di Maria Sirago
Introduzione
Dal 1734, all’arrivo di Carlo di Borbone, il regno meridionale riacquistò la sua autonomia e Napoli riebbe il suo status di capitale, divenendo uno dei luoghi di interesse dei viaggiatori stranieri che intraprendevano il Grand Tour, specie dopo le scoperte dei resti delle antiche Ercolano e Pompei (Sirago, 2020a).
Fin dall’inizio i ministri che attorniavano il giovane re riorganizzarono gli apparati del commercio, un settore esercitato per tutta l’epoca vicereale in gran parte dagli stranieri. Fu anche ricostruita la flotta, necessaria per la difesa del regno e per quella delle navi mercantili e delle coste, assalite dai corsari barbareschi. Simile attenzione fu data alla ricostruzione della marina mercantile, per la quale furono accordati agli armatori premi di costruzione, specie per le grosse navi, pinchi e tartane, costruiti soprattutto nei cantieri sorrentini, a Piano e Meta, dove vi era una antica tradizione nautica. In quel periodo iniziarono i viaggi nel Mar del Nord, nel Baltico, nel Mar Nero e nelle Americhe. Per incrementare il commercio furono stipulati trattati con gli Ottomani e con i paesi del Nord Europa, Olanda, Danimarca, Svezia, Russia, da dove arrivavano pesce salato e materiali per la flotta. Inoltre, fu incrementato il commercio con la Francia e l’Inghilterra (Sirago, 2004: 33ss.).
Una delle voci più importanti era quella del commercio con la Gran Bretagna. Perciò nel 1753 Londra nominò come inviato straordinario sir James Gray, un fine diplomatico, appassionato cultore e mercante di arte antica. Per espletare il suo compito e raccogliere al più presto notizie su Napoli e il suo regno e sul commercio tra Napoli e l’Inghilterra interpellò George Hart e Harry Porter, i principali mercanti inglesi, che lo stesso anno stilarono una relazione: le navi inglesi caricavano molte merci, come l’olio a Gallipoli, i passi (uva passa) a Diamante e il sale in Sicilia, specie nel porto di Messina, dove venivano nominati dei “viceconsoli” (Lo Sardo, 1991: 183ss.).
Durante la “guerra dei sette anni” (1757-1763) alcuni mercanti napoletani tra cui Lucio La Marra e il suo socio Gaspare Marchetti, approfittando della crisi degli inglesi, si introdussero con le loro navi nel commercio creando una sede a Londra: in tal modo riuscirono ad arrivare nelle Americhe (Martinica francese) (Sirago, 2004: 33ss.). Quando Carlo divenne re di Spagna, nel 1759, lasciò a Napoli il giovane re Ferdinando sotto la tutela di un consiglio di reggenza presieduto dal ministro Tanucci. Il ministro continuò a gestire il regno inviando a Carlo ogni settimana una lettera per relazionare sul suo operato (Sirago, 2015).
Dopo la fine della “guerra dei sette anni”, sancita dal trattato di pace firmato a Parigi nel 1763, venne attestata la supremazia marittima e coloniale dell’Inghilterra, interessata in buona parte ai traffici nel Mediterraneo e nel Levante. L’Italia, ponte naturale per il Levante, era uno dei punti nodali per il commercio inglese, specie nel porto di Livorno. Ma anche il giovane regno borbonico era un punto nodale per gli inglesi, che esportavano numerose materie prime e stoffe di qualità ordinaria utilizzate per le uniformi dei soldati, le livree dei servitori e gli abiti per il popolo: da qui l’interesse della monarchia inglese (Giura, 1997) e la notevole attività diplomatica, studiata attentamente da Gigliola Pagano de Divitiis, che ne ha pubblicato la documentazione (1997).
