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Una storia migrante nella memoria autobiografica di Santi

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Santi Zuccaro e la sua famiglia

di Santo Lombino

Infanzia a Marineo

Marineo, paese di 6500 abitanti a 30 chilometri da Palermo, è famoso nel circondario per tante cose: il castello cinquecentesco, il premio annuale di poesia, la “Rocca”, la montagna che lo sovrasta, l’alto numero di preti, monaci e suore usciti dalle sue tante chiese. Ma anche per la grande passione dei suoi abitanti per le passeggiate cittadine, quello che altrove chiamano strusciu. I marinesi, soprattutto i maschi, fino agli ultimi decenni del secolo scorso, trascorrevano il tempo libero percorrendo a file di due o più persone le vie principali, pianeggianti e larghe a differenza di quelle dell’antico centro storico che sono ripide e strette essendo nate raccolte lungo le pendici della caratteristica Rocca di cui sopra. Nelle domeniche e negli altri giorni festivi tali “va e vieni” duravano interi pomeriggi e, nella bella stagione, fino a tarda sera. Qualcuno dei “passeggiatori”, fra l’altro, ricorda ancora, a distanza di decenni, gli occhi furibondi e l’espressione alterata di un tale che aveva dovuto rallentare la marcia della sua automobile per scansare una teoria di uomini che tranquillamente indugiavano ingombrando la strada statale per Corleone. Quel tizio scoprì molti anni dopo, dalle foto segnaletiche pubblicate dopo l’arresto del gennaio 1993, che si trattava di Totò Riina in viaggio verso il suo paese natale.

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Armela Calderone

Tre anni fa, invece, a camminare per le vie della cittadina, mano nella mano come giovani innamorati, i compaesani vedevano due persone ultra ottantenni: si trattava di Carmela Calderone e del marito Santi, tornati a Marineo dalla loro ultima residenza, nella città di Aurora, nello Stato del Colorado. Erano partiti da Marineo nel lontano 1955 per andare a vivere e lavorare in Piemonte e da lì si erano stabiliti prima in Canada e poi negli Stati Uniti.

Per capire chi sono i due ci viene in soccorso la memoria autobiografica di Santi Zuccaro, classe 1930, che ad un certo punto della sua vita ha pensato di metterne per iscritto le tappe salienti. Nella sua narrazione, l’infanzia non è delle più allegre: il ragazzo frequenta le scuole elementari e nel pomeriggio prima aiuta la madre nel disbrigo delle faccende domestiche, poi si dedica alla lettura di libri o di qualunque pezzo di carta stampata gli capiti tra le mani: i genitori gli impediscono di partecipare ai giochi di strada e di piazza dei coetanei, che – come scrisse il poeta di Recanati – «gridando su la piazzola in frotta e qua e là saltando fanno un lieto romore». Crescendo, il ragazzo si vedrà subito portato dal padre, medio proprietario terriero, a seguirlo nei lavori dei campi, e presto si troverà adulto: si accorge, tra l’altro, che i sistemi di coltivazione adottati non sono né efficienti né razionali, e ne propone di innovativi. Da questo orecchio il genitore non ci sente, e quando il figlio, considerato che alla fine della Seconda guerra mondiale ci sarà bisogno di ricostruire il vicino capoluogo e non solo, accumula materiali da servire per l’edilizia, lo bollerà pubblicamente come stupido e pazzo. Nonostante la realtà effettuale dia presto ragione al giovane, l’atteggiamento paterno non muta di una virgola. Il genitore sarà capace di creare un grave scandalo in paese, andando una mattina a gridare dietro la porta di Carmela, la ragazza che Santi ha conosciuto e che si propone di sposare appena entrambi arriveranno alla maggiore età. Gli scontri sono su tutti i fronti, e i due si sposeranno quasi clandestinamente, all’alba, con la sola presenza dei testimoni come si usava fare dopo una “fuitina”.

