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La croce di Agadez, simbolo del mondo tuareg e saheliano

Croce di Agadez

Croce di Agadez

di Ada Boffa 

In questo articolo discuteremo di due principali gruppi tuareg nigerini: gli Iullemmeden (Kel Attaram) che vivono nell’ovest del Paese nella regione di Tillabéry e il Kel Dinnik situato a est nella regione di Tahoua) e i Tuareg Kel Aïr, che abitano nel massiccio dell’Aïr situato a nord della città di Agadez, area famosa per la produzione di manufatti artigianali a forma di croce.

Questo pendente a forma di croce è oggi il gioiello tuareg più conosciuto al mondo; la sua notorietà, dovuta anche grazie al turismo, ha fatto sì che la croce di Agadez sia l’emblema del mondo tuareg e del Niger. Dietro questi cambiamenti nello status della croce di Agadez emergono gli sconvolgimenti socio-culturali subiti dalla società tuareg e dalle società africane nel loro insieme nel contesto della colonizzazione, poi della globalizzazione.

Prima di parlare della croce di Agadez in senso stretto, è necessario ripercorrere tutti i pendenti tuareg che in italiano chiamiamo “croci” e che hanno in comune la tecnica realizzativa e un aspetto abbastanza formale di chiusura. In precedenza, alcune di queste “croci” erano realizzate in pietra tenera chiamata in tamasheq: talhakim, mentre altre sono eseguite in argento e chiamate: tayit (sing. tanayilt). A differenza della maggior parte degli altri gioielli dei Kel Aïr in argento, i tayit sono stati realizzati utilizzando la tecnica della cera persa: si basa – come è noto – sulla colatura di metallo fuso all’interno di una forma negativa; quindi si esegue in cera la scultura che si vuole trasformare in bronzo, ma vuota.

Al giorno d’oggi, la stragrande maggioranza di questi gioielli sono creati in metallo (argento o nichel), di cui ci sono ventidue esemplari, diciannove dei quali sono divenuti simboli delle località o della catena montuosa del Niger (Aïr, Bagzan). Le tre croci che oggi non vengono presentate come simboli territoriali sono quelli di “Mano Dayak”, nome di un capo tuareg e personalità attiva durante la prima ribellione degli anni ‘90, la croce karagha che significa “letto” in hausa, e la croce bartchakea che significa “molto decorata” in tamasheq di Agadez.

Diversi tipi di Talhakim

Diversi tipi di Talhakim

Tra le croci più note, vi sono: la croce Karagha (due modelli raccolti da Foureau prima del 1902 nell’Aïr, uno dei quali si chiama “fibbia a cinghia per méhari”), la croce Bartchakea (una copia riportata dall’Aïr da Yves Urvoy e catalogata nel 1934), la croce di In Gall chiamata in tamasheq Tanfouk n’agraf, la croce di Timia detta Zakkat, la croce di Zinder detta Tchineletin, la croce di Iférouane detta Tariselt, la croce di Tahoua, detta Teneghelt Tan Tahoua. La croce di “Mano Dayak” è, da parte sua, la più recente delle ventidue croci del Niger. È stata creata nel 1996, dall’enad (fabbro) Assaghid (intervista a El Hadji Agack, 2009) ed acquistata dalla maggioranza da stranieri occidentali.

Diversi tipi di Talhakim

Diversi tipi di Talhakim

Almeno otto di queste croci, tuttavia, erano gioielli indossati principalmente dalle donne tuareg nella regione di Agadez. Ci sono informazioni, documenti fotografici e scritti che attestano questo uso locale delle croci ma è difficile acquisire dati certi che dimostrano che avrebbero potuto essere usati in un contesto indigeno; ma cinque di loro (Aïr, d’In Abangaret, Bilma, Crip-Crip e Madaoua) esistevano prima della indipendenza del Niger, il che potrebbe suggerire se fossero usati (principalmente) da uomini o donne tuareg. Sembra quindi che la storia di queste “croci del Niger” sia difficile da stabilire, ma è possibile affermare che fossero gioielli probabilmente utilizzati dalla popolazione tuareg stessa (croci di Karagha, Bartchakea, di In Gall, di Timia, di Zinder, di Iférouane, di Tahoua, croce dell’Aïr, di Takadenden, di Tchintabaraden, di Bilma, da Crip-Crip, da In Abangaret, da Madaoua, croce Bagzan).