L’arrivo di Sir William Hamilton a Napoli
William Hamilton, figlio di lord Archibald, nato a Henley-on Thames nel 1730, da giovane aveva intrapreso la carriera militare, che aveva lasciato nel 1758, dopo il matrimonio con Catherine Barlow, di salute cagionevole. Quando il Gray era tornato in patria, spaventato dalla terribile carestia che imperversava su Napoli e sul Regno, con conseguente pestilenza (Carrino, 2020), Hamilton aveva chiesto di prenderne il posto. Il momento era molto critico, poiché si sentivano ancora i gravi effetti della carestia, ma egli chiedeva di venire a Napoli poiché i medici inglesi ritenevano che il clima della città partenopea potesse giovare alla moglie. Aveva però anche il desiderio di visitare le importanti scoperte archeologiche di Ercolano e Pompei, uno dei suoi interessi primari, che poteva coltivare mentre si occupava degli affari diplomatici. Nel novembre del 1764 giunse in Napoli come “inviato straordinario e ministro plenipotenziario” inglese presso la corte borbonica napoletana durante la “reggenza” di Bernardo Tanucci. Con la moglie prese alloggio nel palazzo Sessa, a Cappella Vecchia, nel quartiere di Chiaia, da dove si poteva ammirare tutto il golfo di Napoli, descritta in modo magistrale da Goethe il 22 marzo 1787 (2018: 241):
«Hamilton si è fatto qui un gran bel nido e ne gode sul declinare dei suoi giorni. Le sue stanze, che ha fatto arredare secondo il gusto inglese, sono deliziose e da quelle d’angolo la vista può dirsi senza uguali: ai nostri piedi il mare, di fronte Capri, a destra Posillipo, sul fianco la passeggiata della Villa reale, a sinistra un vecchio palazzo dei Gesuiti e, più lontano, la costa di Sorrento fino a Capo Minerva Difficilmente si troverebbe qualcosa di somigliante in Europa, almeno nel cuore di una città popolosa».
Goethe, accompagnato dal pittore di corte Philip Hackert, il 27 maggio 1787 chiese ad Hamilton di vedere la sua collezione conservata a Palazzo Serra che suscitò in lui somma meraviglia:
«Vi regna un’enorme confusione: busti, torsi, vasi, bronzi, ogni sorta di addobbi decorati con agate siciliane (perfino una piccola cappella), intagli, dipinti e quant’altro gli è capitato d’accaparrarsi» (Goethe, 2018: 366-67).
Il ministro collezionava di tutto, in particolar modo reperti archeologici (Jenkins, 1996a), ma anche dipinti (Sloan, 1996b), gemme intagliate (Jenkins, 1996b). Ben presto, con i reperti archeologici da lui raccolti, il palazzo divenne un museo (Knight, 1996 e 2003): poi una parte di questa raccolta fu da lui venduta al British Museum nel 1772 (Jenkins Sloan, 1996) Hamilton amava molto la musica, che aveva studiato da fanciullo: perciò una volta alla settimana con la moglie organizzava nel salotto di Palazzo Sessa una “Accademia di musica” (concerto da camera), con il violinista e compositore Emanuele Barbella e un cantante, a cui si aggiungeva Catherine, che suonava l’arpicordo. Anche nella villa di Portici organizzava questi concerti, molto apprezzati dal musicologo Charles Burney, che visitò Napoli nel 1770 (Knight, 1996: 15).
Un “luogo di delizie” molto amato dai coniugi era il “casino di Posillipo” costruito sulla spiaggia (Knight, 1995b), da dove egli, da vulcanologo esperto, quasi un novello Plinio, poteva osservare il Vesuvio (Thackray, 1996). In una lettera del pittore tedesco Johann Heinrich Wilhelm Tischbein a Goethe del 10 luglio 1787 egli raccontava di essere andato con Hamilton nella villa di Posillipo, dove aveva assistito ad uno splendido spettacolo:
«Ieri l’altro andai col cavaliere Hamilton nella sua villa di Posillipo. Davvero non si può ammirare al mondo niente di più magnifico. Dopo pranzo una dozzina di ragazzi si tuffarono in mare; era una gioia vedere come giocavano tra loro, raggruppandosi ed atteggiandosi in mille modi! Hamilton li paga per sollazzarsi così tutti i pomeriggi. Lo trovo eccezionalmente simpatico. Conversai a lungo con lui, sia in casa sua, sia passeggiando poi alla marina. Ho appreso da lui molte cose, e spero che molto di buono mi venga dal frequentarlo» (Goethe, 2018: 231-232).
