il centro in periferia
di Marco Leonetti
A gennaio 2019, l’editore Donzelli pubblicava Riabitare l’Italia. Le aree interne tra abbandoni e riconquiste, non un semplice volume collettaneo, ma un progetto collettivo, frutto delle esperienze di condivisione attivate attorno alla Strategia Nazionale Aree Interne ma rivolte ad una più generale rilettura degli assetti territoriali nazionali. A dispetto dell’immagine che la vuole strettamente legata a una dimensione urbana, l’Italia è invece disseminata di «territori del margine»: dal complesso sistema delle valli e delle montagne alpine ai variegati territori della dorsale appenninica, e via via scendendo per la penisola, fino a incontrare tutte quelle zone che il meridionalismo classico aveva indicato come «l’osso» da contrapporre alla «polpa», e a giungere alle aree arroccate delle due grandi isole mediterranee. Sono gli spazi in cui l’insediamento umano ha conosciuto vecchie e nuove contrazioni; dove il patrimonio abitativo è affetto da crescenti fenomeni di abbandono; dove l’esercizio della cittadinanza si mostra più difficile; dove più si concentrano le diseguaglianze, i disagi.
Sommandole tutte – queste aree «interne», «fragili», «in contrazione», «del margine» – ammontano a quasi un quarto della popolazione totale, e a più dei due terzi dell’intero territorio italiano. Abbastanza per farne l’oggetto di una grande «questione nazionale». Se non fosse che hanno prevalso altre rappresentazioni: il Sud in perenne «ritardo di sviluppo»; il «triangolo industriale» della modernizzazione fordista; la «terza Italia» dei distretti. Al centro, l’ingombrante presenza della dimensione metropolitana, in grado di offuscare, fin quasi a spegnerlo, «tutto il resto». Oggi le specificità, le vitalità, le opportunità, le azioni pubbliche e collettive di questo resto tornano a essere visibili. Possono e devono animare una nuova lettura del Paese. A patto, però, di riuscire ad invertire lo sguardo, a guardare all’Italia intera muovendo dai margini, dalle periferie. Considerare le dinamiche demografiche, i processi di modernizzazione, gli equilibri ambientali, le mobilità sociali e territoriali, le contraddizioni e le opportunità, per una volta all’incontrario. Partendo dalla considerazione che l’Italia del margine non è una parte residuale; che si tratta anzi del terreno forse decisivo per vincere le sfide dei prossimi decenni.
Si scopre quindi un’altra Italia, che partecipa pienamente alle sorti comuni del Paese, ma che soffre di più; e che sta provando a riorganizzarsi, a ripopolarsi grazie ai giovani e agli immigrati, a inventare nuove imprenditorialità, a esprimere una nuova consapevolezza ecologica. Un paese che non rimuove la nostalgia dei luoghi, ma ne fa la premessa indispensabile per tramutare la rabbia e i risentimenti nell’impegno per una nuova fase di avanzamento sociale. Tale ripensamento, prima che una emergenza sociale ed economica, è un’urgenza politica e culturale. L’Italia è il Paese delle diversità territoriali e del policentrismo: dalle aree interne alle città medie, dalle aree rurali ai distretti industriali. Eppure, il progressivo disinteresse verso il policentrismo determina, in Italia come nel resto d’Europa, un destino di marginalizzazione dei territori esclusi dalla narrazione dominante, tanto nell’opinione pubblica che nelle politiche.
Tutto questo si traduce in scarsità di investimenti a misura dei luoghi, mancate opportunità occupazionali, minore innovazione nei servizi alla persona, disattenzione verso la sfida climatica e demografica. Le conseguenze di questo misconoscimento sono chiarissime per le aree interne del nostro Paese: non vi è traccia, nel dibattito culturale, di cosa sarà il futuro degli oltre 5000 piccoli centri di pietra e legno italiani di cui Daniel Libeskind, l’architetto che ha ricostruito Ground Zero a New York, ha detto che «racchiudono il DNA dell’umanità». Oggi l’attenzione dell’opinione pubblica e della politica è tutta concentrata su come trasformare le nostre grandi città in poli in grado di competere in un’arena globale, perché è lì che, secondo la narrativa dominante, si determinerà il futuro del nostro Paese.
Ma i fragili policentrismi che attraversano, da Nord a Sud, la Penisola chiedono uno sguardo più lungo e una visione di futuro più ambiziosa. Affinché si recuperi la percezione che la fortuna e l’originalità del nostro Paese risieda proprio in quel rapporto osmotico che lega le cento città e il policentrismo dei territori che le circondano, c’è bisogno di intraprendere una grande battaglia culturale e politica. Fin quando il tema non sarà riportato al centro del dibattito pubblico, in primis culturale, non si potranno pensare e attuare vere politiche pubbliche capaci di segnare una discontinuità.
Per questo, nel marzo 2020, appena prima dello scoppio della pandemia, il gruppo di autori di Riabitare l’Italia decide di impegnarsi direttamente, costituendosi in Associazione e dando vita ad un progetto culturale, ambientale e politico. Il progetto Riabitare l’Italia si rivolge all’opinione pubblica vasta, all’ambito della ricerca, alle politiche, favorendo il dialogo fra le istituzioni e player nazionali del settore privato. Nello specifico opera per favorire una maggiore conoscenza del Paese, e per sensibilizzare l’opinione pubblica sul valore ambientale, economico, culturale del policentrismo; per combattere gli stereotipi e valorizzare le differenze e la ricchezza di climi, di popolazioni, di economie che fa del nostro un Paese unico; per promuovere sguardi interdisciplinari in grado di comprendere le dinamiche complesse che attraversano i territori; per favorire l’incontro fra gli ambiti della conoscenza e delle politiche, affinché ne possano nascere politiche più informate; per offrire uno spazio di scambio e relazione fra soggetti pubblici, istituzionali e privati.
