La morte di Italo Calvino nel settembre del 1985, all’età di sessantun anni ha impedito ad uno dei narratori italiani più importanti del secondo Novecento, di potersi recare negli Stati Uniti per tenere una serie di conferenze su invito dell’università di Harvard. La sua scomparsa non ha impedito però la pubblicazione postuma del volume Lezioni americane e la sua diffusione a livello mondiale.
A cent’anni dalla nascita dello scrittore ligure l’Istituto italiano di cultura a Tunisi ha organizzato a fine luglio un ciclo di incontri letterari per una riflessione sulla sua ultima opera pubblicata nel 1988. Un’opera che riproduce un dattiloscritto che la moglie Esther aveva trovato dopo la scomparsa di Calvino sulla sua scrivania in perfetto ordine dentro una cartella rigida e che aveva poi dato alle stampe. “Ai dialoghi tunisini su Calvino” sono stati invitati cinque autori, tutti tradotti in italiano: Chokri Mabkhout, Inès Abassi, Azza Filali, Ali Bécheur e Amira Ghenim. Gli incontri iniziati a luglio proseguiranno fino ad ottobre.
Sei erano i temi iniziali delle conferenze che Calvino si accingeva a tenere ad Harvard tra il 1985 e 1986, di cui solo cinque già definite. Conferenze dedicate, come scrive chiaramente lui stesso all’inizio del libro «ad alcuni valori, o qualità, o specificità della letteratura che gli stanno particolarmente a cuore», e che avrebbero dovuto accompagnare l’umanità nel nuovo millennio. Valori, come leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità e molteplicità che Italo Calvino riteneva indispensabili per far fronte alle nuove sfide del futuro.
Il titolo originale in inglese delle “lezioni americane” ci dà subito un primo indizio sul contesto temporale in cui sono stati concepiti i Six memos for the next millennium. Eravamo a metà degli anni Ottanta e il mondo intero si preparava a passare, allo scoccare della mezza notte del 31 dicembre 1999, da un secolo ad un altro. C’era tanta preoccupazione fra la gente per quello che veniva definito allora come il “millennium bug”, una ipotetica apocalisse informatica che rischiava di mandare in tilt il sistema bancario mondiale, le reti finanziarie, quelle elettriche e tutte le infrastrutture civili e militari che dipendevano interamente da calcolatori e da elementi contenenti chip.
Calvino non parla esplicitamente del Millenium bug, anche se fa un riferimento all’informatica e ai poteri che può esercitare un semplice software sul mondo esterno e sulle macchine. Informa subito il lettore della sua visione di ciò che lo circonda e della pesantezza che aleggia sulle figure umane, sui corpi celesti, sulle città e soprattutto sulla struttura del racconto e sul linguaggio. Nel primo capitolo di Lezioni americane sulla “Leggerezza” ammette che «il regno dell’umano sembra condannato alla pesantezza». Inizia così la sua ricerca di leggerezza. Un valore che è stato al centro del primo incontro di “Dialoghi tunisini su Calvino” di fine luglio. Ospite dell’incontro lo scrittore tunisino Chokri Mabkhout, autore del romanzo L’italiano.
Calvino è un uomo maturo che ha superato i sessant’anni ed è diventato uno scrittore affermato. Le Lezioni americane sembrano essere un’occasione per fare una breve pausa e guardarsi intorno. È il momento di fare una riflessione introspettiva sulle sue opere, sulla scrittura e sul mondo che lo circonda. Ammette, che da giovane scrittore, aveva cercato di cogliere una sintonia tra il movimentato spettacolo del mondo, ora drammatico ora grottesco, e il ritmo interiore picaresco e avventuroso che lo spingeva a scrivere. Da qui la scoperta dell’esistenza di un divario tra i fatti della vita – per riprendere le sue parole – e l’agilità scattante e tagliente che voleva animasse la sua scrittura. Confessa inoltre che il suo lavoro è stato il più delle volte «una sottrazione di peso alla struttura del racconto e al linguaggio». Rispetto all’opposizione leggerezza-peso è stato portato, come ha più volte sostenuto, a considerare la leggerezza un valore e non un difetto. Per sostenere la sua visione del mondo e della scrittura non si limita a citare solo opere letterarie ma va oltre la letteratura, chiamando in suo soccorso ogni forma di comunicazione poetica. A cominciare dalla mitologia.