Egli era anche amante dei bagni di mare, una abitudine inglese che si stava diffondendo a Napoli grazie agli illustri inglesi che la praticavano (Sirago, 2013), adottata da re Ferdinando che d’estate scendeva da un passaggio segreto alla spiaggia del Molosiglio dove “natava” con voluttà (Sirago, 2020b).
Nel casino di Posillipo, detto poi villa Emma, spesso era omaggiato da re Ferdinando quando veleggiava alla volta del capo di Posillipo con la sua gondola reale durante le passeggiate marine dette “spassi di Posillipo” o “posillicheate”, quando la gondola reale incedeva maestosa attorniata di barche con musici e con cibi raffinati, seguita dalle altre gondole dei più illustri cortigiani, tutte parate a festa (Sirago, 2020b).
Infine, da esperto cacciatore, aveva anche una piccola dimora a Caserta, “La capannina”, dove si recava quando accompagnava il re, esperto cacciatore, oltre che pescatore. E dal 1785 fu anche promotore della creazione del “giardino inglese” nel parco di Caserta.
I salotti di Hamilton, in primis quello di palazzo Sessa, divennero i luoghi di ritrovo più alla moda, frequentati dai viaggiatori del Grand Tour, non solo inglesi, che venivano ricevuti amabilmente dall’ambasciatore e poi presentati a corte o introdotti in altri salotti prestigiosi. Giacomo Casanova, venuto a Napoli nel 1770, accompagnato dall’ambasciatore, partecipò ad una fantasmagorica festa marittima organizzata da Michele Imperiali, principe di Francavilla, nel suo casino di fronte al Castel dell’Ovo (oggi Rettorato dell’Università a via Partenope). La villa sul lato del castello era dotata di un moletto per l’attracco delle barche addobbate a festa per gli ospiti. Vi era poi una scenografica terrazza a mare dove essi si affacciavano per assistere alle evoluzioni natatorie di fanciulli e fanciulle ricoperti da veli sottili, secondo la moda degli antichi romani, simili a quelle organizzate da Hamilton, uno spettacolo che suscitò viva meraviglia nel viaggiatore veneziano. Infine, il principe Imperiali faceva allestire sontuosi banchetti, di solito con trionfi di frutti ittici, dal suo capo cuoco Vincenzo Corrado, che allestiva i banchetti con elaborate strutture scenografiche (Sirago, 2020b).
Hamilton al suo arrivo ebbe lo stesso compito del Gray, che gli aveva lasciato la sua relazione redatta un decennio prima: egli doveva indagare sulla forza militare, sulla composizione della flotta che si stava allestendo, sul numero degli abitanti del giovane regno, i cui porti principali potevano essere utilizzati come base di appoggio per le navi britanniche. Anche per il regno meridionale il commercio con la Gran Bretagna era di vitale importanza. Difatti importava dall’Inghilterra e dai Paesi del Mar del Nord e del Baltico materiali per la flotta, abeti, ferro, piombo, stagno e molto pesce salato, detto a Napoli stoccafisso (da stock fish), usato durante i periodi di magra prescritti dal calendario liturgico, insieme a molti prodotti coloniali.
Il diplomatico lavorò per due anni, inviando un primo documento sullo “stato delle truppe” il 30 aprile 1765. Lo stesso anno inviò notizie sulla popolazione napoletana, 305.091 abitanti, secondo la numerazione per parrocchie, e la quantità di generi commestibili consumati dai napoletani. Infine, raccolse notizie sui principali porti meridionali usati per il commercio e nel 1766 stese un dettagliato rapporto sulla composizione della flotta e sulla marina mercantile, circa 500 imbarcazioni soprattutto della penisola sorrentina e dell’isola di Procida (Pagano de Divitiis, 1997: 34 ss., con documenti in appendice). Tra i report inviati molto dettagliato fu quello sulla composizione della flotta del 1766 (Pagano de Divitiis, 1997: 182-183).
