«Lo scrivere rende le donne disoneste». Fu rimproverato a Marianna Coffa Caruso, la “Capinera di Noto” che, reclusa nella casa del suocero e costretta a vivere con un marito facoltoso e detestato, solo la notte e di nascosto poteva scrivere i suoi versi. Si era nell’Ottocento e per una donna affermarsi nel mondo delle lettere era un’impresa ardua. Che in qualche misura riuscì alla palermitana Giuseppina Turrisi Colonna, poetessa dalla breve esistenza (come anche la Coffa Caruso): pubblicò, giovanissima, le sue raccolte ed è ricordata per lo spirito indipendente e rivoluzionario di patriota; i suoi versi incitavano alla libertà. E, più tardi, agli albori del XX secolo, a Maria Messina che fu apprezzata da Giovanni Verga e poi da Giuseppe Antonio Borgese, anche se è merito di Leonardo Sciascia se oggi la scrittrice che visse a Mistretta i suoi anni migliori è nota negli ambienti letterari. Raccontò le donne nella Sicilia del suo tempo, la Messina, dalle esistenze amare, inevitabilmente sottomesse e prigioniere della solitudine.
Le sorti delle letterate siciliane non migliorarono molto con lo scorrere del Novecento: poche conquistarono la ribalta, spesso a ciò contribuendo la loro spiccata personalità. Come quella della ragusana Maria Occhipinti, leader del movimento antimilitarista «Non si parte»: appena ventitreenne e incinta di cinque mesi, la mattina del 4 gennaio del 1945 capitanò la rivolta delle donne che si opposero alla chiamata alla leva dei mariti; stendendosi a terra ostruì il passaggio di un camion delle forze dell’ordine. Ciò le costò il confine a Ustica e poi il carcere a Palermo.
Raccontò la sua vita di donna ribelle nel romanzo Una donna di Ragusa, che soltanto nella metà degli anni Settanta fu pubblicato da un editore di grido (Feltrinelli). Donne di carattere furono pure la palermitana Livia De Stefani e la catanese Goliarda Sapienza. La prima, autrice de La vigna di uve nere – un romanzo baciato dal successo e tradotto in più lingue che ha per sfondo la Sicilia patriarcale, maschilista e opprimente del primo Novecento –, fu una coraggiosa proprietaria terriera e denunciò, nel romanzo La mafia alle mie spalle, le angherie e l’arroganza delle coppole storte; la seconda, dapprima attrice diretta da Alessandro Blasetti e Luchino Visconti e poi scrittrice talentuosa, ha dovuto aspettare la morte per avere riconosciuti i suoi meriti letterari legati soprattutto al trasgressivo romanzo L’arte della gioia, pubblicato da Einaudi nel 2006, che ripercorre, attraverso la vita della protagonista – Modesta, una donna spregiudicata e a spavalda – i primi 50 anni del Novecento.
Quasi del tutto dimenticata è la siracusana Laura Di Falco, malgrado la casa editrice indipendente VerbaVolant stia curando la pubblicazione dei suoi romanzi: eppure nel 1959 il suo L’inferriata fu finalista allo Strega. Sepolta nell’oblio rimane anche la poetessa dialettale messinese Maria Costa, né a nulla vale l’essere stata iscritta nel 2006 nel registro dei “Tesori Umani Viventi” del Patrimonio Unesco.
Nel terzo millennio il riscatto delle donne siciliane in letteratura. La “quota rosa” entra in competizione con quella “azzurra” spesso prevalendo e le autrici s’impongono nel mercato editoriale catturando l’attenzione della migliore critica. Qualche volta con boom di copie di libri venduti, come nei casi di Stefania Auci con I leoni di Sicilia e L’inverno dei leoni, che per più anni hanno impinguato le casse delle librerie italiane, e della siracusana Giovanna Cristina Vivinetto, la cui opera prima Dolore minimo – incentrata sulle sue vicissitudini di transizione di genere – ha fatto registrare, oltre l’entusiasmo della critica, numeri commerciali impensabili per la poesia.
