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Ecomusei per rigenerare e abitare. Tre casi studio nella cintura esterna della Città Metropolitana di Torino

 

Ecomuseo Villaggio Leumann

Ecomuseo Villaggio Leumann

il centro in periferia

di Claudio Agulli, Marianna Sasanelli 

Il paesaggio non è mai naturale. Questa frase spesso viene utilizzata per ricordarci che il paesaggio è frutto di una serie di stratificazioni storiche e di una continua relazione tra l’uomo e l’ambiente in cui abita. Ciò è ancor più vero nel momento in cui si prende in considerazione un paesaggio urbano, disegnato nel tempo dall’alternarsi di corsi d’acqua, strade, linee ferroviarie, vie di comunicazione che servono ad orientarsi nel complesso territorio abitato e plasmato dalla civiltà umana. Tale discorso vale a maggior ragione in quei contesti fortemente modificati dall’attività produttiva: centri cittadini che, in seguito alla rivoluzione industriale, hanno vissuto un forte mutamento del proprio paesaggio e del profilo cittadino o, in casi più estremi, la costruzione ex-novo di vere e proprie zone abitative a servizio della produzione. Fenomeni di questo tipo sono particolarmente accentuati nelle periferie delle grandi città, dove prati, campi coltivati o edifici rurali hanno lasciato, nel tempo, spazio a costruzioni di stampo industriale.

È il caso di alcuni centri cittadini piemontesi inseriti oggi nella cintura esterna della Città Metropolitana di Torino. Lo sviluppo industriale, particolarmente accentuato nell’ultimo quarto del XIX secolo, che si è protratto per gran parte del XX secolo, ha dato forma al paesaggio urbano e sociale di questi luoghi. Oggi, a testimoniare quell’esperienza rimangono edifici, tecniche, saper fare e un ricco ed articolato patrimonio materiale e immateriale. Con la fine del boom economico e il progressivo passaggio a modalità produttive sempre più smart, è diventata urgente all’interno delle comunità la necessità di reinterpretare e trovare nuovi usi e significati agli spazi prima occupati dalle produzioni industriali. In questo contesto, un’istituzione come l’ecomuseo gioca un ruolo di fondamentale importanza, in quanto strumento a disposizione delle comunità per rigenerare e riabitare, fisicamente e idealmente, questi luoghi. Di seguito sono presentati gli esempi di tre ecomusei piemontesi le cui attività di valorizzazione territoriale vanno proprio nella direzione sin qui delineata. 

Ecomuseo Villaggio Leumann – Un villaggio industriale

L’Ecomuseo Villaggio Leumann si trova a Collegno (TO), paese che sorge sulla conoide alluvionale formata dal fiume Dora a partire dallo sbocco della Valle di Susa fino al Po. La morfologia del territorio è piatta, leggermente digradante dai depositi morenici dell’anfiteatro di Rivoli-Avigliana fino al confine con Torino dal cui centro dista circa dieci chilometri. È la prima città che si incontra uscendo dal capoluogo e muovendosi ad ovest, in passato era un passaggio obbligato tra Torino e la Francia attraverso la Valle di Susa. Si trova sulle sponde della Dora Riparia che la percorre in senso est-ovest; dal fiume derivano bealere, canali e rii. Si distinguono un tessuto urbanizzato, un esteso territorio agricolo, la distesa del Campo volo (oggi aeroporto turistico) e l’alveo della Dora.

La città è attraversata e organizzata dal corso Francia, la linea ferroviaria Torino-Modane separa il nucleo storico – sviluppatosi presso il fiume – dalla parte più recente dell’abitato. Ottimi collegamenti con Torino, la Val di Susa e con la Francia; quelli con Torino sono ulteriormente migliorati con la costruzione della metropolitana. 