Composizione della flotta napoletana nel 1766
Imbarcazioni | Cannoni | Uomini | Aggiunti |
Vascello San Ferdinando | 54 | 360 | 238 |
Fregata Amalia | 32 | 285 | 164 |
Fregata La Concezione | 32 | 285 | 164 |
Sciabecchi 6 ciascuno di | 20 | 231 | 126 |
Galera CapitanaGalera PadronaGalera sensiglia | 420420360 | 282420 | |
Galeotte 4 ciascuna | 130 | 82 | |
totale | 238 | 3976 | |
Galera polmonara usata come ospedale | 8 |
In navigazione si aggiungono per il vascello vari componenti tra cui 40 artiglieri di mare, per le fregate un pilota d’altura e un secondo pilota, 30 artiglieri di mare e 90 marinai, per gli sciabecchi 120 marinai per le galere marinai di prora, per le galeotte 80 marinai di prora. La nuova nave costa 70.000 sterline [1].
Molte notizie gli vennero fornite dal ricco mercante inglese George Hart, uno dei membri più influenti della British Factory napoletana, che aveva già aiutato il suo predecessore (Lo Sardo, 1991: 59ss.). Ma aveva rapporti anche dagli altri mercanti inglesi, in particolare Grean Hammond, mercante di stoffe grezze, Francis Fully, che commerciava grani da Crotone e Guglielmo Allen, mercante di grani a Messina. Negli anni Sessanta si contavano a Napoli sei case commerciali inglesi, che avevano accresciuto la loro capacità contrattuale col governo borbonico grazie all’abile diplomazia di Hamilton (Lo Sardo, 1991: 64ss.).
In breve, egli fece una rapida carriera, divenendo punto di riferimento non solo pei viaggiatori inglesi ma anche per gli altri stranieri che frequentavano il suo salotto. Allo stesso tempo divenne un importante fiduciario per la monarchia britannica, che attraverso i suoi report segreti era costantemente informata sugli affari del regno borbonico (Sloan, 1996a).
Il ministro, pur occupato negli affari connessi al suo incarico, era un eclettico, sul modello della tipica figura del secolo dell’Enciclopedia. In primo luogo, seguendo le orme dell’astronomo francese Jérôme de Lalande, autore di un libro di viaggio sulla sua visita in Italia, fece le numerose escursioni elencate dall’astronomo, in primis quella sul Vesuvio, che suscitò in lui un forte interesse, durato tutta la vita (Knight, 2003: 109ss.), insieme alle scoperte archeologiche di Pompei ed Ercolano, di cui divenne un collezionista (Knight, 2003: 71ss.), pubblicando due importanti studi, Observations on Mount Vesuvius, Mount Etna and others volcanos, nel 1773 e Campi Phlegraei Observations on the Volcanos of the two Sicilies as they have been communicated to the Royal Society of London, nel 1776, ampliato tre anni dopo.
Dopo il matrimonio del re con Maria Carolina, figlia di Maria Teresa d’Austria, celebrato per procura il 7 aprile 1768, si crearono nuovi equilibri, mentre fosche nubi si addensavano sul capo di Tanucci, che aveva mantenuto il suo incarico anche dopo il 1767, quando il re aveva raggiunto la maggiore età. La regina aveva subito manifestato ostilità nei confronti dell’anziano ministro, che riferiva settimanalmente in Spagna al re Carlo non solo tutte le questioni del governo napoletano ma anche le eccessive spese per i divertimenti, per le quali si contraevano debiti esorbitanti. Entrata nel Consiglio di Stato nel 1775, dopo la nascita del primo maschio, secondo i capitoli matrimoniali, l’anno seguente convinse il re ad allontanare Tanucci, sottolineandone l’anzianità e la cattiva salute (Mafrici, 2010). Dopo l’allontanamento del Tanucci, Maria Carolina prese saldamente le redini del governo, visto che re Ferdinando non era molto dedito agli affari politici (Ajello, 1991).
Per riorganizzare la flotta, necessaria per la difesa del regno, nel 1778 la regina chiese aiuto al fratello Pietro Leopoldo, granduca di Toscana. Questi permise al suo generale della marina, John Acton, di andare nel Regno di Napoli per riorganizzare il comparto marittimo. Ma Acton, giunto a Napoli nell’agosto del 1778, fu invitato dalla regina a rimanere in Regno: così il 14 aprile 1779 fu nominato tenente generale e gli furono affidate la Segreteria di Stato e la direzione della Real Marina, a cui si aggiunsero il 4 giugno 1780 la Segreteria di Guerra e nel 1782 la Segreteria di Azienda e di Commercio, creata quell’anno (Ajello, 1991: 448ss.).
