di Massimo Bonura
Introduzione
Il raro testo del piemontese Carlo Povigna che qui si ripubblica si inserisce pienamente in due dibattiti rilevanti per la storia sociale italiana e strettamente collegati tra loro. Il primo è quello dal valore estetico-pedagogico attraverso un metodo consolidato che possa non annoiare gli scolari e velocizzare il loro apprendimento, il secondo è l’uso didattico della lanterna magica. L’autore è un «maestro di metodo», ovvero specializzato in modo particolare sulla didattica, in questo caso per alunni di scuola elementare.
Si tratta di uno dei primi testi italiani [1] che coniuga il precinema (lanterna magica) e la didattica scolastica. Povigna, autore poi del testo in dialetto con le canzoni Cansson politiche morai piemonteise d’un dei Soldà d’la prima steila d’Italia re Carlo Albert (Torino, Tip. Falletti, 1860) [2], si propone di insegnare i programmi scolastici di base in sette lezioni attraverso le immagini e le figure d’un tipo di lanterna magica, dicendosi sicuro del proprio metodo.
Nella metà dell’Ottocento vi erano diversi testi che si riferivano alla lanterna magica, utilizzata perlopiù come strumento di divertimento e di meraviglia [3]; ad esempio, a fine Ottocento abbiamo un altro modello didattico con l’uso della lanterna magica: viene descritto da Corrado Ricci nel 1896 con un articolo dal titolo Lanterna magica [4] che è «in buona parte dedicato alle proiezioni visive e all’elogio della loro incomparabile capacità di unire l’educazione al diletto» [5], ed è proprio quello che si prefigge di fare Povigna circa quaranta anni prima quanto descritto da Ricci. Il passaggio narrativo con un romanzo didattico dalla lanterna magica al cinematografo, invece, si avrà con la pubblicazione nel 1910 del testo Al cinematografo. Per i giovinetti scritto da Alfredo Della Pura [6], altro insegnante.
La questione didattica, che utilizza delle figure luminose (e disegnate) per insegnare divertendo è prettamente estetica: da qui alcune citazioni dell’autore a Tasso o Orazio. Molti filosofi contemporanei, come Richard Shusterman o John Dewey, non vedono nell’entertainment [7] uno scoglio per la questione dell’artisticità o meno di un prodotto. Certamente è difficile dire o meno se quanto descritto da Povigna possa ricondursi all’Arte, ma sicuramente sottende una questione estetica di rilievo.
Il libro si compone di 8 pagine e si può suddividere in due nuclei testuali: la prima parte funge da premessa e discute della questione didattica, sottolineando il ruolo esperienziale dell’autore. Qui, Povigna, inizia lamentando il fatto che ci sia una grande quantità di scritti per la lettura dei ragazzi ma questi lavori, per la diversità di metodo, creano confusione. La soluzione prospettata dall’autore è quella di un suo personale metodo di lezione (nella sua scuola privata) che ha l’ausilio della lanterna magica. Povigna spiega che con questo metodo i fanciulli riescono ad imparare maggiormente, rapidamente e divertendosi.
La seconda parte del testo riguarda invece la nascita di questa idea (l’autore si chiede «Se potessi un po’ insegnar a leggere a questi fanciulli al buio, non sarebbe questo un gran bel curioso ritrovato?») e il costo e i vantaggi del suo insegnamento che utilizza questo metodo particolare di lanterna magica figurata. La scuola privata (con i ragazzi accolti da lui e dalla moglie), almeno nelle intenzioni iniziali di Povigna, accetta dodici ragazzi da far studiare in sette lezioni (eventualmente ripetute, scrive l’autore) dalla durata massima di un mese, offrendosi anche di rifondere i genitori nel caso in cui qualcuno non fosse soddisfatto del suo insegnamento. Non sembra chiaro quali figure della lanterna magica l’autore voglia usare ma è possibile che si tratti semplicemente di parole proiettate con piccoli disegni. Povigna, proprio come scrive Silvio Alovisio in merito allo scritto di Ricci (1896),
«precorre, mettendole in parte già a fuoco, alcune delle principali questioni del dibattito sul cinema educativo che si svilupperò negli anni Dieci: lo scontro tra la vecchia e la nuova scuola; il rapporto tra istruzione e diletto come antitesi storico-culturale […]; la necessità di fondare la riflessione sulle proiezioni educative a partire dall’osservazione sul campo; la centralità del rapporto tra educazione, proiezioni visive ed estetica» [8].
