La mente, insieme all’origine dell’universo e all’origine della vita, è uno dei tre grandi misteri della scienza, tra loro collegati attraverso l’evoluzione. Nonostante i grandi progressi raggiunti dalle neuroscienze, grazie anche allo sviluppo delle tecnologie d’indagine sul cervello, poco conosciamo ancora sui processi che producono gli stati mentali di coscienza e del pensiero. Se già Werner Heisenberg ha messo in luce l’impossibilità di separare lo strumento di osservazione dall’oggetto osservato perché ogni osservazione lo influenza, a maggior ragione ciò vale per la mente, che funziona simultaneamente come soggetto e oggetto d’indagine. Ha ragione Edoardo Boncinelli, allorché scrive che «la mente che esplora se stessa è certamente la follia delle follie» [1]. Condivido quanto scrive Edgar Morin, il quale ha rilevato che per esplorare la complessità della mente occorre un metodo della complessità che tenda a ricondurre a unità tutti i saperi [2]. Ritengo che possa essere molto proficuo coniugare le importanti scoperte della psicoanalisi con le affascinanti ricerche della fisica quantistica, in quanto il comportamento dell’inconscio somiglia a quello di un campo quantistico.
Questo accostamento non deve sorprendere, perché si basa su ipotesi formulate da grandi psicologi e da eminenti fisici. William James, psicologo e filosofo, che aveva incontrato Sigmund Freud nel 1909 in occasione del viaggio in America fatto dall’inventore della psicoanalisi, ha confrontato lo stato psichico inconscio con un campo fisico. Grazie allo scambio di riflessioni tra il premio Nobel Wolfang Pauli e Karl Gustav Jung, protrattosi per un ventennio, sono stati trovati diversi punti di contatto tra la fisica dei quanti e la psicoanalisi. Pauli, che ha aiutato Jung a superare il concetto di causalità, ha sostenuto che si dovesse tenere conto dell’interrelazione tra inconscio e processi fisici e ha scritto che
«la psicologia occidentale ha introdotto il concetto di inconscio, la cui relazione con la coscienza conduce a situazioni paradossali analoghe a quelle che s’incontrano in fisica. Da un lato, l’odierna psicologia attribuisce alla psiche inconscia un’ampia realtà oggettiva, dall’altro, ogni divenire cosciente, ossia ogni osservazione costituisce un’azione in linea di principio incontrollabile nel contenuto dell’inconscio…Dato che l’inconscio non è misurabile quantitativamente e perciò non è descrivibile matematicamente, bisogna attendersi, in relazione all’inconscio, un problema di osservazione che certamente ha analogie con il problema di osservazione della fisica atomica, ma che implica difficoltà considerevolmente più grandi. Queste si devono manifestare in paradossi logici, se si cerca di comprendere concettualmente l’inconscio» [3].
Jung ha sostenuto che non conosciamo totalmente la nostra mente, che la nostra psiche fa parte della natura, che relatività e paradossi sono stati scoperti nel regno psichico, dove un altro mondo è venuto sorgendo accanto a quello della coscienza, retto da leggi ignote e simili a quelle della microfisica. Egli ha concepito «la libido come il corrispondente psichico dell’energia fisica»[4], asserendo che l’inconscio può essere descritto solo approssimativamente come le particelle della microfisica e lo ha paragonato al concetto di campo della fisica [5]. Di conseguenza, ha ritenuto necessario che la fisica moderna e la moderna psicologia interagissero, poiché la psiche non può essere totalmente diversa dalla materia e la materia non può essere estranea alla psiche. Psiche e materia sono l’una parte dell’altra [6]. Egli ha anche sottolineato che «Il mondo microfisico degli atomi presenta tratti la cui affinità con lo psichico si è fatta notare anche dai fisici»[7].
E infatti, oltre a Pauli, altri fisici hanno colto affinità tra il funzionamento del mondo quantistico e di quello psichico. Werner Heisenberg e Erwin Schrödinger, entrambi padri della fisica quantistica e premi Nobel, hanno avanzato l’ipotesi di un probabile collegamento tra coscienza ed eventi della meccanica quantistica. Il primo ha affermato che non c’è dubbio che la teoria quantistica svolga un importante ruolo nei fenomeni biologici. Ha compreso che tutte le particelle sono dotate di energia e possono essere tramutate in altre particelle, che gli elettroni si materializzano soltanto quando interagiscono e che ci sono forme diverse in cui la materia può manifestarsi [8]. Schrödinger ha sostenuto che la materia vivente non elude le leggi della fisica e che gli eventi quantistici riescono a influenzare il mondo macroscopico. Egli ha portato un contributo notevole alla biologia, dimostrando che il materiale genetico è una molecola e che tutti i processi della biologia molecolare sono di natura quantistica. Infatti, la forza elettromagnetica, che tiene insieme atomi e molecole, ha permesso la formazione della doppia elica del DNA e quindi della vita e, nel combinarsi casuale delle molecole del DNA nel momento del concepimento, intervengono le caratteristiche quantiche del legame chimico [9].
Negli anni venti, Niels Bohr, altro padre della fisica quantistica e premio Nobel, ha sostenuto che «la descrizione della nostra attività mentale richiede, da una parte un contenuto oggettivamente dato, contrapposto a un soggetto percipiente», mentre, «d’altro canto, come è già implicito in una tale asserzione, una netta separazione tra oggetto e soggetto non può venire sostenuta in quanto anche quest’ultimo appartiene al nostro contenuto mentale» [10]. Egli ha scritto che se potessimo spingere l’osservazione fino ai livelli atomici, troveremmo che i processi fisici che danno luogo all’attività mentale sono sicuramente processi quantistici e che la sede degli elementi psichici al di sotto della coscienza è paragonabile a uno stato quantistico, caratterizzato da una sovrapposizione di autostati, i quali, uno alla volta, possono emergere a livello della coscienza [11]. Il fisico Eugene Wigner, premio Nobel, ha ipotizzato che la mente umana possa, attraverso l’inconscio, interagire con l’universo a un livello di processi elementari [12]. Secondo il fisico e cosmologo Paul Davies, la teoria dei campi quantistici potrebbe aiutare a capire gli organismi viventi, in quanto i campi sarebbero capaci di spiegare caratteristiche globali, che assumono qualità e proprietà nuove [13].
