Stampa Articolo

Andrea Algerì e le memorie sottratte al fango

Andrea Algerì

Andrea Algerì

di Sergio Todesco

In una delle sue opere più pregnanti (Morte e pianto rituale, 1958) Ernesto de Martino definiva in questi termini la civiltà: 

«Se volessimo definire l’umana civiltà nel giro di una espressione pregnante, potremmo dire che essa è la potenza formale di far passare nel valore ciò che in natura corre verso la morte: è infatti per questa potenza formale che l’uomo si costituisce come procuratore di morte nel seno stesso del morire naturale, imbrigliando in una regola culturale del passare quanto passa senza e contro l’uomo». 

Burgisi con massari, anni 10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Burgisi con massari, anni ’10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Famiglia contadina, anni 10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Famiglia contadina, primi 900 (ph. Andrea Algerì)

De Martino poneva in tal modo l’accento sulla cifra costitutiva della cultura umana, consistente in un incessante lavorìo di conferimento di senso all’esistenza basato sul recuperare come valore condivisibile ciò che, sottratto al controllo umano, altro non sarebbe che una mera vicenda priva di significati e destinata passare senza lasciare traccia.

Militello Rosmarino, Cerimonia ricordo degli emigrati, anni '10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Cerimonia ricordo degli emigrati, anni ’10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Cerimonia pubblica per i caduti, anni '10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Cerimonia pubblica per i caduti, anni ’10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Coppia di contadini, primi 900 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Coppia di contadini, primi 900 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Coppia 1920 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Coppia 1920 (ph. Andrea Algerì)

Credo che un lavorìo di tal genere sia consustanziale al lavoro del fotografo che intenda non soltanto documentare una certa realtà ma anche – attraverso il prodotto della luce, della chimica e del suo sguardo – conferire a essa senso, dotarla cioè di un surplus in grado di significare anche quando tale realtà cesserà di esistere.

Militello Rosmarino, Matrimonio, anni '10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Matrimonio, anni ’10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Processione della vara di San Biagio, anni '10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Processione della vara di San Biagio, anni ’10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Gruppo femminile, 1920 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Gruppo femminile, 1920 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Figura femminile 1920 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Figura femminile 1920 (ph. Andrea Algerì)

Si usa dire che la fotografia è un potente dispositivo di fissazione dell’identità, sia essa di ordine territoriale, sociale, esistenziale. Io sarei piuttosto portato a ritenere che la fotografia, in specie il ritratto fotografico ove la persona, il volto sono al centro dello sguardo fotografico, costituisca il luogo privilegiato in cui l’identità di ciascuno (luogo o persona che sia, ma soprattutto questa ultima in grado eminente) si trovi impegnata in un perenne processo negoziatorio i cui confini si continuano a definire senza mai arrestarsi in un assetto definitivo. Non a caso Roland Barthes definiva spectrum la persona ritratta, quasi a metterne in luce la vocazione “fantasmatica”, cangiante, evanescente. Spettrale appunto.

Militello Rosmarino, Scampagnata al pagghiaru, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Scampagnata al pagghiaru, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Battuta di caccia, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Battuta di caccia, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Figura maschile, anni '10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Figura maschile, anni ’10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Militari con neonato, anni '10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Militari con neonato, anni ’10 (ph. Andrea Algerì)

Come ho avuto modo di scrivere in un precedente contributo, negli anni ’90, ancora direttore della Sezione per i Beni Etno-antropologici presso la Soprintendenza di Messina, ho avviato un progetto riguardante il censimento e l’eventuale recupero e valorizzazione dei corpora di tutti i fotografi che a vario titolo, da professionisti o come amatori evoluti, avessero documentato la vita e la cultura delle comunità di paese in provincia di Messina nella prima metà del secolo scorso. L’iniziativa consentì nel giro di qualche anno l’individuazione nel territorio della provincia di almeno dieci fotografi che avevano lasciato tracce del proprio lavoro, ma alcuni indizi raccolti presso numerosi paesi lasciavano presumere che tale produzione fosse stata nel passato oltremodo ampia e di tutto rispetto, quantitativamente e qualitativamente.

