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Dinamiche di una scrittura migrante e potenzialità dello spazio mediterraneo

510hpbgcnpldi Alaa Dabboussi

Ci sembra molto importante studiare la letteratura della migrazione in Italia, rappresentata da una nuovissima produzione letteraria, nata nel 1990 con la pubblicazione dei tre racconti: Immigrato di Salah Methnani, Chiamatemi Ali di Mohamed Bouchane e Io venditore di elefanti di Pap Khouma.

La particolarità di questa produzione letteraria consiste nella sua apparizione tardiva sulla scena editoriale rispetto ad altre letterature europee, come quella francofona e anglofona. Ma si è sviluppata solo nell’arco di venti anni, conoscendo tre fasi: la prima è caratterizzata da letteratura di testimonianza, maturata dalla necessità di comunicare, attraverso la scrittura, con il pubblico italiano. I primi libri della migrazione sono infatti testi autobiografici, raccontano storie vere di violenza, xenofobia, e difficile integrazione nella società italiana. La seconda fase è detta letteratura carsica o invisibile, perché i grandi editori non pubblicano più libri di migranti, per cui si diffonde grazie a piccole case editrici, riviste o associazioni. In seguito questa letteratura creola conosce un enorme successo che spinge la grande editoria ad interessarsi di nuovo alla letteratura migrante, così comincia una nuova fase, la cosiddetta fase multiculturale, in cui gli scrittori innovano e mescolano la lingua e le tradizioni italiane con quelle dei propri Paesi d’origine, dando inizio a una nuova maturità letteraria e artistica.

Il presente lavoro approfondisce, nel contesto della cosiddetta “letteratura italiana della migrazione” di espressione italiana, le opere degli scrittori di origine araba. Il focus è rivolto agli autori migranti del sud del Mediterraneo che nel Paese adottivo sono stati e sono i promotori della letteratura di migrazione, talora con una produzione di livello considerevole. Si tratta di opere nelle quali gli autori raccontano, sia attraverso l’autobiografia, sia attraverso l’invenzione di diversi personaggi, storie dell’immigrazione, della solitudine e della ricerca di integrazione, racconti spesso di sradicamento, di emarginazione e di violenza. Nell’insieme, sono opere che presentano una molteplicità di generi: autobiografico, diaristico, epistolare e poetico. In questi testi il racconto delle proprie difficoltà e del comportamento degli autoctoni s’intreccia con la tematica della nostalgia. Lo scrittore migrante è quasi sempre assalito dal ricordo del Paese natale, avvertendo forte il sentimento di abbandono e di perdita, senza contatti, lontano dalla famiglia, sovente senza nuovi amici. Talora il migrante perde i propri punti di riferimento senza riuscire a trovarne dei nuovi, se non dopo molto tempo.

Il nostro approccio a questi testi parte dai temi trattati dal singolo scrittore, mettendo in rilievo le relazioni con le culture d’origine, come anche l’inserimento in quella italiana e la relazione tra i due mondi. Abbiamo voluto approfondire la ricerca su tale argomento perché, pur essendo indagato, credo ci sia ancora molto da dire. Ci interessa mostrare il ruolo fondamentale degli stranieri nella letteratura italiana, evidenziare il fatto che malgrado la nostalgia, la xenofobia e lo smarrimento tra due società, due lingue e due culture, i migranti possono prendere la penna ed esprimere i loro pensieri e i loro diversi sguardi sulla nuova società italiana. Raccontano traumi e sofferenze nate dalle loro esperienze, denunciano le difficoltà nella convivenza, valorizzano la rivoluzione culturale che lentamente e silenziosamente, sfuggendo alla percezione della maggior parte dei critici, stanno apportando nella lingua italiana. In tal senso ci piacerebbe offrire una chiave di lettura per capire le problematiche degli scrittori migranti e il loro punto di vista, quale messaggio intendono trasmettere raccontandosi nella lingua del Paese ospitante.