Max Born, un altro dei padri della meccanica quantistica, anch’egli premio Nobel, ha sostenuto che le sue teorie sul campo sono state influenzate dal gestaltista Max Wertheimer e che le totalità attraverso cui noi percepiamo oggetti, immagini, pensieri sono da riferirsi al concetto di campo quantistico [14]. Con l’articolo del 1912 sulla percezione del movimento o fenomeno “fi”, Wertheimer [15] era pervenuto alla conclusione che il percetto non è dato dalla somma dei singoli elementi sensoriali ma è qualcosa di diverso e di più, una gestalt, una totalità, una forma. Wolfang Köhler, altro caposcuola della teoria della gestalt insieme a Wertheimer e a Kurt Koffka, ha supportato la tesi che le gestalt percettive, il pensiero e la coscienza sono totalità emergenti, che scaturiscono dalla distribuzione delle correnti elettriche e dagli effetti dell’interazione tra una corrente e l’altra secondo i princìpi dei campi quantistici, in cui ogni elemento o forza è funzione del campo stesso. Anche la memoria è prodotta da leggi gestaltiche, che determinano l’unità strutturale della cosa ricordata. Gli effetti del campo si verificano sia nel mondo inorganico della fisica sia in quello organico della biologia e della psicologia [16].
Più recentemente il fisico Rogers Penrose [17], ha sostenuto che il cervello sia una sorta di computer quantistico e che i microtubuli dei neuroni si comportino come oggetti quantistici e si trovino in sovrapposizione di stati. Non solo, ma sembra anche che la proteina dei microtubuli, chiamata “tubulina”, sia in correlazione quantistica con quella di molti altri neuroni.
Come può notarsi da questi brevi cenni, la mia idea di paragonare il comportamento dell’inconscio a un campo quantistico non è peregrina ma viene da lontano. Più recentemente, anche il premio Nobel Gerald Edelman, neuroscienziato, ha affermato che una teoria della coscienza deve tenere conto dei processi inconsci ma anche della teoria quantistica dei campi e della biologia [18].
A questo punto, per potere dar conto della mia ipotesi, devo soffermarmi per cenni, considerato lo spazio di un articolo, sugli apporti principali della fisica quantistica e della psicoanalisi. La meccanica quantistica, la cui storia comincia nel 1900 con l’introduzione del quanto di azione da parte di Max Plank e che ha poi tra i padri fondatori anche Einstein, Bohr, Heisenberg, Scrödinger, Born, tutti premi Nobel, riformulata da Paul Dirac, Richard Feynman, Julian Schwinger e Shin’ichirō Tomanaga, tutti e quattro premi Nobel, è ormai nota come “teoria quantistica dei campi” ed è diventata il fondamento teorico del Modello Standard della fisica delle particelle.
Albert Einstein, con l’effetto fotoelettrico, nel 1905, non solo ha confermato la teoria dei quanti di materia di Planck ma ha scoperto che anche la luce, che sembra un fenomeno ondulatorio, è formata da quanti di luce. Niels Bohr ha riformulato il modello di atomo e ha sostenuto che gli elettroni che ruotano attorno al nucleo devono stare in certe orbite. Wolfang Pauli, sul modello atomico di Bohr, ha spiegato che ogni orbita può accogliere solo un elettrone (principio di esclusione di Pauli). Quando un elettrone cade verso un’orbita più bassa emette un fotone e quando sale lo assorbe. Louis De Broglie, sull’effetto fotoelettrico di Einstein, ha chiarito che la materia si propaga sotto forma di onde (onde di materia). Werner Heisenberg ha introdotto il principio d’indeterminazione, Erwin Schrödinger ha espresso l’indeterminazione immaginando l’esperimento del gatto vivo o morto. Paul Dirac è stato capace di riprodurre la lunghezza d’onda della radiazione e la sua intensità.
Tutto ciò ci dice che energia e quantità di moto sono tipiche della materia, mentre frequenza e lunghezza d’onda sono tipiche delle onde di luce e che la compresenza di queste due nature e la loro complementarità sono alla base del principio d’indeterminazione; che quel che appare è la funzione di onda, la quale collassa e diventa localizzata se la osserviamo. La stessa cosa avviene con il gatto di Schrödinger: finché non apriamo la scatola, non possiamo dire se il gatto è vivo o morto. Ma, quando apriamo la scatola, usciamo dalla sovrapposizione di stati e vedremo il gatto vivo o morto. La funzione d’onda collassa e diventa localizzata. In altri termini, ogni particella è un campo e viceversa, gli elettroni e i fotoni sono sia onde, sia particelle, materia, antimateria e radiazione sono la stessa cosa; sia la materia, sia la luce sono quantizzate; non ci sono certezze ma probabilità.
Se, a livello macroscopico, il tempo procede dal passato al futuro, a livello microscopico invece, le particelle materiali possono invertire il cammino e tornare dal futuro al passato, diventando antiparticelle di materia, cioè positroni. Un fotone si può trasformare in un elettrone e in un positrone, mentre un elettrone si può annichilare con un positrone, producendo radiazione sotto forma di onde elettromagnetiche e quindi fotoni. Mentre il mondo materiale macroscopico che ci circonda è caratterizzato dalla località, il mondo quantistico è caratterizzato dal principio di non-località e cioè da una realtà olistica, olografica e globale. L’osservatore interferisce col sistema che osserva. Quando due o più particelle si sono trovate in interazione reciproca, anche se poi si separano spazialmente, rimangono legate (entangled), nel senso che ciò che accade a una di esse, si ripercuote istantaneamente anche sull’altra indipendentemente dalla distanza che le separa, come è stato dimostrato dall’esperimento della doppia fenditura di Thomas Yung. È il fenomeno noto come entanglement quantistico, che è alla base di tante tecnologie: computer, laser, cellule fotoelettriche e anche di tecnologie in ambito medico.
Un’altra caratteristica delle particelle subatomiche è lo spin quantistico di Pauli. Esso è un parametro fondamentale per descrivere la particella e lo stato quantistico di un elettrone nell’atomo. Lo spin riguarda il momento angolare delle particelle, nel senso che gli elettroni che ruotano intorno al nucleo trasmettono un impulso angolare agli atomi per mezzo del loro movimento orbitale e determina il loro orientamento magnetico. I fotoni sono particelle con spin intero 1 e vengono chiamati bosoni, gli elettroni hanno spin semi-intero, cioè un mezzo e vengono chiamati fermioni. In sintesi, si può dire che la fisica quantistica ha portato uno sconvolgimento rispetto alla fisica classica: non esiste più la causalità ma la probabilità; una particella esiste soltanto se la osserviamo; è l’osservazione che trasforma la sovrapposizione di stati quantistici in un solo stato.