Militello Rosmarino, Bambini 1920 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Bambini, 1920 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Sposi, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Sposi, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

Durante una delle ordinarie attività istituzionali ho appreso che a Militello Rosmarino, paese nebroideo in cui mi accingevo a promuovere il restauro della Vara processionale di San Biagio, il santo patrono, aveva esercitato la sua attività in anni ormai lontani Andrea Algerì che era stato, dalla fine dell’800 sino al 1923 anno della sua morte, il fotografo ufficiale del paese. In quell’occasione mi fu anche riferito, con mia meraviglia, che gli ultimi eredi del fotografo si erano disfatti, proprio poco tempo prima, delle lastre del lontano parente gettando in una scarpata alcune casse che, a detta degli informatori, dovevano contenerne alcune migliaia. Di fronte alle mie espressioni di rammarico rispetto a tale atto inconsulto, un’associazione locale decise di tentare un recupero di questo patrimonio, rimasto purtroppo esposto alle intemperie durante un’intera stagione invernale. Detto fatto, alcuni volontari (in particolare Antonino Valchida), allestito un rudimentale paranco, si calarono in quello che era un vero e proprio sbalanco procedendo faticosamente al recupero delle casse, ormai fortemente aggredite dalle acque piovane.

Militello Rosmarino, Famiglia borghese, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Famiglia borghese, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

La ricognizione delle casse mostrò che gran parte del loro contenuto era stata ormai compromessa dall’azione degli acidi, e che delle migliaia di lastre ne rimanevano leggibili e stampabili, ancorché in gran parte fortemente danneggiate lungo i bordi, solo centonovanta. Di tali poveri lacerti il solerte Valchida provvide a stampare i positivi, dai quali risultò evidente la grande perizia di questo fotografo. Dalle notizie attinte presso persone anziane del paese mi fu poi possibile ricostruirne una scarna biografia.

Militello Rosmarino, Gruppo famliare, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Gruppo familiare, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Gruppo familiare, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Gruppo familiare, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

Andrea Algerì nacque a Militello Rosmarino nel 1877 e quivi trascorse la sua non lunga esistenza esercitando, probabilmente a partire dagli ultimi anni del secolo, l’attività di fotografo. Della sua vita non si conoscono molti particolari. Il padre, Giuseppe, apparteneva alla borghesia terriera, ceto sociale che nella seconda metà dell’Ottocento conduceva una esistenza ancora abbastanza agiata; la madre, Teresa Anello, proveniva da un ceto più elevato, o almeno considerato tale, potendo contare nella propria famiglia elementi inseriti tutti in una classe impiegatizia medio-alta (insegnanti, notai, speziali, ect.) che godeva di largo e consolidato prestigio, soprattutto in un ambiente paesano quale quello militellese. Algerì, non sappiamo quando, sposò un’insegnante elementare, Filippa Cartaraso, da cui ebbe una figlia, Lina.

Militello Rosmarino, Figure maschili, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Figure maschili, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Dandy, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Dandy, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Cacciatore, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Cacciatore, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

Egli aprì, e mantenne fino alla morte, il suo laboratorio in Via Umberto, in uno stabile facente parte dell’ex Monastero delle Benedettine situato proprio dirimpetto la sua abitazione. Oggi il Monastero non esiste più, essendone stata demolita l’ultima ala intorno alla metà degli anni ’70. Algerì aveva molti clienti, trovandosi a essere l’unico fotografo “stabile” del paese (a differenza dei fotografi girovaghi molto attivi in quel periodo su tutto il territorio della provincia); il lavoro di routine era naturalmente costituito dalle foto per tessera e passaporti, ma la sua produzione, della quale ci rimangono folgoranti esempi, riguarda soprattutto la ritrattistica applicata su singoli soggetti o su interi gruppi familiari in cui manca spesso la figura maschile, dato da cui era lecito ipotizzare che le foto commissionategli fossero state in gran parte scattate durante l’assenza del capo famiglia durante la Grande Guerra o destinate a raggiungere gli emigrati in America, Argentina, Australia fornendo a essi notizie e trasmettendo messaggi iconici sulle famiglie rimaste in Italia. Alcuni informatori ricordavano ancora che da Algerì si recassero abitualmente i novelli sposi per la tradizionale foto degli otto giorni (scattata otto giorni dopo il matrimonio).

