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Nutrire: il cibo come mezzo. Pratiche oltre lo spreco e la povertà alimentare

Chieri, Il cibo raccolto per la mensa

Chieri, Il cibo raccolto per la mensa (ph. Reciprocamensa)

di Elena Brusadelli 

Reciprocamensa è un’associazione che nasce ad aprile del 2016 sul territorio Chierese (in provincia di Torino) grazie all’interesse e la sensibilità da parte di alcune persone del luogo di creare una realtà in grado sia di contrastare su scala locale lo spreco alimentare, sia di attivarsi per estendere il diritto al cibo a tutti i cittadini di Chieri. Questa associazione conosce un’espansione notevole negli anni a seguire. Infatti, diventa una realtà capace di accogliere circa 150 volontari collocati su due sedi differenti, Chieri e Santena,  impegnati a lavorare su più fronti per garantire il cibo ad alcune persone del territorio in svantaggio economico segnalate dal Comune e/o dai Servizi Sociali. Nello specifico, come riportato sul sito dell’associazione, le attività che si svolgono principalmente all’interno dell’organizzazione sono: 1) Il recupero: le materie prime vengono recuperate dai volontari nelle giornate di mercato oppure presso i negozianti che aderiscono al progetto; 2) L’ accoglienza e servizio mensa: viene cucinato ciò che è stato raccolto, e poi servito e consumato assieme un pasto caldo per tutte le persone beneficiarie; 3) La restituzione: agli ospiti viene richiesta una collaborazione per lo svolgimento di attività varie come opera di contraccambio per il servizio usufruito; 4) L’Emporio Solidale: un supermercato in cui i beneficiari vengono a fare la spesa attraverso una tessera con dei punti.

Per descrivere le attività di questa associazione, non è necessario elencarle, ma risulta quasi inevitabile raccontare il modo in cui sono portate avanti. Nello specifico, infatti, la realtà di Reciprocamensa agisce seguendo dei valori legati alla condivisione e alla (ri)tessitura dei legami in una rete di relazioni frammentate a causa dell’esclusione sociale. Questo contributo è esso stesso un tentativo di restituzione di alcune delle parole che mi sono state gentilmente concesse da tre volontari dell’Associazione, Francesco, Anna e Nello, nell’ottica di dare un valore aggiunto al lavoro che tutte queste persone conducono, inquadrandolo in un dibattito più ampio sulla sicurezza alimentare [1]. 

Qual è l’obiettivo dell’Emporio Solidale per te, Nello?

«L’obiettivo secondo me… Bhe, allora noi come Emporio, non ci possiamo sostituire il fenomeno della povertà ma possiamo dare un contributo. Secondo me dobbiamo anche dare un’educazione, anche se questo termine è sbagliato, riguardo al mangiare in maniera equilibrata. Per aumentare il livello di benessere. L’obiettivo è quello di un mondo in cui non ci sia più bisogno di Empori solidali, ma ovviamente non voglio neanche vivere nell’utopia perché la situazione è questa e allora ti metti a fare quello che puoi. Per cui vale il presupposto che la gente stia un po’ meglio rispetto a come sta. É un percorso che non è prendere solo la merce, un discorso che dovrebbe investire altri ruoli, una sorta di rete, chissà se queste persone che vengono lì e hanno bisogno di cibo, hanno forse bisogno anche di sapere come si paga una bolletta, come si possa richiedere una riduzione, come si ottiene il bonus per il figlio che va a scuola. L’obiettivo è quello di creare una situazione, almeno una rete di vari soggetti, una realtà per cui l’Emporio non sia solo la vendita di prodotti, ma che sia anche la vendita di prodotti all’interno di una rete di protezione che vai a creare». 
Gli scaffali dell'Emporio Solidale (ph. Reciprocamensa)

Gli scaffali dell’Emporio Solidale (ph. Reciprocamensa)

É proprio a partire da queste parole, da uno scambio continuo tra me e i volontari, tra i volontari e i beneficiari, dal vivere questa realtà come volontaria, dalla voglia e necessità di dare una voce a questa associazione che questo articolo si struttura. L’obiettivo è quello di contestualizzare il dibattito dello spreco e della povertà alimentare all’interno di una realtà specifica, presentandola grazie anche alle parole stesse dei volontari. Questi temi, tanto dibattuti, rischiano infatti di diventare concetti vuoti e vaghi se incapaci di seguire e intercettare le logiche presenti in queste associazioni no profit che lavorano in questo settore.

