il centro in periferia
di Corradino Seddaiu
Sempre vo e sempre vo, e sempre sotto u borgu so.
Strada bella un fù mai longa [1].
Avevamo lasciato la Corsica lo scorso maggio dove a Corte con l’associazione “Realtà virtuose” dalla Sardegna abbiamo avuto il piacere di conoscere Brandon Andreani, responsabile dell’associazione InSite per la Corsica. Brandon ci aveva parlato dell’associazione e dei suoi obbiettivi. Come già scritto su Dialoghi Mediterranei (n. 57) [2] fra settembre e ottobre siamo ritornati nell’isola per conoscere sul campo il lavoro di Insite, con particolare attenzione a quello in svolgimento nella valle di Rostino in Haute-Corse.
InSite è un’associazione occitana nata da un’idea di un sindaco di un piccolo paese con l’obbiettivo di rigenerare i territori marginali. Nel suo manifesto l’associazione francese individua alcune tematiche «fondamentali inerenti la redistribuzione dei servizi pubblici, la desertificazione sanitaria, il mantenimento delle scuole, lo sviluppo dei negozi locali».
Si avvale per questo di giovani volontari che si immergono nella realtà dei paesi. Ogni volontario beneficia di una formazione civica e di una più specifica che gli consente di svolgere al meglio i lavori. Ad ognuno spetta un rimborso di circa 600 euro finanziato attraverso le service civique, mentre Il comune si occupa degli alloggi. Le missioni si svolgono attraverso un ampio programma che tiene conto delle specificità del territorio e delle esigenze dei suoi abitanti. Erasmus rural abbraccia un’altra visione di sviluppo locale: «rafforzamento dei legami sociali, supporto all’inclusione digitale, tutela ambientale, sviluppo dell’artigianato locale in simbiosi con le nuove tecnologie, recupero dei patrimoni materiali e immateriali».
I volontari sono immersi nel territorio, ne diventano parte, sono nuovi abitanti. A loro è affiancata la figura di un tutor che accoglie i volontari e li accompagna nelle missioni. Due volte al mese i volontari esaminano con il team di InSite lo stato di avanzamento della missione, espongono le loro impressioni e i loro bisogni, in tal modo ogni volontario è supportato nello sviluppo del suo percorso.
L’Erasmus rural intende «rimettere al centro la collettività, la solidarietà, preparando il terreno in maniera ambiziosa e realistica con il fine di riportare al centro i villaggi, creare sinergie tra attori e territori che possano contribuire a promuovere un’immagine positiva della ruralità. Le persone al centro delle nostre preoccupazioni e la ruralità al centro del mondo» [3].
Per arrivare nella valle di Rostino si percorre una lunga strada che da Bonifacio ci avvicina all’alta Corsica. Si sale attraverso foreste, rocce, case e campanili di paesi posti in cima a montagne da cui a volte si vede il mare, la Sardegna a sud, Capraia e l’Elba a nord est. Nelle giornate limpide anche le coste della Toscana sembrano avvicinarsi quasi ad abbracciare questa terra con cui in particolare nel passato i rapporti furono frequenti.
Dopo una sosta a Corte, centro geografico dell’isola, capitale nel periodo storico dell’indipendenza e attualmente sede dell’università di Corsica, riprendiamo la strada alla volta della valle di Rostino. Giunti a Ponte Novu, luogo storico importantissimo per l’isola dove il popolo corso si scontrò con le truppe francesi, facciamo una piccola sosta prima di inerpicarci verso Bisinchi.
Il ponte genovese è interrotto nel mezzo, non collega più le due rive del Golo. Il tempo sembra fermo a quell’istante, a quella battaglia tragica per la Corsica, dove si confrontarono francesi e corsi, questi ultimi guidati da Pasquale Paoli, U babbu di a patria; uno scontro che pose fine all’indipendenza di questa terra dal continente. Una bandiera con la testa di moro sventola su un monumento posto a ricordo degli avvenimenti, l’epitaffio racconta che «qui casconu u 9 maghju 1769 e milizie di Pasquale Paoli luttendu per a libertà di a patria».