Da qui le domande che si pongono: quando e com’è nata questa letteratura figlia d’immigrazione e come si è sviluppata? Quali sono le sue peculiarità? Quali sono le difficoltà che trovano gli autori migranti nei confronti della ‘nuova’ lingua e del mercato editoriale e come difendono la loro identità linguistica e culturale in un Paese molto diverso da quello d’origine? Quali sono le fratture aperte dalla presenza di una nuova realtà culturale nel panorama nazionale?

81ughhdkcflIl tema sotto le diverse denominazioni attribuite come letteratura o scrittura migrante, letteratura multiculturale, letteratura italofona, letteratura dell’esilio o altri appellativi simili, pare alludere ad aspetti vaghi e stigmatizzanti. L’argomento è straordinariamente ricco di considerazioni, aperto ad essere analizzato in un’ottica letteraria, linguistica, storica, sociologica, antropologica e comparatista. Abbiamo sicuramente avuto modo di osservare che solo casualmente i media italiani fanno riferimento al fenomeno migratorio come a un movimento di intelligenze, con il loro bagaglio ricco di alterità culturale. Eppure la banca dati BASIL [1], istituita nel 1997 da Armando Gnisci, docente di letteratura comparata all’Università di Roma La Sapienza, è giunta – i dati sono del marzo 2013 – a contare ben 481 scrittori stranieri, più della metà dei quali sono donne, con ben 93 nazionalità rappresentate e 1497 opere letterarie pubblicate in Italia negli ultimi vent’anni. Se pensiamo che tra il 1981 e il 1989 erano state date alla stampa appena otto opere in lingua italiana da parte di scrittori immigrati, è facile intuire le dimensioni che il fenomeno ha raggiunto in tempi così brevi.

Gli scrittori migranti – ne cito alcuni fra i più noti in Italia – quali Younis Taoufik [2], Abdel Malek Smari [3], Mohsen Melliti [4], Tahar Mami, Youssef Vakks, Salah Methnani, sono stranieri che, dopo aver scelto  l’Italia  come Paese dove mettere nuove radici, presa confidenza con la lingua, hanno deciso che era tempo di fare un nuovo secondo viaggio, molto più complesso e profondo del primo, raccontandosi agli italiani nella maniera più diretta possibile e cioè in lingua italiana. Stiamo parlando di migranti colti, molti dei quali erano laureati nel proprio Paese e la critica tende a riconoscerli sotto tre profili diversi.

la-letteratura-dellemigrazioneCi sono innanzi tutto coloro che non avevano mai pensato di scrivere prima di giungere in Italia, ma che in seguito ai traumi subiti e alle difficoltà per le quali sono passati, hanno maturato la necessità di raccontarsi. Marchand [5] li ha definiti “migranti scrittori”, espressione da molti intesa come “immigrati che scrivono”. Attraverso le loro opere, fortemente realistiche e autobiografiche, essi denunciano e testimoniano situazioni amare e dolorose, storie di adattamenti difficili, di abbandoni, di emarginazione, di povertà, di incontri sbagliati e di amara e struggente nostalgia. Poi ci sono coloro che erano già scrittori nel loro Paese e che hanno scelto di continuare a farlo sotto altri cieli, in un’altra lingua, quelli che Marchand definisce “scrittori migranti”: si tratta di artisti e intellettuali che continuano il loro percorso già avviato dando alla luce testi interessanti. Infine, ci sono i giovani di seconda generazione, scolarizzati in Italia con amici italiani e abitudini italiane: sono italiani a tutti gli effetti, anche se le istituzioni o la società a volte non li riconoscono tali, creando situazioni di emarginazioni e disagio.