La scelta di Acton non piacque al re Carlo che scrisse al figlio varie missive, avvertendolo dei pericoli che potevano sorgere dal connubio di Acton, di discendenza irlandese, con il ministro inglese Hamilton, che avrebbero potuto tramare con la regina per allontanarli dall’orbita spagnola. Il re era stato informato dall’ambasciata spagnola che la nuora rivelava ad Acton il contenuto delle lettere che il marito Ferdinando riceveva dal padre. Il ministro poi riferiva ad Hamilton le notizie più interessanti che egli trasmetteva a Londra. Ma Carlo per non litigare con la nuora faceva finta di non sapere nulla. Comunque, da quel momento i rapporti col figlio si raffreddarono, per cui alla fine egli comunicava solo con la nuora, con brevi lettere inerenti solo questioni familiari (Knight, 2015: 481-484).
Il piano di Acton per riorganizzare la marina cominciò a prendere forma a partire dal 1780. Il ministro inglese Hamilton il 17 maggio scriveva a Londra al Foreign Office in merito alla flotta, sottolineando gli sforzi dell’esperto generale Acton che stava mettendo in buon ordine la piccola marina, “in a most deplorable condition”, composta da due navi a 60 cannoni, due fregate inviate dalla Spagna in sostituzione di due vecchie navi di 60 cannoni ed una acquistata dal Granduca di Toscana, 8 sciabecchi e 6 galere. Sottolineava che molto legno è stato tagliato in Calabria e altre province del regno e portato a Baia, per cui grazie all’esperienza di Acton il piano si sarebbe completato. Aggiungeva che in due anni di servizio nel dipartimento di marina aveva risparmiato mezzo milione di ducati. Ma naturalmente si era creato molti nemici, per cui la regina era preoccupata per lui [2] (Knight, 2015: 482, n.52).
Nel 1783 il ministro, per realizzare i nuovi vascelli a 76 cannoni, decise di costruire un regio arsenale a Castellammare, dove furono varati numerosi vascelli, secondo il suo piano (Sirago, 2009 e 2021), riorganizzando anche l’Accademia di Marina, fondata nel 1735, e le scuole nautiche di Napoli e Sorrento, create nel 1770 (Sirago, 2022).
In quegli anni la vita dell’ambasciatore inglese era cambiata. Un anno dopo la morte della moglie (25 agosto 1782) in Inghilterra, dove si era recato per una lunga licenza, grazie al nipote Charles Greville, ugualmente interessato alle arti e agli studi naturalistici, aveva conosciuto la sua amante, una affascinante fanciulla di umili origini, Emma Hart. Egli si innamorò di Emma, chiedendole di seguirlo a Napoli. Qui la introdusse a corte, dove Emma divenne intima della regina Maria Carolina. Poi il 6 settembre 1791 Emma e lord Hamilton si sposarono (Knight, 2003: 206ss.).
Johann Wolfgang Goethe, durante il suo soggiorno napoletano del 1787, il 16 marzo, riferiva:
«Il cavalier Hamilton, che risiede qui come ambasciatore inglese, dopo essere stato a lungo un appassionato d’arte e aver ampiamente studiato la natura, ha trovato ora le massime gioie della natura e dell’arte sommate in una bella fanciulla: una giovane inglese sui vent’anni, molto avvenente e ben fatta, che tiene presso di sé. L’ha abbigliata alla greca, con un costume che la veste mirabilmente; ella poi si scioglie la chioma e, servendosi d’un paio di scialli, continua a mutar pose, gesti, espressioni, ecc. tanto che alla fine par davvero di sognare… L’anziano cavaliere le regge il lume ed è in costante adorazione davanti alla sua persona. Trova in lei tutte le immagini dell’antichità, i bei profili delle monete siciliane … Ci siamo già godute due di queste serate, e stamattina Tischbein farà il ritratto della bella» (Goethe, 2018: 231-232).