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Santi Zuccaro in servizio militare a Roma

A quasi vent’anni il nostro mugnaio viene chiamato per errore, essendo già sposato e padre di un bambino, a svolgere il servizio militare a Roma. In caserma, dopo tre giorni di attesa, scopre che quelli che adesso porta non sono il suo nome e cognome originari. Il capitano della sua compagnia a malincuore rivela al soldato marinese che egli è nato a Palermo ed è stato poi adottato dalla famiglia presso cui è cresciuto. Si tratta per lui di un doppio trauma: in primo luogo perché sente vacillare la sua identità, in secondo luogo perché amareggiato dal fatto che i nuovi genitori non lo abbiano mai informato dell’adozione. L’inatteso disvelamento porta il nostro a convincersi ex post che tutti gli ostacoli che il padre in quegli anni aveva frapposto alla sua socializzazione con i coetanei e a ciò che lui proponeva derivassero da questa sua condizione di “trovatello”, “figlio dello Spirito santo” o “di nessuno”, come si dice da queste parti.

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Certificato di naturalizzazione

La scelta dell’emigrazione

Esasperati, Santi e Carmela lasceranno il paese a metà degli anni ’50 con il figlioletto ed una bambina e andranno a vivere in Piemonte, grazie al generoso e sollecito aiuto della moglie del capitano conosciuto nella capitale. Nella zona di Moncalvo, in provincia di Asti, Zuccaro trova modo di mettere in pratica quanto imparato in un corso svolto per corrispondenza e si inserisce pienamente nel mondo del lavoro. Lo stesso farà la moglie Carmela, che si impiega come parrucchiera. Invero, la normalità raggiunta dura poco: la soddisfazione di tutt’e due nel campo professionale e la stima dei datori di lavoro sono minacciate dalla persecuzione da parte del padre di Santi, che non si rassegna all’allontanamento del figlio, non tanto per ragioni affettive, quanto per il venir meno di un supporto lavorativo nel lavoro agricolo, forse la vera ragione dell’adozione. Gli viene a mancare la forza lavoro a prezzo zero costituita dall’unico figlio che vorrebbe tenere in perenne minorità.

Dalla Sicilia al Piemonte si intensificano telegrammi, telefonate, visite a sorpresa, intervento dei carabinieri, tutti finalizzati a convincere il giovane mugnaio a far ritorno al paese natale e alla dipendenza dal padre-padrone. Dopo un breve ritorno temporaneo in Sicilia, i due sposini decidono, benché a malincuore, di espatriare e andare a vivere dove i genitori di lui non potranno più rintracciarli e assillarli. Si imbarcano così nel 1967 per il Canada, in cui è più facile immigrare rispetto agli Stati Uniti, dove vigono leggi che regolano con severità gli ingressi come il Quota Act. Nel Paese nordamericano il nostro trova modo di sfruttare la preparazione e le esperienze accumulate nel settore della molitura meccanica e la famiglia si ambienta senza apparenti difficoltà, stringendo amicizia, a partire da incontri casuali, con la famiglia di un editore/uomo di affari italocanadese.

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Carmela e le colleghe

Dopo un quinquennio di lavoro a Montreal, accade l’imprevisto: i medici prescrivono a Carmela di curarsi cambiando clima. Gli Zuccaro si spostano allora per un periodo negli Usa, nello Stato del New Jersey, dove le temperature sono meno rigide. Visti i notevoli miglioramenti nella salute della donna, la famiglia si stabilisce nel 1971 a Lodi, dove vive una parente e una folta colonia di oriundi di Marineo. Lì da anni si è pure formata una Società di mutuo soccorso che costituisce il punto di aggregazione per i marinesi del New Jersey, devoti del loro protettore san Ciro, medico eremita e martire originario di Alessandria d’Egitto e oggetto di grande venerazione.

Nella nuova residenza, Santi Zuccaro utilizza ancora una volta tutto il suo ingegno per trovare una nuova occupazione: chiede improvvisamente ad un signore, che abita in una casa visibilmente obsoleta, se ha bisogno di un imbianchino. Da questa fulminazione nasce un nuovo percorso lavorativo: sarà assunto poco dopo come gestore di un grande condominio, stavolta assieme alla moglie Carmela, che qui diventa Lena. I due lavorano molte ore al giorno, ma sono «felici e contenti perche finalmente stavano vivendo una vita normale, una vita piena di gioia, piena di amicizie e rispetto morale e sociale di tutti i tenenti», cioè di tutti i condomini: il tutto grazie alla efficacia e prontezza delle loro prestazioni e alla loro costante e generosa disponibilità nella cura degli appartamenti del palazzo.