Il metodo di insegnamento di Carlo Povigna, tuttavia, sembra non abbia avuto successo, se come scrive lo stesso autore, quest’ultimo si è trovato poi senza lavoro. Povigna, infatti, in un testo del 1862 si lamenta che non ha avuto nessun beneficio economico dal fatto che
«mi son dedicato da 10 anni in qua nella mia qualità di Maestro di scuola a perfezionare, a triplicare il progresso dell’istruzione primaria con un nuovo mio curioso metodo d’insegnamento di lettura e scrittura compita in soli tre mesi senz’aiuto di alcun sillabario e di modulo calligrafico […]» [9].
Tuttavia l’autore in questo stesso volume del 1862 si sente orgoglioso del proprio metodo: ciò lo si nota dal fatto che fa riferimento a questo nel titolo secondario del testo. Riscoprire questo avviso di Povigna del 1859, pertanto, significa sottolineare e indagare gli aspetti meno conosciuti del primo rapporto tra cinema e pedagogia che, in maniera pionieristica, vede proprio Povigna come uno dei primi autori e tra i fautori del divertimento e del gioco, tramite il (pre)cinema, come modalità di insegnamento. D’altronde, «Gioco e apprendimento sono due concetti fortemente intrecciati e collegati fra loro: il gioco è, infatti, fonte inesauribile di apprendimento, soprattutto in età infantile»[10]. Per questo il testo di Carlo Povigna si pone come una testimonianza misconosciuta di rilievo per il panorama pedagogico-filosofico e della storia del (pre)cinema.
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C. Povigna, Avviso interessante pei signori genitori di agiate famiglie – Insegnamento lettura per raziocinio a minimi termini ridotto di sole sette lezioni garantite, sotto specie curiosa ed assai dilettevole d’una lanterna magica figurata. Edito originariamente dalla Tip. Falletti via della Basilica, Torino 1859/1860 [11].
Noi abbiamo una mole immensa di libretti sillabici che mirano tutti al medesimo scopo d’insegnare a leggere ai fanciulli, ma tutti tra loro dissomiglianti e discorsi, gli uni facendo capo da ciò che gli altri pongono a rovescio, confondendo, moltiplicando le eccezioni, ammassando una faraggine [12] di mal combinate gradazioni, spaziando quelli in un mare di lezioni, restringendo questi oscuramente la materia ad un semplice assurdo meccanismo di memoria con far imparare pappagallescamente dai fanciulli l’arido, insipido materiale delle parole, cioè le sillabe semplici e complesse, che poi tornano a dimenticare appena nelle altre lezioni procedono, perché non razionalmente imparate.
Codesti libretti hann’essi il pregio di non torturare, confondere, stancare, annoiare la tenera mente dei fanciulli progredendo razionalmente onde i medesimi possano coll’aiuto del loro Maestro esser persuasi di ciò che vanno imparando e più dimenticare nol possano?
A’ miei Colleghi dal cuore franco e sincero, che sono amanti della verità, che hanno matura pratica del mestiere, io lascio pertanto il merito della sentenza…..
Ponderati così gli inconvenienti di tanto tempo perduto per codesto incaglio sillabico, la molta noia che subiscono li scolaretti due volte il giorno con tal metodo irrazionale torturati, e le tante altre cose che non è qui il caso di riferire, perché, tra me dissi, non si penserà mai a tracciare definitivamente un’ultima via che più spedita, più dilettevole per il povero Maestro e la sua scolaresca, condur ci possa allo scopo desiderato d’impiegar il minor tempo possibile ed i più piacevoli mezzi per conciliarsi l’attenzione dei fanciulli nell’apprendimento di quest’arida materia elementare che una gran parte d’annoiati scolaretti dai pubblici ginnasi allontana?