Il presente contributo approccia il tema della povertà alimentare attraverso l’analisi degli aiuti alimentari, intesi come pratiche ed azioni rivolte a ridurre il disagio e migliorare questa condizione. Il panorama degli aiuti alimentari risulta essere complesso e variegato, non più riconducibile né riducibile alla componente dei banchi e delle mense in termini meramente legati alla distribuzione degli alimenti. Reciprocamensa è un’associazione che incarna perfettamente, sia nella sua visione progettuale che nella sua concreta operatività, questa complessità, per cui il cibo non rappresenta il fine, ma un mezzo importante e privilegiato per moltiplicare spazi interpersonali, materiali e simbolici, dove, attraverso il soddisfacimento di un bisogno primario come la nutrizione, si può cercare di contribuire a un miglioramento più ampio della qualità di vita delle persone (Toldo, 2018).

Come ci ricorda Nello, l’obiettivo è creare una rete di protezione, è cercare di far sentire sicure persone prive di mezzi materiali e di certezze psicologiche.   

Logo dell'Emporio Solidale

Logo dell’Emporio Solidale

Interpretare la povertà alimentare: sintomo o effetto?

Negli ultimi decenni, i temi legati alla povertà alimentare cominciano ad assumere un ruolo preponderante sia all’interno del dibattito pubblico, come in numerose ricerche accademiche, diventando così oggetto di studio e di politiche da parte di importanti organizzazioni e istituzioni internazionali. Questo accentuato e rinnovato interesse verso l’accesso al cibo è da leggere anche in relazione alla crisi economica del 2008, alla più recente pandemia e alle conseguenze della guerra in corso tra Ucraina e Russia, tutti fattori che hanno determinato inevitabilmente l’impossibilità da parte di una gran parte della popolazione, anche dei Paesi più ricchi, di soddisfare i propri bisogni primari. Infatti, i prezzi dei prodotti alimentari ed energetici sono aumentati notevolmente causando una vertiginosa crescita delle disuguaglianze socioeconomiche, del rischio di povertà ed esclusione sociale in Europa (Bozzi et al., 2023).

Considerando queste premesse risulta evidente come la questione della povertà alimentare non riguarda solo un discorso meramente legato sulla presenza e/o scarsità delle risorse quanto piuttosto dinamiche di potere e di diseguaglianza sociale che producono l’incapacità di accesso al cibo da parte di strati sempre più numerosi di popolazione. Nello specifico, considerando quanto dichiarato dalla FAO (Food and Agricolture Organization of the United Nations, 2016), la povertà alimentare si formalizza nell’incapacità di accedere ad alimenti sicuri dal punto di vista igienico e nutrienti in misura adeguata, tali da garantire una vita sana e attiva rispetto al contesto sociale d’appartenenza. Sempre secondo la FAO, questa incapacità si determina partendo da quelle che sono le dimensioni che definiscono la sicurezza alimentare: 1) Disponibilità: quando l’offerta di cibo è sufficiente a soddisfare la necessità della popolazione di riferimento; 2) Accessibilità: quando la popolazione è in grado di esprimere un’adeguata domanda di cibo; 3) Utilizzabilità: quando la popolazione è in grado di utilizzare il cibo in modo tale da garantirsi una dieta equilibrata e adeguata al proprio contesto di riferimento.