Nel quadro della letteratura testimoniale sull’immigrazione in Italia abbiamo scelto il testo di un immigrato marocchino, Chiamatemi Ali, scritto da Mohamed Bouchane (pubblicato in collaborazione con due giornalisti italiani: De Girolamo e Miccione): è una sorta di diario che registra lo sconfortante scarto tra l’ottimismo con cui il protagonista immaginava il suo viaggio in Occidente, e la pessima, per certi versi disastrosa esperienza in Italia. Bouchane arriva a Milano nel 1989, dopo studi di biologia a Rabat, convinto di trovare libertà e benessere, e si trova costretto a dormire in automobili abbandonate e a fare lavori umilissimi e mal pagati: diventa un clandestino emarginato e rifiutato dalla maggior parte degli italiani; ciò che lo sorregge in questo momento molto difficile della sua vita è la fede (addirittura l’incipit del romanzo è «Nel nome di Allah Clemente e Misericordioso») [6]. Bouchane riesce a mantenere una certa dose di equilibrio e di pace interiore anche nelle avversità, perché è sicuro dell’amore di Allah, e nei centri islamici di Milano trova quella solidarietà che altrove gli è negata. Come tutti i migranti alle prese con una cultura diversa da quella di origine, si sente a volte spaesato, e l’Islam più di ogni altra cosa rappresenta per lui un punto fermo dell’identità personale e culturale.

9703260Tra i primi testi della letteratura italiana migrante ricordiamo Pantanella. Canto lungo la strada del tunisino Melliti Mohsen [7], uno degli scritti più significativi pubblicati in questo decennio sulla tematica dell’immigrazione. Nell’ex pastificio di Roma chiamato Pantanella, trovavano riparo stranieri immigrati con o senza permesso di soggiorno, occupati in attività marginali e senza fissa dimora. Quattro stranieri di diverse nazionalità sono fra i protagonisti in questo stabilimento occupato. Pantanella assume l’aspetto di una città nella città. Si organizzano ad esempio comitati che chiedono garanzie e un minimo di servizi all’interno del pastificio, aiutati da alcuni italiani. Intanto nel complesso industriale in disuso l’organizzazione della vita diventa man mano più visibile, più reale. Si passa da un minimo di gestione civile a quella economica e commerciale, ma alla fine la polizia attacca il pastificio e lo fa sgomberare [8].

Un altro autore è Salah Methnani [9], tunisino nato nel 1963 e arrivato in Italia nel 1987, subito dopo avere conseguito una laurea in Lingue e Letterature straniere moderne. Cresciuto in una famiglia mediamente benestante (il padre è geometra e la madre casalinga), riceve una educazione mista e bilingue: frequenta sia la scuola coranica che l’asilo e le scuole francesi. All’Università di Tunisi studia l’inglese e il russo, mentre l’italiano l’ha imparato da autodidatta, dopo la migrazione. La storia del suo impatto con la realtà italiana è raccontata nel romanzo con cui esordisce, Immigrato: si tratta di uno dei primi testi della letteratura migrante che, come dimostra la riedizione del 2006 ad opera di Bompiani, continua a suscitare l’attenzione della critica e dei lettori. Relativamente al suo progetto migratorio, Methnani ha dichiarato che si è trattato di «Gioco, voglia di conoscere, amore della civiltà e della cultura romana [...]. C’era il fascino di un’Italia che vedevo in televisione, di cui sentivo parlare attraverso gli amici». La sua intenzione era inoltre quella di conseguire un dottorato di ricerca. Immigrato riguarda appunto lo scarto tra i sogni di un giovane tunisino, laureato ma clandestino, e le gravi difficoltà di ambientamento, l’emarginazione, i problemi economici e lavorativi che fanno parte dell’esperienza di molti immigrati.

Scritto con la collaborazione del giornalista Mario Fortunato, Immigrato rappresenta la storia di Salah Methnani, un ragazzo tunisino che, dopo aver preso la laurea in lingue e letterature straniere, decide di fare un viaggio in Italia. Sotto forma di autobiografia, Methnani racconta il suo lungo viaggio da Palermo a Napoli, Roma, Firenze, Padova, Torino e finalmente a Milano, nel cuore di un Occidente che non è così ricco e civile come fantasticava. La realtà che va incontrando fa cadere tutti i miti e le illusioni. Per di più, la sua laurea non viene riconosciuta, nonostante gli abbiano detto che era sufficiente un certificato tradotto in italiano [10].