Il Villaggio Leumann fu realizzato tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento come zona residenziale connessa alla struttura produttiva dell’omonimo cotonificio – una delle manifatture più importanti del Piemonte – con lo scopo di concentrare la mano d’opera disponibile sul territorio. In un’area delimitata, produzione, abitazioni, istituzioni sociali e previdenziali, strutture ricreative si integravano a costituire un meccanismo funzionale e autosufficiente. In quanto espressione del filantropismo imprenditoriale del XIX secolo, il Villaggio rappresentò un segno di grande attenzione ai bisogni delle famiglie, costituì la realizzazione di condizioni di vita privilegiate per l’epoca in cui fu costruito e resta un organismo di straordinario interesse storico – culturale ed architettonico.

Biblioteca Ex Convitto - Archivio Ecomuseo Villaggio Leumann

Biblioteca Ex Convitto (Archivio Ecomuseo Villaggio Leumann)

Sorto per iniziativa dell’imprenditore svizzero Napoleone Leumann, rappresenta un vero e proprio “gioiello” architettonico nell’ambito del panorama dei numerosi villaggi operai sorti in Europa, soprattutto nella seconda metà del secolo XIX. Il villaggio fu in parte progettato dall’ingegnere Pietro Fenoglio (1865-1927), uno dei massimi esponenti dello stile Liberty a Torino, mentre lo stabilimento è un esempio di architettura industriale di severa impostazione ottocentesca. Gli edifici abitativi, così come l’ingresso allo storico opificio, presentano una chiara ispirazione Liberty.  

Nel villaggio attorno alle case per i dipendenti vennero costituiti i servizi primari:

  • La Scuola Elementare e la Palestra (ancora in uso).
  • L’Asilo (oggi sede dell’Ecomuseo).
  • Il Negozio Alimentare, realizzato per i dipendenti nel quale si facevano acquisti utilizzando una moneta creata appositamente. Oggi sede di una serie di laboratori chiamati “Il Filo racconta”.
  • La Chiesa di Santa Elisabetta, cattolica, fu voluta da Napoleone Leumann per i suoi dipendenti nonostante la sua fede protestante e attualmente è ancora in uso per alcune funzioni di rito cattolico e altre di rito ortodosso.
  • Il Teatro e i Circoli sportivi (oggi trasformati in abitazioni)
  • I Bagni pubblici (ora sede del Circolo anziani)
  • L’Ambulatorio Medico, a lato dell’Opificio attualmente attività commerciale
  • Il Convitto per le operaie costruito per ospitare le ragazze da 13 a 20 anni che lavoravano nello stabilimento, che essendo residenti in provincia ed anche in altre Regioni non avevano la possibilità di rientrare a casa a fine turno; il Convitto era gestito da suore cattoliche e al suo interno era presente la scuola della buona massaia nella quale venivano tenuti corsi di cucina, cucito, rammendo ed economia domestica. Attualmente ospita la Biblioteca civica.
  • La Stazionetta Leumann, situata davanti all’ingresso dell’Opificio, era la fermata di un trenino a scartamento ridotto che partiva da Torino e arrivava a Rivoli. La linea ferroviaria fu realizzata nel 1871 e funzionò fino al 1955 quando fu sostituita con il Filobus. È stato il punto informativo del Comune gestito dall’Associazione Amici della Scuola Leumann; al momento è sede di alcune associazioni. 

A fine ‘800 Napoleone Leumann fece costruire a sue spese un acquedotto allo scopo di fornire acqua corrente alle case del Villaggio e al quale si collegarono poco alla volta tutte le abitazioni della comunità.

Il Villaggio Leumann, complesso produttivo e residenziale, è una testimonianza notevole di archeologia industriale. Insieme a Crespi di Capriate d’Adda presso Bergamo e a Rossi di Schio, in provincia di Vicenza, è uno degli esempi più significativi che ha mantenuto la sua integrità di villaggio operaio ottocentesco, non soltanto dal punto di vista urbanistico e architettonico, ma anche sotto il profilo storico e sociale. Per le sue caratteristiche di eccezionalità è da tempo un elemento fondante delle strategie culturali e sociali di Collegno. 

Dopo quasi un secolo, nel 1972, per la crisi del settore tessile e a causa di grandi trasformazioni tecnologiche e della concorrenza, cessa parte della produzione che prosegue con la tintoria e il rifinissaggio e termina definitivamente nel 2007.