Coll’aiuto adunque di mia sola esperienza, frutto d’una continua e lunga applicazione su questa faticosa partita, credo d’aver trovato finalmente, non già soltanto la nuda teoria, ma sibbene ciò che è assai più importante il modo pratico, facilissimo, da me con esito felice sperimentato di toccare a questa meta per la via più retta. Epperciò risolsi di pubblicarlo a suo tempo onde i miei Colleghi ne facciano pur essi esperimento e siano in grado di portarne quel giudizio che da simile loro prova emergerà in quanto all’insegnamento teorico-pratico della lettura sulla tavola nera esclusivamente.
Relativamente poi alla mia scuola privata, io spinsi la pratica di questa mia teoria al di là del credibile. Io pensai tra me stesso che il fanciullo non deve conoscere che una per volta le cose che si denno insegnare, e che lasciar vedergliene molte ad un tempo ingenera nella sua tenera mente confusione d’idee, gli stacca l’intuito da ciò che debbe raccogliere ed imparare, e nel fargli così errar gli occhi qua e là sopra un cartellone di mille e più sillabe, gli si produce noia, stanchezza e disprezzo di ciò ch’egli considera come sua continua tortura e il proprio Maestro della medesima stromento. Osservai pure la mente del fanciullo, che si vorrebbe tener come inchiodata sopra un dato punto del cartellone, resta naturalmente distratta da tutto ciò che gli passa davanti, da tutto ciò che sente, bastando il semplice cicalio, una spinta, un gesto ridicolo d’un suo compagno a sconvolgere l’ordine, la disciplina di tutta la scuola, a far dimenticare la lezione, a renderla vana interamente per quel giorno.
Durante il mio lungo esercizio scolastico mi sono inoltre convinto che una buona metà dei ragazzi alternano in provincia, nei villaggi piccoli segnatamente, le loro presenze con altrettante assenze scolastiche per la sola ragione che si vedono torturati dall’arido ed assurdo sistema d’insegnare a leggere pappagallescamente senza che i medesimi ci possano trovar dentro alcun che di allettevole per la loro curiorità [13] fanciullesca, mentre dal piglio impaziente dello stesso Maestro (che non isfugge agli occhi della scolaresca) risulta essere anco lui assai annoiato d’un tale assurdo meccanismo che l’anima gli schianta alla vista di certi sillabari che gli costano 80 giorni di fatica per insegnarli mediocremente, a causa delle infinite loro inutili gradazioni che farebbero perdere la pazienza ad un santo.
Che sia questa la pura e semplice verità, noi osserviamo universalmente che molti signori che hanno buon senso, si astengono dal mandare la loro prole alle prime classi elementari del popolazzo per molti e molti motivi che qui non è il caso di enumerare.
Come fare, tra me pensai, a tener fissa sopra un punto solo la mente di 80 fanciulli con allettarla a prestarmi una continua attenzione col mezzo di un assoluto silenzio, che deve emergere da una inalterabile forte disciplina, impossibilissima ad ottenersi da numerosa scolaresca di fanciulli pieni di vivacità, ne’ quali ferve il sangue a 85 battiti per minuto?[14].
Se al minimo disturbo si procede col castigo, sarà peggio che peggio. La scolaresca che assiste alle genuflessioni, alle sferzate, alle croci sul pavimento d’un suo compagno, ne ride, e la disciplina se ne va; locchè vuol dire che è assai difficile che le lezioni d’un Maestro non siano ad ogni momento interrotte dall’imperioso bisogno di castigar per conservar la disciplina, su cui ha base lo scolastico profitto.