Methnani ci porta, da un racconto all’altro, da città a città, verso un lungo viaggio che mostra la nuova difficile realtà che troviamo quando decidiamo di partire dal proprio Paese. Per questo Immigrato è la voce di ogni persona che sogna l’Occidente, di ogni immigrato che ha vissuto la medesima storia dell’autore e che ha lasciato il proprio Paese per un sogno di libertà, il desiderio di scoprire il mondo, di fare nuove conoscenze, di arricchire la propria cultura. Un sogno sparito nelle nebbie delle lunghe giornate senza lavoro, nelle notti passate alla ricerca di un riparo, negli incontri disperati con chi vive ai margini della società. Immigrato, insomma, è la storia di un viaggio amaro nel cuore di un Occidente che non è come si progettava prima, in un’Italia intollerante, razzista e violenta, la storia di una disillusione ma anche  di una presa di coscienza. Si può dire, di conseguenza, che Immigrato ha il merito di portare alla luce un’Italia sconosciuta: quella caratterizzata da una realtà ostile e razzista nei confronti degli immigrati.

lakhoushpUno dei maggiori esponenti di questa produzione è il romanziere algerino Amara Lakhous, considerato il migrante più esemplare e rappresentativo della letteratura migrante, perché egli è l’unico tra gli scrittori nordafricani arabi che scrive le sue opere in due lingue, in italiano e in arabo, non marginalizzando la sua madrelingua. Tant’è che vive a Roma da più di quindici anni, creando un nuovo ritmo nella letteratura italofona e anche arabofona, «il più originale degli immigrati che scrivono in italiano», dal momento che  narra in modo cinematografico mettendo in scena il clima sociale dell’Italia multietnica. Nei suoi romanzi mira a “arabizzare l’italiano e italianizzare l’arabo”, portando immagini, proverbi e idiomi dalla sua lingua materna in quella del Paese ospitante e viceversa, allo scopo di trasferire le culture da una società all’altra, interpretando in modo originale il tema dell’incontro e dello scontro di diverse culture e civiltà in una società multietnica come quella romana.

La grandezza della scrittura risiede nella grande possibilità di entrare in contatto con varie popolazioni, conoscere le loro culture, scoprire le loro tradizioni, analizzando e restituendo i loro sguardi; vale a dire la scrittura, per Lakhous, è il canale adatto per discutere la questione del rapporto tra le culture, anche per ripensare all’identità plurima dell’immigrato. Lakhous impara da tutta la gente, non solo dall’élite, dall’intellettuale, dal filosofo, dall’insegnante, ma anche dal barista, dal fornaio, dal meccanico e dal contadino. Così chiarisce: «Io vengo da una famiglia di contadini, quindi io lavoro come un contadino. Un contadino non può svegliarsi la mattina, piantare un ulivo e il giorno dopo andare a raccogliere. C’è un lavoro in mezzo, annaffiare, potare, aspettare; io lavoro così. Per me scrivere è come costruire una casa, un palazzo. Quando vedo che il cantiere ha tutto il materiale – cemento, ferro – solo a quel punto mi sento pronto a iniziare a lavorare. Ho un piano. Non si può iniziare a costruire una casa senza un piano» [11].

Viste le condizioni in cui nasce, la letteratura italiana della migrazione all’inizio si focalizza quasi esclusivamente sulle esperienze autobiografiche, e in particolare sulle difficoltà e le sofferenze dei protagonisti. Si tratta di una letteratura che, per sua stessa natura, tende alla forma del memoir, del racconto in prima persona di esperienze di vita dell’autore: il pubblico e lo stesso editore si aspettano e gli chiedono spesso questo, una testimonianza autobiografica romanzata. Il libro di Lakhous come della gran parte degli scrittori migranti riporta il punto di vista soggettivo di un singolo, ma in tale racconto centinaia di migliaia di persone possono riconoscere la propria storia perché quello che è apparentemente un io tende in realtà a valere come un noi.