Diversi tipi di Talhakim

Diversi tipi di Talhakim

Il termine tamasheq per la “Croce di Agadez” è Teneghelt. Questa parola deriva dalla parola enghel, cioè “scorrere”, che può essere flusso di acqua o qualsiasi altro liquido, come il metallo fuso. Questo termine si riferisce quindi alla tecnica di lavorazione a cera persa utilizzata per realizzare la croce d’Agadez. I Teneghelt sarebbero nati nell’Aïr, e da lì si sarebbero diffusi in tutto il resto della zona d’influenza tuareg seguendo tre direzioni: a nord per raggiungere l’Ihaggaren di Hoggar, a ovest per arrivare nell’Adrar des Ifoghas, passando in Azawak tra gli Ioullemeden, e a sud fino al paese Hausa (a sud di Niger) dove risiedono i Kel Gress.

Se la sua origine geografica non è più dibattuta, numerose sono tuttavia le ipotesi riguardanti la sua origine stilistica. La prima è vedere nella croce di Agadez una versione tuareg del segno faraonico Ankh della XVIII dinastia. Ma questa tesi sembra non plausibile data la mancanza di coerenza stilistica e l’assenza di forme intermedie che permettono di spiegare l’evoluzione formale tra l’Ankh e il Teneghelt. Una seconda ipotesi considera possibili origini cartaginesi della croce d’Agadez, in seguito alla scoperta di Maurice Reygasse nel 1926 della cosiddetta tomba della regina Tin Hinan ad Abalessa in Hoggar, i cui gioielli con influenze bizantine somigliano, secondo alcuni studiosi, ai modelli Tuareg che conosciamo. Un’ultima ipotesi ritiene che la croce di Agadez abbia un legame formale con la Tanfouk.

agadez-cartinaQuesto gioiello in pietra rossa sarebbe originario di Cambay, nell’India occidentale, e lo sarebbe importato da mercanti indiani che commerciavano con la Mecca e Medina, e da lì, sarebbe arrivato in Africa diversi secoli fa via Pellegrini Hausa. Sempre secondo, altri studiosi, dalla forma di Tanfouk sarebbe nata la Zakkat o “croce di Timia”. Effettuando uno studio iconografico rispetto a Zakkat, Tanfouk n’azraf, che significa “Tanfouk d’argento” (croce di In Gall), il Tenalit (croce di Zinder), il Tariselt  croce di Iférouane), il Teneghelt (croce di Agadez) e il Teneghelt tan Tahoua (croce di Tahoua), questi autori rispettivamente avanzano l’idea che: la croce di In Gall potrebbe essere la riproduzione della Zakkat, incastonata con un’agata; la croce di Zinder sarebbe un modello più elaborato di Zakkat ; e le croci di Iférouane e Agadez sarebbero versioni complesse.

Tuttavia, questi autori non spiegano la presenza di escrescenze decorative sulle croci di Iférouane, Agadez e Tahoua assenti da Zakkat (e per estensione di Tanfouk). Queste raffinate punte a forma di cono sono disposte su tre delle estremità di queste croci a guisa di bottoni decorativi conici o forme arrotondate che ornano la croce di “Jeannette”. Questi bottoni decorativi ricordano anche quelli, tondeggianti, che ornano l’estremità di certi pendenti berberi e moreschi a forma di diamanti e realizzati con la tecnica della granulazione.

eb_couv_14-small500La storia di Teneghelt è quindi difficile da stabilire quanto quella delle venti altre croci più antiche del Niger. Si può tuttavia affermare che i gioielli tuareg hanno più di un secolo, poiché ce n’erano due esemplari raccolti dall’esploratore francese Fourreau, tra il 1898-1900: ne è stato riportato uno da Zinder (Niger meridionale), l’altro da Agadez e sono oggi entrambi conservati al Musée du Quai Branly a Parigi.

Per quanto riguarda l’interpretazione del simbolismo della croce di Agadez, numerosi autori suggeriscono che rappresenti lo status sociale e il gruppo a cui apparteneva chi lo indossava. Per alcuni studiosi sarebbe un simbolo di ricchezza, altri invece hanno, da parte loro, posto diverse ipotesi: potrebbe trattarsi di un talismano fortunato oppure di un simbolo sessuale o di fertilità come il segno cartaginese di Tanit o Astarte tra i Fenici.