Come far dunque a farli star zitti per insegnar loro con buon esito la mia lezione? Provai un giorno a chiudere tutto ad un tratto le imposte delle finestre. Restai così al buio, eccoli tutti taciti al punto da sentirsi una mosca a volare. Ma benone! Io esclamai – Se potessi un po’ insegnar a leggere a questi fanciulli al buio, non sarebbe questo un gran bel curioso ritrovato? [15]
Dietro una tal mia naturale riflessione ho cabalizzato [16] per vari anni in Caraglio, Casale e Tronzano [17], pensando al modo di far passare ad ogni costo tutta la mia teoria d’insegnamento razionale di lettura, a minimi termini ridotto di sole sette lezioni, sotto la forma d’una specie di Lanterna magica; e così, a forza di fare, disfare e poi tornar a fare, finalmente con una pazienza da Giobbe son venuto a capo di presentare al pubblico di Torino questo mio semplicissimo ed unico, non mai visto in Piemonte né altrove, curioso nel suo genere ritrovato.
I signori genitori di agiate famiglie, per i quali al momento io apro esclusivamente questa mia scuola privata di metodo razionale figurato da allettare assai la curiosità del fanciullo, debbono di già aver compreso che questa mia scolastica fatica mi fu dettata dal vieto adagio del miscuit utile dulci [18], cioè che esordendo da un giuoco figurato razionale delle lettere mute colle vocali e quindi gradatamente dalle parole di due sillabe sino a quelle di quattro, ho cercato di far passare nella mia cosi detta Lanterna magica scolastica 150 e più figure che toccano in massima parte alla storia naturale onde il fanciullo s’adatti al cibo della primaria noiosa istruzione, non già spintovi dal timore del paterno castigo, ma dal dolce bensì allettamento di ciò che deve solleticargli l’appetito studioso, vale a dire d’un continuo divertimento, secondo la massima del Tasso
Così all’egro fanciul porgiamo aspersi Di söave licor gli orli del vaso [19].
Quali e quante risorse avrò io dunque ricavato da questo curioso mio ritrovato? Eccole [20]:
Quella di risparmiar i polmoni al povero Maestro che non ha più mestieri in nulla di sfiatarsi.
Quella di poter insegnare ad una scolaresca di 500 allievi colla medesima facilità come se fossero 10 soltanto, quando il mio ritrovato fosse applicato con più larghe proporzioni.
Quella d’aver una disciplina inalterabile, da nessun cicalìo, da nessun altro qualunque rumore sturbata, su cui poggia la garanzia di mie lezioni [21].
Quella di raccogliere universalmente l’intuito di tutti i singoli fanciulli, che avranno tutto l’occhio teso nel quadrato illuminato di mia scolastica Lanterna, locchè vuol dire che una sola mia lezione, secondo mio metodo razionale, ne val più di 20 di quelle fatte comunemente sui cartelloni odierni.
Quella di rendere accetto ai ragazzi ed anche ai grandi delle scuole serali, il benefizio della lettura.
Quella infine d’assicurare ad un padre, ad una madre di famiglia, in poco meno di 30 giorni tutto al più, la lettura e primordi della scrittura al più discolo e ricalcitrante de’ loro figli, togliendo così ogni mezzo al medesimo di distrarre col suo cattivo esempio i suoi compagni dalle lezioni del Maestro.
Questi sono i precisi reali benefizi garantiti che apporta alla società il curioso metodo figurato, a minimi termini razionali ridotto di sole 7 lezioni, ciascuna delle quali naturalmente ripetuta in tre, quattro, cinque volte a seconda della capacità minore o maggiore dell’educando, il qual mio metodo privato presento, come dissi, ai signori genitori di civil casato quand’essi desiderano di sperimentarne l’esito da me assicurato colle seguenti condizioni.
Io non prendo per ora che 12 fanciulli, che siano tutti appartenenti a persone di civil legnaggio; e la mia scuola non apprendosi [22] che sui primi dell’entrante gennaio 1860, si accetteranno naturalmente i primi che mi si presenteranno dalla pubblicazione del presente manifesto; e gli altri dovranno aver la cortesia d’aspettare il piccolo lasso di 30 giorni, tutto al più, poiché il mio corso di lettura garantita non può durare oltre un tal tempo, anche per i ragazzi di tardo concepimento, sepperò i medesimi avranno varcata l’età d’anni cinque.