Gli spazi precedentemente occupati dal cotonificio, sono stati oggetto di una riqualificazione conservativa. Soprattutto nella parte precedentemente utilizzata per la tessitura, l’intervento di società private ha creato nell’opificio realtà commerciali che ripropongono prodotti legati al tessuto. Il Comune di Collegno è attento ed impegnato alla prosecuzione della riqualificazione di tutta l’area che comprenderà la realizzazione di una pista ciclabile, passaggi pedonali, che uniranno i due comprensori, aree parcheggio e nuovi inserimenti commerciali. 

Rassegna Fila La Lana ( Archivio Ecomuseo Villaggio Leumann)

Rassegna Fila La Lana (Archivio Ecomuseo Villaggio Leumann)

Negli ultimi anni

Nel 1976, il Villaggio è stato acquistato dal Comune di Collegno in quanto «complesso residenziale caratterizzato da disegno unitario che costituisce documento storico e culturale di tipologie insediative della civiltà industriale» (grazie al contributo della Regione Piemonte, sulla base della L.R. n.27 del maggio 1976 “Acquisizione o risanamento di complessi residenziali di interesse storico o culturale”) e dato in gestione all’ATC. Ha mantenuto pressoché integralmente la struttura originaria, alcuni edifici sono utilizzati ancora oggi secondo la loro antica destinazione d’uso, è ancora in parte abitato da famiglie di ex-dipendenti della Leumann e sede di numerosi servizi pubblici.

Dal 1997 esso fa parte della Rete Ecomuseale della Provincia di Torino – Progetto Cultura Materiale, percorsi legati all’industria tessile ed ha ottenuto la certificazione Herity. Nel 2004 il Comune ha istituito l’Ecomuseo Villaggio Leumann e ha avviato la pratica per ottenere il riconoscimento della Regione Piemonte. Nel 2009 è stata portata a termine la ristrutturazione della Casa-museo del Villaggio Leumann dedicata alla realtà domestica nel contesto di un borgo operaio.

Si tratta della prima esperienza in Italia, infatti l’iniziativa pone Collegno come caso studio pilota anche rispetto ai due insediamenti di villaggi operai ancora esistenti in Italia: Crespi d’Adda e Schio.

In quanto complesso di interesse storico-artistico e di proprietà comunale, ai sensi delle leggi vigenti è sottoposto al regime di tutela (vincolato dal 1972 ai sensi della legge 1089/39 e oggi ai sensi del decr. leg. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”). 

cropped-logo-associzione-amici-villaggio-leumann-1L’associazione Amici dell’Ecomuseo Villaggio Leumann

Nel 1992 nasce l’Associazione Amici della Scuola Leumann, che collabora con l’Amministrazione Comunale per mantenere attiva la memoria storica del Villaggio attraverso la realizzazione di iniziative culturali sociali e di aggregazione.

Una delle manifestazioni più importanti, organizzata da ormai più di 25 anni, è “Filo lungo filo un nodo si farà”, che si svolge il quarto fine settimana di settembre e che ospita oltre ad un convegno, alcune mostre a tema e una rassegna di arti tessili alla quale partecipano ogni anno circa 80 espositori che provengono da tutta Italia e anche dall’estero.

Nel 2020, a causa dell’emergenza COVID, è stata realizzata un’edizione online. Nel 2021 e nel 2022 la manifestazione si è potuta tenere in presenza: in parte al Villaggio Leumann con i laboratori di Arti Tessili, mentre la mostra-mercato, le mostre e le sfilate hanno avuto luogo nei chiostri della Certosa Reale. 

logo-ecoEcomuseo Sogno di Luce – Un Ecomuseo sulla lampadina e Alessandro Cruto 

L’Ecomuseo “Sogno di Luce” di Alpignano nasce nel 2004 a seguito della ristrutturazione della fabbrica in cui prese avvio la produzione industriale, prima in Italia e quasi certamente in Europa, di lampadine elettriche su brevetto di Alessandro Cruto. Il museo vuole infatti far conoscere sia la storia dell’utilizzo della luce nei secoli che della lampadina elettrica.

