di Olimpia Niglio
In un mondo sempre più interconnesso ogni giorno siamo invitati ad analizzare e a mettere in pratica sistemi dove la principale logica è quella di dare risposte immediate a problemi complessi, e per la maggior parte dei casi anche lontani dalle nostre singole realtà, con il conseguente risultato che non sempre le competenze assumono un ruolo determinante nella loro più opportuna risoluzione. In una società sempre più ipercomplessa, dove la conoscenza della nostra eredità culturale non gioca più un ruolo fondamentale nella formazione delle generazioni, ma dove solo la centralità di una comunicazione rapida e generica, spesso espressione di potere, diventa modello di riferimento, è necessario pertanto porre riparo (Dominici, 2011).
Siamo ovviamente consapevoli che l’attuale civiltà ipertecnologica richiede nuove sensibilità e nuovi approcci intellettuali ma allo stesso tempo è corretto ripensare al valore del nostro patrimonio culturale quale radice fondante del presente per costruire meglio il futuro. È importante rimettere al centro la cultura ma soprattutto ristabilire un giusto dialogo tra questa e la comunità che ne è stata e ne è generatrice.
Risulta qui interessante ricordare quanto affermava già nel 1549 il filosofo francese Étienne de La Boétie (1530-1563) nel documento Discours de la servitude volontaire in cui si rammaricava per la conformità del comportamento sociale e la scarsa predisposizione ad un pensiero critico il cui risultato era l’incapacità di autonomia di giudizio. Il tutto contribuiva poi a favorire un’educazione basata sul conformismo e sulla «sudditanza per abitudine culturale» (Étienne de La Boétie, 2011). Intanto dopo quasi cinque secoli da questo scritto il problema continua più complesso e urgente che mai, e con sempre maggiore attenzione si pongono le questioni inerenti la conoscenza del passato e il ruolo che gioca oggi il nostro patrimonio culturale nella formazione delle giovani generazioni. Non si tratta di affrontare questo tema mettendo sul tavolo strumenti, come leggi, codici deontologici e manifesti, bensì di saper educare al patrimonio attraverso azioni e metodi di coinvolgimento in grado di aiutare i giovani a rintracciare le proprie radici, a conoscerle, proteggerle e trasmetterle.
Le esperienze giornaliere, che viviamo soprattutto in ambito scolastico e universitario, ci invitano sempre più a ripartire proprio dalla cultura delle nostre radici e di non avvalerci di proclami e slogan, ma differentemente di rimettere al centro l’educazione e la formazione critica della persona che altro non è che “ambasciatore” del proprio patrimonio culturale nel rispetto dei valori civici che questo rappresenta.
Tutto questo ci sollecita a ripensare in modo davvero radicale il ruolo dell’educazione nonché come i processi educativi devono affrontare questa importante questione del riconoscimento del nostro patrimonio culturale. Si tratta di un approccio estremamente motivante perché rimette al centro i diritti e le libertà fondamentali e, di conseguenza, la qualità della democrazia e quindi del saper essere cittadino nella condivisione con l’altro. Tutto questo ovviamente implica la necessità di mettersi in gioco e sfidare ciò che spesso non è accettato perché non “conforme” alla prassi comune che inconsapevolmente accetta passivamente.
Non c’è dubbio che è molto più impegnativo lavorare con le giovani generazioni rimettendo al centro i valori della responsabilità e della formazione ed è senz’altro meno visibile il lavoro di chi, quotidianamente, si impegna perché crede in un’educazione fondata sul pensiero critico, sulla curiosità, sulla creatività e sul confronto con gli altri. Tutto questo implica una decodificazione da norme spesso molto rigide non in grado di supportare metodi comparativi e capaci di abilitare le persone ad essere cittadini rispettosi del proprio essere parte di un’esistenza espressione delle rispettive eredità culturali. Risulta, pertanto, necessario muovere da un’educazione in grado di abilitare i cittadini del mondo a saper immaginare e realizzare processi e metodi in grado di stabilire dialoghi e cambiamenti innovativi e propositivi (RWYC, 2020).