Quasi a coronamento di questo periodo di grazia, i festeggiamenti, nel 1997, del cinquantesimo anniversario del matrimonio di Lena e Santi. La ricorrenza viene celebrata con un cerimoniale di lusso, molto diverso dal loro matrimonio a Marineo, con un ristorante pieno di duecento e più invitati, quasi tutti amici e conoscenti, complesso musicale, benedizione sacerdotale… Se gli amici e i conoscenti apprezzano e circondano di stima la coppia, non altrettanto si può dire dei familiari, che danno loro grandi dispiaceri. Il figlio maschio, di fronte al rifiuto paterno di un finanziamento per un costoso regalo alla neo fidanzata, abbandona la casa dei genitori e sceglie per il pranzo delle sue nozze proprio il ristorante dove Lena lavora per svagarsi un po’ dalle amarezze che l’allontanamento del figlio le procura.

Dal matrimonio del figlio, che per un periodo torna a vivere in Canada, nasce anche un nipotino, mentre la figlia, che poi collezionerà alcuni divorzi, aveva avuto una bambina. Ne consegue l’appellativo di grandpa, nonno, rivolto da tutti al nostro autobiografo, che non gradisce la nuova denominazione: «in poco tempo ho perso il mio nome, nessuno mi chiamava più di nome ma bensi nonno». Mentre le attività professionali e il rapporto con Lena proseguono positivamente, le cose non vanno bene con i figli, le cui vicende personali angustiano la coppia, sempre pronta ad aiutarli nelle difficoltà abitative ed economiche. Ad un certo punto il nostro viene colpito da un leggero infarto, da cui si riprende in breve tempo. Il medico che lo cura gli consiglia di non prendersela per i problemi familiari: “ti suggerisco di stare più tranquillo se non vuoi altri complicazioni”.

Santi e Lena si trasferiscono poi nelle Contee meridionali del New Jersey, lavorando per un nuovo agglomerato di capannoni, da loro stessi ristrutturato e dato in affitto anche a diverse altre aziende.

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Per l’anniversario

La morsa della crisi economica e il ritorno

A sconvolgere la vita dei due arriva la crisi verificatasi tra il 2007 ed il 2013 a partire proprio dagli Stati Uniti in seguito alla cosiddetta “crisi dei sub-prime” e al crollo del mercato innescato dallo scoppio di una bolla immobiliare, producendo a catena una grave recessione. Scoppia quella che il nostro definisce «la disastrosa depressione economica che ha colpito tutta l’America, e un po piu tardi tutto il mondo. Nessuno si aspettava un disastro del genere, e in due anni tutti quelli che lavoravano onestamente e pagavano le tasse siamo stati fregati per prima e anche se qualc’uno è andato a finire in galera, gli onesti abbiamo perso tutto ciò che possedevamo». Le conseguenze della crisi globale, pagate dai ceti popolari e dal ceto medio, sono tremende anche per gli Zuccaro: «Ci hanno sequestrato tutto e ci siamo trovati in mezo la strada e nessuno è stato capace di aiutarmi ne moralmente ne finanziariamente».

Nessuna delle persone che il nostro autore ha in passato aiutato in ogni modo e trattato con grande spirito di solidarietà è adesso in grado o ha voglia di soccorrerlo, né i figli, né il genero, né i tanti amici. Lo rattrista la mancata corrispondenza di tanti amici e conoscenti alla sua richiesta di aiuto: tante persone che lui ha accolto, rispettato, incoraggiato, ora gli negano non solo un sostegno economico, ma persino una firma di garanzia, pura formalità, su un documento. L’irrompere delle difficoltà economiche coincide anche con un problema di salute: Zuccaro è colpito da un tumore alla gola e per un certo periodo non riesce neanche a parlare, per cui deve farsi accompagnare dalla figlia nelle occasioni in cui deve incontrare agenti e dirigenti bancari nella ricerca di una soluzione al fallimento della sua azienda.