Vari studiosi hanno definito tale letteratura in modi diversi. Secondo Federica Mazzara, docente all’UCL (University College London), la letteratura italiana della migrazione «è una etichetta generica che indica un gruppo di scrittori molto diversi, che condividono solo la scelta di scrivere in lingua italiana, come linguaggio di espressione letteraria»[12]. In un’altra definizione, nell’espressione letteratura migrante c’è la parola chiave ‘migrante’, che in questo contesto significa ‘emigrare’ verso una lingua che non coincide mai perfettamente con quella della normalità quotidiana. Spiega anche Nora Moll, docente di letteratura contemporanea, che la scrittura migrante è un fenomeno attraverso il quale lo straniero descrive liberamente i suoi sentimenti, passioni, delusioni e problemi, utilizzando una lingua diversa dalla sua nativa. Quindi, la letteratura della migrazione in Italia comprende tutte le opere scritte in italiano ma da mani straniere. Sono opere rappresentative dello scontro tra le culture diverse, sono brevi flash delle difficili esperienze nel Paese d’arrivo. Attraverso questa letteratura l’immigrato, che prima è stato osservato e temuto dal pubblico, diventa lui stesso l’osservatore della società italiana, fotografo dell’Italia al presente, narratore delle vere storie accadute durante il suo viaggio.

Inizialmente questo recente filone letterario conosce tanti problemi terminologici, come ‘letteratura transnazionale’, ‘letteratura postcoloniale’, ‘letteratura italofona’. In effetti, ogni definizione può valere per alcuni scrittori, ma esclude altri. Ad esempio, non si può dire che tutti gli autori fanno parte della categoria postcoloniale solo per il fatto di scrivere in italiano: prendiamo il caso degli scrittori Amara Lakhous e Salah Methnani, uno è algerino e l’altro tunisino, l’Algeria e la Tunisia non sono mai stati colonizzati dall’Italia, ma dalla Francia. Però questi due scrittori non scrivono nella lingua del colonizzatore francese, ma scelgono un’altra lingua occidentale, l’italiano, come mezzo di comunicazione e di produzione letteraria e così questa stretta definizione non si addice al loro caso.

81978sfe7slMolti studiosi e ricercatori collocano tale espressioni nel nome ‘migrante’ per definire questo ramo letterario: si dice semplicemente letteratura di migranti o della migrazione e per dirla anche in altre lingue: Migrantliterature, Migrantenliteratur o Migrationsliteratur, Ecriture migrante. Solo per facilità si usa quest’ultima definizione, letteratura italiana della migrazione, che raccoglie tutti gli scrittori provenienti da tutti gli angoli del pianeta. La verità è che gli scrittori trovano nella scrittura occasione di raccontare tutte le loro storie di distacco, di abbandono, lutto, malinconia e nostalgia, avendo una ‘cura di sé’ la loro scrittura assume la funzione riparatrice della mente e dell’esistenza [13].

«La letteratura della migrazione è un fenomeno che interessa i mondi e i rapporti tra i mondi del mondo» [14]. A guardar bene, la scrittura nella lingua del Paese ospitante è un efficace metodo per creolizzare il mondo e globalizzare i diversi universi e le diverse culture. Per un immigrato imparare la lingua del ‘nuovo’ Paese ha due ragioni opposte tra di loro: «per essere invisibile e per diventare visibile»[15], da una parte per sentirsi parte della società ospitante, per non essere diverso dagli autoctoni, cioè per integrarsi nella società; dall’altra parte per diventare attivo in un discorso, per costruire, giorno dopo giorno, la sua identità attraverso quella lingua.