È inizialmente affidato in gestione al gruppo ANLA Philips (Associazione Nazionale Lavoratori Anziani). Nel 2014 per facilitare lo sviluppo delle attività nasce, dallo stesso gruppo, l’associazione Amici dell’Ecomuseo Sogno di Luce che gestisce il museo da quel momento facendone crescere la visibilità e offrendo servizi nuovi.

Si decide infatti di focalizzare l’attenzione prevalentemente sulle scuole e sulle famiglie. Con un gruppo di divulgatori scientifici (ToScience) viene costruito un laboratorio sulla storia della luce e di Cruto con esperimenti pratici denominato La Mosca Elettrica. Vengono proposte mostre, pubblicazioni, conferenze e spettacoli. I collegamenti con CentroScienza portano le settimane della scienza alle scuole di Alpignano (per la prima volta fuori Torino). Importanti collaborazioni con Turismo Torino e soprattutto con Abbonamento Musei hanno aumentato la nostra visibilità.

Siamo entrati anche nel circuito dei musei aderenti a Nati con la Cultura e Nati per leggere al fine di rafforzare il focus sulle famiglie. 

Perché ad Alpignano?

È situata a poca distanza dal centro di Torino, di fianco a Rivoli dove ha sede, nella magnifica cornice del castello, uno dei più importanti musei di arte contemporanea. Ha origini molto lontane, sembra essere uno dei primi accampamenti romani fuori Torino e una lapide funeraria, ora conservata presso la Biblioteca Comunale, lo conferma. È caratterizzata dall’essere divisa in due parti dal fiume Dora Riparia, che da sempre ha contribuito alle sue fortune. Sino a metà ‘800 il fiume ha portato allo sviluppo agricolo della zona attraverso le prese d’acqua per le bealere che servivano anche comuni molto lontani come Collegno, Grugliasco, Rivoli e Orbassano. Il carattere torrentizio che presenta solo nel tratto del comune ha poi consentito la nascita di mulini che trattavano sia granaglie che olio o canapa. Questo aspetto sarà anche il motore dello sviluppo industriale dell’area nel 1800, si deve ricordare infatti che in quel periodo la forza motrice per le attività era sostanzialmente fornita dall’acqua. 

Alessandro Cruto (Archivio Ecomuseo Sogno di Luce)

Alessandro Cruto (Archivio Ecomuseo Sogno di Luce)

Ma chi era Cruto?

Nato a Piossasco nel 1847 (stesso anno in cui nascevano Galileo Ferraris e Edison), figlio di un impresario edile, non volle seguirne le tracce ma si mise a studiare e sperimentare. Per molti anni sarà ossessionato dal sogno di creare il diamante artificiale e anche se non ci riuscirà per limiti tecnologici dell’epoca, arriverà però a far depositare il carbonio in sottili lamelle. Utilizzerà questo metodo per far depositare su un filo di platino sottile come un capello il carbone, creando così il primo filamento efficiente della lampadina elettrica. La sua lampadina durava 400 ore e faceva una luce bianca e pura. Alcuni mesi prima Edison aveva lanciato sul mercato una versione con canapa carbonizzata che durava però solo 40 ore e faceva una luce giallognola. Con le sue lampadine nel 1883 Cruto illumina Piossasco e durante l’esposizione di Torino del 1884 ottiene il successo e i finanziamenti che gli consentono di iniziare una produzione industriale. Deve cercare un sito per l’opificio e approda ad Alpignano acquistando i mulini abbandonati della famiglia Falconet e sfruttando il canale ancora funzionante per alimentare la sua fabbrica che dal 1887 arriverà a produrre 1000 lampadine al giorno. Da notare che oltre al filamento dovrà inventare dal nulla i processi industriali e adattare le macchine necessarie. Si iniziava con la produzione del bulbo di vetro e poi abili mani di donne e ragazzi inserivano il filamento e sigillavano la lampada.

