Le religioni sono portatrici di un messaggio spirituale
L’approccio seguito in questo approfondimento si differenzia dagli studi sociologici dedicati alle religioni. Tali contributi sono di fondamentale aiuto per un’esauriente comprensione della materia [1]. Questo articolo, invece, rivolge il suo interesse alle proposte di salvezze contenute nelle diverse religioni e alla adesione intima dei credenti, come anche al rapporto tra i credenti delle diverse fedi [2].
Indirizziamo quindi la riflessione sul contenuto di una genuina scelta religiosa, tutelata dalla Costituzione della Repubblica [3]. Il significato umano, morale, filosofico-teologico di una religione, è basato su una determinata visione dell’esperienza mondana e di quello che ci aspetta dopo di essa. In altre parole, ogni religione comunica una interpretazione del senso dell’esperienza umana e del suo completamento in un al di là che sfugge ai nostri sensi. Perciò i contenuti religiosi andrebbero presentati in maniera semplificata, così che possano essere compresi con la dovuta facilità.
Le carenze riscontrate nel livello di religiosità in Italia
In Italia, anche se la maggioranza degli italiani si professa cristiana e dichiara di aver ricevuto un’educazione cattolica, risultano poco conosciuti (o dimenticati) i capisaldi di questa confessione, a partire dagli stessi dieci comandamenti o dagli autori dei quattro vangeli; è inoltre poco diffusa la frequenza alla messa della domenica. Questo “analfabetismo religioso” o questa indifferenza liturgica si accompagnano alle opinioni personali discordanti da quelle del magistero cattolico su diversi punti molto importanti in materia morale e sociale: una sorta di adesione “a la carte”, che lascia ampio spazio al “fai da te” [4].
L’ignoranza riguarda ancora di più le religioni degli altri, solitamente viste con sospetto anche da chi personalmente è un credente distratto e superficiale. La cresciuta presenza delle differenze religiose a molti appare una sorta di attentato alla propria tradizione [5]. Si aggiunge alla superficialità e all’ignoranza un altro ostacolo, costituito da una certa interpretazione estrema del secolarismo [6].
Si sostiene che in una società post-moderna non ci sia più posto per una realtà esorbitante dall’orizzonte terreno per cui sarebbe inevitabile il confinamento della religione in uno spazio del tutto residuale. Questa previsione non corrisponde però al rifiorire del sentimento religioso, non solo nelle comunità di nuovo segno ma anche nelle grandi religioni tradizionali: ciò ha portato qualche autore a parlare della “rivincita di Dio”, smentendo la profezia sulla sua morte [7]. In altre parole, con la realtà multireligiosa bisogna fare i conti.
Questa situazione deficitaria rilevata all’inizio del secolo tuttora perdura e, anzi, si è aggravata. L’odierna complessità del credere in Italia ha costituito oggetto di una ricerca nazionale quali-quantitativa sulla religiosità in Italia portata avanti tra il 2017 e il 2018 sotto la direzione di Roberto Cipriani e Franco Garelli. Tale impegno ha coinvolto molti poli universitari e centri di ricerca e mobilitato diversi studiosi del nostro Paese, favorendo così una sinergia metodologica che ha unito approcci tradizionali e innovativi nel tentativo di meglio comprendere la complessità del fenomeno [8].
Anche se gli italiani si dichiarino in diverse indagini per il 75% cattolici, rimane il dubbio se essi siano effettivamente tali. Tra i battezzati intervistati più del 70% sembra non appartenere più di fatto alla confessione cattolica propriamente detta, e gran parte di essi dovrebbe addirittura essere considerato scomunicato, andando così ben oltre le etichette di cattolico “non osservante” e “non praticante”. Si è constatato che non osservano i precetti e non assistono alle funzioni liturgiche. Questi comportamenti, che inducono a chiedersi se essi possono essere ancora considerati cattolici, incidono per il 30% sui battezzati e sollevano comprensibilmente molti interrogativi [9].
