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Antonio Bonafede architetto urbanista. Impegno civile e riverberi wrightiani

 

Antonio Bonafede

Anton Bonafede

di Antonietta Iolanda Lima

Parte attiva sin dalla metà degli anni Quaranta è la sua presenza (29 settembre 1919, Pollina – 4 marzo 1980, Palermo) nello scenario culturale e architettonico di un crogiolo variegato di professionisti – architetti urbanisti, sociologi, antropologi ed economisti – che intreccia il suo fare a un duplice livello: la ricerca di una continuità con luoghi, storia, tradizioni e specificità del territorio locale e l’attento confronto con quanto di più fertile si svolge nel resto del continente per quel che anche attiene l’agire dell’ancora operante Movimento Moderno.

Stefania, moglie di Antonio, sul come suo porsi nei confronti della pianificazione, scrive: «Era sempre un’emozione, dopo avere letto e rappresentato sulla carta le caratteristiche di un territorio e segnato con i colori le curve di livello, le strade, le piazze, le emergenze, andare poi sui luoghi e riconoscerne le forme come se ci si fosse vissuti nel posto un’altra volta…». Allo stesso tempo ineludibile la completa conoscenza dello stato di fatto – gli eventuali sub-comprensori, i piani territoriali, l’istruzione, le attrezzature pubbliche, l’abitazione –, lo scavo sulla genesi e le dinamiche dell’insediamento, le previsioni. Il privilegiare gli interessi della collettività e dell’ambiente si congiungeva a indirizzare interessi ed azione delle politiche verso il risanamento di territorio e abitato con particolare attenzione al centro storico.

In una famiglia in cui abita la curiosità intelligente verso le cose del mondo Antonio vive il quotidiano di infanzia e adolescenza. Con la frequentazione del liceo artistico, in tutt’uno con l’impegno civile, l’arte occupa via via posto stabile nel suo immaginario. Ed è l’arte, con il sodalizio di vita di Stefania Leone che sposa il 12 marzo del 1956, che diverrà come in lei, nutrimento fondante di pensiero e azione. Della famigliarità di questa casa lo scultore Giacomo Baragli (1934-1989) è presenza costante sin dai primi anni Sessanta. E con lui c’è anche Guido, il figlio che dal 1962, quando nasce, troverà in Giulia Bonafede, anch’esse piccola, la sua compagna di giochi e nel padre il suo destino di vita iniziando a dipingere giovanissimo. Di entrambi, la loro diversa poetica in Stefania agisce a guisa di estrattore di una corda segreta nata con lei e in cui la madre silenziosamente versa gocce pregne di istanza d’arte. “Nonna Titta” la chiameranno infatti i nipoti.

La casa a Mondello di Guido Baragli dove il padre Giacomo, scultore, aprì l'atelier d'arte

La casa a Mondello di Guido Baragli dove il padre Giacomo, scultore, aprì l’atelier d’arte

E di dipinti e sculture di Stefania si colmerà la casa che dal 1958 condivide con Antonio, dal 1958, architetto laureato a Roma dopo averne frequentato i corsi, progettano insieme in via Di Marco. Aperta, permeata da una spazialità continua e allo stesso tempo compenetrante fatta di visioni simultanee rese pulsanti dalle vibrazioni tattili dei blu, dei rossi, del bruno dorato del rovere di porte e arredi, e tra essi Aalto e Albini vi vivono con sedie e scrivanie. Colori lontani dalla nitida freddezza creata da Mondrian. Vi si irradia la fresca e limpida luce mediterranea che tutto pervade. Non vi abita il superfluo. A rendere ancor più belle le sue cadenze, lo spirito della poetica wrightiana, qui magistralmente captato. Causa i limiti derivanti dal lotto e dalla sua forma, mancante nell’edificio che la contiene, tranne nella flebile traccia della sghemba pensilina di ingresso che introduce un percorso che si nasconde alla strada e nell’inclinato loggiato che ne conclude il volume. Si coglie tuttavia nell’insieme il lavorare sull’ordito. Impegnato, “faticoso” lo definisco per il volere ottenere una terapia rigeneratrice delle mancanze di base.