Militello Rosmarino, Cacciatore a cavallo, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Cacciatore a cavallo, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Figura femminile, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Figura femminile, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

Nonostante la sua attività principale fosse quella di fotografo, Algerì veniva ancora ricordato per la sua abilità nel riparare orologi, fucili, pistole e meccanismi di precisione in genere. Praticava con passione la caccia, ma l’attività venatoria non lo indusse mai, per quanto possiamo arguire dalla produzione superstite, a estendere il raggio d’azione dalla pratica di fotografo oltre i naturali confini del territorio paesano. Andrea Algerì morì a Militello il 10 dicembre 1923 per complicazioni insorte in seguito a un’ulcera. Le sue spoglie sono oggi conservate nel cimitero del paese.

Militello Rosmarino, Gruppo familiare, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Gruppo familiare, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Gruppo familiare, anni '10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Gruppo familiare, anni ’10 (ph. Andrea Algerì)

Da tale superstite produzione risulta come l’attività fotografica di Algerì privilegiasse le figure umane, tanto singole quanto in gruppo, anche se non mancano immagini che ritraggono scorci del suo paese o eventi che ne segnavano le giornate storiche. Nelle sue foto si snoda così la trama quotidiana di una società composta da pastori, contadini e borghesato, divisa tra attività lavorative e produttive e momenti cerimoniali e rituali religiosi e laici, ma desiderosa soprattutto di rappresentarsi utilizzando un mezzo, a quei tempi e in quel contesto territoriale, ancora nuovo. Nelle immagini di Algerì spiccano il “garbo” mostrato dai soggetti fotografati nell’abbigliamento e nelle acconciature, le diverse fogge vestiarie ancora proprie di una società contadina (con la presenza, ad esempio, della mèusa, il tradizionale copricapo maschile), la testimonianza dell’utilizzo della fotografia per immortalare a perenne memoria i corpi degli infanti morti anzitempo, la rappresentazione degli sporadici eventi festivi, la festa di San Biagio in primo luogo, ma soprattutto la ritrattistica dei nuclei familiari i cui componenti erano indotti ad autorappresentarsi al fine di ricavare per se stessi elementi rafforzativi della propria identità sociale ovvero di trasmettere a parenti lontani testimonianze iconiche delle loro attuali fattezze.

Militello Rosmarino, Gruppo femminile, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Gruppo femminile, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Gruppo maschile, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Gruppo maschile, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Gruppo familiare, anni '10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Gruppo familiare, anni ’10 (ph. Andrea Algerì)

L’elemento che accomuna le immagini risulta essere la serietà con la quale le persone ritratte si atteggiano di fronte all’obiettivo del fotografo, indice questo certamente del comune milieu culturale proprio di una società adusa a vivere affrontando duri regimi esistenziali e pertanto poco propensa a esibire momenti di evasione da una condizione scandita dal dover essere, ma fors’anche di un istintivo atteggiamento di diffidenza nutrito verso un medium, quello fotografico, percepito come dispositivo tendenzialmente vettore di perils of the soul, attraverso la cattura delle parti più intime della persona.

Militello Rosmarino, Neonata defunta, anni '10 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Neonata defunta, anni ’10 (ph. Andrea Algerì)

Antonino Buttitta, che ai temi dell’identità e della memoria ha dedicato più di una riflessione nel corso del suo alto magistero, ci ricorda – citando Agostino – che la memoria è presente del passato, e che quindi la fotografia è innanzitutto memoria. Una memoria che seppur filtrata attraverso la reciprocità degli stereotipi sempre presenti in un rapporto tra fotografo e persona fotografata, rimane in ogni caso un potente dispositivo utile a stabilire la solidità o la debolezza delle identità sociali. In essa convergono e si stratificano infatti le esperienze trascorse, le varie fogge che la persona ha assunto nel corso della propria esistenza, le concezioni del desiderabile raggrumatisi in valori e le diverse fasi che hanno segnato la costruzione dell’identità di ognuno.

Militello Rosmarino, Matrimonio, anni '20 (ph. Andrea Algerì)

Militello Rosmarino, Matrimonio, anni ’20 (ph. Andrea Algerì)

E tutto ciò, non già in maniera irrelata e casuale ma attraverso un misterioso equilibrio tra ciò che passa e ciò che rimane, tra mutamento e persistenza disciplinati da quell’attitudine che Hegel chiamava Aufhebung, un togliere e conservare, processo dialettico che in ogni persona determina ciò che è vivo (ma non del tutto) e ciò che è morto (ma non in modo definitivo…).