A partire dalle narrazioni degli intervistati, tenendo conto del loro sentire e dei loro comportamenti, i dati raccolti hanno portato a ripartirli in tre specifici modelli: religioso, non religioso o diversamente religioso [10]. L’analisi delle interviste ha consentito di esaminare diversi aspetti: cosa si pensa della felicità e del dolore, come si prega e come si concepisce Dio, l’atteggiamento nei confronti del magistero della Chiesa anche in relazione alle proprie scelte personali e così via. Questi aspetti hanno consentito di parlare di una incerta fede [11].
È stato anche analizzato come l’ispirazione religiosa e spirituale prende forma nella vita quotidiana e si estrinseca in una pluralità di espressioni, investendo dimensioni riguardanti la famiglia, il lavoro, il tempo libero, le relazioni sociali, per cui si può parlare di valori diffusi [12]. In un Paese in cui è andato attenuandosi il riferimento al Dio dei cristiani sono aumentati gli atei e gli agnostici tra i giovani, come anche sono diventate più numerose le persone seguaci di altre fedi o attratte da altre spiritualità. Per molti l’attaccamento al cristianesimo appare piuttosto di natura culturale, a difesa cioè delle proprie tradizioni. Nel nuovo contesto, in cui la Chiesa cattolica ha perso la sua centralità, i credenti si confrontano da “soli” con queste realtà innovative in larga misura introdotte dagli immigrati [13].
Le feste religiose, una sorta di teologia per il popolo
Per i credenti il tempo è scandito non solo dagli eventi della società civile ma anche dalle ricorrenze importanti per la propria fede, che sono indicate nei calendari religiosi. Questi calendari sono ormai diffusi anche nelle società occidentali, diventate da tempo multireligiose. Essi sono stati un incentivo a riflettere sulle caratteristiche e le finalità delle feste religiose che, per diversi aspetti, possono essere considerate una sorta di teologia popolare.
I calendari interreligiosi si caratterizzano per una scansione del tempo diversa perché si rifanno a eventi che ricordano la trascendenza del divino e a proposte etiche valide sia a livello individuale che sociale. Viene così attuata una sorta di sminuzzamento dei contenuti spirituali delle religioni, trasponendoli nella concretezza della vita dei fedeli.
Le feste sono differenti come lo sono le religioni e però quelle di una stessa religione possono variare nelle forme esterne da paese a paese, trattandosi di contenuti religiosi espressi nelle diverse forme culturali.
Il calendario gregoriano, risalente ai tempi di Giulio Cesare, fu riformato nel 1582 da Papa Gregorio XIII, è l’unico ad essere esclusivamente solare e viene adottato non solo nei Paesi di tradizione cristiana ma anche in molti altri, seppure solo per uso civile. Gli shintoisti seguono il calendario gregoriano dal 1873, anno in cui abbandonarono quello cinese. Per i musulmani il calendario, a carattere lunare, parte dal 622 d.C., anno del trasferimento del profeta Maometto a Medina. Gli ortodossi e i copti utilizzano il calendario giuliano, ma il Natale è posticipato di 15 giorni. Il calendario induista che conosce molteplici redazioni è lunare. Il calendario ebraico e quello cinese, invece, sono lunisolari nella misurazione dell’anno. Per i buddisti il tempo è ciclico e, inoltre, per questi fedeli non esiste un giorno sacro come il sabato o la domenica. Gli induisti e i buddisti conteggiano il numero degli anni, fino a quello in corso, da un periodo antecedente alla nascita di Gesù Cristo, mentre il contrario avviene per i musulmani, i bahai e i sikh. Qualche esempio aiuta a comprendere meglio il significato delle feste religiose.