Con riferimento a queste premesse nel 2023, presso l’Università di Pavia, è stato avviato un progetto accademico dal titolo “Ereditare il Patrimonio Culturale Religioso”, promosso dal corso di Restauro Architettonico, di cui la scrivente è titolare, al fine di rimettere al centro della formazione di futuri ingegneri e architetti il valore fondante del proprio patrimonio culturale religioso, il tutto in dialogo con le differenti provenienze geografico-culturali degli allievi.
Così il 30 marzo 2023 il Consiglio del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Pavia ha approvato un’importante convenzione con la Parrocchia di Santa Maria Maggiore di Lomello della Diocesi di Vigevano al fine di attivare quanto segue:
«Il DICAr e la Parrocchia convengono di attivare un rapporto di collaborazione finalizzata all’elaborazione di progetti per la conservazione e valorizzazione del patrimonio religioso di Lomello e in particolare della Collegiata di Santa Maria Maggiore. In particolare questa collaborazione si avvarrà delle competenze scientifiche del corso di Restauro Architettonico dell’Università di Pavia. Tutti i progetti di valorizzazione saranno elaborati nell’ambito degli insegnamenti di Restauro Architettonico e di Storia dell’Arte Medievale dell’ateneo pavese a partire dall’anno 2023-2024. Agli alunni che frequentano tali insegnamenti saranno invitati a elaborare proposte di valorizzazione del patrimonio religioso di Lomello, in dialogo con le finalità concordate con la Parrocchia. Ogni proposta di valorizzazione del patrimonio religioso prevederà anche la realizzazione di seminari, incontri e workshop con il coinvolgimento della comunità di Lomello».
Grazie alla convenzione, a partire dal mese di ottobre 2023 (con l’inizio dell’A.A. 2023-2024) il corso di Restauro Architettonico dell’Università di Pavia ha promosso le attività accademiche presso la Basilica di Santa Maria Maggiore. Così durante i mesi del semestre accademico il corso ha avuto luogo nella Basilica consentendo agli allievi di fare anche un’esperienza diretta e di mettere a punto metodologie di indagine importanti per l’elaborazione del progetto.
Durante lo svolgimento del corso molto importante è stata la presenza di esperti nel settore dell’arte e dell’architettura sacra, come p. Andrea Dall’Asta, gesuita e direttore del centro culturale San Fedele di Milano, che ha proposto agli allievi una riflessione sul significato del “luogo sacro” e quello di padre Agnello Stoia, OFM, parroco della Basilica di San Pietro in Roma che è stata insigne guida in occasione del nostro pellegrinaggio a Roma il 13 novembre 2023, e il cui supporto culturale ha contributo all’analisi di tematiche specialistiche e di approfondimento utili alle finalità progettuali.
Educare al patrimonio culturale religioso significa riconsiderare la centralità dei valori peculiari della persona in dialogo con la propria cultura di riferimento al fine di non rinnegare quell’eredità che consente di leggere il presente per costruire meglio il futuro nel rispetto di sé e degli altri.
Questo approccio ci ha consentito di attuare un percorso critico che è stato in grado di favorire il dialogo tra le esigenze accademiche, quindi le attività di formazione e di ricerca scientifica, con quelle proprie della pastorale locale condivise con il Consiglio Pastorale della parrocchia di Lomello e delle politiche territoriali della comunità.
Infatti durante lo svolgimento delle attività accademiche presso la Basilica di Santa Maria Maggiore a Lomello particolarmente importante è stato il dialogo attivo e costante con la comunità locale mediante sondaggi d’opinione, inchieste e interviste, in quanto uno dei più grandi errori nello sviluppo delle politiche culturali è soprattutto quello di mettere in secondo piano la progettazione partecipata e condivisa. Nella maggioranza dei casi, infatti, si procede includendo solo in un secondo momento la comunità al fine di trovare avallo a ciò che è stato già deciso, senza tener conto delle esigenze di chi poi dovrà fruire delle nostre azioni progettuali.