Sfruttando la produzione di energia elettrica della fabbrica inizierà a venderla ad altre aziende e a proporre l’illuminazione pubblica di Alpignano e di Rivoli, installando così anche la prima rete di distribuzione elettrica. Le lampade saranno prodotte su suo brevetto in molti Paesi europei e dell’America, anche grazie all’accordo con Westinghouse – concorrente di Edison. Gli investitori porteranno la società anche a diversificare e a fine ‘800 si avvieranno alla produzione di batterie elettriche con marchio “DORA” e successivamente, con una collaborazione con una ditta di Genova, alle auto elettriche. Nel 1906 venivano prodotti 4 modelli standard e almeno una ventina su richiesta.

FOTO Opificio di Alessandro Cruto nell'800 (Archivio Ecomuseo Sogno di Luce)

Opificio di Alessandro Cruto nell’800 (Archivio Ecomuseo Sogno di Luce)

Queste evoluzioni però non interessavano particolarmente Cruto che si ritirò dalla società e continuò i suoi esperimenti per il diamante artificiale. Morirà a Torino nel 1908. La fabbrica passa per diversi proprietari e nel 1927 viene acquistata dal gruppo olandese Philips che vuole avviare la lavorazione di lampade su larga scala in Italia e costruirà qui il primo grande stabilimento italiano. Utilizzerà il vecchio sito di Cruto, troppo piccolo, come sede per le attività culturali e sociali. La dirigenza è, come altri casi dell’epoca, sensibile ai bisogni dei lavoratori e della cittadina per cui propone corsi di teatro, puericultura, lavori domestici e molti altri, la biblioteca aziendale a loro disposizione e molte manifestazioni.

Il paese vive la vita dello stabilimento, la sirena che annuncia i cambi turni – la lavorazione era continua – segna il tempo come un orologio. Grazie a questo Alpignano può orgogliosamente chiamarsi il paese della luce o della lampadina. 

 FOTO Opificio di Alessandro Cruto riqualificato (Archivio Ecomuseo Sogno di Luce)


FOTO Opificio di Alessandro Cruto riqualificato (Archivio Ecomuseo Sogno di Luce)

Il declino

Dopo un periodo di sviluppo e a seguito dello spostamento graduale delle lavorazioni in paesi più favorevoli sia la Philips nel 2003 che la Pistoni Borgo nel 2006 chiuderanno. A causa di queste chiusure e di quelle dell’indotto FIAT molti cercano lavoro altrove e solo poche piccole industrie artigianali restano sul territorio.

Oggi un grosso sforzo è in corso per riportare le attività artigianali e industriali nella zona e contemporaneamente far rivivere il commercio di prossimità messo a dura prova da molti centri commerciali presenti nel comune e in quelli limitrofi. Un progetto in particolare, il distretto del commercio, vede coinvolto il museo per parte di diffusione storica e sociale ai fini turistici ma anche di maggior conoscenza del proprio paese. Si sta avviando anche un progetto di creazione di mappe di comunità con associazione commercianti, associazioni culturali, scuole e cittadini. L’importanza di mantenere viva la storia delle origini del territorio sfruttando anche il ricco archivio storico comunale è basilare per il coinvolgimento della cittadinanza nella conoscenza e valorizzazione del proprio comune.  

logoecomuseoEcomuseo del Freidano – Un ecomuseo sul rapporto tra industria e paesaggio 

L’Ecomuseo del Freidano è un piano di valorizzazione culturale e ambientale della città di Settimo Torinese, istituito nel 1999 dalla Regione Piemonte. Il suo progetto è intitolato al più importante canale motore del territorio, con origini medievali, ed è stato delineato a partire dal 1983 dall’allora Nucleo Volontari per la Protezione Ambientale del Comune di Settimo intorno ad un primo censimento delle acque territoriali e delle aree degradate.

L’Ecomuseo, partendo da quell’esperienza, si configura ancora oggi come un “work in progress” articolato su una serie di temi che si basano sull’intreccio fra le caratteristiche naturali del suo territorio, le vicende storiche e la crescita infrastrutturale e tecnologica sviluppata lungo il fiume Po.