Nel periodo in cui i cristiani celebrano il Natale, gli ebrei festeggiano chanukkah, istituita in memoria della vittoria di Giuda Maccabeo sui siriani e della purificazione e dedicazione del Santuario di Gerusalemme nel 164 a.C. Nelle famiglie viene accesa la chanukkah: un candelabro a otto braccia, più una nona (detta servitore) utilizzata per accendere le altre, che ricorda il miracolo di una piccola ampolla d’olio puro, utilizzata per la lampada del Santuario, dura otto giorni. Durante questa festa, dopo la recitazione di alcune preghiere rituali, ogni giorno si accende un lume, finché nell’ottavo giorno della festa rimangono accesi tutti i lumi.
Religione cristiana
La festa di Natale è la commemorazione della nascita di Gesù, figura divina che secondo i credenti con la sua incarnazione ha segnato l’inizio di una nuova era per il destino spirituale dell’umanità. La festa è stata fissata simbolicamente il 25 dicembre (ma non dagli ortodossi) per collegarla al solstizio d’inverno, giorno in cui cadeva una festa romana di epoca imperiale. Si è soliti allestire il presepio (una pratica iniziata da Francesco d’Assisi) per ricordare questa nascita che in occasione del Natale si accompagna all’uso della strenna ai bambini, ricordando il dono fatto da Dio a noi.
La Pasqua, celebrata nella Settimana santa per ricordare la morte e la risurrezione di Gesù Cristo, rappresenta il culmine della fede cristiana.
La Pentecoste, che cade 50 giorni dopo la Pasqua, è la memoria della discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e Maria, la madre di Gesù, e segna l’inizio del loro impegno missionario.
La Festa della rottura del digiuno (Eid al-fitr) si svolge per la durata di tre giorni alla fine del Ramadam, nono mese del calendario islamico. La festa è caratterizzata da una preghiera speciale, compiuta dall’intera comunità, e dalla distribuzione diretta ai poveri di un’elemosina particolare. In tale circostanza si preparano grandi pranzi, si offrono dolci, si scambiano messaggi augurali e si ricevono e si rendono visite.
La notte dal 26 al 27 Ramadam, ovvero la notte del destino, ricorda quella in cui l’angelo Gabriele, secondo questi fedeli, si rivolse per la prima volta, al profeta dell’islam, rivelandogli il testo del Corano. Questa notte, nel Corano, è definita come quella più preziosa ed è accompagnata dalla pace fino al levarsi dell’aurora.
Religione induista
Gli induisti sono profondamente religiosi ma non tutte le feste che si rifanno alla loro religione vengono celebrate in tutte le zone dell’India: ne è un esempio quella del Panagli, collocata all’inizio della stagione del raccolto e diffusa solo nell’area meridionale del Paese e, per giunta, con notevoli differenze regionali. Holy, invece, è la festa tra le più popolari e vivaci. Viene celebrata, quando finisce l’inverno e inizia la primavera. Ad essa partecipano tutti, senza distinzione di casta, stato sociale e genere. Durante la notte si accendono dei falò per simboleggiare la distruzione del demone malvagio Holika, e si canta. Di giorno si spruzza acqua colorata e profumata (i colori della primavera) a parenti, amici e conoscenti nelle strade delle città e dei villaggi.
Comunità buddhista
Le feste buddhiste sono numerose, possono differenziarsi a seconda dei Paesi oppure possono essere le stesse ma fissate in date differenti (come avviene per il capodanno). Diffusa in tutti i Paesi e promossa da tutte le correnti di questa religione è la festa del Buddha, conosciuta anche nei Paesi occidentali dove vi sono immigrati buddhisti. L’obiettivo è quello di ricordare la nascita del Buddha, il raggiungimento del risveglio e il conseguimento della pace con la sua entrata nel nirvana.
Comprensibilmente vi sono delle differenze territoriali. Nello Sri Lanka la festa di Wesak poya, la più importante, cade nel giorno di luna piena, a maggio o giugno, e si propone di onorare Buddha, l’illuminato. Si va in processione al tempio, si recitano preghiere, si offrono dei doni, si preparano luminarie. Invece in Giappone la festa del Buddha cade il 15 marzo.