cover_cresciuti_in_frettaDi conseguenza, se ci focalizziamo sulla povertà che caratterizza le nazioni ricche, possiamo intuire come la sicurezza alimentare sia minacciata in particolare dalle ultime due componenti. I Paesi del Nord del mondo sono soggetti al cosiddetto “paradosso della scarsità nell’abbondanza” (Campiglio e Rovati, 2009): i problemi alimentari, cioè, non derivano dalla carenza delle risorse a disposizione, ma piuttosto da una mancanza di equità nella loro distribuzione. Come suggerisce Cavicchi, il fenomeno della povertà alimentare nelle nazioni ricche, va di pari passo non solo con la sovrapproduzione e l’eccesso di offerta da parte delle imprese, ma anche con lo spreco alimentare di gran parte di essa (Cavicchi, 2015).  Proprio in questo “spazio paradossale” e di complessità del fenomeno, numerose associazioni no-profit e del Terzo settore, si ritrovano ad operare in una duplice lotta, contro lo spreco al cibo e contro la povertà alimentare.

Questo panorama ci offre l’idea di una profondità della realtà che si osserva anche nelle diverse interpretazioni con cui la povertà alimentare viene analizzata e percepita. Nello specifico, è vista attraverso due strategie di lettura: come sintomo e come effetto. Interpretare la povertà alimentare come un sintomo significa enfatizzarne la dimensione statica di condizione problematica in sé, sulle cui manifestazioni è necessario intervenire tempestivamente al fine di eliminarle. Mentre, interpretare la povertà alimentare come effetto significa cogliere la natura dinamica e complessa dei processi che hanno portato le persone in una spirale che le ha progressivamente deprivate, fino al punto da rendere loro difficoltoso, soddisfare dal punto di vista qualitativo e quantitativo il proprio bisogno alimentare. Nello specifico, riprendendo anche la concettualizzazione proposta dalla FAO, contrastare la povertà alimentare rispondendo al problema della disponibilità costituisce un imperativo tattico per le azioni di policy, ma sicuramente non strategico. La riflessione deve avere infatti la capacità di comprendere i processi che stanno a monte dell’impoverimento, tra cui accessibilità e utilizzabilità, e il ruolo di accentuazione di queste dinamiche.

copertina-4-rapportoTuttavia, prima di focalizzarsi sugli enti esistenti che si attivano in questo settore a seconda anche delle interpretazioni sulla povertà alimentare, è utile osservare alcuni dati che rappresentano la realtà odierna del nostro Paese per poter al meglio inquadrare le loro azioni in un contesto così complesso e multisettoriale. In questo frangente, il recentissimo rapporto di ActionAid “Frammenti da ricomporre. Numeri, strategie e approcci in cerca di una politica” (2023), dimostra che, nel 2021, oltre il 12,1% della popolazione residente in Italia non aveva accesso a un pasto completo almeno una volta ogni due giorni o era impossibilitato a riunirsi con amici o familiari per mangiare o bere un drink almeno una volta al mese (Indicatori EUROSTAT). In ogni caso, solo quattro persone su dieci si trovano in condizione di povertà relativa, questo vuol dire che esiste una grande fetta della popolazione che vive in condizione di deprivazione alimentare pur non essendo povera (Bozzi, M et al, 2023). A sua volta, questa constatazione ci permette di ragionare riguardo al fatto che la povertà alimentare non è legata solo ad una questione di reddito ma ad una situazione di vulnerabilità sociale che attraversa differenti aree. Nello specifico, uno degli ultimi rapporti della Caritas sulla povertà alimentare mostra come alla base della richiesta d’aiuto vi siano in concomitanza problemi economici (55%), occupazionali (43%) e di disagio abitativo (18%) (Arcuri et al., 2016). Anche se questi dati riflettono un fenomeno diffuso e complesso, e quindi un’urgenza nella gestione della povertà alimentare da parte di politiche nazionali, non esiste di fatto ancora riconosciuto un diritto al cibo e, in supplenza a delle misure più organiche e specifiche, entrano in gioco attori non profit ed enti locali che si fanno carico del supporto alla povertà alimentare in diverse forme.

