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di Antonino Giglio
Per quarant’anni sono stato dipendente delle Ferrovie dello Stato, ho seguito le vicende tormentate della “tratta” Castelvetrano-Porto Empedocle sino alla sua totale chiusura il 31 dicembre 1985.
Ho vissuto fin da bambino tra stazioni e rotaie. Mio padre Calogero era un ferroviere in servizio prima presso la stazione di San Carlo e poi in quella di Marausa e infine dal 1960 a Castelvetrano.
Ho ereditato da mio padre passione e mestiere e dal 1980 ho svolto le mansioni di conduttore, di controllore e poi di capo personale viaggiante.
Su queste tratte ferroviarie hanno viaggiato emigranti e studenti, pendolari e turisti, su carrozze e corse affannose ma cariche di varia umanità, di storie piccole e grandi, di emozioni, di esperienze amichevoli, di memorie.
Ricordo di aver lavorato nella tratta a scartamento ridotto che da Castelvetrano arrivava ad Agrigento, passando per Selinunte. Dal finestrino si ammiravano i templi, il paesaggio sulla costa. La tratta, chiusa nel 1985, oggi forse qualcuno nel rimpianto vorrebbe ripristinarla per uso turistico.
Ricordo che nel dicembre del 2014 una forte nevicata ci costrinse a lavorare sino a notte tarda ma anche in quella occasione si mostrò il vero valore della squadra delle Ferrovie dello Stato.
Nel tempo le automotrici sono cambiate, le carrozze sono evolute, le corse sono leggermente più veloci ma per me resta il fascino irresistibile che mi lega nostalgicamente all’infanzia, alla famiglia, alla passione di una vita.
Recentemente l’ultima locomotiva a vapore che giaceva da tempo inutilizzata nell’area deposito della stazione di Castelvetrano, la stessa che è apparsa sul set del film Il Padrino, è stata trasferita a Palermo per essere restaurata e destinata ad un’esposizione museografica.
Quando la locomotiva era ancora in attività, da studente andavo in treno da Castelvetrano a Mazara del Vallo, la chiamavano “Pasquale” perché sbuffava rumorosamente quando era in movimento.
Mi è piaciuto documentare in fotografia le vetture e la stessa vita del Deposito ferroviario dove venivano effettuate la manutenzione e la riparazione di decine di macchine in “dotazione” al deposito. Sia i semplici guasti da usura sia quelli più complicati come quelli provocati da un incendio doloso dentro una rimessa.
Dal falegname al tappezziere, dal fabbro-ferraio al tornitore vi lavoravano centinaia di operai che rappresentavano buona parte delle maestranze siciliane. Da appassionato fotografo ho anche ripreso molti momenti cruciali della vita ferroviaria. Incontri, incidenti, cerimonie, come quella in occasione del giorno della Epifania, quando si festeggiava la Befana del ferroviere e Babbo Natale faceva felici i bambini con il dono del trenino elettrico.
Dialoghi Mediterranei, n. 58, novembre 2022
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Antonino Giglio, di Castelvetrano, ferroviere in pensione da 2019, ha coltivato da dilettante la passione della fotografia volendo documentare i luoghi e i mezzi del suo lavoro presso stazioni e binari per 40 anni su treni e carrozze che hanno viaggiato con lui e hanno accompagnato la sua stessa vita.
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