La principale corrente della storia della letteratura italiana con cui possiamo mettere a confronto le opere che abbiamo presentato è il neorealismo, per un’affinità che è anzitutto, ma non solo, tematica. I protagonisti dei romanzi neorealisti sono spesso gli “ultimi” della società, o coloro che lottano contro le sue ingiustizie, e le vicende narrate non di rado includono le difficoltà e le frustrazioni incontrate nel sopravvivere durante la guerra, nel trovare da mangiare, un posto per dormire, un lavoro (questa tendenza è forse ancora più accentuata nel neorealismo inteso come corrente cinematografica). Sia i personaggi che le storie sono trattati in modo crudo e drammatico, con una ben percepibile «tensione morale» e un senso di speranza che denotano il coinvolgimento emotivo e ideologico degli autori, il loro impegno sociale e politico. Il neorealismo aspira insomma «a un’arte corale e collettiva, epica e popolare», a racconti estremamente verosimili o direttamente tratti da esperienze vissute e fatti reali, drammatici ma non raccontati con tono pessimistico o cinico; tutte caratteristiche che frequentemente ritroviamo nella cosiddetta letteratura italiana della migrazione, e nello specifico in romanzi come Dove lo Stato non c’è Racconti italiani di Tahar Ben Jelloun o Immigrato di Salah Methnani [16].

È appena il caso di sottolineare che quanto ho finora esposto sulla letteratura di migrazione non esaurisce certamente l’argomento in considerazione, sia per la complessità dei suoi contenuti sia per la molteplice varietà degli autori di questo genere che operano all’interno del panorama culturale italiano. Questi scrittori magrebini che scrivono in italiano sono essi stessi un ponte tra nord e sud del mondo. Attraverso la letteratura questi autori riescono a creare una nuova cultura e possono far nascere un nuovo tipo di scrittore e di scrittura. Le opere letterarie di questi uomini di frontiera rappresentano meglio di qualsiasi studio storico e sociologico l’avvenire del pianeta. Alla base del progetto di inserimento degli immigrati nella società italiana c’è senza dubbio la multiculturalità intesa come mondializzazione, non uniformità e appiattamento della cultura bensì come un confronto leale tra culture in cui le differenze non vengono negate, ma riconosciute e accettate in nome di una specificità da rispettare, perché, secondo quanto afferma Tahar Ben Jellun, «a lungo termine l’inserimento degli immigrati farà emergere una nuova società, un paesaggio nutrito di diversi apporti».

La nascita di questa nuova scrittura comporterà comunque la nascita di un nuovo tipo di letterato per il quale i conflitti si dilatano, il concetto di patria si trasforma in un’immagine che comprende almeno due Paesi, la scrittura diventa essa stessa patria, la naturale risposta al bisogno di parlare di sé, di spiegare il proprio essere agli altri. Sarà dunque necessario seguire lo sviluppo di tale produzione letteraria e osservare quale rapporto di continuità e di discontinuità si creerà con la letteratura italiana tradizionale, quali nuove chiavi di lettura si offrano della contemporaneità italiana dal punto di vista sociale e culturale. Contro il razzismo e l’intolleranza che stanno minando le basi della convivenza civile in Italia gli scrittori della migrazione ci propongono con le loro opere una cultura in cui ci sia spazio per l’altro, per accoglierlo senza paura perché confrontarsi con lui equivale a conoscere meglio se stessi. La letteratura migrante serve anche a questo.