Qualche giorno dopo, il 20 marzo, nel descrivere la casa di Hamilton e lo splendido panorama aggiungeva:
«Hamilton è uomo di gusti universali; ha spaziato attraverso tutti i regni della creazione artistica, e finalmente è approdato al capolavoro dell’artefice sommo. Una bella donna» (Goethe, 2018: 241).
Ma ormai i tempi stavano cambiando. Un anno dopo la morte di Carlo, scoppiò la Rivoluzione Francese i cui echi si riverberarono sul regno napoletano. Il 16 dicembre 1792 la flotta francese comandata dal generale Louis-René-Madeleine Levassor de Latouche-Tréville arrivò nel golfo partenopeo minacciando di bombardare la città se non fosse stata riconosciuta la Repubblica Francese (Forteguerri, 2005).
Le richieste francesi furono subito accettate. Ma l’anno seguente, 1793, il governo napoletano strinse un’alleanza con l’Inghilterra, una svolta epocale nella storia del Mezzogiorno, poiché finiva una politica di neutralità e di pace avviata da Carlo di Borbone negli anni Trenta e si compromettevano definitamente le relazioni con la Francia (Mafrici, 2007: 657).
Acton in pochi anni era riuscito a costruire numerosi vascelli a 74 cannoni che parteciparono a numerose “imprese” con la flotta spagnola. Ma a fine dicembre 1798, quando si seppe dell’imminente arrivo dei francesi, il re diede ordine di bruciare la flotta per non farla cadere in mano nemica (Formicola Romano, 1999). Poi fuggì a Palermo con la corte, accompagnato anche da lord e lady Hamilton.
In quegli anni la situazione di lord Hamilton si era fatta difficile: nel 1793 era arrivato a Napoli l’ammiraglio Orazio Nelson per chiedere rinforzi contro i francesi. Tornò nella capitale partenopea cinque anni dopo, reduce dalla vittoria nella battaglia del Nilo, e fu curato da Emma Hamilton con cui in breve strinse una liason. Lord Hamilton, vecchio e malandato, aveva preferito tornare a Londra, dove aveva continuato ad abitare con Emma. Talvolta a loro si aggiungeva anche l’ammiraglio, con cui il vecchio lord continuava ad intrattenere rapporti amichevoli. Dopo la sua morte, nel 1803, Emma dilapidò la sua eredità e i beni avuti da Nelson con una vita dissoluta, dedita al gioco d’azzardo, morendo in miseria a Calais nel 1815. La figlia Orazia fu poi accolta nella famiglia di Nelson (Fraser, 2001).
Questa storia romantica è stata lo spunto per alcuni film e romanzi, tra cui quello di Susan Sontag, The volcano Lover: a romance, pubblicato nel 1992.
Conclusioni
Sir William Hamilton durante il suo lungo soggiorno nella capitale partenopea studiò le attività vulcaniche e i terremoti ma si interessò particolarmente alle nuove scoperte archeologiche di Ercolano e Pompei, divenendo un appassionato collezionista di vasi antichi, in parte trasferita nel 1772 al British Museum. Il suo salotto ospitava gli illustri personaggi che visitavano Napoli, meta del Grand Tour, come Goethe e Casanova.
La biografia dell’ambasciatore, ricostruita attraverso i numerosi epistolari pubblicati, in primis quello contenente le sue lettere, conservate nella Biblioteca della Storia di Napoli, insieme a quelle di Tanucci a Carlo e di Ferdinando a Carlo, ci permettono di analizzare i tratti salienti della sua personalità. A questi si aggiungono alcune opere dello stesso Hamilton, tra cui le Antiquitès étrusques, greques et romaines, pubblicate nel 1766-67 con 436 tavole incise, e i suoi studi sul Vesuvio e sui Campi Flegrei (Campi Phlegraei. Observations on the volcanos of the two Sicilies, 1776), che danno un ampio panorama della sua poliedrica cultura e della sua vasta erudizione.