Il rio Freidano, lungo il suo percorso da Torino (Abbadia di Stura) a Chivasso, si presenta come un itinerario di archeologia industriale ricco di testimonianze in discreto stato di conservazione. Sulle sue sponde sono sorti ben nove opifici idraulici, per un numero non inferiore alle venti ruote motrici. Si trattava di mulini, tornerie d’osso, peste da riso, carta, olio e canapa, centraline elettriche, una conceria e una fabbrica di esplosivi. Degni di nota gli impianti molitori convertiti nel sistema anglo-americano di Settimo e Brandizzo, valorizzati dall’ecomuseo con la ricerca dedicata ai mulini del capitalismo agrario.

Proprio nel Mulino Nuovo di Settimo l’ecomuseo trova la sua sede centrale: un pregevole complesso industriale dell’Ottocento interamente recuperato a uso pubblico e inaugurato quale sede ecomuseale vent’anni esatti fa. Qui si sviluppano progetti di ricerca sul paesaggio e sul patrimonio industriale, laboratori ed eventi per le scuole e le famiglie, attività museali, mostre temporanee e visite rivolte a un ampio pubblico, non solo locale. 

Paesaggio Fluviale (ph. Vito A. Lupo)

Paesaggio Fluviale (ph. Vito A. Lupo)

La sede ecomuseale: il Mulino Nuovo di Settimo Torinese

Costruito nel 1806 per sostituire i locali mulini natanti sul fiume Po, a partire dal 1851 il Mulino Nuovo, su progetto dell’ingegner Severino Grattoni (più conosciuto per aver progettato e diretto i lavori per la costruzione del Traforo ferroviario del Frejus), è stato trasformato in una fabbrica alimentare tra le più importanti d’Italia su volere di Camillo Benso conte di Cavour. Chi lo visita per la prima volta rimane colpito dall’imponenza degli edifici un tempo destinati alla produzione di sfarinati: varcando la soglia del complesso, il visitatore ha modo di immergersi in un’atmosfera di altri tempi, grazie ad un recupero realizzato nel pieno rispetto dell’architettura originale.

Nell’imponente silos datato 1897 per la conservazione della materia prima, dal 2002 trova spazio il Museo Etnografico che raccoglie e illustra le testimonianze degli antichi mestieri protoindustriali: mulini, lavanderie, fornaci, la lavorazione dell’osso e la produzione di penne per la scrittura, la pesca sul fiume vengono illustrati in un percorso museale interattivo che contestualizza i diversi temi partendo dagli oltre trecento oggetti originali donati, grazie al lavoro del GRES-Gruppo ricerche Etnografiche Settimesi, dalla cittadinanza dagli anni Novanta ad oggi.

Lungo il canale Freidano, nel giardino esterno, è allestito il Parco dell’Energia: un parco tematico dotato di installazioni interattive uniche nel loro genere che illustrano la storia energetica degli ultimi due millenni. Parte integrante del parco e dei percorsi museali sono l’installazione Macchingegno del Cnr- Ircres, il nuovo orto botanico, le attrezzature molitorie e le turbine Francis (prodotte dalla Calzoni di Bologna) originali del mulino e l’allestimento permanente delle caldaie provenienti dalla fabbrica Paramatti. Si tratta del recupero di una coppia di caldaie Lancashire e un economizzatore Green provenienti dallo stabilimento di vernici insediato a Settimo nel 1913 e smantellato nel 2005 per far spazio alla Biblioteca Civica e Multimediale Archimede. Compito dell’ecomuseo è il recupero della memoria della fabbrica e l’allestimento di un percorso permanente negli interni della biblioteca.

Lo studio e la ricerca sul patrimonio industriale del XX secolo settimese, in un più ampio contesto torinese e piemontese, sono temi di indagine dell’Ecomuseo del Freidano attraverso il progetto denominato “Ecotempo”. 