Dialoghi Mediterranei, n. 53, gennaio 2022 
Note
[1] Per la banca dati BASIL, cfr.www.disp.let.uniroma.it
[2] Younes Tawfik: nato a Mossul nel 1957, è un giornalista e scrittore iracheno naturalizzato italiano. In Iraq ha ottenuto nel 1978 il Premio di poesia nazionale, vive in esilio in Italia dal 1978. Nel 1986 ha conseguito la laurea in lettere all’università di Genova, dove insegna lingua e letteratura araba. Con il suo romanzo d’esordio La Straniera (2000) ha vinto il Grinzane Cavour, il Premio Giovanni Comisso, il Premio Internazionale Ostia, il Premio Rhegium Julii, il Premio Fenice Europa e il Premio Via Po. Da questo romanzo è stato realizzato un film diretto da Marco Turco con lo stesso titolo. Ha scritto anche La sposa ripudiata (Bompiani, 2011) e I ragazzi di piazza Tahrir (Barbera editore 2012)
[3] Abdel Malek Smari nasce a Costantina, in Algeria nel 1958. Lì si laurea in Psicologia clinica, giunge a Milano agli inizi degli anni 90, scrive il suo primo romanzo Fiamme in Paradiso (II Saggiatore 2000) grazie all’amicizia e al sostegno di Raffaele Taddeo, proprio per questo romanzo ottiene il Premio Marisa Rusconi nel 2001. Si cimenta anche nella poesia e nel teatro. Nel 2008 pubblica con Libri bianchi il romanzo L’Occidentalista, scrive spesso agli amici sui suoi temi preferiti: la lingua, la scrittura, la divisione mistificatrice tra Oriente e Occidente, la storia e la politica. L’autore ha intenzione di raccogliere questi scritti in un’opera, dopo aver ultimato la stesura del suo romanzo a cui sta lavorando. È di questi ultimi anni l’apertura di un blog che gli permette di trattare l’attualità della vita politica e civile algerina : www.malikamin.net. All’autore è stata dedicata nel 2011 la tesi di un laureando in lettere e filosofia dell’Università degli studi di Milano Giuliano Buzzao dal titolo “L’identità della e nella letteratura migrante”. ElGHIBLI gli ha dedicato il supplemento del numero del giugno 2012 (http:www.el-ghibli.provincia.bologna.it)
[4] Mohsen Melliti è nato a Bourouis (Tunisi) nel 1967, è in Italia dal 1989, vive a Roma. I suoi interessi sono molteplici e spaziano da quelli letterari a quelli filmici. Il romanzo Pantanella Canto Lungo la strada risale al lontano 1991 ed è stato originariamente scritto in arabo ma per le tematiche presenti, perché scritto in Italia e con l’intenzione di rivolgersi agli Italiani, può a ragione essere inserito fra i primi testi della letteratura della migrazione italiana. Non a caso Melliti sarà uno dei primi a cimentarsi in lingua italiana con il suo secondo romanzo I bambini delle Rose.
[5] Marchand, J.J. (a cura di) La letteratura dell’emigrazione. Gli scrittori di lingua italiana nel mondo, Torino Fondazione Giovanni Agnelli, 1991.
[6] Bouchane, Mohamed, Chiamatemi Ali, Milano 1991:190
[7] Mohsen Melliti, originario di Bourouis (Tunisi) è in Italia dal 1989. I suoi interessi spaziano da quelli letterari al cinema. Nel 2007 ha diretto il film “Io, l’altro” che racconta la vita di un immigrato tunisino e il clima di diffidenza che lo circonda in seguito ai fatti dell’11 settembre 2001.
[8] Raffaele Taddeo, Letteratura nascente, letteratura italiana della migrazione. Autori e poetiche, Raccolto edizioni, 2006: 104-105, 200.
[9] Salah Methnani, scrittore e giornalista nato nel 1963 a Tunisi dove si è laureato in lingue e letterature straniere nel 1987. In Italia è conosciuto nell’ambito della letteratura italiana della migrazione perché è stato tra i primi autori del sud del mondo a scegliere l’italiano come lingua della scrittura nei primissimi anni ’90. Per Theoria ha tradotto dall’arabo il libro di racconti di Mohamed Chokri Il folle delle rose.