Da notare che nello stesso anno 1900 in cui Max Plank aveva ipotizzato la teoria dei quanti, Sigmund Freud pubblicava L’interpretazione dei sogni, sostenendo che «l’inconscio è il cerchio maggiore che racchiude in sé quello minore del conscio; tutto ciò che è conscio ha un gradino preliminare inconscio…In altri termini, i processi mentali nascono prima inconsci e poi affiorano alla coscienza. L’inconscio è lo psichico reale nel vero senso della parola» [19]. Una casuale coincidenza? Sembra che ogni cosa che avviene nell’universo corrisponda a una qualche fluttuazione e quindi basta intercettare questa fluttuazione per farne parte, per connettersi. La natura ammette comportamenti istantanei e sincronici, come avevano convenuto Carl Gustav Jung e Wolfang Pauli durante il loro già citato carteggio.
Nel nostro inconscio ci sono contenuti depositati nel magazzino della memoria a partire dalla nascita e dalle prime relazioni parentali su molti dei quali è calato il sipario dell’amnesia e che è molto difficile da trasformare in rappresentazioni coscienti. Nello scritto Nota sull’inconscio in psicoanalisi (1912), che anticipa il saggio su L’Inconscio del 1915, Freud amplia la nozione di inconscio, giungendo ad affermare che tutti i pensieri si generano come inconsci e soltanto alcuni di essi s’impongono alla coscienza, mentre altri restano sotto la rimozione a causa delle resistenze. «Ogni atto psichico inizia come inconscio e può rimanere tale o procedere nel suo sviluppo fino alla coscienza; questo, a seconda che esso incontri o meno la resistenza» [20]. L’inconscio è anche quella parte di esperienza che non ha seguito l’evoluzione del tutto ma è stata rimossa [21].
Il sistema inconscio è, per Freud, una grande anticamera in cui albergano gli impulsi psichici, che contengono l’energia, chiamata libido. Come l’energia fisica è contenuta negli atomi, l’energia psichica, chiamata libido, è contenuta nelle pulsioni dell’inconscio. La pulsione è la rappresentazione psichica di una fonte di stimolo in continuo flusso, un «concetto al limite tra il somatico e lo psichico…rappresentanza psichica di forze organiche» [22], definizione poi ripresa nel saggio Pulsioni e loro destino, dove Freud afferma che essa è «il rappresentante psichico degli stimoli che traggono origine dall’interno del corpo e pervengono alla psiche»[23]. Le pulsioni, cioè, nascono dalle tensioni che vive il nostro corpo pressato dalla necessità di soddisfare un bisogno. Si tratta di due pulsioni fondamentali, Eros e Thanatos, che forniscono energia alla mente e la spingono all’attività. L’una, Eros, tende al soddisfacimento di bisogni organici come la fame e l’amore, al piacere ma anche all’unione e alla armonia, ma è sempre minacciata da Thanatos, che tende all’aggressività, alla distruzione. Le due pulsioni sono sempre in interconnessione tra loro, opposte e complementari, coesistono sempre con prevalenza ora dell’una ora dell’altra, in relazione alle diverse esperienze che viviamo. La libido contenuta nelle pulsioni che spinge l’individuo all’attività ha colpito Freud per l’analogia con il concetto di energia fisica e l’ha chiamata energia psichica diretta verso una persona o una cosa: «A questa ipotesi può essere dato lo stesso senso che i fisici danno alla corrente di un fluido elettrico» [24].
La pulsione appare come una particella subatomica, una sorta di fotone, un quantum d’energia. Se la logica della coscienza è quella lineare, del razionale e del mondo macroscopico, la logica dell’inconscio appartiene al regno dell’intuitivo, dell’emotivo, è circolare e risponde al comportamento del mondo microscopico. La psiche è una coppia di opposti complementari, inconscio-conscio, come il dualismo onda-particella della fisica.
Di grande interesse per le affinità con la fisica quantistica è l’elaborazione dello psicoanalista cileno Ignazio Mattè Blanco [25], secondo il quale l’inconscio è caratterizzato dall’assenza dello spazio-tempo e dal principio di non-contraddizione, dai quali discendono il principio di generalizzazione e il principio di simmetria. Il primo consiste nel fatto che l’inconscio tratta una cosa individuale (persona, oggetto) come se fosse membro o elemento di una classe. Per esempio, un uomo è trattato come un elemento della classe degli uomini, la quale è, a sua volta, una sottoclasse degli esseri umani e così via all’infinito. Il principio di simmetria consiste, invece, nel fatto che l’inconscio tratta le relazioni come simmetriche: se A è padre di B, nella logica asimmetrica, B è figlio di A; in quella simmetrica, invece, se A è padre di B, B è padre di A. Ciò vale anche a livello spazio-temporale. Non esiste successione temporale perché l’evento X segue l’evento Y e l’evento Y segue l’evento X. In sostanza, in virtù del principio di simmetria, nel profondo della mente umana ci sarebbe una indistinzione totale di tutte le cose, nella parte è contenuto il tutto, cioè l’inconscio è caratterizzato da una sovrapposizione di stati.
C’è un’analogia tra il principio di simmetria che caratterizza l’inconscio e quella in ambito quantistico. L’inconscio è a-temporale e a-spaziale, come le particelle e i campi, è impersonale perché abbraccia situazioni ben più estese nel tempo e nello spazio, è uno psichico trans-individuale e non conosce causalità. Di conseguenza anche l’inconscio è caratterizzato dal principio di non-località. Ogni singola cosa, ogni oggetto è trattato come parte di un tutto, come avviene nel sogno, che è la via maestra attraverso la quale si manifesta l’inconscio. Infatti, quando dormiamo, non c’è l’osservazione, ovvero la coscienza, (non vediamo, non sentiamo e il sogno ci presenta stati di sovrapposizione di persone, di cose, di ambienti ecc., stati che ci sembrano confusi, ma talvolta anche rappresentazioni di senso, (immagini, suoni e linguaggio) che vanno interpretate.
Come le particelle elementari sono il substrato invisibile della materia e si manifestano soltanto nelle tracce registrate da strumenti come i sincrotroni, così l’inconscio è il sottofondo, il substrato dal quale emerge e prende corpo la nostra coscienza. Come per la fisica quantistica, scendendo a livelli profondi, non valgono più i concetti della fisica classica, così avviene con la psicoanalisi, secondo cui bisogna scendere nel profondo e scandagliare modi di funzionamento mentale che sfuggono all’ordinarietà. Come le particelle hanno una natura duale, corpuscolare che ondulatoria, anche la mente ha una natura duale, inconscia e conscia.