Riprendiamo la strada che sale su per la montagna fra larici e castagni maestosi e secolari che raccontano l’importanza dell’albero per la comunità che utilizzava il legno per gli usi più svariati e macinava il frutto per ricavarne la preziosa farina. «Le piante qui hanno una straordinaria grandezza e un vigore singolare. Ve ne ha tanti in alcune regioni come in quella di Orezza e di Rostino, Castagniccia quella parte dell’isola si appelli» [4]. Così descrive la vegetazione del territorio Gioacchino Prosperi, prete toscano in viaggio per cinque anni nell’isola, nelle lettere indirizzate ai suoi amici e ai suoi superiori in Italia.
Si intravedono le prime case di Forno, piccola frazione del comune, e poco distante ancora più in cima ecco Bisinchi. I tetti, frutto dell’atavico saper fare dei maestri corsi della pietra, e poi la chiesa, il tutto circondato dai colori autunnali del paesaggio. Bisinchi è un comune di 207 abitanti, situato nel dipartimento dell’Alta Corsica nella valle del Rostino. Una valle ricca di storia che vede in questo territorio la presenza forte della figura di Pasquale Paoli, nato a Morosaglia, comune a circa 10 km; ma anche dell’abate Vignale, originario di Bisinchi, il quale incrocerà il suo destino con quello di Napoleone nell’isola di Sant’Elena accompagnandolo negli ultimi giorni e occupandosi degli ultimi sacramenti.
Il paese e la valle, come tanti altri luoghi della Corsica, fanno parte di quella spina dorsale che, dall’interno di questa isola-montagna nel Mediterraneo, ha visto spesso scivolare le persone e le storie verso la costa, che ha conosciuto e conosce l’abbandono.
Veniamo accolti dal sindaco, con ospitalità imperiale, in lingua corsa. Subito ci illustra il lavoro che si svolge nel comune, descrivendoci brevemente i luoghi e mostrandoci con nostro piacevole stupore il nostro articolo precedente su Dialoghi Mediterranei stampato in grande formato.
Jade Bidet, Lou Clauzier e Fanny Chéné, ragazze di Insite che lavorano per l’Erasmus rural in paese, le incontriamo in un locale adiacente che, grazie al loro lavoro in collaborazione con il comune, diverrà a breve Cinema in Bisinchi con una programmazione dedicata alla animazione. Ci avvaliamo nella conversazione di Brandon, tutor del progetto Insite, che si rivelerà un eccellente conoscitore della lingua italiana e aiuterà il nostro arrugginito francese.
Lou che arriva da Lione ci racconta che conosceva la Corsica, in particolare Ersa in Capo Corso, ma non era mai stata a Bisinchi. é stata la prima ad arrivare. Jade e Fanny arrivano dall’area di Nantes e dopo la laurea tutte hanno aderito alla campagna dell’associazione transalpina. Le missioni di Insite, durano sei mesi ma tutte le ragazze hanno l’ambizione di restare più tempo o di ritornare una volta concluso il lavoro. La prima missione consiste nell’insegnare agli anziani l’uso di tablet, smartphone e computer, in particolare la posta elettronica per riuscire a rompere quell’isolamento che spesso li circonda e taglia fuori per le comunicazioni con parenti lontani, ma anche con le istituzioni o il sistema sanitario.
Inizialmente gli abitanti sono stati invitati ad incontrarsi in uno spazio pubblico. Le ragazze hanno però verificato la riluttanza di molti a partecipare, spesso per la vergogna nel mostrare ad altri le difficoltà nell’utilizzo dei dispositivi tecnologici. È stata quindi successivamente adottata una metodologia che ha tenuto conto delle difficoltà osservate. Le ragazze hanno deciso di andare incontro alle esigenze della comunità anziana, andando a trovare le persone nel loro domicilio, dove a proprio agio hanno partecipato con entusiasmo ottenendo ottimi risultati. Superato questo ostacolo, è stato più semplice rafforzare la solidarietà e i legami intergenerazionali, organizzare serate di gioco concentrate sulle interazioni sociali dove spesso vengono fuori le esigenze soprattutto degli anziani, coloro che soffrono maggiormente l’isolamento e l’indifferenza. Il gioco e i momenti conviviali diventano in questo modo una efficace metodologia propedeutica all’ascolto delle aspettative della comunità.