 FOTO Sede Ecomuseale Mulino Nuovo ph. Vito A. Lupo)


Sede Ecomuseale Mulino Nuovo ph. Vito A. Lupo)

Storie di una città che cambia: dagli antichi mestieri alla rigenerazione urbana dopo le fabbriche

Come raccontato, l’Ecomuseo del Freidano fonda le sue radici nello studio della cultura materiale del luogo legata agli opifici proto industriali e agli antichi mestieri sviluppati lungo i numerosi corsi d’acqua del territorio. Il Mulino Nuovo rappresenta, oggi, l’emblema di un luogo del lavoro, già di stampo industriale e capitalistico, riconvertito a centro culturale della Città di Settimo Torinese. 

Da quel primo recupero, il Comune di Settimo ha lavorato moltissimo sulla trasformazione urbana della città con progetti che riducessero la percezione della città dormitorio e le restituissero una fisionomia e identità proprie, provvedendo alla rigenerazione di aree ed edifici industriali dismessi e promuovendo la crescita dei progetti culturali e di riqualificazione ambientale, come per esempio le aree verdi destinate a parchi urbani. In questo senso nel 2007 è nata la Fondazione Esperienze di Cultura Metropolitana, che vede il Comune di Settimo Torinese tra i soci fondatori, per una gestione integrata del sistema culturale. Di questo fanno parte, oltre l’Ecomuseo, la Biblioteca Civica e Multimediale Archimede, la Suoneria e il Teatro Garibaldi e il recentissimo MU.CH – Museo della Chimica allestito negli spazi della Siva, fabbrica di vernici in cui lavorò Primo Levi come chimico, per quasi 30 anni, dal 1948 al 1977. 

Partendo proprio dallo studio e il recupero della memoria di siti industriali in dismissione agli inizi degli anni duemila, con il progetto “Ecotempo” le ricerche ecomuseali sono evolute studiando, sotto vari punti di vista, i mulini industriali del capitalismo agrario coevi al mulino settimese e le fabbriche di stampo novecentesco (in particolare le aziende dell’indotto chimico, una su tutte la fabbrica di vernici Paramatti che ha lasciato spazio alla Biblioteca Archimede). Questo lavoro, strutturato in maniera interdisciplinare, ha permesso di tessere rapporti con la città (istituzioni, tessuto associativo e mondo della scuola) e con il sistema aziendale di riferimento. Allo stesso tempo, il campo di indagine si è ampliato al territorio piemontese – attraverso le diverse reti di cui l’ecomuseo fa parte –   al fine di contestualizzare e collegare l’esperienza locale con altre affini in ambito regionale. A titolo di esempio, pensando alla rete ecomuseale e al focus del presente articolo, si ricorda una proposta di itinerario con il Munlab – Ecomuseo dell’Argilla di Cambiano (Torino) partendo dal tema comune delle fornaci da mattoni.

Il coinvolgimento e la restituzione al tessuto cittadino rimangono elementi fondamentali. Con la raccolta di nuovo materiale e testimonianze, passeggiate patrimoniali e laboratori, mostre e interventi di street art, il Freidano continua ad evolversi come strumento di interpretazione della città e del paesaggio, cercando di essere attuale al fine di raccontare e trasmettere alle nuove generazioni la storia di Settimo e la sua evoluzione negli anni, sottolineandone l’importante intervento di rigenerazione urbana. 

Dialoghi Mediterranei, n. 59, gennaio 2023 
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Claudio Agulli, dirigente bancario sino al 2015 poi in pensione, si è occupato di organizzazione, controllo costi, gestione progetti e informatica. Per passione si è dedicato sin dall’apertura al volontariato presso l’ANLA Philips che aveva in gestione l’Ecomuseo Sogno di Luce. Tra i fondatori dell’associazione ha sinora ricoperto il ruolo di segretario e tesoriere. Fa parte anche del direttivo della Proloco di Alpignano. 
Marianna Sasanelli, architetto con formazione artistica, dal 2007 lavora per la Fondazione Esperienze di Cultura Metropolitana, occupandosi in particolare della valorizzazione del patrimonio industriale e storico della Città di Settimo Torinese. Attualmente coordina l’Ecomuseo del Freidano ed è referente regionale per il Piemonte dell’Associazione Italiana Amici dei Mulini Storici.

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