Infatti, se due sono le strategie interpretative della povertà alimentare, altrettante sono le politiche e le azioni messe in atto da queste realtà per contrastarle.  All’interpretazione della povertà alimentare come sintomo, corrispondono quegli enti del terzo settore che mirano a ridurre il bisogno alimentare approntando interventi pubblici e/o caritativi orientati alla fornitura di beni. Questa tipologia di servizio richiama l’idea di assistenza del beneficiario, mentre all’interpretazione della povertà alimentare come effetto corrisponde un’idea di attivazione delle persone. In questo senso, i servizi messi in atto all’interno di questa visione, cercano di contrastare le cause dei processi di impoverimento dentro i quali si materializza il bisogno alimentare (Tomei et al., 2013). Nonostante queste associazioni no profit e del terzo settore si attivino seguendo interpretazioni diverse della povertà, la loro presenza capillare sul territorio riflette una mancanza di politiche nazionali di contrasto alla povertà alimentare e di responsabile gestione dello spreco. 

I prodotti della campagna raccolti dall'Emporio Solidale (ph. Reciprocamensa)

I prodotti della campagna raccolti dall’Emporio Solidale (ph. Reciprocamensa)

Il cibo come mezzo per contrastare le diverse sfumature della povertà alimentare

La direzione appena descritta nel paragrafo precedente, che prevede un approccio olistico della povertà e quindi un ruolo multifunzionale delle pratiche legate alla distribuzione di alimenti, non deve essere vista come la realtà di tutte le associazioni no profit che lavorano in questo settore. Soprattutto non può essere letta in termini evoluzionistici, per cui ad una visione della povertà come sintomo si sostituisce un’interpretazione della povertà come effetto. Piuttosto, bisogna interpretare queste diverse pratiche come possibili risposte in atto per arginare e intercettare la complessità della questione. In questo senso, il contributo non vuole screditare le diverse associazioni che ancora lavorano attuando un approccio assistenzialista, quanto piuttosto riflette su come gli enti del terzo settore siano in grado lentamente di spostare le loro azioni in conformità con le dinamiche della realtà.

Tradizionalmente, le associazioni che si interessavano a queste tematiche, operavano attraverso l’istituzione di mense e distribuzione di borse con alimenti a persone perlopiù prive di capacità di acquisto sul libero mercato. Il cibo viene visto qui come il fine ultimo, per cui il bisogno da colmare è quello meramente alimentare e la consegna del cibo avviene proprio con questo spirito (Tomei et al., 2013). Tuttavia, come già anticipato nel primo paragrafo, a causa delle diverse frammentazioni e disgregazioni sociali degli ultimi decenni, la povertà alimentare si è andata avvicinandosi sempre di più al concetto di vulnerabilità sociale. All’interno di questa prospettiva, il cibo, pertanto, non è solamente distribuito, cambiano i parametri, non è più l’oggetto di policies, ma soggetto di dinamiche altre; il cibo accompagna. In questa visione, le associazioni integrano il diritto al cibo con il soddisfacimento dei nuovi bisogni verso un unico obiettivo: ricostruire un’identità, un progetto di vita e restituire dignità alle persone (Rizzi, 2015). Le associazioni che lavorano ancora con i pacchi e/o le buste alimentari, fanno fatica ad intercettare tutte queste sfaccettature e, di fronte a questa rilevanza, il dibattito scientifico e professionale ha evidenziato alcuni limiti sostanziali in questo strumento, in particolare nell’incapacità di innescare processi di capacitazione (Fontefrancesco et al., 2022). Tuttavia, la scelta della modalità di supporto ai bisognosi di aiuto alimentare non dipende solamente dall’interpretazione del cibo come sintomo o effetto ma anche dal caso specifico, rispondendo in questo modo alle diverse necessità dei beneficiari.

