immagini
di Ivana Castronovo
Le immagini che seguono sono frammenti custoditi nel mio archivio personale. Sono scatti che appartengono a luoghi e momenti diversi. Tutti per strada. Non costituiscono un filone narrativo o una progettualità di ricerca ma sono con molta più semplicità immagini che ho estratto dall’hard disk per ripercorrere un arco temporale che va dal 2016 ad oggi in cerca di qualche indizio di cambiamento, non solo personale.
Forse qualche tempo fa avrei frettolosamente raggruppato le immagini sotto una cartella denominata Street photography ma l’effettiva mancanza d’organicità di questa selezione mi fa procedere con cautela. Non tanto perché siano distanti da questo genere o dalle sue peculiarità.
Ritrovo in esse il tempo speso, l’attesa, quel che mi resta di un po’ di pazienza appostata ad un angolo. Non casualmente, mi ritrovo tra le mani un libro che mi fu consigliato di leggere qualche mese fa e sto parlando di Le regole del caso di Willy Ronis, fotografo, street photographer. Tra le sue parole chiave si parla proprio di Pazienza.
La pazienza del cacciatore. Shot. Ancora prima di scattare di fronte l’imprevedibile atteso, la pazienza di fotografare per strada mi ha insegnato ad osservare. E mentre provo a vigilare tra le strade affollate, quello che penso però è altro.
Non so quanto questo influisca sulla mia attività fotografica, non so se sto allenando tecnica, occhio o disciplina. Ho sempre la sensazione di star facendo altro in realtà. Mi preparo. Non so a cosa.
Questo atteggiamento apparentemente passivo potrebbe creare una distinzione tra un livello più o meno consapevole prima ancora che qualitativo di osservazione e dei risultati conseguenti. Potrebbe sembrare infatti che stare per strada con una fotocamera in mano inviti ad un’affannosa famelica ricerca di immagini gloriose quando invece per strada ho riscoperto un’incredibile calma. La calma dell’attesa. Che non significa lentezza, impossibilità di scelta ma concentrazione e cura, tempismo.
Provare a seguire questo iter costituisce un modello, un metodo, che non è solo utile se si fa fotografia ma è un’attitudine che trasversalmente permette di posizionarsi come osservatori prima ancora che agenti.
È chiaro, non si sa cosa potrebbe accadere né quando, ma accadrà. Si può scegliere come reagire e in che modo velocemente sfruttare l’imprevedibile atteso. Quando guardo le foto realizzate in questo contesto penso sempre a quanto queste, in realtà, esistessero già, più o meno dettagliatamente, nel pensiero del fotografo.
La street photography spesso passa storicamente come importante mezzo di analisi sociale, come importante strumento di documentazione, il che non è errato ma non è un punto fermo assoluto. Ronis scrive – Fotografare sottintende un’intenzione; si tratta, quindi, di un atto volontario, dettato da un motivo individuale (Ronis 2017: 9).
L’intenzione, il motivo individuale, parlano di un atteggiamento non affatto passivo. Il motivo individuale si confronta nel collettivo, conosce se stesso nell’ambiente condiviso e vissuto. Fare street photography potrebbe sembrare un atto solitario e individualista, ma è un’apparenza che si sgretola nel momento in cui essa è possibile solo uscendo allo scoperto, nel fuori.
Non è solo un ritratto documentaristico del sociale ma anche un trattato visuale sulla socialità. Prima della riproduzione avviene la proiezione, doppia direi. La proiezione dell’osservatore (e del motivo individuale) sull’esterno e la proiezione dell’esterno sull’osservatore.
Nel mezzo di queste due fasi il fotografo può intervenire principalmente sul modo (non solo sullo stile) di registrarne il risultato, raccontando l’imprevedibile, un possibile modo di fronteggiarlo, forse ispirando altri motivi individuali.
Mentre scrivo mi viene difficile fare uno stretto e rigoroso riferimento alla pratica fotografica perché, come ho scritto già prima, la sensazione è quella di star facendo anche dell’altro. Nella frenesia di ricorrere e riempire il vuoto, la noia, con istantanea velocità, negandosi la possibilità di sperimentare l’attesa, l’osservazione, e la reazione all’imprevedibile, penso ci si neghi anche l’opportunità di esercitare una risorsa cognitiva, non solo come osservatori dell’imprevedibile ma anche come agenti equipaggiati e consapevoli.
Dialoghi Mediterranei, n. 53, gennaio 2022
Note
Ronis Willy, 2017, Le regole del caso, Roma, Contrasto.
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Ivana Castronovo, laureata in Discipline delle Arti della Musica e dello Spettacolo presso l’Università degli studi di Palermo, ha sostenuto l’esame finale con un progetto dal titolo Zoo umani, un’analisi estetica e geo-antropologica (dr. Matteo Meschiari e Salvatore Tedesco) dedicato all’analisi delle narrazioni dell’altro e dell’altrove all’interno degli zoo umani a cavallo tra XIX e XX secolo, mediante l’utilizzo di particolari espedienti estetici, geografici ed antropologici. Ad oggi prosegue gli studi presso NABA – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano con un Master in Photography and Visual Design.
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