Per quanto riguarda il sesso di chi lo indossa, anche qui regna la confusione. Diversi autori che hanno condotto studi sui Tuareg e la loro arte in Algeria, Niger e Mali hanno notato da informatori locali che la croce di Agadez gli è stata donata dal padre al figlio pubescente. Alcuni studiosi hanno trascritto addirittura le parole che accompagnavano il rito della presentazione della croce di padre in figlio: «Figlio, ti do le quattro direzioni del mondo, perché noi sappi dove morirai».

vanni-beltrami-la-croce-di-agadesAlcuni Tuareg sostengono che le incisioni intorno alla croce di Agadez rappresentino le costellazioni e che al suo centro sia disegnato un pozzo e armenti che si abbeverano ad esso. Mentre altri, come Ghissa, fabbro di In Gall, intervistato negli anni ‘70, hanno spiegato che i quattro i punti cesellati al centro sono chiamati “gli occhi del camaleonte” o che rappresentano le “orme dello sciacallo”. Quest’ultima spiegazione sembra la più plausibile poiché questi motivi fanno parte della gamma decorativa utilizzata dagli Inaden; i nomi di queste decorazioni cesellate o punzonate fanno generalmente riferimento ad animali (cerbiatto, faraona, scarabeo, camaleonte, ecc.), elementi della natura (luna, stella) o oggetti di uso quotidiano (pettine, cestino, ecc.).

francobollo-del-nigerA questa indeterminatezza simbolica si aggiunge il problema dell’assenza di prove (scritte o iconografiche) che attestano l’uso della croce di Agadez da parte degli uomini, mentre ce ne sono molti riguardanti il ​​suo utilizzo da parte delle donne. Va notato che al giorno d’oggi è estremamente raro incontrare le donne tuareg che indossano il Teneghelt. La confusione sul sesso del portatore della croce di Agadez ha causato problemi tra gli autori che hanno optato spesso per una spiegazione del tipo: la croce d’Agadez è stato a lungo un “gioiello della tradizione” maschile prima di essere (anche) indossato dalle donne. La spiegazione potrebbe però essere un’altra: la croce di Agadez forse non era mai stata indossata prima dagli uomini tuareg e le storie che cercano di giustificare l’uso da parte degli uomini sarebbero pure invenzioni per rispondere all’immaginazione occidentale del mondo tuareg.

il_794xn-5277352436_j89bLa croce di Agadez ha seguito l’evoluzione simbolica da un gioiello chiamato Teneghelt, divenne una “croce” poi associata alla città di Agadez. Fu così negli anni Cinquanta che il termine “croce” d’Agadez” sembra essere apparso nelle opere, mentre nei testi precedenti si parla di Teneghelt (scritto con ortografie diverse). Accanto a questo nuovo status, evocando allegoricamente la città alle porte del deserto, ha acquisito una valenza simbolica che trascende la società tuareg, per diventare un simbolo globale del mondo Saheliano e Sahariano.

Il simbolismo è stato rafforzato dalla creazione di leggende come quella di “quattro direzioni” sopra menzionate. La croce di Agadez è diventata un simbolo dell’identità nazionale nigerina, tanto più che il governo della Repubblica del Niger usa la croce di Agadez come fulcro della decorazione dell’Ordine Nazionale del Niger e sull’Ordine delle Palme Accademiche. La croce appare anche sulla copertina dell’elenco telefonico della Repubblica del Niger del 1989, oppure come simbolo distintivo di progetti governativi, sui francobolli e sulle valute. 

Dialoghi Mediterranei, n. 66, marzo 2024 
Riferimenti bibliografici
Boucksom, A., “Croix d’Agadez, croix du Niger: imaginaire occidental du monde touareg Croix d’Agadez, croix du Niger: imaginaire occidental du monde touareg”, Autrepart, 2017/3 (N° 83): 73-88.
Beltrami,V.,  “Croix d’Agadez” , Encyclopédie berbère, 14, 1994: 2129-2133.
de Zeltner Fr., “La bijouterie indigène en Afrique occidentale”, in Journal de la Société des Africanistes, 1931, tome 1, fascicule 1: 43-48.
Dieterlen G., Ligers Z., “Contribution à l’étude des bijoux touareg”, Journal des Africanistes, Année 1972, 42-1: 29-53. 
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Ada Boffa, esperta di didattica dell’italiano per alloglotti per adulti e minori con background migratorio, nel comune di Napoli. Ha una duplice formazione universitaria, la prima in studi africanistici, conseguita nel 2014 e la seconda in filologia moderna, conseguita nel 2023. Appassionata di Studi Berberi, ha conseguito il titolo di Laurea Magistrale in Scienze delle Lingue, Storie e Culture del Mediterraneo e dei Paesi islamici, presso l’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”, discutendo una tesi in Lingua e Letteratura Berbera: “Temi e motivi della letteratura orale berbera: racconti tuareg dell’Aïr”, svolta in collaborazione con tutor esterno presso l’Università di Parigi, INALCO. Ha partecipato al convegno ASAI, Africa in movimento (Macerata 2014), presentando un paper sulla favolistica tuareg.

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