto con scopo decorativo in qualche ufficio turistico oppure in qualche locale di ristoro della propria città. Forse hanno assistito a uno spettacolo dell’Opra a una fiera o in occasioni festive, magari hanno posto domande ai genitori sul significato delle storie di cui i pupi sono protagonisti, sul perché esiste questa forma di teatro. Il punto è se hanno ricevuto delle risposte esaustive, corrette dal punto di vista storico. Il percorso didattico prende avvio dalla curiosità che il bambino prova osservando questo oggetto significativo, potente sotto l’aspetto simbolico, di cui vi è il rischio di perdere la memoria, il senso culturale e dunque storico: il pupo del Teatro dell’Opera dei pupi di scuola palermitana.
Il laboratorio, come si è detto, ha l’obiettivo di promuovere la conoscenza del metodo storico e storiografico affinché gli alunni sviluppino le competenze necessarie a mobilitare le proprie risorse cognitive e relazionali per leggere, comprendere, interpretare il presente attraverso la ricostruzione del passato e riescano a rendersi più sensibili a immaginare il futuro come possibile evoluzione del presente. Avendo scelto l’approccio laboratoriale è stata data estrema rilevanza all’esperienza diretta nei luoghi del quotidiano dell’oggetto di ricerca e nei musei, al fine di valorizzare l’implicazione del passato nel presente e viceversa. In questo senso, il percorso didattico si serve del lavoro sulle fonti con lo scopo di creare una linea di congiunzione fra la storia della cultura materiale, la storia locale e i relativi collegamenti con gli accadimenti simultanei extra territoriali.
Nella didattica laboratoriale, oltre all’ambiente di apprendimento stimolante e accogliente, devono essere favorite le interazioni continue fra il docente e i gruppi di lavoro, la consultazione e la comparazione dei materiali, la preparazione delle uscite didattiche, il ragionamento collettivo e individuale, il colloquio clinico e lo svolgimento di tutte le fasi del metodo storiografico. Questi sono anche gli ingredienti necessari per stimolare negli alunni la formazione della “mente laboratoriale”, flessibile, aperta, creativa, rigorosa in netta contrapposizione alla “mente manualistica” che non offre l’opportunità di avviare il processo di maturazione delle competenze.
Possiamo suddividere l’unità modulare di apprendimento in quattro fasi [5], dopo aver stabilito opportunamente i traguardi e gli obiettivi che, com’è noto, i docenti declinano per dare sostanza didattica alla progettualità. La prima fase si fonda sull’osservazione e sulla riflessione relativamente a un fatto che ha un immediato rimando alla realtà odierna: il docente presenta un pupo della tradizionale scuola palermitana. Lo lascia osservare da vicino, incoraggia gli alunni ad avviare un “colloquio clinico” da cui possono emergere preconoscenze, esperienze pregresse, ricordi, stereotipi, misconoscenze, ipotesi, emozioni, rese significative dal contatto materiale con il manufatto che è depositario di molteplici informazioni e valori. L’insegnante si pone come mediatore e facilitatore per favorire la co-costruzione della conoscenza e pone domande-stimolo per avviare e accendere il dibattito esplorativo a partire dall’artefatto.
La seconda fase ha il fine di sviluppare il concetto di fonte materiale come ponte di collegamento a due vie fra il presente e il passato, e come luogo fisico con il quale è possibile attraversare dimensioni lontane dalla superficialità del quotidiano e incontrare generazioni secolari che raccontano il significato d’identità culturale. È di fondamentale importanza che gli alunni inizino a trovare le risposte alle domande che si erano poste durante la fase precedente, accedendo anche alla contestualizzazione temporale attraverso una cronologia. L’insegnante può proporre fonti iconografiche, immagini d’insieme e dettagliate del teatro dell’Opera dei pupi, tratte da opuscoli messi a disposizione dai musei e dalle rassegne attualmente presenti nel territorio, e da pubblicazioni scientifiche; fonti visive come brevi documentari esplicativi dell’origine, del significato e delle caratteristiche tecnico-espressive del teatro eseguiti dagli stessi opranti nonché fonti audio di archivio [6]. Segue nuovamente un momento di riflessione collettiva sul materiale manipolato e l’individuazione della dimensione spazio-tempo in cui il tema di ricerca prende corpo.
La terza fase consiste nell’esplorazione del dossier di fonti predisposto dal docente con cui gli alunni possono ricostruire il passato. L’attività si basa sulla discriminazione del tipo di fonte e sulla sua classificazione/schedatura. In questo modo gli alunni fanno esperienza diretta della specificità dei pupi, superando il preconcetto secondo cui i pupi sono tutti uguali. Ricordiamo che ciascun personaggio sviluppa tratti psicologici propri, spesso semplificati dalla tradizione orale e teatrale, ma d’immediatezza espressiva particolare attraverso cui ciascun membro del pubblico può trovare identificazione e immedesimazione. La forte tipizzazione dei pupi ha permesso al pubblico di riconoscerli in modo inequivocabile, rafforzando così il significato del “teatro di relazione”.