Sappiamo anche che l’inconscio assolve una funzione fondamentale per certe nostre azioni e decisioni immediate e per il ruolo che vi svolgono le emozioni. I nostri progenitori, prima di formare una coscienza, hanno vissuto una lunga fase inconscia, di non consapevolezza e tuttavia, in certi casi, ponevano in essere azioni e decisioni rapide per potere sopravvivere in situazioni di pericolo e in ambienti ostili. Noi conserviamo parte di quella eredità, che ci è utile nel prendere delle decisioni immediate e d’istinto quando siamo in pericolo e che si manifesta anche nei fenomeni improvvisi come l’insight o il famoso eureka di Archimede.
Accanto a questa eredità selezionata dall’evoluzione biologica, azzardo l’ipotesi che ci sia anche un’eredità della storia del cosmo. Quando veniamo al mondo, a mio modesto avviso, non siamo una tabula rasa, ma penso che nel nostro inconscio vi siano tracce, oltre di una memoria biologica, anche di una memoria cosmica. Al momento del Big Bang, tutte le particelle hanno interagito e, per il fenomeno dell’entanglement, per la teoria di non-località di Bohm e per il teorema di J. Bell, verificato da Alain Aspect, tutto ciò che ha interagito continua a rimanere connesso, resta entangled. Inoltre, essendo noi figli delle stelle, le particelle che sono componenti dei nostri atomi, delle nostre molecole e delle nostre cellule e quindi anche dei neuroni, conservano tracce di memoria di eventi cosmici dalla nascita dell’universo in poi.
Se l’energia cosmica originaria pervade l’Universo, se il mondo in cui viviamo è parte dell’energia cosmica originaria trasformatasi in materia e se anche noi siamo parte di quell’energia materializzata dentro un organismo fisico, ci deve essere nell’uomo un nucleo, dotato di energia cosmica primordiale. Ritengo che il contenitore di quel nucleo di energia originaria, che contiene la memoria della storia dell’universo, compresa la nascita della vita e l’evoluzione biologica, possa essere l’inconscio. È ipotizzabile che la forza elettromagnetica, che tiene insieme atomi e molecole e che ha permesso la formazione della doppia elica del DNA, abbia engrammato (registrato) nel DNA, durante il passaggio evolutivo di fase dalla materia inanimata alle macromolecole della vita, particelle dell’energia cosmica originaria. Ciò è in consonanza con quanto sostenuto da Scrödinger [26], secondo cui nel combinarsi casuale delle molecole del DNA nel momento del concepimento, intervengono le caratteristiche quantiche del legame chimico. In sostanza, la materia, compresa quella organica, conterrebbe in sé l’energia originaria di cui resta impregnata. L’intera continuità della natura è sepolta a livello profondo nell’individuo umano vivente.
Lo stesso Freud aveva scritto che «Il contenuto dell’inconscio può essere paragonato a una popolazione preistorica della psiche… Se nell’uomo vi sono formazioni psichiche ereditarie, simili agli istinti degli animali, esse costituiscono il nucleo dell’Inconscio».[27] «Esso è il rappresentante delle eredità più arcaiche».[28] Freud, tuttavia, si era fermato all’eredità dell’evoluzione biologica, Jung è andato oltre, chiamando inconscio collettivo l’eredità filogenetica degli uomini, i cui contenuti sono gli archetipi, che contengono la memoria dell’umanità, ma anche quella della storia dell’universo. Per lui, il nucleo più profondo dell’inconscio collettivo era inconoscibile e avente l’oggettività impersonale della natura, come presenza eterna, ossia il nucleo biologico nella cui memoria si sono travasate anche le particelle della materia inorganica[29]. Egli ha espresso il concetto di un’originaria unitarietà della natura, in cui psiche e materia non si differenziavano, definita unus mundus. L’uomo, a mano a mano che si è sviluppata la sua coscienza, ha perso il contatto con la natura e la profonda energia psichica che questo contatto sprigionava. Anche William Reich ha ipotizzato un nucleo biologico, dotato di energia organica, cioè un serbatoio di energia e di memoria che risale all’origine dell’universo e della vita, il cui contenitore è il sistema inconscio.
Alla memoria cosmica e dell’evoluzione della vita, di cui è dotato il neonato all’inizio della sua vita psichica, si viene aggiungendo quella derivante dall’esperienza e dalle interazioni con l’ambiente e con le altre persone. La nostra mente si costruisce attraverso la relazione primeva con la madre e gli stimoli che provengono dall’ambiente e dall’insieme dei rapporti sociali che costruiamo nella nostra vita sin dai primi anni. Il neonato, già alla nascita, è determinato dalle forze pulsionali che sono espressioni di grandi bisogni organici: fame e amore, auto-conservazione dell’individuo e perpetuazione della specie, la cui meta è il soddisfacimento immediato. Nel momento in cui il bisogno del bambino si trasforma in desiderio, questo non è altro che bisogno dell’altro, una domanda d’amore, di contatto, di relazione. La madre dà senso al corpo del bambino. Tra lei e il bambino si crea un “accoppiamento strutturale”, un campo mentale condiviso, come se si creasse un campo elettromagnetico comune formato da particelle delle cellule neuronali del cervello della madre e del bambino. Le emozioni dell’una abitano la mente dell’altro.
In sostanza, la vita è relazione, così come l’universo è frutto di interazioni, ed è l’interazione del bambino con la madre e poi con gli altri che costruisce progressivamente la nostra memoria e la nostra storia. La relazione madre-bambino e le emozioni che l’attraversano sono basiche per l’avvio delle prime percezioni e per la costruzione della coscienza. Affinché egli abbia un’effettiva percezione, occorre che le afferenze sensoriali siano organizzate in totalità significative e consolidate in memoria. Per esempio, l’associazione tra la mammella o il biberon, che soddisfa il bisogno ed elimina lo stimolo gastrico, determina un insieme significativo avvertito come “buono”, che si consolida in ricordo e rappresenta la prima forma di coscienza. Perciò, la prima forma di Io, di coscienza, è corporea.
Il bambino compie gradualmente un viaggio dallo stato d’indifferenziazione iniziale e dall’incoscienza alla coscienza e all’autocoscienza, dall’assenza di memoria storica alla sua acquisizione [30]. La sua coscienza nasce dagli stati più profondi della mente, dal grande oceano dell’inconscio, dal deposito d’informazioni inconsce, che sono continuamente integrate e ridefinite attraverso gli stimoli che arrivano dall’ambiente. C’è un continuum e una complementarità tra processi inconsci e consci, somatici e psichici, tra processi affettivo-emotivi e cognitivi. A mano a mano che aumentano le esperienze, si accrescono la memoria e la capacità di rappresentarsi esperienze passate da utilizzare nel momento presente o per il futuro.