Come in altri luoghi anche qui alla reazione iniziale di stupore della popolazione (chi sono e cosa fanno) è seguito il desiderio di informarsi sulla missione, di partecipare, di raccontare se stessi e il territorio. Sono nati legami incredibili, nuove amicizie ma anche nuove collaborazioni fra i locali.
Altra missione è il recupero del patrimonio materiale e immateriale del territorio e coinvolge diversi attori. In questo momento si lavora soprattutto alla riabilitazione della figura dimenticata dell’abate Vignale attraverso la ricerca storica. Con l’aiuto fondamentale del sindaco e della comunità si è già ripristinato il sentiero che conduce al luogo di sepoltura dove si sono installati dei cartelli informativi. Le ragazze ci raccontano di una sentita cerimonia che ha coinvolto tutta la comunità. Saliamo anche noi insieme a loro attraverso il sentiero recuperato fino al luogo che avrebbe conservato le spoglie dell’abate. Ci sono ancora tanti lavori da fare ma insieme constatiamo che il primo successo è stato conseguito.
Perché non c’è solo la mancanza di servizi e di lavoro a minacciare l’esistenza di un luogo, lo è anche l’assenza di memoria dei territori, caduta, schiantata, che è costituita dai saperi, dalle storie, dai racconti e dalle esperienze condivise. La storia dell’abate Vignale così come quella di Pasquale Paoli hanno la capacità di ridisegnare il senso degli antichi abitati, raccontano il lavoro della convivenza di uomini e donne con l’ambiente circostante. Così il lavoro delle ragazze permette a loro, alla comunità di Bisinchi ed anche a noi, di ripercorrere il proprio passato che si ritrova occasionalmente intruso nel racconto di altri.
Una delle peculiarità dell’Erasmus rural è che i giovani sono anche liberi di portare un proprio progetto che nasce dalle passioni personali. A Bisinchi, Lou, studentessa di Scienze ambientali, ha voluto condividere la sua passione per il mondo delle farfalle coinvolgendo le scuole, bambini ma anche adulti, creando laboratori di studio della farfalla endemica della Corsica, organizzando eventi in aula e sul campo, attraverso dibattiti ed escursioni che hanno stimolato un approccio diverso, da un’altra prospettiva, che ha favorito uno sguardo diverso dei locali verso il proprio territorio. La ricerca sulla farfalla corsa ha avuto la funzione di far volgere lo sguardo alla bellezza, unendo scienza, gioco e convivialità. Convivialità e bisogno di parlare, di raccontare, di stare insieme che è emersa come una delle maggiori necessità da cui si può ripartire per riformare i luoghi e lo spazio. A Bisinchi, la farfalla riesce a far emergere una coscienza di luogo, la conoscenza e la consapevolezza dell’esistenza di un patrimonio paesaggistico, storico, che sollecita gli stessi abitanti a prendersi cura del territorio.
Jade e Fanny lavorano invece con alcuni attori sociali alla creazione di una filiera che coinvolga agricoltori, allevatori, artigiani per la creazione di mercatini locali dove oltre ai prodotti della terra possano trovare spazio gli strumenti a fiato tipici del territorio, ma anche alla valorizzazione dell’allevamento del cavallo e dell’asino indigeno col fine di stimolare un nuovo approccio alla mobilità locale.
Spostarsi dalle città del continente francese su un’isola in un paese di 200 abitanti è sicuramente una nuova esperienza, così sollecitiamo le ragazze a raccontare la giornata tipo quando non ci sono attività programmate con le missioni. Tutte con tranquillità raccontano la giornata tipo come se fossero ancora a Nantes o a Lione. La mattina e, a volte, il pomeriggio lavorano al computer nei locali del comune, spesso si fanno passeggiate dove si incontrano gli abitanti e si discute non solo delle missioni. Talvolta si ritrovano ospiti di famiglie che le invitano nelle proprie case per il pranzo o per la cena. Altre volte fanno escursioni a cavallo seguendo itinerari che facilitano una maggiore conoscenza del territorio. Ci si incontra poi nel bar per un caffè e succede anche che il fine settimana vengano organizzate gite fuori porta in altre località dell’isola. Si sentono abitanti temporanei ma a tutti gli effetti immersi nella vita del paese. A Bisinchi sono tante le piccole storie che si intrecciano formando un tessuto di esperienze, di azioni che creano il nuovo vissuto comune.