Si procede con l’interrogazione delle fonti e la loro interpretazione eseguita con la comparazione e la riflessione critica per ricostruire il passato, visto come risultato dell’evoluzione del tempo presente. La contestualizzazione del processo di nascita ed evoluzione del Teatro dell’Opera dei pupi deve avvenire, inoltre, attraverso la consultazione di fonti secondarie adeguatamente rese accessibili alla comprensione degli alunni in base al loro sviluppo cognitivo, che narrano le vicende storiche accadute in quel lasso temporale nella città di Palermo in collegamento con quelle a livello regionale, nazionale e internazionale. A tal proposito è di primaria importanza supportare la ricostruzione del passato attraverso la manipolazione di carte tematiche, geopolitiche e attività che consentano di esperire una rappresentazione più concreta del fenomeno esplorato attraverso il confronto visivo fra la configurazione attuale del territorio e quella del passato [7]. A questo punto può essere stesa collettivamente, e sotto la guida del docente, una bozza di narrazione storica che servirà per la redazione del testo finale della ricerca.
La quarta fase prevede l’uscita didattica tramite la quale gli alunni hanno occasione di esperire fisicamente e sensorialmente quanto del passato vi sia nel presente e viceversa, visitando musei, teatri, intervistando gli opranti, facendo collegamenti diretti con frasi idiomatiche attualmente in uso che sono derivate dal contesto del teatro dei pupi. I bambini, inoltre, possono essere condotti nelle pasticcerie depositarie di antiche ricette della tradizione, in cui osservare i pupi di zucchero e porli a confronto con certe attuali statuette dolci che rappresentano moderni eroi tratti dai cartoni animati. Ci si chiederà se si tratta di perdita del valore della tradizione e dell’identità culturale intesa come qualcosa di fermo e immutabile oppure più correttamente si riconoscerà che l’identità culturale e la sua rappresentazione fanno parte di un processo in continua trasformazione. Gli alunni noteranno come il passato abbia radici profonde nel presente, vicino a loro, ai loro corpi. I luoghi storici sono ancora presenti e spesso non mostrano modifiche sostanziali.
Alla fine del percorso gli alunni potranno comprendere che il metodo di lavoro dello storico consente di superare i limiti grossolani del sapere comune e di confrontarsi con gli strumenti che danno voce a verità significative se si pongono le giuste domande. Gli alunni impareranno, inoltre, a tralasciare l’ovvio, a evitarlo e a realizzare la narrazione storica per il tramite delle fonti. Avranno la possibilità di riconoscere, dunque, l’emozione dell’indagine, la tecnica che sottende allo sviluppo del fiuto della ricerca: confrontare fonti, esporle al vaglio critico, osare inferenze, pensare altrimenti, maturare ampie vedute, andare oltre e in profondità, non accontentarsi mai delle facili apparenze superficiali.
Dialoghi Mediterranei, n. 49, maggio 2021
Note
[1] Cfr. Panciera W., Insegnare storia nella scuola primaria, Carocci, Roma, 2016.
[2] Russo E., Le fonti, dalla storiografia al laboratorio di didattica, in Monducci (Ed.), Insegnare storia. Il laboratorio storico e altre pratiche attive, UTET Università, Torino, 2018: 111-140.
[3] Mattozzi, I. La mente laboratoriale, in Monducci (Ed.), Insegnare storia. Il laboratorio storico e altre pratiche attive, cit.: 143-152.
[4] Panciera W., Insegnare cit.: 69-71.
[5] Ivi: 71-74.
[6] Si vedano la bibliografia e la sitografia ragionata.
[7] Si potrebbero proporre attività, ad esempio, che consentano di comprendere le trasformazioni tecniche ed espressive dell’Opra, dei pupi e dei canovacci che via via si aprivano alla trattazione di temi di attualità, recependo e rappresentando le evoluzioni della società preunitaria e postunitaria. Come afferma Buttitta «l’atteggiamento mentale con il quale gli artisti popolari si pongono di fronte all’avvenimento da rappresentare non muta. Turiddu non è diverso da Orlando, Garibaldi è un altro Carlo Magno, gli episodi della I Guerra mondiale non sono dissimili dalle gesta dei paladini» (Buttitta A., Forme della Memoria, in «La Sicilia ricercata. Arte popolare in Sicilia», a. I, n. 0, luglio 1999, Leopardi editore, Palermo, 1999: 9).
Riferimenti bibliografici
Bonanzinga, S., Le forme del racconto. I generi narrativi di tradizione orale in Sicilia, in AaVv. (Eds.), I sentieri dei narratori, Palermo, Associazione Figli d’Arte Cuticchio, 2004: 13-43.