Calvino cavalca i secoli per proporci diversi esempi di leggerezza che sono rinchiusi tra le opere del passato. La prima immagine che ci presenta è quella del famoso eroe della mitologia greca Perseo, l’uomo che fu in grado di uccidere la Medusa che trasformava in pietra chiunque incrociasse il suo sguardo. Per tagliare la testa di Medusa senza lasciarsi pietrificare Perseo si sostiene – scrive Calvino – su ciò che vi è di più leggero, i venti e le nuvole. Per raccontare il mondo in cui vive lo scrittore ligure fa un lungo giro evocando la fragile Medusa di Ovidio, il piccolo testamento di Montale e l’insostenibile leggerezza dell’essere di Kundera. Per sfuggire alla pesantezza del mondo che lo circonda Calvino vorrebbe volare come Perseo in un altro spazio, guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica e altri metodi di conoscenza e di verifica.
Oltre all’aspetto estetico del racconto che ha caratterizzato la sua scrittura e su cui si è soffermato più volte nel suo primo saggio sulla leggerezza, Calvino, in quanto scrittore impegnato in un mondo colmo di tragedie, affronta anche il ruolo della letteratura e di ogni forma di comunicazione poetica nella cultura occidentale per combattere la pesantezza della vita e cercare di cambiare l’immagine che si ha del mondo. E se la letteratura non dovesse bastare chiederà aiuto alla scienza che a suo dire ha un legame molto antico nella storia della poesia. A questo proposito fa appello prima al De rerum natura di Lucrezio e poi alle Metamorfosi di Ovidio. Per entrambi tutto può trasformarsi in nuove forme, per entrambi la conoscenza del mondo è dissoluzione della compattezza del mondo. Due esempi per ribadire come il valore della leggerezza è qualcosa che si crea nella scrittura.
Calvino non si risparmia nel cercare di elencare gli esempi di leggerezza che si possono scorgere nei testi antichi e ci porta ad un tratto a fare un giro tra il 13mo e il 14mo secolo, dove troviamo Guido Cavalcanti, Giovanni Boccaccio e Dante Alighieri. In una novella del Decameron del Boccaccio (VI, 9) appare Cavalcanti che passeggia meditando tra i sepolcri di marmo davanti a una chiesa, e l’incontro con la gioventù dorata fiorentina dell’epoca.
«… Vedendo Guido là tra quelle sepolture, dissero: “Andiamo a dargli briga”; e spronati i cavalli, a guisa d’uno assalto sollazzevole gli furono, quasi prima che egli se ne avvedesse, sopra e cominciarongli a dire: “Guido, tu rifiuti d’esser di nostra brigata; ma ecco, quando tu avrai trovato che Idio non sia, che avrai fatto?”.
A’ quali Guido, da lor veggendosi chiuso, prestamente disse: “Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace”; e posta la mano sopra una di quelle arche, che grandi erano, sì come colui che leggerissimo era, prese un salto e fusi gittato dall’altra parte, e sviluppatosi da loro se n’andò».
Un’altra immagine-simbolo rimasta impressa nella mente di Calvino che illustra in modo preciso, almeno per lui, il concetto di leggerezza in opposizione a quello di peso: l’agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo. E a questa immagine si possono aggiungere tante altre attraverso i secoli come ad esempio quella illustrata nel capolavoro di Cervantes con Don Chisciotte che infilza con la lancia una pala del mulino a vento e che viene trasportato in aria.
Calvino, da onesto scrittore e intellettuale non ha mai considerato le ragioni del peso meno valide rispetto a quelle della leggerezza. Sostiene di aver più cose da dire sulla leggerezza. Un concetto che ha secondo lui almeno tre accezioni diverse in qualsiasi tipo di racconto: l’alleggerimento del linguaggio, la narrazione d’un ragionamento o d’un processo psicologico in cui agiscono elementi sottili e impercettibili e infine la presenza di un’immagine figurale di leggerezza che assume un valore emblematico.
Per Calvino ci sono due vocazioni opposte che si contendono il campo della letteratura attraverso i secoli: L’una tende a fare del linguaggio un elemento senza peso, l’altra tende a comunicare al linguaggio il peso. Optando per la prima, ha cercato di usare il valore della leggerezza come strumento esistenziale per criticare la miseria del mondo e la sua pietrificazione con la speranza di poterlo cambiare.