Al di là di tali considerazioni, opinabili al pari di ogni indagine condotta a distanza di un secolo e priva della possibilità di disporre di alcuna approfondita conoscenza dei contesti, ormai perciò resasi labile per l’assenza di un’adeguata trasmissione orale, le immagini create dallo sguardo fotografico di Andrea Algerì e fortunosamente salvate dall’oblio appaiono, a quanti oggi si volgano loro, le ormai disperse tessere di un mosaico che un tempo dovette essere assai più vario e articolato di quanto le attuali povere carte corrose dagli acidi possano mostrare. 

Dialoghi Mediterranei, n. 65, gennaio 2023  
Riferimenti bibliografici 
Agostino d’Ippona, Le Confessioni, Milano, Mondadori, 1984. 
Barthes, R., La camera chiara: nota sulla fotografia, Torino, Einaudi, 1980. 
Bufalino G., Il tempo in posa: immagini di una Sicilia perduta, Palermo, Sellerio, 1992. 
Buttitta A. Vincere il drago: tempo, storia, memoria, Palermo, Sellerio, 2022. 
Buttitta A., Cusumano A., Lo specchio della memoria: un secolo di fotografia a Campobello, Palermo, Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari, 1992. 
De Martino E., Morte e pianto rituale: dal lamento funebre antico al pianto di Maria, Torino, Einaudi, 2021 (nuova ed.). 
Faeta F. (a cura di), Saverio Marra fotografo: immagini del mondo popolare silano nei primi decenni del secolo, Milano, Electa, 1984; Id., Le figure inquiete: tre saggi sull’immaginario folklorico, Milano, Franco Angeli, 1989; Id., Strategie dell’occhio: etnografia, antropologia, media, Milano, Franco Angeli, 1995; Id., Il santo e l’aquilone: per un’antropologia dell’immaginario popolare nel secolo XX, Palermo, Sellerio, 2000. 
Gilardi A., Muzi Falconi M., Seppilli T., La famiglia italiana in 100 anni di fotografia, Milano, Cooperativa “Il libro fotografico”, 1968. 
Hegel G.W.F., Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, 2 voll., Bari, Laterza, 1971. 
Perricone R. (a cura di), Il volto del tempo: la ritrattistica nella cultura popolare, Calamonaci, Associazione socio-culturale “Michele Palminteri”, 2001; Id., I ricordi figurati: ‘foto di famiglia’ in Sicilia, in G. De Luna, G. D’Autilia, L. Criscenti (a cura di), L’Italia del Novecento: le fotografie e la storia, vol. III, Gli album di famiglia, Torino, Einaudi, 2006, pp. 166-221; Id., Oralità dell’immagine: etnografia visiva nelle comunità rurali siciliane, Palermo, Sellerio, 2018. 
Todesco S. (a cura di), Fotografi di paese: Andrea Algerì, Angelino Patti, Benedetto Rubino, Messina, G.B.M., 1995; Id. (a cura di), Angelino Patti: fotografo in Tusa, Palermo, Assessorato BB.CC.AA. e P.I., 1999. 
Todesco S., Mancuso A. (a cura di), Album: lavoro splendore e miseria, nascita e morte, (foto di Angelino Patti e Calogero Franchina), Messina, Magika, 2015. 

_____________________________________________________________ 

Sergio Todesco, laureato in Filosofia, si è poi dedicato agli studi antropologici. Ha diretto la Sezione Antropologica della Soprintendenza di Messina, il Museo Regionale “Giuseppe Cocchiara”, il Parco Archeologico dei Nebrodi Occidentali, la Biblioteca Regionale di Messina. Ha svolto attività di docenza universitaria nelle discipline demo-etno-antropologiche e museografiche. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni, tra le quali Teatro mobile. Le feste di Mezz’agosto a Messina, 1991; Atlante dei Beni Etno-antropologici eoliani, 1995; IconaeMessanenses – Edicole votive nella città di Messina, 1997; Angelino Patti fotografo in Tusa, 1999; In forma di festa. Le ragioni del sacro in provincidi Messina, 2003; Miracoli. Il patrimonio votivo popolare della provincia di Messina, 2007; Vet-ri-flessi. Un pincisanti del XXI secolo, 2011; Matrimoniu. Nozze tradizionali di Sicilia, 2014; Castel di Tusa nelle immagini e nelle trame orali di un secolo, 2016; Angoli di mondo, 2020; L’immaginario rappresentato. Orizzonti rituali, mitologie, narrazioni (2021).

_____________________________________________________________

 

Print Friendly and PDF
Questa voce è stata pubblicata in Cultura, Immagini. Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>