A guidare l’esercito delle donne letterate è l’evergreen Dacia Maraini che, seppure nativa di Fiesole e naturalizzata romana, ha tanto sangue siculo nelle vene per conto della madre Topazia Alliata, principessa, gallerista e pittrice palermitana. Tra le scrittrici, Simonetta Agnello Hornby – un po’ palermitana, agrigentina e londinese – la più amata dai lettori: i suoi romanzi, quasi sempre ambientati in Sicilia con una scrittura infarcita di dialettismi, vanno a ruba. Si muove sulla stessa scia, per genere e credito editoriale, la palermitana Giuseppina Torregrossa. Sensibile ai temi sociali e alle rivendicazioni femminili è Maria Attanasio della scuderia Sellerio. Fedeli all’Einaudi la palermitana di famiglia alcamese Evelina Santangelo e la messinese Nadia Terranova, nella cinquina finale dello Strega nel 2019 con Addio fantasmi. Tradotta in tantissimi Paesi, la vulcanica Silvana Grasso si segnala per l’originale cifra stilistica. E, tra le molte contese dall’editoria di prestigio (l’”oriunda” Silvana la Spina, le catanesi Elvira Seminara e Catena Fiorello), un’autrice sempre più emergente, Simona Lo Iacono, divisa tra la magistratura e la passione per la scrittura e i cui ultimi romanzi sono delle biografie romanzate di donne: La tigre di Noto, ispirata alla vita di Marianna Ciccone, studiosa di fisica amante della poesia che si oppose ai nazisti, Il mistero di Anna, singolare omaggio ad Anna Maria Ortese, Virdimura, ritratto della prima donna medico della storia nella Sicilia del XIV secolo.
Il riscatto delle scrittrici in Sicilia riflette un fenomeno che si registra a livello nazionale, sebbene la storica condizione di subalternità femminile nell’Isola – argutamente esaminata da Sebastiano Aglianò in Che cos’è questa Sicilia? – lo rende più rilevante. A proposito, basti pensare a ciò che è accaduto all’ultima edizione del Premio Strega: nella cinquina dei finalisti quattro donne e un solo uomo, senza contare che a vincere è stata la compianta Ada Adamo che si è aggiudicata anche la sezione dedicata ai giovani.
Non si esagera se si afferma che nella cultura, e in quella letteraria in particolare, si delinea un’egemonia di genere: le donne stanno per soppiantare gli uomini – ammesso che ciò non sia già avvenuto – rubandogli la supremazia di un tempo. Non è solo lo Strega a segnalarcelo, ma anche altro. Innanzitutto le statistiche relative ai lettori distinti per genere, che registrano da tempo dati clamorosi: le donne superano gli uomini in misura schiacciante. E se a leggere sono soprattutto le donne, si accentuano giocoforza le preferenze per i libri di scrittrici (i maschi potranno resistere alle leggi del mercato editoriale se, in quello che scrivono, dedicheranno più attenzione al mondo femminile). Anche nel campo editoriale le donne cominciano ad affermarsi sempre di più. Intendiamoci, i titolari delle imprese continuano a essere in buona maggioranza uomini, ma le donne giorno dopo giorno occupano posti di primo piano: si pensi a Elisabetta Sgarbi nella Nave di Teseo (e prima in Bompiani) o a Vicki Satlow, titolare di una delle più collaudate agenzie letterarie. Se poi si dà uno sguardo a chi si occupa di editing nelle case editrici, ci si accorge che quasi sempre a farlo – e a farlo bene, il che non è facile – sono le donne.
Conferma l’inversione di tendenza nella competizione di genere in letteratura una raccolta di racconti, Trame tradite, tutta al femminile. Ne è autrice Bia Cusumano ed è edita da Navarra. Bia Cusumano è una poetessa-scrittrice docente di lettere ai licei e un’infaticabile animatrice culturale. Dopo un paio di sillogi di poesie e il racconto allegorico Storia di una bambina trasparente e di un bambino con un nome scritto a quattro mani col filosofo Fabio Gabrielli, la Cusumano – ideatrice e già direttrice della rassegna letteraria “PalmosaFest” – ha voluto raccogliere in volume 24 racconti scritti nel tempo per vari periodici con 24 donne in primo piano. «Ventiquattro racconti sull’universo femminile a tutto tondo» per dirla con Giusy Sciacca – altra voce emergente tra le scrittrici siciliane – autrice della prefazione che, nella narrazione delle vicende delle protagoniste, intravede la «circolarità di un percorso», condiviso dalla Cusumano, «che riconduce alla pura essenza dell’anima femminile».