La poetica wrightiana intriderà i suoi progetti, da scoprire in molti, chiaramente palesi in altri. Alla base del suo agire la piena adesione a quanto formulato da Zevi nel Marzo 1945 con Luigi Piccinato e Silvio Radiconcini nell’APAO. Congiunti alla fede in alcuni principi di ordine politico e sociale – libertà e giustizia – in breve gli altri, fondamentali: il funzionalismo, radice dell’architettura moderna. Contraria allo iato di cultura ed economia, e congiunta al credo della pianificazione urbanistica, da intendersi elaborata per l’essere umano. Modellata secondo le sue necessità, era quindi un’attività sociale, tecnica e artistica allo stesso tempo, diretta a creare l’ambiente per una nuova civiltà democratica che, riconoscendosi nelle forme valoriali create dalla tradizione, fosse capace di creare una saldatura con quelle contemporanee. Ma come configura Antonio questi suoi principi nella configurazione e orchestrazione dei piani? Quale quindi il modo con cui sostanzia la pianificazione urbanistica?

Base del processo di elaborazione del piano urbanistico teso a giungere infine alla appropriazione della forma, era la volontà di perseguire un insieme benefico per ambiente e paesaggio: la difesa e l’incremento del verde, l’allontanamento della grande viabilità dalle coste e il suo inserimento all’interno, un migliore collegamento tra i paesi teso a ridurre l’isolamento e così favorire la fertilità degli scambi, né mancava l’analisi economico-politica locale e di relazione rispetto a quella nazionale. Vedasi in proposito i piani di Floridia – 1968 – e il suo inserimento nel comprensorio del siracusano, Leonforte – 1978 – Infine Barcellona Pozzo di Gotto e Patti «punto di arrivo, – scrive Gabriele Bonafede – di una logica elaborazione culturale iniziata negli anni ‘50 come allievo di Edoardo Caracciolo, proseguita dopo la sua scomparsa, nella grossa occasione del piano di Palma e Licata del ‘66 terminata con i piani degli anni’70». E il disegno urbano, “elemento ordinatore”,  come in modo esemplare palesa il piano di Barcellona pozzo di Gotto, si costituiva come «consecuzione logica delle linee e dei tessuti urbani già esistenti nell’impianto originario del centro su cui si operava».  

2570071308568_0_0_536_0_75Passione, competenza e impegno dunque, finalizzati al ‘bene’ del territorio urbano e rurale. Non potevano che essere inconciliabili con la realtà gestionale e operativa delle amministrazioni politiche, pregne di interessi speculativi spesso tangenti con la mafia. Ulteriore incidenza negativa sulla qualità nella trasformazione del territorio veniva dalla degenerazione normativa a favore dei meccanismi procedurali e del garantismo.

Senza dubbio positiva, ma non quanto si voleva, la scuola di urbanistica dal basso ereditata da Caracciolo, che, congiunta all’azione di Danilo Dolci, sollecitava processi democratici con il coinvolgimento degli abitanti. Non pochi quindi i piani disattesi. Come accade con l’asse attrezzato proposto in molti di essi. Zevi nel 1974 (Il linguaggio moderno dell’architettura, Einaudi), analizzando quanto di veramente nuovo si fosse prodotto in urbanistica, rilevava come quella dell’asse attrezzato fosse stata «l’unica invenzione geniale», la cui attuazione «avrebbe potuto polarizzare in sè una spina dorsale di servizi che servisse di strutturazione dell’abitare e del produrre e nel quale riconoscersi, da mantenere formalmente l’aggancio alla più antica concezione di urbanizzazione».

L’adesione all’architettura wrightiana è sentimento diffuso tra gli architetti del suo tempo. Ne scandisce il percorso formativo. In alcuni ne sarà il valore spaziale principale. Per Antonio il riconoscimento nei suoi princìpi sarà totale. Sufficiente qui ricordare il suo denso incipit: «L’architettura organica è un’attività sociale, tecnica e artistica allo stesso tempo, diretta a creare l’ambiente per una nuova civiltà democratica. Architettura organica significa architettura per l’uomo, modellata secondo la scala umana, secondo le necessità spirituali, psicologiche e materiali dell’uomo associato». Conseguentemente la fede architettonica tutt’uno con quella della pianificazione urbanistica si fonda dunque in Antonio in una interconnessa miscela di princìpi di ordine politico e sociale.