I fanciulli alla mia cura affidati si troveranno comodamente assisi in un bel camerino, da debito calor igienico riscaldato, tratta, sia dell’uno che dell’altro sesso, tanto da me che da mia moglie, con ogni sorta di riguardi; e va senza dire che sarà nostro primo sacro dovere di loro insegnare le preghiere del cristiano avanti e dopo di ciascuna lezione.
Come padre ancor io di famiglia è indubitabile ch’io tratterò i ragazzi che mi si affideranno coll’istesso amore, colla medesima pazienza che uso verso i miei figli.
La mercede fissata per la lettura garantita ai rispettivi genitori, previo un esame da me praticato sulla capacità intellettuale dell’educando, è quella di Lire quaranta a lavoro compiuto. Allorchè i signori genitori non trovasse la loro prole conforme alle mie promesse, resta inteso che non saranno più temuti a sborsare un centesimo, e lo stesso s’intenda quando l’educando venisse a dimostrare avversione alla mia scuola, per qualunque siasi motivo dalla medesima in ogni momento allontanandosi.
I signori genitori di agiata condizione non debbono e non possono certamente trovar esagerata questa mia fissata mercede di Lire quaranta per un lavoro garantito in così breve termine (locchè sinora nessun Maestro mio collega, che io mi conosca, ha potuto fare di garantire le sue lezioni perché privo dei mezzi di questo mio metodo curioso) quando riflettino che, secondo gli odierni metodi a giorno, i figli del popolo per imparare a leggere e scrivere impiegano anni ed anni, costringendo i loro parenti, per tagliar corto, a spendere in ripetizioni private, regali, pranzi e che so io, assai più che la miserabile somma di Lire quaranta, senza contar le spese dei quaderni, delle penne, dei libri ecc, che sarà tutto a mio carico, incombensandomi ancora di mandar a ritirare l’educando e restituirlo alla casa paterna col mezzo di persona di mia confidenza a quell’ora che sarebbe commoda ai suoi signori genitori.
Eppoi chi sarà mai quel padre di agiata famiglia che, amando svisceratamente la sua prole, non sacrificherà Lire quaranta per essa onde vederla sciolta dalle pastoie, dalle torture dal primo noiosissimo corso elementare, fuori del contatto di tanti ragazzacci, da cui nulla potrebbe imparare di buono, mentre essa sarebbe accolta nella mia scuola privata con tutti i possibili signorili riguardi.
Laonde quei signori genitori di agiate famiglie che degnassero di onorarmi della loro confidenza con affidarmi la loro prole per tale insegnamento di lettura secondo il mio curioso, dilettevole ritrovato, che non potrà far a meno di loro riuscire gradito assai, non avranno che a scrivere franco al mio indirizzo di P. C. M. postalmente, ch’io mi farò dovere di passare immediatamente a casa loro, onde sappiano il mio alloggio e possano coi loro occhi persuadersi di non aver io nulla esagerato in quanto all’esposizione del mio piacevole metodo figurato, il quale, da me ridotto ai minimi termini razionali sotto la curiosa suaccennata forma d’una specie di Lanterna magica, potrebbe darsi (coll’applicazione di questo mio ritrovato in più larghe proporzioni) che possa col tempo venir anco adottato in tutti gli asili infantili e nelle scuole serali per gli adulti, quando la mia fatica avrà trovato l’ultimo suo grado di perfezione in quanto al suo materiale meccanismo.
Sono poi persuasissimo che, se qualche mio collega visitasse (locchè è un po’ difficile) questo mio curioso ritrovato, impiegandovi la mia lunga pazienza di vari anni, riuscirebbe certamente ad imitarlo; e dopo averlo scrupolosamente osservato ne’ più minuti suoi particolari mi saluterebbe con riso sardonico sulle labbra, rispondendomi: tutto il mio lavoro non essere poi in se stesso che la cosa più facile, più semplice del mondo; ma io gli soggiungerei:
Se la è questa una cosa tanto facile, tanto semplice, perché tu, mio caro collega, non me l’hai prima di me questa cosa così semplice, così facile a benefizio della società inventata? Non sarà egli vero che qualunque bifolco, ora che l’aratro é stato ritrovato, è capace di arare il terreno? Ma perché gli uomini d’una volta (e molti popoli ancor oggigiorno) non godevano dell’utilità somma di questo semplice e materialissimo stromento che risparmia al povero contadino tanto tempo e fatica?