In questa ampia e generale presentazione, possiamo collocare il lavoro di Reciprocamensa all’interno del filone delle pratiche legate all’idea dell’aiuto alimentare come processo di costruzione di nuove relazioni e di risignificazione del ruolo del cibo nell’affrontare la povertà alimentare. Nello specifico, l’associazione chierese opera attraverso la condivisione, la tessitura di legami e responsabilizzazione dei beneficiari. In questo senso, Reciprocamensa considera la povertà alimentare come un effetto e cerca di arginare le cause di questa realtà attraverso il cibo stesso che non è più solamente un bisogno da colmare ma un mezzo per nutrire alcune necessità che prendono forma in diseguaglianze sociali. 

la nuova sede dell’Emporio Solidale (ph. Reciprocamensa)

La nuova sede dell’Emporio Solidale (ph. Reciprocamensa)

Reciprocamensa: raccogliere, accogliere, scegliere

Reciprocamensa è una realtà attiva impegnata sia contro lo spreco che contro la povertà alimentare. Ma non è solo questo, è un insieme di pratiche rivolte all’accoglienza delle persone che usufruiscono dei servizi, considerando il bisogno di relazione come la prima necessità da soddisfare. I beneficiari di questa associazione sono tutte persone residenti nel Comune di Chieri, segnalate dal Comune stesso o dai servizi sociali locali, i quali comunicano e inviano a Reciprocamensa i loro nominativi affinché possano usufruire direttamente dei servizi che offrono. Oltre a garantire un pasto caldo e un momento di condivisione a un numero ristretto di beneficiari, i volontari di Reciprocamensa offrono la possibilità due volte alla settimana a un numero pari di 280 persone circa di accedere all’Emporio Solidale.  Sono tutti individui con un reddito inferiore ai 6000 euro e hanno una composizione eterogenea sia in termini di provenienza, che anagrafica e di genere. Queste differenze tra beneficiari sollecitano un continuo scambio tra loro e i volontari ma anche tra loro stessi, in una dimensione di continuo riconoscimento tra le diverse persone.

Per quanto concerne i diversi servizi offerti, la mensa attraverso i pasti caldi condivisi crea una possibilità di interazione continua tra i soggetti coinvolti. Ovviamente, concepire il diritto al cibo in questi termini, richiede tempo, non a caso come ricorda Francesco «l’età media dei volontari è tra i 60/70 anni, qualcuno anche qualcosa in più. Siamo tutti pensionati». Infatti, chi collabora in questa realtà sono perlopiù «tutte persone che hanno tempo e sono desiderosi di metterlo a disposizione» (Nello). Anche Anna spiega come «tempo e pazienza fanno parte del gioco», sono componenti essenziali per garantire un servizio che corrisponde e rifletta i diversi bisogni dei beneficiari. Per quanto riguarda invece la realtà dell’Emporio, la sua formazione deriva anche dalla fusione di diverse associazioni benefiche che distribuivano i sacchetti alimentari sul territorio chierese. Francesco ci ricorda come questo passaggio è stato fondamentale per una visione del cibo come mezzo. Infatti, secondo lui: 

«l’Emporio ti dà prodotti diversi per le esigenze di casa e personali… perché qui noi diamo detersivi, disinfettanti. C’è un assortimento più ampio ed è ovvio che la gente preferisce venire qua […] perché tu vedi che chiunque si ferma, le persone sanno dove è la roba ma si fermano a controllare quello che prendono. Io noto queste cose, però si fermano, pensano, hanno un attimo di pensiero riguardo a cosa hanno in casa o meno». 