La differenza di una religione vissuta
Le religioni, per quanto riguarda i contenuti che propongono, si collocano al di fuori delle materie che si possono studiare con una metodologia scientifica, perché si riferiscono a realtà spirituali. Nonostante gli enti, a cui fanno capo le comunità religiose, abbiano aspetti esterni nello svolgimento delle loro attività, la loro proposta è sostanzialmente spirituale, in quanto tutte le fedi sono portatrici di un annuncio finalizzato al benessere delle anime, al superamento degli atteggiamenti e dei comportamenti umani difettosi, alle relazioni positive con le altre persone e, infine, all’orientamento verso un futuro che va oltre l’esperienza terrena. Al termine di questo percorso si incontra Dio, un essere assolutamente superiore, ritenuto fonte di ogni realtà con il quale, attraverso la meditazione e la preghiera, si può entrare in contatto.
Per una mentalità esclusivamente scientifica gli aspetti religiosi, non hanno senso. Quanti la pensano in questo modo, pur fruendo della libertà di attenersi alle proprie convinzioni, non di rado sono poco rispettosi delle decisioni che i credenti hanno preso nel loro intimo. Chi cade in questa intransigenza si pone in contrasto con la moderna evoluzione giuridica sui diritti delle persone umane, sancita dalla Dichiarazione universale dei diritti del 1948 e, come prima ricordato, dalla Costituzione italiana. Parimenti, non è accettabile, da parte dei credenti e delle loro organizzazioni, l’intransigenza nei confronti di chi è agnostico o ateo [14].
Per rendersi conto del nucleo essenziale di una religione bisogna prestare attenzione al momento storico della sua nascita, al fondatore e al messaggio spirituale da lui proposto e, quindi, agli sviluppi intervenuti successivamente. Siamo chiamati ad aprirci alla conoscenza della nostra religione e anche a quelle degli altri, e a instaurare con le stesse delle relazioni ispirate al dialogo, perché la scelta religiosa, anche quando è differente dalla nostra, attiene al foro della coscienza individuale da considerare inviolabile. Un orientamento differente rischierebbe di portare ai margini della società una quota sempre più consistente della popolazione, costituita in misura crescente da immigrati sia in Italia che in altri Paesi. La differenza religiosa, se approcciata con diffidenza, rende sempre più estranei i diversamente religiosi, specialmente se stranieri, e porta a considerarli sempre più un out-group (estraneo) anziché un in-group (inserito) per riprendere l’analisi condotta del secolo scorso dal sociologo Georg Simmel nel suo famoso studio sullo straniero.
Un cattolico con la sua chiusura, anziché diventare più attaccato ai dettati della propria religione, solitamente poco conosciuti e ancor di meno praticati, subisce un atteggiamento di chiusura psicologica, presupponenza nazionalistica, arroccamento in una tradizione superficialmente intesa nella incapacità di valutare con serenità i cambiamenti in corso. Bisogna, perciò, abituarsi a riconoscere i contenuti positivi delle diverse religioni e anche a constatarne le diverse basi comuni con la propria, facendone una piattaforma condivisa per favorire uno sviluppo armonioso della società e affrontando per quanto possibile insieme i temi riguardanti gli squilibri sociali e le incognite del futuro.