Il percorso educativo intrapreso al fine di valorizzare il patrimonio culturale religioso che ci ha ospitato ha consentito a tanti giovani, anche di differenti culture religiose non cristiane, come musulmani, shintoisti e buddisti, di condividere le proprie eredità e di metterle a confronto all’interno di un contesto cristiano (costituito soprattutto da cattolici e ortodossi) i cui paradigmi di riferimento hanno trovato punti di tangenza che si sono rivelati fondamentali per la risoluzione di innovative proposte conservative e di valorizzazione della millenaria Basilica di Santa Maria Maggiore di Lomello (1025-2025).
Pertanto il cammino intrapreso ha dato segnali molto positivi e risultati interessanti anche sotto il profilo ecumenico e del dialogo interreligioso, ponendo così le basi per una risignificazione del patrimonio culturale religioso. Tutto ciò trova radici proprio nell’esame della vasta costellazione di culture esistenti nel mondo con cui ora più che mai dobbiamo fare i conti perché proprio queste diverse radici culturali sono sempre più eredi e custodi di questo straordinario patrimonio religioso.
Il progetto educativo ci ha consentito anche di valutare oggettivamente alcuni requisiti fondamentali, come l’interpretazione culturale della storia, della pastorale sociale, della centralità dello sviluppo e della politica culturale locale, dei differenti metodi e criteri per aprire le porte ad una nuova era culturale, in cui le strategie che partono dal basso sono fondamentali per armonizzare relazioni cruciali finalizzate a coltivare la spiritualità e la comprensione delle nostre radici (Schafer, 2024).
Aspetto emblematico di questo progetto è stato quello di aver consentito di porre le basi per un cammino di conoscenza condivisa e partecipata, il tutto finalizzato a valorizzare il “sapere del senso” del nostro patrimonio culturale religioso, ben espresso da papa Francesco in Ad theologiam promovendam (1° novembre 2023) quando afferma che
«[…] è fondamentale, nella costante attenzione alla scientificità della riflessione teologica, il dialogo transdisciplinare con gli altri saperi scientifici, filosofici, umanistici e artistici, con credenti e non credenti, con uomini e donne di differenti confessioni cristiane e differenti religioni. Ciò potrà avvenire creando una comunità accademica di condivisione di fede e di studio, che intessa una rete di relazioni con altre istituzioni formative, educative e culturali e che sappia penetrare, con originalità e spirito d’immaginazione, nei luoghi esistenziali dell’elaborazione del sapere, delle professioni e delle comunità cristiane».
Questo approccio transculturale ha trovato una concreta realtà anche negli autori dei progetti di restauro per la Basilica di Santa Maria Maggiore di Lomello, in quanto provenienti da dodici Paesi del mondo, ma al contempo anche dalla collaborazione tra differenti esperti le cui specifiche competenze hanno arricchito il nostro bagaglio di conoscenza. I primi risultati di questo percorso transdisciplinare sono stati presentati il 19 gennaio 2024 nell’ambito di una mostra dove 24 gruppi (48 studenti, provenienti da 12 Paesi del mondo: Albania, Argentina, Belarus, China, Egypt, Japan, Italy, Morocco, Peru, Romania, Spain, Ukraine) si sono confrontati elaborando grafici finalizzati alla conoscenza e alla valorizzazione del luogo sacro e del suo intorno.
Così la mostra finale dei progetti presso la millenaria Basilica di Lomello, uno degli esempi di architettura e arte romanica più importanti del continente europeo e a sua volta risultato di stratigrafie costruttive e culturali diversificate, ha rappresentato un primo e significativo momento di condivisione tra la comunità accademica internazionale e la comunità di Lomello (https://www.unipv.news/eventi/mostra-progetti-la-basilica-di-santa-maria-maggiore-lomello-1025-2025).
L’esposizione accademica ha posto così le basi per un proficuo cammino partecipato e condiviso dove il “profumo del mondo” – come definito dal Consiglio Pastorale di Lomello – ha aperto nuove prospettive che hanno rimesso al centro il valore del “patrimonio umano”, l’educazione, i beni immateriali ereditari e soprattutto il dialogo tra culture.
Tutto questo costituisce una prima significativa sperimentazione che ci auguriamo possa guidare noi e tanti altri ad intraprendere un cammino di sinodalità culturale fondamentale per la pace e il rispetto dell’altro, perché solo rimettendo al centro la persona, l’educazione e la cultura possiamo sperare in un mondo migliore.