Anche noi ci immergiamo nel territorio grazie alle conoscenze, alle interviste, alle conversazioni con i partecipanti alle missioni, al sindaco, ad alcuni residenti e soprattutto alla disponibilità del tutor di Insite che ci ha consentito di condividere le esperienze del lavoro sul campo. Nel confronto emergono anche altre ipotesi di lavoro, come la creazione di un cammino che possa unire il territorio di Ajaccio che ha dato i natali a Napoleone, a Bisinchi e in particolare alla figura dell’abate Vignale, suo fidato confessore nei giorni di S. Elena. Si darebbe così l’opportunità ai corsi e ai viaggiatori di scoprire attraverso i racconti questa parte di territorio seguendo il filo storico dell’imperatore.
Non siamo andati nella valle di Rostino con l’approccio dell’antropologo o del sociologo classico che sta a lungo per raccogliere dati e poi mostrarli al mondo. Abbiamo scelto di fare come quella antropologia post moderna che sta meno a lungo in più paesi, condividendo studi e pratiche con i locali e gli abitanti temporanei, che quando ritorna a casa porta con sè l’idea di quella comunità plurale di cui noi stessi abbiamo fatto parte e lasciato tracce.
Le tracce le lasciano le ragazze di Insite, vivendo quotidianamente lo spazio come portatrici di istanze innovative che tutelano e sviluppano il patrimonio materiale e immateriale e che nell’interesse generale talvolta si sostituiscono alle istituzioni creando legami sociali ed economici con artigiani, imprenditori, agricoltori che sviluppano prodotti di alta qualità nel rispetto delle persone e dell’ambiente.
Le lascia Brandon Andreani, studioso della lingua corsa, instancabile promotore della sua terra, che da Corte si sposta per ascoltare, sostenere, risolvere, a volte, i problemi che i giovani possono affrontare, in quella che lui descrive come un’avventura umana sia per i giovani che per i paesi.
Tracce le lascia Pierre Olmeta, sindaco che ci illustra l’importanza dell’Erasmus rural per la sua comunità, in particolare per gli anziani, per i bambini, per l’amministrazione che sostiene il lavoro per il recupero dei vari frammenti di storia di questi piccoli paesi, sovente anche accompagnando negli spostamenti con l’auto i volontari.
Tracce le lascia la comunità nel suo insieme che ti racconta che «Avere dei giovani in questi paesi sembra poco. In realtà per questi luoghi si tratta di una cosa grande». Si è vista negli occhi delle persone la gioia, il bisogno di parlare, di raccontare agli altri, portandoci da custodi dei luoghi, nei luoghi, in un esercizio di ammirazione del territorio.
Ma una traccia piccola l’abbiamo lasciata anche noi quando scopri che nella casa comuna c’è ad accoglierci la stampa su carta in grande formato del nostro articolo che ha introdotto su Dialoghi Mediterranei l’Erasmus rural fra i documenti importanti del comune e un ritratto di Napoleone che solo in un secondo momento ci accorgiamo avere il volto dell’estroso e super accogliente sindaco. Tracce le abbiamo lasciate con il piacere di ridere e divertirci, quando abbiamo avuto l’opportunità come tutti qui di volgere altrove lo sguardo, appunto (divertere), non stare seduti dove stanno tutti. Abbiamo esplorato, guardato, ascoltato i suoni, le voci. Abbiamo sentito il profumo della natura e della storia, gustato insieme cibi tipici e soprattutto ci siamo guardati negli occhi stringendo mani. Tutti i progetti, gli sguardi, le tracce, il divertirsi nell’Erasmus rural danno l’avvio a una serie di processi autonomi di rigenerazione.
Erasmus rural è un patrimonio che in simbiosi con la comunità, con la capacità di migrare da una disciplina ad un’altra, da un sapere ad un piacere, produce forme di radicamento, nascita di economie locali, moltiplicazione di servizi ma anche innovazione culturale, a conferma che l‘innovazione non nasce solo dal centro ma spesso anche dalla frontiera, dai margini, con le voci di chi sta fuori dal coro e fa emergere una coscienza di luogo, la conoscenza e la consapevolezza dell’esistenza di un patrimonio paesaggistico, storico, di cultura e di innovazione che sollecita gli stessi abitanti a prendersi cura del territorio.