Le emozioni sono importantissime per la nostra sopravvivenza, anche quelle come la paura e l’aggressività e rispondono alla logica dell’inconscio e quindi della globalità e della non-località. Emozioni, esperienza e memoria sono intrecciate. Le emozioni svolgono una funzione essenziale per la memoria e per l’apprendimento, perché sono in grado di dare pregnanza ai ricordi, facendo sì che alcune esperienze vengano codificate in maniera più duratura [31]. Uno stimolo, una nuova esperienza possono essere fissati ed evocati quanto più sono stati intensi emotivamente e più spesso ripetuti. Le emozioni si trasmettono anche attraverso le parole. Un linguaggio senza enfasi e modulazioni espressive sarebbe come quello metallico di un robot. Una parola, per esempio, può inibire, ferire, esaltare, produrre cambiamenti d’umore. I nostri progenitori attribuivano il nome alle cose in base alle emozioni che ricevevano. Le parole esprimono contenuti e significati, identificano cose e persone. Il linguaggio è anche il medium della memorizzazione, poiché noi memorizziamo persone, cose, oggetti in base ai loro nomi (nomina sunt consequentia rerum). Il linguaggio, scritto e parlato, da funzione esterna di comunicazione, si trasforma in funzione interna, in memoria, pensiero e quindi in coscienza C’è una stretta interdipendenza tra coscienza e linguaggio. Non a caso, Lev Vygotskij considera il linguaggio la coscienza pratica dell’uomo [32].
In sostanza, le emozioni e il linguaggio sono fondamentali per la memoria. Senza la memoria non sapremmo chi siamo, non avremmo alcuna identità. È attraverso la memoria che possiamo ricordare il passato, essere consapevoli del presente e progettare il futuro. La memoria è una sorta di deposito di ricordi concernenti la nostra esperienza individuale e sociale, privata e pubblica. La domanda è: se le emozioni sono fondamentali per la memoria, se questa ha un’importanza determinante e senza di essa non vi è né la coscienza né il pensiero, se l’inconscio contiene tracce della memoria cosmica e biologica, come si verificano questi processi di sincronizzazione di aree diverse del cervello, che determinano delle gestalten come percezioni, pensiero, la coscienza e il fenomeno mente?
Innanzitutto bisogna dire che, contrariamente a quanto si pensava in passato, diversi studi neurobiologici hanno rimesso in discussione le tesi localistiche, secondo cui a ogni funzione mentale corrispondeva una sua posizione nel cervello. In particolare, Edoardo Boncinelli sostiene che le tracce mnestiche non siano localizzabili ma siano, invece, distribuite su tutta la superficie della corteccia cerebrale e che si possa parlare di un modello olografico della memoria. «Alla corteccia cerebrale arrivano parecchi segnali, appartenenti a diversi eventi percettivi e si verificano fenomeni di sincronizzazione dell’attività nervosa di neuroni di aree diverse. La corteccia sarebbe la sede di onde sincronizzate, coerenti» [33]. L’olografia ha come conseguenza che ogni piccolo frammento di pellicola riproduce l’intero, come un pezzetto di specchio.
Anche David Bohm ha proposto un modello olografico per spiegare il fenomeno dell’entanglement. La parte contiene il tutto. Bohm considera la fisica quantistica come il termine di paragone di una concezione di ordine e di organizzazione che si estende anche alla vita e alla coscienza. Egli e il neurofisiologo Karl Pribram hanno unito le loro ricerche per dare vita a un’interpretazione della realtà in analogia con il fenomeno olografico. Tutto l’universo sarebbe un super-ologramma, dove passato, presente e futuro e il concetto di località non hanno più senso. Gli autori hanno elaborato una teoria dei processi e delle interazioni neuronali, capace di leggere le informazioni, che si presentano sotto forma di onde, per poi convertirle in schemi di interferenza e trasformarle in immagini tridimensionali.
Forse il cervello stesso funziona come un ologramma e ciò spiegherebbe come esso possa riuscire a contenere circa dieci miliardi d’informazioni durante la vita media in uno spazio così limitato. Sia la memoria cosmica sia quella personale ritengo sono olografiche e penso che i processi fisici di sincronizzazione che danno luogo all’attività mentale, che Boncinelli colloca sulla superficie della corteccia, siano processi quantistici regolati verosimilmente dai principi dell’entanglement quantistico, che si verificano nella parte più profonda e più antica della mente e cioè nell’inconscio.
Ritengo che una teoria della mente non possa prescindere dal fatto che i processi psichici abbiano origine prima nel sistema inconscio, il quale presenta le caratteristiche del comportamento dei campi quantistici, caratterizzato da fluttuazioni, sovrapposizioni di stati e da indeterminazione. I campi sono entità estese, capaci di spiegare caratteristiche globali come quelle gestalten, quelle totalità (percezioni, pensieri e coscienza) ogni qualvolta avviene una interazione e quindi una predisposizione percettiva, attraverso la codificazione delle frequenze dello spettro elettromagnetico. Le totalità emergenti, come percezione, pensiero e coscienza scaturiscono dalla distribuzione delle correnti elettriche e dagli effetti dell’interazione tra una corrente e l’altra secondo i princìpi dei campi quantistici, in cui ogni elemento o forza è funzione del campo stesso. In buona sostanza, tutto ciò che osserviamo nell’universo è frutto d’interazioni tra particelle, che nascono e si dissolvono alla fine in energia elettromagnetica, in campi e le loro onde, all’interno di un unico campo, che è lo stesso che dà luogo alle interazioni. Carlo Rovelli ha evidenziato l’aspetto relazionale di tutte le cose. La realtà è data dalle relazioni. Sono le relazioni che danno origine alla nozione di “cosa” [34]. La relazionalità, come ho già detto a proposito del bambino e della relazione con la madre, è fondamentale per la nascita della coscienza come lo è anche per il mondo quantistico.
Le interazioni sono possibili anche perché le particelle sono animate da un movimento di rotazione, chiamato spin, che produce un fenomeno magnetico. Perciò, avvenuto il contatto, esse rimangono in qualche modo indissolubilmente legate (entangled). Proprio perché le particelle hanno un comportamento ondulatorio e si comportano come se fossero in più luoghi contemporaneamente, possono interferire tra di loro e si ha il fenomeno, cui ho già accennato, dell’interferenza d’onda [35]. Basta misurare lo stato di una particella per conoscere l’altra. L’esperimento d’interferenza quantistica di Thomas Yung è la manifestazione del principio quantistico della sovrapposizione di stati e cioè che una particella può essere in due o più stati. Il principio di sovrapposizione di stati racchiude in sé l’idea dell’entanglement, che è un’applicazione del principio di sovrapposizione di stati a un sistema complesso, quali noi umani siamo. È la sovrapposizione di stati che dà l’entanglement e anche l’interferenza. Per semplificare questi concetti, si usa il termine “coerenza” quantistica e invece si usa il termine “decoerenza” quando lo stato di coerenza quantistica cessa e tra i tanti stati sovrapposti ne rimane uno solo, cioè la cosa o la persona osservata. Il mondo quantistico diviene classico.