Il viaggio che intraprende Calvino per esporre le sue convinzioni personali nelle “Lezioni americane” è lungo e tortuoso. Un viaggio nei meandri di una cultura che lo ha visto nascere e fare i suoi primi passi nel mondo della letteratura e della creatività. Ed è questo uno degli elementi più significativi che lo scrittore tunisino Chokri Mabkhout ha tenuto a sottolineare nel suo intervento a “Dialoghi tunisini su Calvino” per commentare l’opera dello scrittore ligure. Sfogliando sia la memoria che i libri della sua biblioteca in cerca di esempi di leggerezza Calvino va a pescare dal vasto patrimonio della cultura e della letteratura occidentale. Cita Lucrezio e Ovidio, Cavalcanti e il Boccaccio, Cervantes e Shakespeare, Dante e Leopardi, Henry James e Cyrano de Bergerac, Kundera e Paul Valery, chiudendo il capitolo sulla leggerezza con il racconto di Kafka “Il cavaliere del secchio”. Unica eccezione un accenno alle Mille e una notte che grazie alla traduzione francese degli inizi del XVIII secolo aveva aperto alla fantasia occidentale gli orizzonti del meraviglioso orientale: tappeti e cavalli volanti e geni che escono da lampade.
I valori che Calvino elenca per il nuovo millennio si basano, secondo Mabkhout, su una narrazione troppo eurocentrica. Sfogliando la memoria e scavando nella cultura araba classica Mabkhout chiama in suo soccorso, solo per citare un esempio, due celebri poeti di epoche diverse Imr’Al Qais (501-544) e Al-Mutanabbi (915-965). Leggendo i versi di Imr’Al Qais, Mabbkhout fa notare come il poeta dell’epoca preislamica riesce in un colpo solo a unire leggerezza e rapidità, due valori cari a Calvino, grazie all’immagine che evocano i suoi versi: la leggerezza del movimento del cavallo che galoppa velocemente come un lampo, e la rapida caduta di un elemento pesante, la roccia, dall’alto di un torrente, che comporta a sua volta il valore della leggerezza nonostante la pesantezza della roccia.
«Partii agli albori, dentro il nido di uccelli ancora, con un cavallo di pelo corto, grande e grosso, veloce e pronto ad ogni passo,
Sia a tornare all’attacco sia a fuggire, avanti o indietro.
Come roccia che dall’alto di un torrente scava come di vetro».
L’opposizione leggerezza-pesantezza che spiega Calvino nel primo capitolo di Lezioni americane andrebbe inoltre accostata, secondo Mabkhout all’opposizione di due dei quattro elementi essenziali della vita: L’aria e la Terra. Attraverso le immagini che Calvino evoca nella sua prima conferenza, prosegue lo scrittore tunisino, riusciamo a comprendere il ruolo della letteratura in relazione al mondo. Liberarsi dalla gravità della vita e dalla sua pesantezza (Elemento Terra) per saltare in alto (elemento Aria) sembra essere in conclusione per Calvino il ruolo che deve esercitare uno scrittore.
Dialoghi Mediterranei, n. 63, settembre 2023
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Salah Methnani, subito dopo essersi laureato nel 1987 all’università di Tunisi in “Lingue e letterature straniere moderne e contemporanee”, si trasferisce in Italia. Nel 1989 traduce dall’arabo in italiano la raccolta di racconti Il folle delle rose dello scrittore marocchino Mohamed Choukri, edito dalla casa editrice Theoria. Il settimanale l’Espresso gli affida lo stesso anno un’inchiesta sull’immigrazione in Italia, pubblicata all’inizio del 1990. Da quell’inchiesta, che lo ha portato in giro per tre mesi in tutta Italia travestito da immigrato clandestino, da sud a nord nasce il diario di viaggio Immigrato, scritto a quattro mani con Mario Fortunato, edito da Theoria nel 1990, e ripubblicato da Bompiani nel 2006. Lavora come giornalista e autore di programmi. A partire dal 2001 entra a far parte della redazione di Rainews24, in qualità di redattore ordinario e a partire da gennaio 2011 inviato nei Paesi del Marghreb. Per circa due anni Methnani racconta in presa diretta con collegamenti, servizi chiusi e reportage la rivolta dei gelsomini a Tunisi, i milioni di manifestanti a Piazza Tahrir al Cairo, l’assedio e i bombardamenti delle brigate di Gheddafi contro la popolazione civile a Misurata. È successivamente inviato in Siria, Libano e sui fronti di guerra in Medio Oriente. Per i suoi reportage in Siria a Methnani è stato conferito nel 2012 il prestigioso Premio Internazionale di giornalismo Maria Grazia Cutuli.
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