Dialoghi Mediterranei, n. 66, marzo 2024
Ringraziamenti
Si ringrazia S.E.R. mons. Maurizio Gervasoni, vescovo di Vigevano, il Consiglio Pastorale della Parrocchia di Lomello e il parroco don Roberto Signorelli, la comunità di Lomello e tutti gli operatori volontari che hanno consentito di realizzare la mostra mettendo a disposizione le proprie competenze. Un ringraziamento speciale a tutti gli studenti del corso di Restauro Architettonico AA. 2023-2024 qui elencati: Abba Andrea; Antignano Alice; Asto Marin Jovana Luz; Attia Julia; Babich Anastasiya; Bardahan Alessandru Mihai; Bare Ledio; Basaly Marc; Benkhadra Abderrahman; Benzoni Ilaria; Bermudez Sergio; Bianchi Gioele; Bruno Camilla; Cavalli Patrick; Cazzola Cecilia; Chen Yuteng; Conesa Andreu; Conti Lucrezia; De Luca Rosy; Dell’Orto Marco; Diac Bianca; Dorigo Martina; ElMardy Siham; Formaggia Sabrina; Fregonara Noemi; Galesio Laura; Giachero Valentina; Gracia Monforte Miguel; Khalifa Khaled; Luciani Miriana; Maina Erika; Medda Maria Sofia; Monged Mostafa; Oldani Luca; Oliveri Elisa; Patrono Sara; Pelekhatyi Vladislav; Pellegatta Andrea; Pontillo Sara; Ranieri Valeria Maria; Re Tommaso; Revecchi Miriam; Saletta Riccardo; Salvador Domínguez Míriam; Strilchuk Diana; Tosini Giacomo; Travasso Alessandra; Wang Wenjing; Xie Xiongfei. Si ringraziano infine il Prof. Ing. Camillo Ricci, il Prof. Luigi Carlo Schiavi, il geometra Maurizio Bonardi, il geometra Luca Viola e l’ingegnere Riccardo Bellati per il supporto ricevuto durante le attività didattiche e laboratoriali.
Riferimenti bibliografici
Lettera Apostolica “Ad theologiam promovendam”, 1 novembre 2023.
https://www.vatican.va/content/francesco/it/motu_proprio/documents/20231101-motu-proprio-ad-theologiam-promovendam.html
Étienne de La Boétie, Discorso sulla servitù volontaria, traduzione di Fabio Ciaramelli, Chiarelettere, Milano, 2011.
Piero Dominici, La comunicazione nella società ipercomplessa, Franco Angeli, Milano 2011.
RWYC, Reconnecting With Your Culture (2020), il programma pedagogico internazionale che promuove la valorizzazione del patrimonio culturale locale
http://esempidiarchitettura.it/sito/edakids-reconnecting-with-your-culture/
D. Paul Schafer, The Great Cultural Awakening. Key to an Equitable, Sustainable, and Harmonious Age, Rock’s Mills Press, Ontario, 2024.
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Olimpia Niglio, architetto, PhD e Post PhD in Conservazione dei Beni Architettonici, è docente di Restauro e Storia dell’Architettura comparata. È Professore presso la facoltà di Ingegneria dell’Università degli studi di Pavia. Dal 2012 a tutto il 2021 è stata Professore presso la Hosei University (Tokyo), la Hokkaido University, Faculty of Humanities and Human Sciences e presso la Kyoto University, Graduate School of Human and Environmental Studies in Giappone. È Visiting Professor in numerose università sia americane che asiatiche. Dal 2016 al 2019 è stata docente incaricato svolge i corsi di Architettura sacra e valorizzazione presso la Pontificia Facoltà Teologica Marianum ISSR, con sede in Vicenza, Italia. È membro ICOMOS – International Council on Monuments and Sites – e ACLA – Asian Cultural Landscape Association. È Vice Presidente dell’ISC PRERICO, Places of Religion and Ritual, ICOMOS – International Council on Monuments and Sites – e Vice Presidente ACLA – Asian Cultural Landscape Association. È President RWYC.
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