Se la coscienza è il luogo del macroscopico, l’inconscio è il campo dello stato microscopico. L’inconscio, che contiene in sé tracce del Big-Bang e che interagisce con l’universo intero a livello di processi elementari e microscopici costituisce un altrove dove non ci sono né lo spazio né il tempo lungo il quale si svolgono gli eventi, come ha messo in luce Ignacio Mattè Blanco, secondo il quale, nel profondo della mente umana, ci sarebbe un’indistinzione totale di tutte le cose e nella parte è contenuto il tutto, cioè l’inconscio si configura come un ologramma ed è a-temporale e a-spaziale, come le particelle e i campi e non conosce causalità né località. Ogni cosa, ogni oggetto è trattato come parte di un tutto, come avviene nel sogno.
L’inconscio è la vera fonte da cui scaturiscono le cose come le vediamo. Se il sistema inconscio, come ho detto, ha il comportamento di un campo quantistico, caratterizzato dal principio della sovrapposizione di stati e a causa del principio d’indeterminazione di Heisenberg fluttua continuamente, questo campo è quello elettromagnetico, che è il linguaggio universale della materia ed è considerato anche la forza della vita e pervade tutto il mondo che ci circonda.
Tutta la biopsicologia si fonda su fenomeni elettromagnetici. Ogni legame chimico, compresi i fenomeni degli impulsi nervosi, ha origine elettromagnetica. Bisogna ricordare che la forza elettromagnetica tiene uniti elettroni e nuclei negli atomi e permette l’aggregazione di diversi atomi in molecole, che le eliche a spirale del DNA e RNA sono state la base materiale della vita ed è probabile che conservino ancora la memoria del passaggio dalla materia inorganica a quella organica. Gli effetti del campo elettromagnetico si verificano nell’ambito della fisiologia, della biologia e della psicologia. Noi siamo parte integrante della natura e soggetti alle sue leggi. Lo stesso principio, secondo cui la vita è codificata in maniera quantica e secondo cui le proteine, distanti l’una dall’altra, si assemblano in insiemi omogenei come risultato di interazioni quantiche di natura non-locale, penso che possa valere anche per i processi mentali, in quanto i principi quantici governano anche il cervello. Lo stesso impulso nervoso è un evento atomico [36].
Il cervello è soggetto alle stesse leggi applicabili alla materia presente nell’universo fisico. Esso è un insieme di cellule nervose e quindi un insieme di particelle che interagiscono attraverso il campo elettromagnetico. Com’è noto, è soggetto a un funzionamento elettrico e chimico. Tutto ciò che percepiamo si traduce in segnali elettrici. Noi vediamo e riconosciamo i diversi colori tramite la luce che è energia, sentiamo tramite onde sonore. Sin da quando siamo bambini i nostri sensi ricevono, attraverso le onde elettromagnetiche, le informazioni provenienti dall’ambiente per poi convertirsi in schemi d’interferenza e trasformarsi in immagini tridimensionali attraverso l’osservazione. Perché vi sia un’osservazione occorre energia elettromagnetica. L’eccitazione-perturbazione, prodotta da uno stimolo, da un’informazione mette in moto un’attività elettrica e quindi elettromagnetica. L’elettrone può saltare da un’orbita all’altra, da un precedente stato quantico a un altro, da un livello energetico a un altro. Gli elettroni degli atomi che compongono le molecole, per raggiungere un diverso stato d’informazione devono compiere un salto quantico, cioè passare da un’interazione all’altra, da uno stato energetico all’altro e ciò fa mutare la nostra conoscenza [37]. Infatti, l’elettrone è un insieme di salti da un’interazione all’altra e, quando un fotone interagisce con un elettrone, può determinare una transizione da un livello energetico a un altro, solitamente più alto.
I fotoni sono indistinti e non rispondono al principio di esclusione di Pauli, possono stare nello stesso stato quantico. Quando i fotoni si trovano nello stesso stato quantico prefigurano uno stato quantico macroscopico, che ha bisogno di venire alla coscienza tramite l’osservazione. È come se l’inconscio, con i suoi effetti quantistici non-locali, acausali e atemporali, svolgesse una funzione organizzatrice verso la formazione di gestalten (totalità). L’inconscio, come detto, non si riferisce all’oggetto concreto o alla persona concreta ma alla classe cui esso/a appartiene, come nel sogno, nel quale il fenomeno della condensazione indica che un oggetto può rappresentare più oggetti miscelati o una persona può rappresentare più persone condensate in quell’immagine del sogno. È la sovrapposizione di stati.
Le onde elettromagnetiche che trasportano la nuova informazione interagiscono con la memoria olografica cosmica e con quella dell’esperienza personale, consolidata in ricordi e, attraverso l’interazione della nuova informazione con tutte le informazioni tra loro collegate, avviene una riorganizzazione del campo che mette in moto un processo di richiamo di ricordi motori, spaziali, temporali, di colori, di sapori diffusi olograficamente. Si determina un’interferenza, come effetto dell’entanglement, cioè di tutte le particelle che hanno interagito e appartengono a un’unica funzione d’onda con un grande numero di correlazioni, che seguono gli stessi percorsi simultaneamente e si rafforzano come conseguenza della natura ondulatoria delle particelle dei neuroni del cervello, dando luogo al fenomeno della coerenza quantistica, è come se più fotoni comunichino e cooperino tra di loro e, per ragioni d’interferenza quantistica, andranno verso un unico obiettivo, formeranno un unico campo quantistico. Diversi flussi d’onda separati si sincronizzano nello stesso istante, per cui un gran numero di particelle si comporta come un tutt’uno.
Prima che avvenga l’osservazione, nel profondo della nostra mente gli eventi, le cose, le persone, le parole si mantengono in inconscia sovrapposizione di stati, tutte le possibilità sono presenti, sono una “nuvola di probabilità” in continua fluttuazione che precipitano in un solo stato quando avviene un’osservazione che farà collassare la funzione d’onda in uno stato definito. La funzione d’onda collassa in un momento di coscienza, in un comportamento. Tra i tanti oggetti e le tante persone, la nuova informazione, interagendo con la memoria olografica del cervello, fa precipitare la funzione d’onda in quel singolo oggetto o in quella precisa persona, collocandoli in una dimensione spazio-temporale.
