di Lello Fargione
Il culto per la Croce è noto e assai diffuso in Sicilia. Simbolo che rinvia all’Albero della vita, la Croce è associata al ciclo di rigenerazione della Natura e per questo i riti che la celebrano si svolgono a primavera, con funzione apotropaica e propiziatoria.
A San Marco d’Alunzio, nel Messinese, l’ultimo venerdì di marzo di ogni anno il simulacro del Crocifisso, un pregiato legno del 1652, è portato in processione fuori dalla chiesa dell’Ara Coeli, di fondazione normanna.
La festa istituita nel 1612 porta i segni ancora visibili di una lunga storia di devozione e di penitenza, memorie di un’antica sacra rappresentazione, di cui ha scritto anche lo storico locale Antonino Meli in una monografia del 1745.
Esce il Crocifisso staccato dalla cappella e sostenuto dai Babbaluti, 33 personaggi incappucciati con un costume di colore blu intenso che, silenziosi e scalzi con semplici calze di lana lavorate a mano, si inginocchiano e baciano per terra prima di scortare la vara per voto e per tradizione familiare.
Sotto il cappuccio sono anche giovani donne che per grazia implorata o ricevuta concorrono allo sforzo e alla fatica del trasporto. Portano il Crocifisso sul largo sagrato che si affaccia nella suggestione dei monti Nebrodi e qui lo sistemano nel fercolo accanto ad un quadro dell’Addolorata che nella sua iconografia canonica è trafitta da sette spade.
Si snoda dunque una processione aperta dalla Confraternita dei SS. Quaranta Martiri, accompagnata dalla banda musicale e seguita dai fedeli. Il corteo si muove per le vie del paese con passo lento e cadenzato e lungo il percorso si levano dai fedeli invocazioni alla pietà e alla misericordia.
Il carattere penitenziale della festa fa pensare ad un’origine connessa al venerdì santo che precede la Pasqua, tanto più che i costumi degli incappucciati e le posture dei devoti richiamano gesti, atteggiamenti e azioni di mortificazione e di afflizione del corpo come ad espiare la condizione di mortali peccatori.
Di grande e intensa prossimità fisica è fatto il rapporto dei devoti con il Crocifisso, portato a spalle sulle quattro stanghe di sostegno del pesante fercolo dai Babbaluti e sfiorato dalla folla con le mani, toccato, baciato, abbracciato. Al Cristo morto la comunità si aggrappa con trasporto, emozione, desiderio. Come ad un familiare amato, come ad una consolante e umana presenza, come ad un’estrema speranza.
Dialoghi Mediterranei, n. 60, marzo 2023
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Lello Fargione, di Palazzolo Acreide dove vive e lavora. Durante gli studi universitari si appassiona alla fotografia e comincia a viaggiare. Dopo un Master in Comunicazione e Web Design, ha intrapreso un percorso didattico all’Accademia di Belle Arti “Rosario Gagliardi” dove si laurea in Arti Visive Visual Realities. Negli anni, ha partecipato a mostre personali e collettive e curato la realizzazione di diversi progetti editoriali e multimediali con istituzioni pubbliche e private. Da freelance collabora e scrive per diverse agenzie fotografiche e riviste on line. Negli ultimi anni ha perfezionato la sua formazione con autori del panorama nazionale partecipando a corsi e workshop. Continua a frequentare l’ambiente associativo fotografico catanese e milanese.
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