Trovano in lui questi princìpi un radicamento di lunga durata, come in Giuseppe Samonà in villa Scimemi sul lungomare di Mondello e in quella che realizza a Gibilmanna, in Giovanni Michelucci, in Leonardo Ricci esplicitandosi in lui nell’apprezzamento per progettisti non capaci di ‘donare’, che inverando il rispetto autentico per la “terra madre” sperimentino un fare che dal singolo si allarga alla comunità.

Casa Comunale di Pollina

Progetto Casa Comunale di Pollina

Vibrano così in Antonio riverberi wrightiani reinterpretati dalla sua forte personalità. Palesi soprattutto nell’asilo (1953) e ancor più nella Casa comunale (1954) di Pollina, entrambi non realizzati, e negli orditi di alcuni tra i suoi piani più riusciti. Li tesse ibridandosi l’architettura partecipata di Giancarlo De Carlo, le istanze zeviane mirabilmente espresse nel manifesto dell’associazione della architettura organica, la già citata pianificazione dal basso di Danilo Dolci, la visione umanitaria e sociale di un comunismo che ha maturato il suo affrancamento dalla dittatoriale ideologia moscovita. Si aggiungeranno le difensive successivamente dense asserzioni paesaggistiche prive di iato con il lavoro degli urbanisti e degli architetti lanciate da Zevi nella carta del Machu Picciu redatta il 12 dicembre 1977.

Intensi quindi per Antonio il pensiero e l’agire di Zevi che irrompe nel primo dopoguerra nei complessi problemi della ricostruzione. Edoardo Caracciolo ne fu amico – ininterrotta la corrispondenza tra i due – condividendo da subito la visione organica che presto lo portò a superare la concezione funzionalista dell’architettura e dell’urbanistica.

Soprattutto nei lavori con Giuseppe Samonà che la esplicitavano o in ampie configurazioni architettoniche a carattere economico, Caracciolo sarà guida imprescindibile la cui visione profondamente umana si collega a quella perseguita da Danilo Dolci e Giancarlo De Carlo a cui si deve l’introduzione del Team Ten in Italia. Come sostiene Giuseppe Samonà, la spazialità di architettura e urbanistica di cui sostiene l’unità diventa cifra dell’ideazione di Bonafede. Informa e forma cortili; piccoli, grandi, aperti, semiaperti, con attorno le residenze. Esemplare, il quartiere che firma con Caracciolo e Gianni Pirrone. A est di Palermo, estende i suoi grappoli di case incastrati a nastro sghembo sino ai piedi delle alture di Belmonte Mezzagno, alle spalle della rinnovata passeggiata a mare.

Progetto Istituto Nautico a Palermo

Progetto Istituto Nautico a Palermo

In collaborazione con A. Gagliardo, G. Spatrisano, V. Ziino il progetto del concorso per il ‘Nautico’, vince il 1° premio. È il 1948; dunque, agli esordi, con un linguaggio già aggiornato e sensibile nel modo con cui interpreta la storia che intride il luogo.  Così ben ne racconta sin dalla genesi il processo di elaborazione, Edoardo Caracciolo: in «un mirabile ambiente devastato dalla guerra, l’area del vecchio ospedale è stata destinata per la costruzione di questo Istituto… Il problema era pieno di difficoltà: inserire un organismo architettonico e funzionalmente molto complicato su una superficie alquanto ristretta ed in un ambiente urbanistico tanto sensibile». Possiamo considerare l’unità edilizia studiata quale elemento terminale del rettifilo del Cassaro (veduta dall’interno) e quale cerniera del teatro marittimo fra l’ex Foro Borbonico, ora detto Italico, e il porto dalla Cala (veduta dal mare). I vincitori del concorso si sono preoccupati di un eventuale aumento del traffico veicolare proveniente dal mare, hanno abolito i transiti pedonali meridionali sostituendoli con un nuovo varco settentrionale e hanno isolato la Porta in modo da formare una nuova pista carraia. Un secondo transito pedonale apre la prospettiva sul mare della Cala in asse alla via Butera, sottopassando il nuovo edificio. Hanno frammentato l’edificio in masse diverse a seconda delle esigenze funzionali interne. La componente estetica unidirezionale formata dal Cassaro è stata sottolineata appena da un’esile e bassa pensilina a filo stradale, mentre l’equilibrio dinamico, quasi rotatorio, della piazza è stato potenziato dal grande corpo principale dell’edificio, sbieco rispetto all’asse stradale. Tale ubicazione, mentre permette la completa visione della Porta a chi proviene dal baricentro urbano, rende meno incombente la massa edilizia molto alta (sei piani) dinamizzandola.