In poco più di un anno dalla sua costituzione, l’Associazione Riabitare l’Italia ha raccolto il sostegno di oltre centoventi soci individuali: cittadini e cittadine, tra cui molti giovani, impegnati nei territori, nelle istituzioni, nella pratica quotidiana di ripensamento collettivo dei luoghi marginalizzati. Ad affiancarli, una robusta rete di soci partner: oltre venti tra centri di ricerca, dipartimenti universitari, enti locali, associazioni di categoria ed organizzazioni di cittadinanza attiva a livello nazionale e locale.
Al centro delle attività dell’associazione c’è la realizzazione – in collaborazione con l’Editore Donzelli – di volumi che non siano semplici pubblicazioni, ma progetti culturali, in grado di inserirsi nel dibattito corrente apportando un contributo critico ed innovativo. Nel luglio 2020 esce infatti il Manifesto per Riabitare l’Italia con l’obbiettivo di rendere accessibili ad un pubblico vasto il vocabolario e l’orizzonte culturale dell’Associazione. Ad un anno di distanza, nel luglio 2021, è stata la volta della pubblicazione di Metromontagna: un progetto per Riabitare l’Italia, realizzata con l’intento di intervenire nella discussione pubblica sui possibili nuovi rapporti tra territori metropolitani e rural-montani, animata dalle conseguenze della pandemia in termini di possibilità di lavoro da remoto e di ripopolamento dei centri minori in abbandono. Alle pubblicazioni si affianca l’organizzazione di seminari e momenti di confronto sui temi di interesse come il seminario “La mappa della partecipazione democratica in Italia” promosso, nell’ottobre 2020, in collaborazione con l’Università della Calabria.
Infine, grazie alla collaborazione con la rete dei partner, Riabitare l’Italia ha promosso e realizzato progetti di ricerca rivolti a colmare gap di conoscenza su temi cruciali. È il caso del progetto “I luoghi delle comunità resilienti ai tempi del Covid-19” sostenuto dalla Fondazione Finanza Etica e realizzato con l’Associazione Bottega Terzo Settore, così come del progetto “Giovani Dentro” sviluppato con CREA – Rete Rurale Nazionale, Gran Sasso Science Institute, EURAC Research, Università di Salerno ed Università di Torino, grazie al contributo di Fondazione Peppino Vismara e di Coopfond.
In particolare, il progetto “Giovani Dentro”, appena arrivato alla sua fase conclusiva, ha destato particolare interesse avendo realizzato una prima indagine nazionale sulle condizioni e le aspettative dei giovani e delle giovani abitanti delle aree interne italiane. Per presentare i primi risultati della ricerca, l’Associazione Riabitare l’Italia ha scelto di incontrarsi proprio in un’area interna: Caselle in Pittari, in provincia di Salerno. Le due giornate di approfondimento e discussione (8 e 9 ottobre 2021) hanno rappresentato l’occasione per presentare e riflettere insieme – giovani, associazioni, ricercatori – sulle opportunità e le sfide per chi decide di tornare o restare a vivere nelle aree interne montane e rurali italiane. Gli oltre cinquanta partecipanti al seminario, giunti a Caselle da tutta Italia, hanno poi potuto conoscere il progetto di filiera corta del Monte Frumentario, che mira al recupero, alla produzione e alla trasformazione di varietà di grano locale. Come emerge dagli esiti dell’indagine “Giovani Dentro” grandi sono le potenzialità per un nuovo protagonismo dei territori marginalizzati, ma grandi restano le difficoltà. Resta molto da fare per dare voce a chi vive – prime tra tutte le giovani generazioni – nell’Italia del margine.
L’Associazione Riabitare l’Italia è un piccolo ma importante tassello nel quadro di una azione che non può che essere collettiva. Senza l’affermazione di nuova rappresentazione territoriale del Paese, senza un ampio movimento culturale, non sarà infatti possibile pensare e realizzare politiche pubbliche in grado di riequilibrare i vecchi e nuovi divari che pure la Costituzione, nel suo fondamentale articolo 3, chiama tutti noi a superare.
Dialoghi Mediterranei, n. 53, gennaio 2022
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Marco Leonetti, laureato in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio, ha preferito rivolgere la sua attenzione più alle persone e ai luoghi che alle strutture e agli spazi. La laurea magistrale in Pianificazione e Politiche per l’Ambiente, è stata l’occasione per approfondire l’analisi delle politiche pubbliche per il territorio, e per lo sviluppo locale in particolare. Reduce dall’esperienza Erasmus alla Drexel University di Philadelphia, ha trovato nelle aree interne italiane radici ed interessi profondi. Il coinvolgimento nell’elaborazione della strategia per l’area SNAI “Monti Reatini” ha rappresentato l’esperienza alla base del lavoro di tesi magistrale, ed il punto di partenza per un nuovo percorso di ricerca, ora in corso presso il Dottorato in Ingegneria dell’Architettura e dell’Urbanistica dell’Università di Roma La Sapienza – Dipartimento di Ingegneria Civile Edile Ambientale. Continua a collaborare con l’Area Interna “Monti Reatini” ed è socio giovane dell’Associazione Riabitare l’Italia, di cui cura la segreteria.
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