Qui sta il busillis… Ma il tempo e la pratica, i migliori giudici delle cose di quaggiù, tra colui che fece tanto chiasso col dissotterramento delle labiali, nasali, gutturali, e tra il modesto scrivente padre di famiglia, che con lunga esperienza e pazienza non poca giunse a trovare un metodo assai dilettevole ed istruttivo, a minimi termini razionali ridotto onde presentare ai fanciulli il benefizio della lettura onninamente libero e sciolto dalle spine e torture dei metodi passati, diranno un giorno… chi sia l’uomo piú benemerito della società, quando la sua curiosa invenzione sarà universalmente conosciuta, provata e perfezionata.
Torino, li 23 dicembre 1859. P. C. M. Povigna Carlo Maestro (Bagni della Consolata 1. ° piano)
NB. Lo scrivente, Maestro patentato di metodo inferiore [23], avendo adempiuto a quanto prescrivono i regolamenti con premunirsi della debita autorizzazione per l’impianto di sua scuola privata, in virtù degli ottimi suoi certificati di lungo ed irreprensibile scolastico esercizio, intende perciò assolutamente di godere, per cosa di sua esclusiva proprietà, del merito della privativa.
Dialoghi Mediterranei, n. 63, settembre 2023
Note
[1] Del testo ne ha discusso in particolare D. Pesenti Campagnoni in Verso il cinema. Macchine, spettacoli e mirabili visioni, apparato di D. Robinson, Torino, UTET, 1995: 232 e in Quando il cinema non c’era. Storie di mirabili visioni, illusioni ottiche e fotografie animate, schede a cura di R. Basano, Torino, UTET Università 2007: 106-107, a cui si rimanda. Per il tema generale della scuola e dell’insegnamento con la lanterna magica (nomina Povigna) e del cinematografo si veda S. Alovisio, La scuola dove si vede. Cinema ed educazione nell’Italia del primo Novecento, con antologia, Torino, Kaplan 2016.
[2] L’autore nell’introduzione A chi legge scrive per un’unità italiana e fa riferimento all’incontro del giugno 1859 tra il Re Vittorio Emanuele II (Re Galantuomo) e l’imperatore di Francia Napoleone III, in merito alle guerre d’indipendenza italiane.
[3] Lo strumento era già conosciuto nel Seicento; tra i nomi di rilievo inerenti alla storia dello strumento oltre i celebri di Athanasius Kircher e Christiaan Huygens, vi sono Johann Franz Griendel, Johann Christoph Sturm, Johannes Zahn e Matteo Campani.
[4] Il testo, uscito come articolo nel primo numero del novembre 1896 del Corriere della Sera (tip. Corriere della Sera); per una ristampa moderna si veda S. Alovisio, La scuola dove si vede. Cinema ed educazione nell’Italia del primo Novecento, op. cit.: 148
[5] S. Alovisio, Introduzione, in La scuola dove si vede, op. cit.: 9.
[6] Il testo è stato edito da R. Bemporad e figlio (Firenze, 1910) e presenta diverse illustrazioni (in copertina A. Mussino), tra cui alcune di A. Zardo.
[7] Per la questione si vedano in particolare R. Shusterman, Entertainment. A Question for Aesthetics, in The British Journal of Aesthetics no. 3, vol. 43, British Society of Aesthetics-Oxford University Press, 2003: 289-307 (https://doi.org/10.1093/bjaesthetics/43.3.289) e J. Dewey, Art as Experience, New York, Minton-Balch& Co., 1934; si confronti anche con M. Bonura, Dimensioni cinefumettistiche, con un contributo di F.F. Montalbano, pref. di S. Brancato, intr. di L. Bandirali, note di M. Danesi e A. Musti, Palermo, Edizioni Ex Libris 2023: 59-68.