Questa fruttuosa collaborazione sarà possibile se tra i credenti e i non credenti, prevarrà la disponibilità a un reciproco rispetto. Tutte le religioni sono infatti portatrici di grandi valori in grado di motivare la morale individuale e anche l’etica pubblica. Senz’altro è auspicabile che le religioni, predisponendosi a una maggiore collaborazione tra di loro, riescano a emarginare con maggiore efficacia le correnti oltranziste insorte al loro interno, che un così grande discredito hanno generato sulla religiosità
In generale, una vera testimonianza religiosa non comporta l’ostilità alla fede degli altri o alle posizioni di chi non crede. Ribadiamo che le religioni hanno una comune responsabilità nei confronti di chi non crede e tale responsabilità non può essere esercitata se manca questa credibilità. Il discorso dei valori è, tra l’altro, la base che deve portare a istituire un’ampia solidarietà anche con le numerose persone di buona volontà che non sono religiose, perché atee o agnostiche o alla ricerca. Non c’è bisogno di indugiare sulla rigorosa moralità di comportamento e di ideali di molti di loro, constatazione che ha portato qualche teologo a ritenere che l’adesione ai grandi valori (dalla libertà alla giustizia, alla solidarietà, all’altruismo e così via) attestino l’adesione a quell’incommensurabile e assoluto valore che per i credenti è Dio.
Una tale impostazione porterebbe a impegnarsi nel bene senza la paura di essere sopraffatti e senza la riluttanza a percorrere, all’occorrenza, un tratto di cammino con altri credenti e anche con non credenti. Al fondo della questione sulla molteplicità religiosa resta, comunque, questo interrogativo di fondo: perché Dio, che è unico, è stato visto e continua a essere visto in forme così differenziate, e perché da molti non viene affatto riconosciuto? Tentando di dare una timida risposta, si può far riferimento ai due termini della questione: a Dio, che è infinitamente grande, e alla persona umana che, pur risultando nel confronto infinitamente piccola, presenta innumerevoli specificità socioculturali, di cui ci rendiamo sempre più conto in un mondo globalizzato. Una risposta esauriente, che ora non può essere data, verrà trovata dal credente nel futuro che vivrà dopo la morte, ora si può solo cercare di operare il più unitariamente possibile nonostante il pluralismo religioso e la presenza dei non credenti.
Dialoghi Mediterranei, n. 64, novembre 2023
Note
[1] Cfr., ad esempio, Cipriani R., “Immigrati e religioni”, in Dialoghi Mediterranei, n. 61, maggio 2023.
[2] Mi piace precisare che l’occasione per scrivere queste osservazioni mi è stato offerto dal fatto di essere invitato a partecipare al battesimo del piccolo Lorenzo Bellu Calamante: ai genitori, ai parenti e ai padrini ho voluto esprimere i miei auguri con questo scritto.
[3] Cfr. Nanni M.P., Pittau F., “Il riconoscimento e la tutela del pluralismo religioso in Italia: un percorso ancora da perfezionare”, in Dialoghi Mediterranei, n. 63, settembre 2023.
[4] Franco Garelli, Religione all’italiana. L’anima del Paese messa a nudo, Il Mulino, Bologna, 2011.
[5] Melloni A. (a cura di), Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia, Il Mulino, Bologna 2014.
[6] Il dibattito sulla secolarizzazione e sui suoi effetti è stato fortemente influenzato da una pubblicazione del 2007 del filosofo cattolico canadese Charles Taylor, L’età secolare, trad. it., Feltrinelli, Milano 2009; cfr. anche Pittau F., Vacaru N., Immigrazione e integrazione tra le due sponde dell’Atlantico, Edizioni Idos, Roma, 2018. Va precisato che Taylor ha distinto tra una secolarizzazione qualitativa (di cui è indicatore in Occidente la separazione tra Chiesa e Stato) una secolarizzazione quantitativa, che non necessariamente dovrebbe comportare una riduzione delle persone vicine alla religiosità.
[7] Kepel G., La rivincita di Dio. Cristiani, ebrei, musulmani alla conquista del mondo, Rizzoli Milano, 1991.
[8] Costa C., Morsello B. (a cura di), Incerta religiosità. Forme molteplici del credere, Franco Angeli, Milano, 2020.