Il beneficiario in questo contesto può esprimersi, si genera così uno scambio non gerarchizzante tra volontari e beneficiari. Questo è particolarmente evidente in un contesto che permette la scelta tra diversi beni da parte dei soggetti che usufruiscono del servizio. L’Emporio obbliga alla riflessione, le persone hanno il diritto e il dovere di scegliere quello che li nutre (Fontefrancesco et al, 2022). Il beneficiario si trova a responsabilizzarsi, da un lato, ma a condividere e sentirsi parte dall’altro. Infatti, Reciprocamensa è «aggregazione e solidarietà» sostiene Anna in quanto come volontario: 

«cerchi di creare un rapporto, perché quelle persone che vengono a mangiare hanno bisogno di un rapporto. Quindi ti devi mettere lì, parlare e comunicare con loro, sentire le loro necessità, le loro lamentale, sentire tutto quello che ti dicono […]. Non dico che devi essere un assistente sociale, però in quell’ora e mezza/due ore che parli con loro, che chiacchierano… Bisogna dar loro serenità. Perché loro hanno bisogno di quello, perché hanno un sacco di problemi» (Francesco, 2023). 
I volontari in cucina per i preparativi per la mensa (ph. Reciprocamensa)

I volontari in cucina per i preparativi per la mensa (ph. Reciprocamensa)

Il lavoro di Reciprocamensa si basa su una continua negoziazione di posizioni tra beneficiari stessi e beneficiari e volontari, è un canale di scambio e opportunità che trasforma il momento di dare il cibo da azione legata al distribuire un alimento a pratica connessa al nutrire una persona. Il nutrire è inteso nella sua accezione più ampia, come crescita e capacità di produrre i mezzi necessari al sostentamento. In questo caso, si tratta di sostenere le persone nei loro bisogni legati alla (ri)costruzione di un’individualità e di una comunità capace di accogliere. Se da un lato Reciprocamensa lavora sulla creazione di una rete interna ai soggetti che ne fanno parte, l’associazione collabora e si connette ad altre istituzioni e realtà del territorio. Oltre ad avere una stretta collaborazione con il comune e i servizi sociali, come precedentemente descritto, Reciprocamensa collabora con altre realtà territoriali che operano in termini di aiuti alimentari, cercando di intrattenere con loro una comunicazione continua per non agire in termini di competitività ma di collaborazione. Infatti, Chieri, definita anche “Cento torri” per la vasta presenza di chiese e di realtà cattoliche sul territorio, sembra essere una dimensione in cui sono presenti enti di diversa matrice, non solo cattolica, impegnate a contrastare in maniera più o meno sinergica diverse forme di disagio sociale. In questo senso, Reciprocamensa si inserisce in un contesto già costellato da un alto livello di associazionismo, cercando di portare sul territorio un cambiamento di visione della povertà alimentare, concepita come effetto, attraverso una collaborazione e interazione con i vari enti già presenti. Tentativi non sempre facili perché da un lato c’è una scarsa conoscenza civica delle realtà che lottano contro lo spreco alimentare (Anna), dall’altro lato c’è una sorta di risentimento da una parte della popolazione all’istituzionalizzazione di certi servizi perché visti come portatori di confusioni e insicurezza (Nello).

Chieri, Piazza Cavour (ph. reciprocamensa)

Chieri, Piazza Cavour (ph. Reciprocamensa)

Queste dinamiche tra cittadini e associazioni caritative sono tipiche di tante realtà territoriali, ma nel contesto chierese sembrano essere ulteriormente evidenti perché la povertà rappresentava fino a poco tempo fa un fenomeno marginale al contesto della città. Infatti, «negli anni 70/80 facevano a gara per abitare qui, era il paese dei nobili ma ora è un paese come tutti gli altri» (Francesco). In questo senso, come in tutti i paesi, seppur con intensità diverse, anche a Chieri oggigiorno si incontrano persone che hanno più bisogno di altre. Tuttavia, è proprio in merito a questa grande presenza di associazioni che la cittadina si inserisce nella complessità di un tessuto sociale diverso da un tempo e diversificato. In questo senso, queste realtà devono essere lette non come spazi di confusione e di insicurezza, quanto piuttosto come luoghi di mitigazione e cooperazione tra popolazioni diverse.