[8] S. Alovisio, Introduzione, in La scuola dove si vede, op. cit.: 10.
[9] C. Povigna, La nuova bandiera politica di Bottero e Borella, Torino, tip. Sarda di C. Cotta 1862 [nella lettera introduttiva a indirizzo generale Incomparabile amico,]. Il testo è reperibile, ad esempio, presso la Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di Roma. Il testo sembra indirizzato pubblicamente e in maniera polemica a Giovan Battista Bottero e ad Alessandro Borella, ma si nomina anche Felice Govean; uomini di politica e intellettuali piemontesi. Povigna scrive che è stato maestro di Veneria Reale.
[10] R. Cera, Pedagogia del gioco e dell’apprendimento, Milano, FrancoAngeli 2009: 11. Povigna, tuttavia, sottolinea che il suo metodo è utile sopra i 5 anni di età.
[11] Il raro testo da cui proviene la trascrizione è presente presso la Biblioteca Zelantea di Acireale, che si ringrazia anche per la immagine di copertina. Si confronti il testo qui pubblicato sempre con il volume. Il volume è senza data, anche se nell’ultima pagina dello scritto vi è «23 dicembre 1859»: è quindi probabile che il testo sia stato stampato gli ultimissimi giorni dell’anno o i primissimi del successivo.
[12] Sic, farragine; un insieme non ordinato.
[13] Sic, curiosità.
[14] Questo è uno dei passi chiave del testo: infatti, viene ribadito che lo scopo della lanterna magica, in questo caso, è quello didattico, migliorando l’attenzione degli scolari e al contempo velocizzare lo stesso insegnamento.
[15] Anche questo passo, in corsivo nel testo, è composto da frasi centrali per la questione.
[16] Ovvero “immaginato”, parola usata in Piemonte.
[17] Alcune località piemontesi.
[18] Ovvero “mescolare l’utile al dolce”, motto tratto da una frase dell’Ars Poetica di Orazio.
[19] Dalla Gerusalemma liberata di Torquato Tasso, a sua volta influenzata dal primo libro del De Rerum Natura di Lucrezio.
[20] In questa parte del testo l’autore elenca i pregi del suo metodo.
[21] Sic, manca il punto.
[22] Sic.
[23] In contrapposizione a quelle di metodo superiore. In particolare «Le scuole provinciali di metodo sono inferiori o superiori, secondochè è loro scopo di formare maestri per l’istruzione primaria inferiore o superiore. Le prime, come già avvertimmo, furono istituite dalle regie lettere patenti del primo agosto 1845. Le seconde da un regio decreto del 26 marzo 1851. Nelle scuole provinciali inferiori di metodo, i corsi si riducono a tre, cioè al corso del professore, a quello dell’assistente, ed al corso del maestro di calligrafia, e durano circa tre mesi. Il professore tratta del metodo, l’assistente delle materie, il maestro di calligrafia, dei principii della bella scrittura»: D. Berti, Manuale del cittadino degli Stati sardi, compilato da B. Benvenuti e A. Meneghini e per l’insegnamento pubblico dal professore D. Berti, a. I, Torino, Tip. economica-coi tipi Lampato, Barieri e C., 1852: 312.
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Massimo Bonura è dottorando di ricerca in “Medium e medialità” presso l’Università Telematica eCampus ed è stato cultore della materia in “Filosofia dell’Arte” (B, ABST46) presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo. Tra le pubblicazioni da lui scritte o curate si segnalano Cinema, vignette e baionette (Palermo University Press, Palermo 2020), Verga e i mass media (Palermo University Press, Palermo 2021), Dimensioni cinefumettistiche (con un contrib. di F.F. Montalbano; Edizioni Ex Libris, Palermo 2023), Politica, estetica e critica teatrale in Sicilia. Scritti catanesi (1857-1882) (a cura di; con la collaborazione di A. Di Tommaso; Edizioni Ex Libris, Palermo 2023).
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