[9] Delli Poggi S., con Boll F., Fiorentini F. Valletta G. L., Italiani: scomunicati o liberi pensatori? Eresia, Apostasia, Scisma o libertà di credere senza casa editrice ma disponibile su Amazon. Profili di cattolici in Italia, giugno 2019 (disponibile su Amazon).
[10] Punziano G. (a cura di), Le parole della fede. Espressioni, forme e dimensioni della religiosità tra pratiche e sentire in Italia, Franco Angeli, Milano, 2020.
[11] Cipriani R., L’incerta fede Un’indagine quanti-qualitativa in Italia, FrancoAngeli, Milano 2020.
[12] Cipriani R., Faggiano M. P., Piccini M. P. La religione dei valori diffusi. Intervista qualitativa e approccio misto di analisi, FrancoAngeli, Milano 2021
[13] Garelli F., Gente di poca fede. Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio, il Mulino, Bologna 2020.
[14] Questa è la tesi sviluppata nella seguente pubblicazione del Centro studi e ricerche Idos: Pittau F. (a cura), Storia della tolleranza religiosa dall’impero romano ad oggi, Affari Sociali Internazionali n. 1-4, 2018.
APPENDICE
Bibliografia ragionata di scritti dell’autore sul pluralismo religioso
Nei primi anni ’90 insieme a Giuseppe Lucrezio Monticelli, un mio anziano amico, studioso delle questioni migratorie a suo completo agio con le statistiche, ho messo a punto una metodologia per la stima delle diverse appartenenze religiose degli immigrati. La spiegazione di questa metodologia, con i risultati della sua prima applicazione è apparsa, a firma di Lucrezio Monticelli, in un volume da me curato insieme a mons. Luigi Di Liegro: Per conoscere l’islam. Cristiani e musulmani nel mondo di oggi, Editrice Piemme, Casale Monferrato, 1990.
Nel 1991, insieme a Lucrezio Monticelli ho aggiornato la stima, pubblicandola nella prima edizione del Dossier Statistico Immigrazione, edito direttamente dalla Caritas di Roma con il titolo Immigrati a Roma e nel Lazio. L’aggiornamento di questa stima è continuato sul Dossier fino ai nostri giorni, curata dopo la morte di Lucrezio Monticelli (1998), mentre dal 2023 è subentrato come curatore Roberto Cipriani, un noto studioso dei fenomeni religiosi, il quale ha avuto recentemente modo di accertare che la metodologia del Centro Idos, seppure autonomamente messa a punto, coincide con quella della nostra struttura statunitense Pew Research Center, che si occupa delle stime delle appartenenze religiose a livello mondiale. Sui criteri della metodologia di stima, cfr. “Nuova metodologia di stima dell’appartenenza religiosa”, curata insieme alla stagista Leotta E., in Dossier Statistico Immigrazione 2011, Edizioni Idos, Roma, 2011: 202-203.
Nel 1993 Lucrezio Monticelli e io stesso abbiamo collaborato con il missionario scalabriniano P. Gianfausto Rosoli per l’uscita della sua pregevole e innovativa pubblicazione Immigrati e religioni in Italia, edita dal Centro Studi Emigrazione di Roma (CSER), firmando ciascuno di noi un contributo sull’argomento.
Ogni anno sono stati inseriti gli aggiornamenti periodici della stima (con approfondimenti di alcuni suoi aspetti) apparsi sul Dossier e, successivamente, anche sul nuovo rapporto annuale del Centro studi Idos, intitolato inizialmente Osservatorio Romano sulle Migrazioni e, da ultimo, Osservatorio sulle Migrazioni a Roma e nel Lazio. Grazie all’impegno posto da Idos nella diffusione delle sue ricerche ho avuto modo di pubblicare spesso i miei contributi in tema di pluralismo religioso e di dialogo. Qui di seguito riporto in ordine cronologico i miei principali i interventi, ripartendoli tipologicamente.