Tuttavia, la loro presenza e la loro capacità di intercettare situazioni così complesse come quella della vulnerabilità sociale, non possono diventare un alibi per le politiche nazionali di non azione. Al contrario, servirebbe un continuo dialogo tra i vari livelli di governance e una comunicazione costante tra la quotidianità di queste associazioni, specchio di un andamento sociale, e i gradi più alti che prendono le decisioni a riguardo.

Infine, Reciprocamensa è anche il prodotto di uno sforzo collettivo che, come tante altre realtà, ha bisogno di un riconoscimento non in termini di apprezzamento ma di accorgimento. Accorgersi di questi spazi è necessario per poter capire essenzialmente due cose. Da un lato, osservare il disagio sociale che continua ad espandersi e crescere in maniera più sfumata, articolata e sommersa, ma sempre più capillarmente diffusa, dall’altro lato comprendere quali sono gli elementi per andare oltre questa situazione, perché la distribuzione del cibo diventa «un luogo di benessere» (Nello) se accompagnato dal tempo, dalla pazienza, dall’ascolto e dalla responsabilizzazione.

Dialoghi Mediterranei, n. 65, gennaio 2024 
Note
[1] Le interviste ai tre volontari si sono svolte separatamente durante il mese di settembre 2023, a Chieri.
Riferimenti bibliografici 
ActionAid (2021), La fame non raccontata. La prima indagine multidimensionale sulla povertà alimentare in Italia e il Covid-19, Milano.
ActionAid (2022), Cresciuti troppo in fretta. Gli adolescenti e la povertà alimentare in Italia, Milano.
Arcuri, S et al (2016), Lotta allo spreco, assistenza alimentare e diritto al cibo: punti di contatto e controversie, Agriregionieuropa.
Barrett, C. (2002), Food security and food assistance programs, Handbook of Agricultural economics.
Bozzi, M et al, (2023), Frammenti da ricomporre. Numeri, strategie e approcci in cerca di una politica, ActionAid.
Campiglio, L. & Rovati, G. (2009), La poverta’ alimentare in Italia. prima indagine quantitativa e qualitativa, Guerini e Associati.
Caritas (2023), La povertà in Italia secondo i dati della Caritas, Report statistico 2023.
Caritas (2015), Povertà plurali. Rapporto 2015 sulla povertà e l’esclusione sociale.
Caritas (2014), False partenze. Rapporto 2014 sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia.
Cavicchi, A. (2014), Old crises on new plates or old plates for a new crises? Food banks and food insecurity, British Food Journal.
FAO (2016) http://www.fao.org/economic/ess/ess-fs/en/
Fontefrancesco M. F., Boscolo A., (2022), L’emporio sociale: un modello di capacitazione ed inclusione sociale, in “Narrare i gruppi, etnografia dell’interazione quotidiana”, vol. 17, n. 1 (ISSN.2281-896°)
Reciprocamensa https://reciprocamensa.it/
Toldo, A. (2018), Povertà e assistenza alimentare: il sistema del cibo d’emergenza a Torino, FrancoAngeli, Milano.
Tomei, G., Caterino, L., (2013), Un’indagine sulla povertà alimentare, Pisa University Press. 

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Elena Brusadelli, dottoranda in Scienze Regionali e Geografia economica presso l’Unità di Scienze Sociali, del GSSI, in precedenza ha lavorato come ricercatrice in Sociologia dell’Ambiente e Territorio presso l’Università degli Studi di Torino. Ha conseguito una laurea magistrale in Area and Global Studies for International Cooperation con una tesi sul valore delle aree rurali. Ha lavorato anche in Ecuador per sei anni mesi per il FEPP, una Ong che sostiene lo sviluppo rurale delle comunità indigene andine della provincia del Chimborazo, contribuendo a progetti di empowerment comunitario delle associazioni femminili del Cantone di Guamote. I suoi interessi di ricerca riguardano la geografia rurale, rapporti di spazio e potere, convivenza tra popolazioni diverse (esseri umani e esseri non umani) nei territori rurali e diseguaglianze spaziali.

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