A parte ciò che scrive la prefatrice della raccolta, le donne di Trame tradite, per quanto le loro esperienze di vita siano diverse e diversi siano alcuni loro tratti identitari, in molti punti si somigliano: sono fragili e ostinate, sensibili e determinate, dolci e caparbie, tenere e perseveranti, piangono, si disperano, soffrono acutamente per gli schiaffi che la vita le infligge (complici spesso uomini campioni di cinismo), ma non si piegano, reagiscono ed escono a testa alta dalle situazioni più difficili pur con qualche insanabile ferita interiore che ne acuisce la capacità di sentire e il senso di solidarietà tra chi è accomunato dalle stesse pene.
In genere, le donne dei racconti della Cusumano, sono delle professioniste affermate vittime di tradimenti, come svela il titolo che si presta a una doppia lettura: quella letterale e quella che si palesa staccando le sillabe. Trame tradite, infatti, può leggersi anche come Tra me tra di te evidenziandosi in tal modo le relazioni, in primo luogo tra donne e uomini, che fanno da perno alle storie raccontate. E quanto rilievo abbiano le relazioni nell’universo narrativo della Cusumano, e in genere in quello femminile, lo coglie bene Gaetano Savatteri che nella postfazione osserva: «Essere donna non è solo una condizione esistenziale, ma un modo forte e caratterizzante di intendere le relazioni umane». Anche quelle provvisorie, del tutto temporanee, quale il breve ma intenso legame affettivo di una delle protagoniste della silloge con un bambino ucraino orfano di guerra in Un angelo dell’Est, tra tutti i racconti il più felice.
Savatteri tra l’altro definisce Trame tradite “un diario”, un anomalo diario che intreccia passato e presente guardando al futuro. Un diario collettivo – di tante donne con destini e sensibilità per molti aspetti comuni – nel quale si riflette l’autrice la cui immagine, anche nei profili esteriori, si confonde spesso con quello delle protagoniste dei racconti. Conferma il taglio vagamente e velatamente autobiografico la suggestione, in molte pagine, della figura maschile più positiva, affettivamente ricca e rassicurante: quella del padre, a cui la scrittrice è molto legata.
D’altra parte la rivincita delle donne in letteratura – di cui Trame tradite si erge a testimonianza esemplare per il riscatto femminile che l’anima – comporta anche la significativa presenza, nell’editoria, di storie autobiografiche, a volte (come nel caso del romanzo Premio Strega della D’Adamo Come d’aria) con accenti emotivi marcati. Se è difficile segnare un tratto distintivo tra la “scrittura maschile” e “femminile” senza cadere nelle trappole dei luoghi comuni e di abusati schemi convenzionali, è comunque innegabile che un punto di discrimine ci sia: in genere nelle donne l’istinto narrativo è più diretto e la spinta emotiva più disinibita, e l’elemento autobiografico – presente in tutti gli autori – sfugge più facilmente a rigidi controlli per quanto poi il dato biografico possa essere ad arte camuffato (si pensi a Elsa Morante e ai tanti richiami alla sua travagliata esistenza che affiorano nelle pagine della sua narrativa sebbene l’autrice faccia di tutto per nasconderli). E la scrittura di Bia Cusumano – piana e sorvegliata, schietta e lineare nel suo periodare coinciso, ma effervescente nella sua carica emotiva – ha un taglio spiccatamente femminile. Il che non è un limite, ma, per le considerazioni prima espresse, garanzia del favore dei lettori.
Dialoghi Mediterranei, n. 66, marzo 2024
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Antonino Cangemi, dirigente alla Regione Siciliana, attualmente è preposto all’ufficio che si occupa della formazione del personale. Ha pubblicato, per l’ente presso cui opera, alcune monografie, tra le quali Semplificazione del linguaggio dei testi amministrativi e Mobbing: conoscerlo per contrastarlo; a quattro mani con Antonio La Spina, ordinario di Sociologia alla Luiss di Roma, Comunicazione pubblica e burocrazia (Franco Angeli, 2009). Ha scritto le sillogi di poesie I soliloqui del passista (Zona, 2009), dedicata alla storia del ciclismo dai pionieri ai nostri giorni, e Il bacio delle formiche (LietoColle, 2015), e i pamphlet umoristici Siculospremuta (D. Flaccovio, 2011) e Beddamatri Palermo! (Di Girolamo, 2013). Più recentemente D’amore in Sicilia (D. Flaccovio, 2015), una raccolta di storie d’amore di siciliani noti e, da ultimo, Miseria e nobiltà in Sicilia (Navarra, 2019). Collabora col Giornale di Sicilia e col quotidiano La ragione.
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