Volumi dedicati al dialogo religioso
Ministero dell’Interno, Religioni, dialogo, integrazione. Vademecum a cura del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione. Direzione Centrale degli Affari dei Culti, Edizioni Con Nuovi Tempi-Idos, Roma, giugno 2013 (con Demaio G., Di Sciullo G., Nanni M. P. e i ricercatori della Chiesa valdese e metodista), Storia della tolleranza religiosa dall’impero romano ad oggi, Edizioni Idos, Roma, Affari Sociali Internazionali, n. 1-2, 10, 2018.
Nei rapporti annuali del Centro Idos
“Roma: presenza e dimensione religiosa, laicità e accoglienza” (con Di Tora G.), in Osservatorio Romano sulle Migrazioni. Quarto Rapporto 2007, Edizioni Idos, febbraio 2008: 326-335.
“I sikh: tradizioni religiose e presenza nell’area romano laziale” (con Benforte E.), in Osservatorio Romano sulle Migrazioni. Quarto Rapporto, Edizioni Idos, 2008: 87
“La grande moschea di Roma”, in Osservatorio Romano sulle Migrazioni. Nono Rapporto, Edizioni Idos, Roma, 2013: 50-54
“Per un nuovo approccio alla multireligiosa in Italia” (con Paravati C.), in Dossier Statistico Immigrazione 2014. Rapporto UNAR, Edizioni Idos, Roma, 2014:190-197
“Le religioni degli immigrati nell’area romana: presenza e dinamiche” (con Paravati C.), in Idos, Osservatorio Romano sulle Migrazioni, XI edizione, Edizioni Idos, Roma, 2016: 50-57.
“Atteggiamenti nei confronti del pluralismo religioso. Una riflessione storica sull’area romano-laziale” (con Paravati C.), in Osservatorio Romano Laziale. XII Rapporto, Edizioni Idos, Roma, 2017: 76-86.
I pochi interventi qui citati sono stati scelti in quanto scritti con un altro autore, spesso appartenente a un’altra confessione religiosa come nel caso di Claudio Paravati (Unione delle Chiese valdesi e metodiste o esponenti di organismi ecclesiali), come nel caso di mons. Guerino Di Tora, prima direttore della Caritas diocesana e poi vescovo ausiliare della diocesi di Roma).
Poiché dal 1991 ad oggi il Dossier contiene sempre un capitolo dedicato alle appartenenze religiose degli immigrati (successivamente questo è avvenuto anche sull’Osservatorio Romano sulle Migrazioni) mi sembra sufficiente riportare solo un certo numero di voci bibliografiche, per indicare come i due rapporti citati siano funzionali a far conoscere lo sviluppo della presenza multireligiosa in Italia e a Roma.
Sul fenomeno migratorio e alla multireligiosità nel suo complesso
Cnel, Luca di Sciullo (a cura), Indici di inserimento territoriale degli immigrati in Italia. III Rapporto. Questo studio, che è stato pubblicato annualmente per circa dieci anni, ha previsto anche un indicatore statistico della multireligiosità tra gli immigrati.
“Schede sulle religioni”, in Caritas di Roma, Migrantes Roma e Lazio, Immigrati a Roma. Luoghi di incontro e di preghiera, Roma, Anterem, 2000: 69-96.
“L’immigrazione in Italia per motivi religiosi, e Il contesto multireligioso in Italia e le politiche di accoglienza” (con Mioli B.), in Maria Immacolata Macioti (a cura), Immigrati e religioni, Napoli, Liguori, 2000: 39-48 e 73-88.
“Il pluralismo etnico e religioso”, in Movimento Ecclesiale Di Impegno Culturale, Sanna I. e De Simone P. (a cura di), Sotto il segno di Abramo: pensare la fede tra identità e differenza. La sfida della società multietnica e del pluralismo religioso, Settimana Teologica di Assisi, 27-30 agosto 2001: 63-74.