Naturalmente i suoi studi non lo distoglievano dalla sua carica istituzionale, poiché inviava periodicamente in Inghilterra dettagliati report sull’economia e la struttura politica del regno meridionale, specie durante la reggenza, quando vi era un “re pupillo” affidato alle cure del ministro Tanucci. Il ministro doveva destreggiarsi tra mille problemi per rafforzare le difese del regno e l’economia, dando conto settimanalmente con le sue missive al re di Spagna, Carlo, padre del giovane Ferdinando. Il ruolo di Hamilton divenne ancora più importante a partire dal 1780, quando fu nominato John Acton che doveva riorganizzare il comparto marittimo. Poi a partire dagli anni ‘90 egli riuscì nel suo disegno politico: difatti Ferdinando e Maria Carolina decisero di cambiare strategia politica dopo la morte di Carlo e i riverberi della Rivoluzione francese, alleandosi con l’Inghilterra, una svolta epocale per il regno.
Nel 1798 egli seguì il re in esilio a Palermo. Ma dopo il ritorno a Napoli, nell’estate del 1799, decise di lasciare il suo incarico e tornare in Inghilterra con la giovane moglie Emma. I suoi ultimi anni si possono inserire in una storia da feuilleton: Emma era divenuta amante dell’ammiraglio Nelson, da cui nel 1881 aveva avuto la figlia Oratia, ma rimase con Hamilton fino alla sua morte. Da quel momento per la bella Emma iniziò la “discesa agli inferi”.
Dialoghi Mediterranei, n. 64, novembre 2023
Note
[1] Public Record Office, Londra, SP 93/21, 185-186, 2/7/1765, pp. 182-183 e 93/22, 187-202, 2/7/1765, documento inviato da Hamilton ad Earl, conte di Halifax.
[2] Public Record Office, Foreign Office, 70/1, 87-90 17/5/1780 Hamilton scrive a Londra.
Riferimenti bibliografici
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Sirago, M. (2020b), La scenografia delle feste marine a Napoli in età moderna, Pretelli M., Tamborrino R., Tolic I., La città globale – La condizione urbana come fenomeno pervasivo, Atti del Convegno, Bologna 2019, sez. B, Battilani P., Maglio A., Mocarelli L. a cura di, Città aperte/città chiuse. Istituzioni, politiche, competizione, diritti/The Global city. The urban condition as a pervasive phenomenon, AISU, collana Insights, Torino, 2020: 424-432, on line. https://aisuinternational.org/collana-insights-la-citta-globale-la-condizione-urbana-come-fenomeno-pervasivo/
Sloan K. (1996a), ‘Observations on the Kingdom of Naples’ William Hamilton’s Diplomatic Career, in Jenkins I. Sloan K, a cura di, Sir William Hamilton and His collections, British Museum Press, London: 25-39.
Sloan K. (1996b), ‘Picture -mad in virtu-land’ Sir William Hamilton’s Collections of Painting, in Jenkins I. Sloan K, a cura di, Sir William Hamilton and His collections, British Museum Press, London:75- 92
Tkackray J. (1996), ‘The modern Pliny’ Hamilton and Vesuvius, in Jenkins I. Sloan K, a cura di, Sir William Hamilton and His collections, British Museum Press, London: 64-74.
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Maria Sirago, dal 1988 è stata insegnante di italiano e latino presso il Liceo Classico Sannazaro di Napoli, ora in pensione. Partecipa al NAV Lab (Laboratorio di Storia Navale di Genova). Ha pubblicato numerosi saggi di storia marittima sul sistema portuale meridionale, sulla flotta meridionale, sulle imbarcazioni mercantili, sulle scuole nautiche, sullo sviluppo del turismo ed alcune monografie: La scoperta del mare. La nascita e lo sviluppo della balneazione a Napoli e nel suo golfo tra ‘800 e ‘900, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2013; Gente di mare. Storia della pesca sulle coste campane, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2014, La flotta napoletana nel contesto mediterraneo (1503 -1707), Licosia ed. Napoli 2018; La penna e la spada Bernardo e Torquato Tasso da Tunisi a Lepanto, Quaderni di Historia Regni, Nocera Superiore (Salerno), 2021; Il mare in festa Musica balli e cibi nella Napoli viceregnale (1503-1734), Kinetés edizioni, Benevento, 2022; L’istruzione nautica nel regno di Napoli [1734-1861], Società Italiana di Storia Militare, nadir Media, Fucina di Marte, Collana della Società Italiana di Storia Militare, vol.9, 2022, online.
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