Buttitta, I.,. I pupi siciliani: memoria, tradizione e innovazione di un patrimonio artistico e culturale, in Móin-Móin: Revista de estudos sobre teatro de formas animadas, 1, 2018: 177-195.
Crisantino, A., Breve storia della Sicilia. Le radici antiche dei problemi di oggi, Trapani, Di Girolamo, 2012.
Cuticchio, M., Alle armi, cavalieri! Le storie dei paladini di Francia. Roma, Donzelli, 2017.
Di Palma, G., I cartelloni dell’Opera dei pupi di area palermitana, Raleight, Edizioni Lulu.com, 2011.
Isgrò, G., Il teatro negato. Le invenzioni dello spettacolo in Sicilia dal Cinquecento all’Ottocento, Bari, Edizioni di Pagina, 2011.
Lodico, G., Storia dei paladini di Francia, Milano, Edizioni Clio, 1993.
Mariani, L., Quelle dei pupi erano belle storie. Vita nell’arte di Pina Patti Cuticchio. Napoli, Liguori Editori, 2014.
Pasqualino, A., L’opera dei pupi, Palermo, Sellerio, 1989.
Perricone, R., I ferri dell’Opra. Il teatro delle marionette siciliane, in Antropologia e teatro, 4, 2013: 210-234.
Selima, G., Sorgi, O., Vibaek, J., Sul filo del racconto. Gaspare Canino e Natale Meli nelle collezioni del Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino, Palermo, CRICD, 2011.
Venturini, V. (Ed.), Dal Cunto all‘Opera dei Pupi. Il teatro di Cuticchio, Roma, Dino Audino editore, 2003.
Sitografia ragionata
http://www.mancusopupi.it/la-compagnia-carlo-magno/opera_pupi_storia/
http://www.fondazioneignaziobuttitta.org/
http://www.festivaldimorgana.it/
https://www.amicisciascia.it/pubblicazioni/afm/afm-dal-2007/afm-7-2010/item/329-s-lo-nigro-favola-e-verita-dei-pupi-siciliani.html
https://www.palazzobranciforte.it/
https://www.figlidartecuticchio.com/
http://www.palazzoasmundo.com/it/il_palazzo/piano_terra_teatro_dei_pupi_siciliani (famiglia Argento pupari)
https://www.museodellemarionette.it/
http://www.unesco.it/it/ItaliaNellUnesco/Detail/189
Fonti audio e video
https://www.youtube.com/watch?v=cN2cAzFdiIE Mimmo Cuticchio racconta i pupi a partire da quelli conservati al museo Pitrè
https://www.youtube.com/watch?v=wsXD9vUkduo Mimmo Cuticchio racconta il Teatro dell’opera dei pupi
https://www.youtube.com/watch?v=WjX84sqihdE intervista a Enzo Mancuso, puparo.
http://www.archivioetnograficosiciliano.it/#/ Audio di episodi registrati dell’Opera dei pupi (a partire dal 1967) con schede dettagliate che descrivono anno, luogo, scena, oprante.
Descrizione dettagliata del pupo di scuola palermitana
http://www.adottaunpupo.it/pupi.html schede con descrizione dei pupi.
https://www.museodellemarionette.it/news/news-museo/1714-ilmuseopasqualinoacasatua-vocabolario-atlante-multimediale-della-cultura-dialettale-siciliana-i-video-lemmi-sulla-cultura-alimentare-in-area-madonita-e-il-terzo-appuntamento-del-seminario-permanente-etnografie-del-contemporaneo-gentrificazione-e-margini-7 Video-schede esplicative dei singoli pupi (un esperto descrive le caratteristiche del costume e la storia di ogni singolo pupo).
Descrizione dello strumento musicale piano a cilindro utilizzato durante gli spettacoli
https://www.academia.edu/12428775/Piano_a_cilindro_in_Sul_filo_del_racconto_Gaspare_Canino_e_Natale_Meli_nelle_collezioni_del_Museo_Internazionale_delle_Marionette_Antonio_Pasqualino_a_cura_di_Selima_Giorgia_Giuliano_Orietta_Sorgi_e_Janne_Vibaek_Palermo_Regione_Siciliana_2011_p_31 piano a cilindro.
Immagini dell’edizione originale del libro Storia dei paladini di Francia di Giusto Lodico
https://www.ilpaladino.org/articoli/dispense1.htm
______________________________________________________________
Laura Isgrò, vive a Palermo, dove ha conseguito la laurea in Lettere classiche e il Diploma di regia e recitazione teatrale presso la scuola di teatro Teatès diretta da Michele Perriera. Da qualche tempo effettua un percorso di riflessione scientifica sulla tauromachia. Attualmente sta avviando un progetto di ricerca nell’ambito della pedagogia interculturale.
______________________________________________________________