“Il mediatore culturale e le diverse religioni”, in Ambasciata Di Colombia, La mediazione culturale: un nuovo strumento per la diplomazia, Roma, 11 maggio 2004: 32-35
“Italy, multicultural and multi-religious country” (con Paravati C.), in Pittau F. (a cura di), The other side of Italy. Immigration in a Changing Country, Nova Publishers, New York, 2015: 93-104.
“Statistiche, immigrazione, diversità religiosa e convivenza”, in SNADIR (a cura), Sette, religioni, spiritualità, 2005: 225-233.
“Immigrazione, ecumenismo e dialogo interreligioso. Le religioni non cristiane in Italia”, Ecumenismo e dialogo. Prospettive dopo il Convegno Ecclesiale di Verona, Quaderni della Segreteria Generale CEI, Roma aprile 2007: 36-45.
“La figura di Matteo Ricci e l’attualità. Dall’interculturalismo all’intercultura”, in Caritas e Migrantes, Asia-Italia. Scenari migratori, Edizioni Idos-Fondo Europeo per l’Integrazione, Roma 2012: 101-111.
In diverse riviste
“Laicità e differenze religiose (con Colaiacomo A. e con D’Angelo A.), in Affari Sociali Internazionali, 2004, pp.149-156; cfr. anche n. 2, 2001: 123-134; 2004: 163-170; n. 3, 2005: 125-138 (con Forti O.); n. 4, 2005: 163-170.
“Distribuzione religiosa degli immigrati in Italia”, in Studi Emigrazione, n.137, 2000:176-182.
“Appartenenza religiosa degli immigrati” (con Colaiacomo A.), in Servizio Migranti, n. 4, 2001, pp. 407-421; cfr. anche n. 5, 2002: III-X.
“Europa. Allargamento a est. Migrazioni e religioni, in Religioni e società, gennaio-aprile 2006: 102-117.
Credenti al plurale. “Un Vademecum per il dialogo tra le religioni in un’Italia multireligiosa”, in Il Regno Attualità, n. 127/2013: 356-357
“Roma capitale della multireligiosità dimensione mondiale”, (con Paravati C.), in Libertà civili, maggio-giugno 2017: 120-124.
“Libertà religiosa: dalle aperture della Costituzione alle questioni attuali”, in Dialoghi Mediterranei, n. 4, luglio 2020.
Libertà religiosa: dalle aperture della Costituzione alle questioni attuali”, in Dialoghi Mediterranei, n. 44, luglio 2020
“Tra fede e ragione: prospettive delle società secolarizzate e multireligiose”, in Orientamenti pastorali, n. 6, giugno 2022.
In saggi dedicati alle comunità italiane all’estero
Le peculiari forme popolari di pratica del cattolicesimo da parte degli emigrati italiani hanno comportato un complesso impegno di dialogo anche con i cristiani del posto. Basti qui indicare che, per il Centro Idos, ho analizzato singolarmente i casi delle maggiori collettività italiane nel mondo, spesso con l’ausilio di un grande esporto della materia come mons. Silvano Ridolfi, già direttore dell’Ufficio Centrale Emigrazione Italiana (diventato poi Fondazione Migrantes), pubblicando i saggi sulla rivista Dialoghi Mediterranei.
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Franco Pittau, dottorato in filosofia, è studioso del fenomeno migratorio fin dagli anni ‘70, quando condusse un’esperienza sul campo, in Belgio e in Germania, impegnandosi nella tutela giuridica degli emigrati italiani. È stato l’ideatore del Dossier Statistico Immigrazione, il primo annuario del genere realizzato in Italia. Già responsabile del Centro studi e ricerche IDOS (Immigrazione Dossier Statistico), continua la sua collaborazione come Presidente onorario. È membro del Comitato organizzatore del Master in Economia Diritto Interculture Migrazioni (MEDIM) presso l’università di Roma Tor Vergata e scrive su riviste specialistiche sui temi dell’emigrazione e dell’immigrazione.
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