Dalle osservazioni è stato visto che quando arriva al cervello uno stimolo, un’immagine, una parola, un volto, entra nella nostra coscienza una sola risposta tra le varie possibilità che possono sovrapporsi. È come se ogni molecola sa quel che fanno le altre contemporaneamente. Avviene un processo istantaneo di sincronizzazione cerebrale, che coinvolge ogni zona del cervello, si ristruttura tutto il campo di dati presenti e non presenti, interviene un processo di retroazione e di auto-organizzazione, pervenendo a un risultato, a una risposta adattiva nuova. Una ricognizione di depositi di ricordi, diffusi olograficamente, si unificano in un solo e unico stato: quell’oggetto, quell’immagine, quell’unico volto, quel pensiero determinato, quello stato di coscienza. Ogni osservazione culmina in un evento conscio.
È stato osservato anche che il segnale elettrico di un neurone dipende in maniera non-lineare e complessa dall’insieme dei segnali che riceve da altri neuroni cui è collegato e da miliardi di sinapsi che si scambiano informazioni tra di loro e cioè da quello che sta accadendo in tutto il sistema. Il numero di cambiamenti e di combinazioni e risposte possibili è elevato. Tuttavia, il cervello non è soltanto un insieme di neuroni interagenti attraverso i neurotrasmettitori, come appare. La comunicazione tra i neuroni è possibile attraverso processi quantistici sottostanti, di sincronizzazione elettromagnetica istantanea, di coerenza quantistica secondo i principi del campo. I neuroni eccitati si comportano secondo principi quantici e, anche se separati, fanno parte di un sistema quantistico unitario descritto da una funzione d’onda. Gli effetti quantistici determinano sovrapposizioni di stati diversi e l’affiorare della coscienza compare nel passaggio da uno stato di fluttuazione e di sovrapposizione di stati a un solo stato tra i tanti possibili.
Gran parte dei fenomeni che avvengono a livello microscopico, quelli che appaiono come stranezze o stravaganze quantistiche, come il dualismo onda-particella, l’effetto tunnel, la sovrapposizione di stati e la coerenza quantistica non sono osservabili all’interno degli oggetti macroscopici, compresi noi, poiché sono cancellati dalla decoerenza, che determina il collasso dell’onda quantistica nel mondo classico così come noi lo vediamo. Il passaggio dal possibile al reale, a un contenuto macroscopico, dotato di significati, avviene durante l’atto dell’osservazione e cioè dell’interazione tra l’osservatore e la realtà osservata, che fanno parte di un unico campo quantistico. Tra gli eventi possibili, l’osservazione sceglie ciò che ha avuto luogo. Gli stati sovrapposti collassano in stati definiti. Dall’attività sincronica e coerente di tutte le regioni del cervello, dalla memoria olografica, dall’interazione secondo i principi del campo quantistico, emergono qualità nuove e diverse dalla somma dei singoli elementi interagenti e cioè tutte le totalità: suoni, volti, pensiero e coscienza. Nasce il più affascinante di tutti i fenomeni riguardanti gli organismi viventi: la mente.
Così come una melodia è una totalità, che è qualcosa di più e di diverso della somma delle singole note, allo stesso modo la mente è qualcosa di più e di diverso della somma di neuroni e sinapsi, è una totalità, spiegabile in base alla quantizzazione cui sono sottoposti i campi. Essa è un’entità immateriale, un’autentica qualità emergente, che deriva dalle proprietà di coerenza come l’entanglement e dai principi propri del campo d’energia. La realtà profonda della mente è costituita da un’invisibile connessione quantistica e perciò non-locale, secondo i principi del campo quantistico, della cui natura è il funzionamento dell’inconscio, la cui potenzialità olistica e la capacità di auto-organizzazione e di auto-determinazione dà luogo anche all’intenzionalità, la quale agirebbe all’interno di un campo quantistico di probabilità.
In conclusione, si ipotizza che la conosciuta attività neuronale del cervello ci rende conto degli eventi macroscopici, mentre questi sono il riflesso di fenomeni quantistici sottostanti, soggetti a fluttuazioni, a sovrapposizioni di stati, corrispondenti a tante configurazioni classiche, una per ogni fluttuazione, che poi si riducono, con l’osservazione, a quell’unico atto di coscienza, a quell’unica risposta, che è la selezione tra tante possibilità. Il mondo cellulare è il fenomeno che si manifesta e risponde alle leggi della fisica classica e della coscienza; ciò che avviene a livello subatomico è il non-manifesto e risponde ai comportamenti omologhi dei campi quantistici e dell’inconscio. L’uno e l’altro sono coessenziali per la conoscenza del fenomeno mente. Ciò che si può osservare in un organismo biologico è solo la punta di un iceberg il cui mondo sommerso è costituito da equilibri elettromagnetici molecolari.
Certo, quelle che faccio sono supposizioni, ipotesi, congetture, ma, come ha messo in luce Einstein, il fisico perviene alla sua teoria attraverso mezzi speculativi. La deduzione non va dai fatti alla teoria, ma da questa ai fatti e ai dati sperimentali. Come scrivono Jim Al-Khalili e Johnjoe Mc Fadden [38], non esistono equazioni matematiche che includano la coscienza e ogni ipotesi sulla coscienza rimane di natura speculativa. Ritengo che attualmente sia poco probabile che la mia teoria possa passare gli esami della sperimentazione, come accade tante volte a una teoria. D’altronde, come scrive Boncinelli, neanche la teoria dell’evoluzione, oggi largamente accettata e condivisa, è verificabile in laboratorio, né lo sono alcune teorie cosmologiche e tante teorie scientifiche [39]. A maggior ragione ciò vale per il comportamento umano.
La nuova fisica e la psicoanalisi ci hanno insegnato a guardare oltre la superficie delle cose per portare alla luce la loro struttura sottostante e a pensare che la realtà possa essere diversa da quella che appare, fino ad azzardare ipotesi che possono sembrare assurde. Talvolta, può essere utile osare un poco d’immaginazione. Nello sviluppo della conoscenza, il dubbio è l’ingrediente fondamentale. Come ha detto Samuel Beckett, «tra tutte le cose che sono certe, la più certa è il dubbio». L’uomo di scienza deve essere mosso dal dubbio metodologico. D’altronde, come ci ha insegnato Kurt Gödel, considerato l’Einstein della matematica, ci sono proposizioni che è impossibile provare se siano vere o false. Vi sono dei limiti imposti al pensiero umano. Egli ha dimostrato che l’aritmetica ammette sempre proposizioni che non sono decidibili, cioè enunciati matematici non confutabili né dimostrabili. Il suo “teorema dell’incompletezza” stabilisce che le leggi della natura, se sono davvero coerenti come crediamo che siano, devono avere qualche formulazione interna completamente diversa da qualsiasi altra cosa che ci sia oggi nota. Di certo, possiamo dire che il mondo in cui viviamo e l’universo sarebbero un non-senso senza una mente cosciente e osservante.