Il territorio dell’abate Vignale, della cultura del cavallo di montagna, degli strumenti a fiato, delle farfalle corse, dei luoghi che le genti percorrevano nella vita di tutti i giorni per spostarsi verso altri abitati, per le transumanze che in Corsica si chiamano “A muntagnera” la transumanza a salire e “A piajera” la transumanza a scendere.
Lou, Jade Fanny, Brandon, alcuni attori sociali fra cui il sindaco Pierre Olmeta diventano figure che Elena Granata nel suo libro chiama Placemaker, perché la loro principale attitudine è saper trasmutare una buona idea in un progetto vivo che trasforma un luogo [5].
Nel nostro pellegrinare abbiamo potuto constatare che nella valle di Rostino e in molti luoghi della Corsica, la comunità resiste, è in grado di rigenerarsi, di valorizzare le proprie eccezionalità, di adattarsi così come di cercare il nuovo. Forse questi progetti non possono essere in grado ancora di invertire la rotta, dove il tema fondamentale resta quello dei servizi, ma vogliono diventare pratiche stabili che abbiano come conseguenza l’attrazione dei territori per l’alta qualità della vita e, come spesso accade nei vuoti, è nel punto estremo di rottura che si può cogliere il significato autentico che i luoghi hanno per le persone.
I paesi di Corsica sono ben conservati, curati, restaurati, rivissuti per qualche mese e per tutto l’anno. Mettono di nuovo le mani nella terra per ottenere buon cibo, aprono atelier d’arte pur lontani dai grandi centri o forse per questo, dedicano spazi alla musica, alla cura della lingua nustrale, a volte teatri. E poi trovi piccole botteghe, epicerie, boulagerie, posti di convivialità e accoglienza, buoni luoghi dove stare e farsi buona compagnia. Luoghi che raccontano la stretta relazione a livello culturale tra piacevolezza della vita e contesto, tra benessere personale e collettivo, tra paesaggio individuale e diffuso perché entrambi nascono da un sentimento di integrazione con la natura, di cui ci sente intimamente parte.
Qui probabilmente non si trovano le storie di Roma, Parigi o Londra, ma neanche in quelle città d’altronde si trovano i racconti della comunità come Bisinchi. La storia come dice Cirese «si fa anche ai margini, nelle periferie, e non è la storia delle periferie, ma la storia della circolazione culturale vista a partire dalle periferie» [6].
A presto di nuovo nell’isola per seguire l’avventura dell’Erasmus rural in altri paesi.
Dialoghi Mediterranei, n. 60, marzo 2023
Note
[1] Mattei A., Pruverbj, Detti e Massime Corse, Bologna, Arnaldo Forni Editore, Ristampa, 1867.
[2] “Dialoghi Mediterranei”, n. 57, settembre 2022.
[3] www.insite-france.org
[4] Prosperi G., La Corsica e i miei viaggi in quell’isola, Gallica Bibliotèque Numérique, 1884.
[5] Granata E., Placemaker. Gli inventori dei luoghi che abiteremo, Torino, Einaudi. 2022
[6] A. M. Cirese intervistato da F. Loux in “Ethnologie française”, n. 25, 1994.
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Corradino Seddaiu, laureato in Sociologia a La Sapienza di Roma con una tesi dal titolo “Paesaggi culturali. L’esempio dei Saltos de Joss nella Sardegna nord orientale”, è Presidente dell’Associazione culturale ‘Realtà Virtuose’, che opera nel nord Sardegna, con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo e la valorizzazione dei piccoli borghi con un’attenzione particolare alle tematiche ambientali e sociali locali orientate verso il cambiamento dei paradigmi in agricoltura e nel turismo. Membro della Rete delle associazioni della Sardegna, attualmente collabora con sociologi della musica e tecnici del suono per la realizzazione di una mappa sonora dei territori (fiumi, risorgive, borghi abbandonati, chiese, botteghe artigiane) al fine di creare un archivio sonoro a disposizione della collettività e di artisti che ne vogliano rielaborare i suoni e i rumori dando vita a musica e forme d’arte.
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