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Tra colpi di mortai e nuvole di fumo, la guerra

Invasione turca delal Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord-est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

di Eugenio Grosso [*]

La morte è una nube che avvolge tutto. Mi ha accolto all’arrivo in Siria e mi ha accompagnato durante queste due settimane, guardandomi da lontano e mostrandosi solo a volte, per poi tornare a nascondersi.

Ieri mi si è parata davanti in tutto il suo maestoso terrore. E adesso la vedo ovunque.
 Nell’affollato bazaar di Qamishlo, circondato dalle urla dei venditori, cerco freneticamente un segno, una premonizione che mi aiuti a schivarla di nuovo.

Invasione turca delal Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Mi innervosiscono gli abiti larghi che non lasciano percepire il volume dei corpi, le auto vuote, le cassette di frutta accatastate. Tutto è diventato una minaccia. Vorrei correre via, ma non voglio davvero, e allora affretto il passo per non farmi trovare troppo vicino quando lo scoppio arriverà, perché è certo che presto arriverà.

Invasione turca delal Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Passo il tempo a ricordare, a immaginare cosa avrà provato Zao quando il suo corpo si è riempito di schegge. Zao Seng era un medico e operatore video dei Free Burma Rangers, un gruppo di veterani dell’esercito degli Stati Uniti che, con le loro ambulanze, attraversano le linee per recuperare civili intrappolati e guerriglieri feriti. Birmano, Zao apparteneva alla tribù Kachin, aveva trentanove anni, una moglie e una figlia di quasi un anno.

Invasione turca delal Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Il video del colpo di mortaio che atterra e la nuvola di fumo che ci avvolge è su internet già prima del nostro arrivo all’ospedale di Tell Tamer, nel Nord-Est della Siria, il nuovo fronte dell’invasione turca. Lo guardo e sono di nuovo lì, a rivivere ancora quei momenti.

Invasione turca delal Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca delal Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Mentre sentiamo il fischio del mortaio che annuncia lo schianto, io e un collega polacco di nome Pawel Pieniążek ci stiamo riparando dietro l’auto blindata, vicini al posto di guida dove siede David Eubanks, il capo dei Free Burma Rangers. È un ex soldato delle forze speciali statunitensi, originario del Texas, ha cinquantanove anni, una moglie e dei figli. Poco fa Dave non riusciva a importare l’ultimo filmato realizzato da Zao sul proprio iPhone, così ci ha chiesto: «Uno di voi due usa Mac?».

Invasione turca delal Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Ci siamo avvicinati e, dopo neanche un minuto, è arrivato il fischio. Ci buttiamo carponi dietro l’auto blindata, in quei due secondi che ci separano dall’esplosione, e, quando lo scoppio arriva e la terra mi ricopre la camicia bianca, mi sembra quasi di rinascere. Non ci ha presi.

Riconosco il rumore della ruota anteriore sinistra che si sgonfia rapidamente accanto a me. La scheggia si è conficcata nello pneumatico passando accanto al mio corpo, ho sentito solo la carezza leggera dell’aria che si è spostata veloce accanto al mio polpaccio sinistro.

Invasione turca delal Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Non provo dolore, ma potrebbe essere l’adrenalina a ingannarmi. Bisogna sempre controllare di non avere ferite, dopo le esplosioni, perché il corpo reagisce e si anestetizza per darti la forza di salvarti, ma in quest’occasione non me ne ricordo. Resto accovacciato e ruoto a destra di 90 gradi. Ho la macchina fotografica davanti agli occhi e inizio a scattare. Nella mia inquadratura c’è Jason, uno dei Rangers, intento a trascinare Mohammad, un suo collega.

Invasione turca delal Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

«All good?» chiede Dave.
«Good, good, good» rispondiamo.
«I am not good, I am wounded».
Mohammad è cosciente, Jason lo afferra e lo carica sul sedile posteriore dell’auto. Continuo a scattare e allo stesso tempo cerco di capire cosa sta succedendo da dentro il mio mirino. C’è qualcosa che non torna, ma non so cosa.

Invasione turca delal Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Mi alzo di scatto, adesso sono alle spalle di Jason, voglio salire in auto e scappare. Jason è il mio uomo, quello che dovrebbe aprire il portellone posteriore per farmi infilare nel bagagliaio. La mente rimbalza in un automatismo velocissimo e primordiale: mettermi in salvo e, insieme, cogliere il dettaglio mancante in questa situazione.