[10] Alfredo Luzi, Ragioni di un incontro, Scrittura, migrazione, identità in Italia: voci a confronto, Edizioni università di Macerata 2007:11.
[11] Amara Lakhous, “Non viviamo in un paese, ma in una lingua”, in Elegia dell’esilio compiuto, Sagarana, http://www.sagarana.it/rivista/numero2/elegia.html
[12] Federica Mazzara, Letteratura della migrazione italofona e Auto-traduzione: una nuova avanguardia in un mondo in Letteratura prospettiva, dal progetto del Mellon UCL, sul sito: www.ucl.ac.uk/mellon- programma/Fellows/federica.
[13] Alessandro Portelli, Le origini della letteratura afroitaliana e l’esempio afroamericano, sulla rivista online El Ghibli.
[14]Armando Gnisci, Creolizzare l’Europa: letteratura e migrazione, Roma, Meltemi, 2003: 52.
[15] Miriam Traversi, Mirca Ognisanti (a cura di), Letterature migranti e identità urbane: i centri interculturali e la promozione di spazi pubblici di espressione, narrazione e ricomposizione identitaria, Milano, Angeli, 2008: 29.
[16] G. T Ellini, Storia del romanzo italiano, Milano, Mondadori, 2017: 510-511 
Riferimenti bibliografici
Aa. Vv., Certi confini, Letteratura italiana della migrazione, (a cura di) I. Quaquarelli, Milano, Morellini, 2010.
Aa. Vv., Traversées. Percorsi linguistico-letterari. Studi per Giuliana Costa Ragusa, a cura di A. Brudo, J. Gousseau, L. Grasso, M. T. Russo, G. S. Santangelo, Palermo, Flaccovio Editore, 2009.
T. Ben Jellun, Dove lo Stato non c’è, Racconti italiani, Torino, Einaudi,1991
S. Camilotti Silvia, S. Zangrando, Letteratura e migrazione in Italia, Studi e dialoghi, Trento, Editrice Uni Service, I ed., aprile 2010.
A. Campisi, F. Pisanelli, Memorie e racconti del Mediterraneo, l’emigrazione siciliana in Tunisia tra il XIX e XX secolo, Tunisi, MC Editions, 2015.
A. Gnisci, La letteratura italiana della migrazione, Roma, Lilith edizioni, 1998
A. Gnisci, Creoli, meticci, migranti, clandestine e ribelli, Roma, Meltemi, 2000
A. Gnisci, Creolizzare l’Europa. Letteratura e migrazione, Roma, Meltemi, 2003
I. Guardi, Letteratura italiana nascente? Considerazioni sulle opere di alcuni scrittori arabofoni, in “Lingua italiana, Afriche e Orienti”, n. 2, luglio 2007.
A. Luzi, Ragioni di un incontro, Scrittura, migrazione, identità in Italia: voci a confronto, edizioni Università di Macerata, 2007.
M. Melilli, Mi chiamo Alì… identità e integrazione inchiesta sull’immigrazione in Italia, Roma, Editori Riuniti, 2003.
C. Mengozzi, Narrazioni contese. Vent’anni di scritture italiane della migrazione, Roma, Carocci, 2013.
M. Meschini e C. Carotenuto (a cura), Scrittura, Migrazione, identità in Italia: Voci a confronto, Edizioni Università di Macerata 2010.
F. Pezzarossa e I. Rossini (a cura), Leggere il testo e il mondo – Vent’anni di scrittura della migrazione in Italia, Bologna, Clueb, 2012.
L. Quaquarelli (a cura), Certi confini sulla letteratura italiana dell’immigrazione, Milano, Morellini Editore, 2010.

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Alaa Dabboussi, nato in Tunisia, dottore in lingua, letteratura e civiltà italiana. Ha seguito un corso magistrale e ha ottenuto il master nel 2015 presso la Facolta’ delle lettere e delle umanistiche de La Manouba. Presso lo stesso Ateneo ha discusso nel 2021 la sua tesi di dottorato “Espressioni della letteratura magrebina di lingua italiana tra integrazione e identità”. Ha insegnato lingua italiana presso licei tunisini.

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