Dialoghi Mediterranei, n. 56, luglio 2022
Note
[1] Boncinelli E., Il cervello, la mente e l’anima, Mondadori, Milano, 1999: 291
[2] Morin E., Il Metodo. Ordine, disordine, organizzazione, trad. it. Feltrinelli, Milano 1983:133 e ss.
[3] Meier C. A., Il carteggio Pauli-Jung, trad. it. Il Minotauro, Roma 1999: 30 e ss.
[4] Jung K. G., La psicologia dell’inconscio, N. Compton, Roma 1971: 50
[5] Jung C. G, L’uomo e i suoi simboli, trad. it. Cortina, Milano 1983: 306-308
[6] Jung C. G., Aion, in Opere, vol. IX, trad. it. Bollati-Boringhieri, Torino 1977; energetica psichica, vol. VIII, 1980: 12
[7] Jung C. G., Psicologia analitica ed educazione, in Opere, vol.17, trad. it. Boringhieri Torino 1974
[8] Heisenberg W., Fisica e filosofia, Il Saggiatore, Milano 1961: 182
[9] Scrödinger E., Che cos’è la vita, Adelphi, Milano, 2008: 92 e ss
[10] Bohr N., Teoria dell’atomo e conoscenza umana, Boringhieri Torino, 1961: 357
[11] Bohr N., I quanti e la vita, Bollati Boringhieri, Torino, 2016: 32-33
[12] Wigner E. P., Simmetries and reflexion, Indiana univ. Bloomington 1967
[13] Davies P., Il cosmo intelligente, trad. it. Mondadori, Milano 1999
[14] Born M., Einstein, Scienza e vita. Lettere 1916-1955, trad. it. Einaudi, Torino 1973
[15] Wertheimer M., Il pensiero produttivo, trad. it. Giunti-Barbera, Firenze 1965
[16] Köhler W., La Psicologia della Gestalt, trad. it. Feltrinelli, Milano 1961
[17] Penrose R. La nuova mente dell’imperatore, trad it. Rizzoli 1992; Hameroff S. e Penrose R., Quantum computation in brain microtuboles?, The Penrose –Hameroff “Orch OR” mopdel of Consciousness. Philosofical Transactiones Royal Society, London (A), 356, 1988: 1869-1996
[18] Edelman G., Il presente ricordato, trad. it. Rizzoli, Milano, 1991: 251 e ss.
[19] Freud S., L’interpretazione dei sogni (1900), in Opere, vol.III, trad. it. Boringhieri, Torino 1966: 557
[20] Freud S., Nota sull’inconscio in psicoanalisi (1912), in Opere, vol. VI, trad. it. Boringhieri, Torino 1974: 579
[21] Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva. Caso clinico dell’uomo dei topi, vol. VI: 23-24
[22] Freud S., Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia (1910), in Opere, vol. VI, trad. it. Boringhieri, Torino 1974: 399
[23] Freud S., Pulsioni e loro destini (1915), in Opere, vol. VIII, trad. it. Boringhieri, Torino 1976: 17
[24] Freud S., Le neuro psicosi di difesa (1894), in Opere, vol. II, trad. it. Boringhieri, Torino 1972: 34
[25] Ignacio Mattè Blanco, L’inconscio come insiemi infiniti: saggio sulla bi-logica, a cura di Pietro Bria, Einaudi, Torino 1981
[26] Scrödinger E., Che cos’è la vita, op. cit.: 92 e ss
[27] Freud S., L’inconscio (1915), in Opere, vol. VIII., trad. it. Boringhieri, Torino 1976: 78-79; Metapsicologia, l’inconscio, vol. VIII: 79).
[28] Freud S., Compendio di psicoanalisi (1938), trad. it. Boringhieri, Opere, vol. XI, Torino 1979: 594
[29] Jung C. G., La psicologia dell’inconscio, trad. it. Newton Compton, Roma 1971: 62
[30] Boncinelli E., La vita della nostra mente, Laterza, Bari, 2011: 15
[31] Oliverio A., Biologia e filosofia della mente, Laterza, Bari 1995: 71
[32] Vygotskij L. S., Pensiero e linguaggio, trad. it. Giunti, Firenze 2007
[33] Boncinelli E., Il cervello, la mente e l’anima, op. cit.: 207
[34] Rovelli C., La realtà non è come appare, Raffaele Cortina, Milano 2014
[35] L’interferenza è una proprietà delle onde. Quando si proietta su uno schermo una luce lungo due fessure diverse, nei punti in cui le due oscillazioni elettromagnetiche dei due raggi coincidono, si sovrappongono, si combinano e si esaltano a vicenda. Si parla di “figure d’interferenza”. Immaginate le onde del mare, che sono composte da creste e da cavi, quando le onde collidono, se le rispettive creste o gobbe si sovrappongono e si sommano, si rinforzano reciprocamente producendo un’onda più grande.
[36] McCulloch W.S., Laschey K.S. in Vittorio Semenzi (a cura di), La fisica della mente, trad. it. Boringhieri, Torino 1969:.155
[37] Scrödinger E., Che cos’è la vita, op. cit.:92 e ss.
[38] Jim Al-Khalili e Johnjoe Mc Fadden, La fisica della vita, trad. it., Bollati-Boringhieri, Torino 2015
[39] Boncinelli E., Le forme della vita, Einaudi, Torino, 2006: 167.
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Piero Di Giorgi, già docente presso la Facoltà di Psicologia di Roma “La Sapienza” e di Palermo, psicologo e avvocato, già redattore del Manifesto, fondatore dell’Agenzia di stampa Adista, ha diretto diverse riviste e scritto molti saggi. Tra i più recenti: Persona, globalizzazione e democrazia partecipativa (F. Angeli, Milano 2004); Dalle oligarchie alla democrazia partecipata (Sellerio, Palermo 2009); Il ’68 dei cristiani: Il Vaticano II e le due Chiese (Luiss University, Roma 2008), Il codice del cosmo e la sfinge della mente (2014); Siamo tutti politici (2018); Scuola ed educazione alla democrazia (2021).
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