Finalmente trovo la risposta: qualcuno manca all’appello. Zao è steso per terra. Ha ancora le gambe incrociate, la testa rovesciata all’indietro è sporca di sangue. Nella mano sinistra stringe un pacchetto di Gauloise giallo chiaro. Durante il bombardamento avevo un brutto presentimento nel vedere Zao seduto in quel punto. Per questo motivo lo fissavo e lui che se ne era accorto aveva pensato che volessi una sigaretta. Nonostante avessi smesso di fumare da tre anni avevo accettato: che male poteva farmi in quella situazione?

Invasione turca delal Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Con la mano sinistra batto due colpi sulla schiena di Jason, che sta prestando il primo soccorso a Mohammad, adesso seduto dentro l’auto. «Man, man, he is down».

Non conosco il nome di Zao, lo scoprirò solo in seguito, so solo che è a terra. Jason si gira di scatto, gli si butta addosso e inizia a toccarlo, cercando il punto da cui sgorga il sangue. Velocissimo risale il corpo e raggiunge la testa, fino a notare un piccolo foro sopra la tempia destra. Inizia a fasciarlo e scopre un altro foro, più grande, sulla tempia sinistra, il lato che prima poggiava sul terreno.

Invasione turca in Siria (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

«He is gone, he is gone». Zao è andato, ma lui continua a fasciare. Arrivano altre auto, altre persone, altri colleghi. Un uomo aiuta Jason a liberare il corpo dal giubbotto antiproiettile, insieme lo sollevano e lo portano verso un’auto dei Rangers, appena arrivata. Il portellone posteriore si spalanca, altra gente salta fuori, il corpo di Zao viene caricato lì dentro.

Invasione turca delal Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

E io continuo a scattare. Adesso mi sembra che sia passato tantissimo tempo dall’ultimo colpo di mortaio e ho un solo pensiero: tra quanto arriverà il prossimo? Torno all’auto. Dave raccoglie il fucile di Zao, toglie il caricatore, scarrella un paio di volte e il colpo in canna vola via.

Invasione turca delal Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Mohammad è al posto di guida e Dave al lato del passeggero anteriore, così spingo Paweł in fondo al sedile posteriore e mi butto dentro anch’io. Mohammad ha la mano sinistra piena di sangue e una scheggia nel fianco destro, vuole guidare per fare prima ma Dave gli grida di scambiarsi di posto con lui.

Partiamo con una ruota scoppiata e il fuoristrada sbanda un po’. Quando arriviamo alla base della collina, notiamo che qui si sono radunate altre auto, altre ambulanze, altri colleghi. Mohammad scende dall’abitacolo, io lo seguo, corro insieme a lui e salto su un lungo fuoristrada che ci aspetta. Appena siamo dentro, l’auto parte e io sbatto il portellone col veicolo già in corsa.

Invasione turca delal Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Invasione turca del nord est della Siria, 2019 (ph. Eugenio Grosso)

Sono seduto di fronte Mohammad. Lo guardo tenersi il polso, mentre un medico del suo team lo controlla. Vorrebbe togliersi il giubbotto antiproiettile, ma il medico lo blocca. «Lo facciamo in ospedale, non c’è fretta. Il giubbotto potrebbe tenerti tutte le tue cose al loro posto».

Non si sa ancora cosa abbia Mohammad, è difficile capirlo su un’auto che corre in mezzo alla campagna. Il suo sguardo è sbarrato, lontano. Di questo sguardo avevo già letto, oltre ad averlo visto in tante fotografie, ma adesso è diverso. Mohammad non c’è. 

Dialoghi Mediterranei, n. 66, marzo 2024
[*] Pubblichiamo per gentile concessione dell’editore uno stralcio dal volume Nergiz in stampa presso Villaggio Maori edizioni. 

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Eugenio Grosso, fotogiornalista italiano che si occupa di temi sociali e di conflitto. Nel 2015 ha realizzato diversi servizi nei Balcani e in Nord Europa seguendo le rotte dei migranti attraverso Grecia, Macedonia, Serbia, Ungheria e infine Francia. Tra il 2016 e il 2017 ha vissuto in Iraq durante la campagna per liberare la città di Mosul dall’occupazione di ISIS. Nel 2018 ha pubblicato un libro fotografico sulla sua esperienza di quel periodo.

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