Anche la loro casa viene pignorata e i due marinesi, privi anche dell’abitazione, sono invitati da Monika, prima moglie del figlio, a trasferirsi in Colorado dove lei, in seguito alle sue peregrinazioni da impiegata dell’amministrazione militare federale, possiede una casa adesso disabitata: «affittate un camion caricate tutto cio che potete, […] e io vi farò trovare qual’cuno che vi consegnera la chiave di casa». A parte questo gesto, Santi si sente abbandonato da tutti e anche da Dio. Si è sempre comportato bene, ha sempre seguito i precetti cristiani sull’amore per il prossimo, sul soccorso dei bisognosi, ma adesso che il bisogno è suo, la divinità in cui ha posto tanta fiducia non lo sente né gli presta aiuto.  

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Santi Zuccaro con due autorità comunali

Non riesce più neanche a pregare, deluso da questa mancata applicazione di una sorta di “legge del contrappasso”, implicita nei suoi comportamenti e nelle sue scelte di vita. A proposito, ripensa ad un episodio della sua infanzia: «Un vecchio uomo mi disse: se vuoi pregare Dio invocandolo che ti aiuta pregalo in un posto isolato, dietro un muro or sotto un albero, non chiedere il suo aiuto in chiesa, in chiesa ci sono molti persone nella folla il Dio non puo ascoltare tutti quanti allo stesso momento…». (Paradossalmente, non gli riesce di trovare una chiesa cattolica in Colorado, dove si trovano luoghi di culto di altre confessioni cristiane guidate ahimè da «preti sposati con moglie e figli»).

Da questa triste esperienza personale, il nostro autore trae la conclusione che a nulla sono valsi nel corso del tempo i suoi comportamenti improntati a gentilezza, correttezza, rispetto verso tutti e verso quell’Ente superiore che aveva avuto presentato nelle lezioni di catechismo e nelle omelie come colui che protegge gli uomini dal male, «capace di distruggere il muro del nemico ed aiutare il suo fedele popolo». Il nostro, assai lontano dalla estrema fiducia nel Signore che il racconto biblico – e anche quello coranico – attribuiscono a Giobbe, sembra così ripetere l’urlo di Cristo morente sulla croce: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Marco 15, 33-37). A proposito di confessioni religiose, Zuccaro è diventato assai scettico sul ruolo delle varie religioni, ciascuna delle quali ritiene di avere la verità in tasca e di adorare l’unico Dio in esclusiva. Ha letto la Bibbia ed anche il Corano, trovando quest’ultimo molto complicato e a tratti incomprensibile. In campo religioso, recepisce molti degli stereotipi presenti nei mezzi di comunicazione di massa sugli ebrei, a suo giudizio poco propensi a lavorare, e sui musulmani, considerando questi ultimi tutti fanatici seguaci di Bin Laden e degli attentatori dell’11 settembre 2001, quando furono colpite le Torri gemelle di New York ed il Pentagono.

Il memoriale di Santi Zuccaro si conclude così con il racconto di una sconfitta, una sorta di disperato senso di smarrimento e disorientamento esistenziale che riflette gli ultimi anni trascorsi tra gli Stati Uniti e la Sicilia, tra un’epoca in cui il traguardo di “una vita normale” sempre cercata sembrava raggiunto e l’amara esperienza della realtà del lunghissimo dopo-crisi.

Dialoghi Mediterranei, n. 49, maggio 2021

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Santo Lombino, ha insegnato lettere nella scuola media e storia e filosofia nei licei statali, si occupa di scritture autobiografiche, storia e letteratura dell’emigrazione, didattica della storia. Ha presentato al “Premio Pieve-Banca Toscana” Tommaso Bordonaro, autore de La spartenza, ha curato la pubblicazione di memorie e diari di autori popolari. Ha scritto I tempi del luogo (1986); Cercare un altro mondo. L’emigrazione bolognettese e la S. Anthony Society di Garfield (2002); Una lunga passione civile (con G. Nalli, 2004); Cinque generazioni. 1882-2007, il cammino di una comunità (2007). Tra le ultime pubblicazioni: Il grano, l’ulivo e l’ogliastro (2015) e Un paese al crocevia. Storia di Bolognetta (2016). Ha curato recentemente il volume Tutti dicono Spartenza. Scritti su Tommaso Bordonaro (2019). È direttore scientifico del Museo delle Spartenze dell’Area di Rocca Busambra.

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