La sistemazione verso il mare risolve egregiamente la funzione di cerniera. La rigida massa parallelepipeda nella quale è stata incastonata la vecchia loggia dell’Ospedale continua la parete formata dai palazzi sulle mura, dal De Seta a Trabia, e la conclude. Il tumulto di superfici, più che di masse, verso la Cala stacca nettamente dalla composizione aulica precedente e preannunzia i volumi frammentari estendentesi lungo l’asse del vecchio porto. Il considerare in tal modo la nuova unità edilizia avrebbe potuto dare avvio al nuovo corso dell’architettura palermitana del dopoguerra. Ma deludente oggi il risultato finale. Venuto meno infatti il rapporto fra antico e moderno, e «se vi è qualcosa di negativo va attribuito a quanto di anacronistico e di “vecchio” si riscontra nell’edificio nuovo» (E. Caracciolo, Urbanistica, anno XIX, n. 3, gennaio-marzo 1950, Il teatro marittimo di Palermo).

Progetto Edilizia residenziale pubblica a Borgo Nuovo

Progetto Edilizia residenziale pubblica a Borgo Nuovo

A distanza di pochi anni dalla legge quadro urbanistica del 1942, che pare aver recepito qualcosa di quanto sollecitato dal 1° congresso INU del 1937, agli esordi, nel 1948, il concorso bandito per la nuova sede del Collegio Nautico e Scuola Marittima di Palermo. Vi partecipa e vince il progetto, che giungerà alla realizzazione nel 1960, insieme a Paolo Gagliardo, Giuseppe Spatrisano e Vittorio Ziino.  L’area è una cerniera a cavallo tra il vecchio porto della Cala e la passeggiata del Foro Italico, occupata dal quasi distrutto Ospedale di San Bartolomeo a ridosso della seicentesca Porta Felice (della quale viene contemporaneamente ricostruito per anastilosi il pilone distrutto). La complessità funzionale del tema, il rapporto e il confronto con un contesto urbano densamente stratificato si traducono nell’articolazione volumetrica e nella frammentazione dei corpi prospettanti la Cala dove una lunga passerella, parte di un più complesso sistema di percorsi, avrebbe dovuto disegnare i contorni di una promenade urbana aperta sul paesaggio. Un’esile pensilina su pilotis definiva invece l’allineamento lungo il Corso Vittorio Emanuele, con l’alto blocco compatto delle aule obliquo rispetto all’asse stradale. Disattese le premesse di concorso, il progetto viene purtroppo privato delle sue parti più interessanti; eliminata la pensilina di ingresso il corpo delle aule viene ridotto in altezza e allineato sul Cassaro, abbandonando qualunque tentativo di relazione con la loggia del vecchio Ospedale.

Sin dal ‘53 manifesto è in Antonio l’interesse all’urbanistica. La intende come un insieme di saperi: la storia, la sociologia, l’antropologia, la geografia, l’economia, la politica, la legislazione. Si è lontani dalla istituzionalizzazione delle Facoltà. Non ci sono ancora gli ‘Icar’. Creatori di divisioni e barriere, incideranno negativamente nella formazione e nella stessa etica dell’agire. Si intreccia quindi, come nelle altre Università della penisola, l’architettura. La fertilizza insieme la densa fecondità degli altri saperi. Insegna, anche al liceo artistico, e progetta.  

Piano per l'edilizia economica e popolare, Sant'Agata di Militello, 1973

Piano per l’edilizia economica e popolare, Sant’Agata di Militello, 1973

Intensa e cospicua l’attività prevalentemente come esperienza condivisa con un compatto gruppo di colleghi ed amici (Salvatore Prescia, Nino Vicari). Numerosi i piani e gli strumenti regolatori elaborati per gli urbani e i territori della Sicilia, sia attraverso concorsi (Patti, Augusta, Milazzo, S. Stefano di Camastra,…) che per incarichi diretti (Mazara del Vallo, S. Agata di Militello). L’esperienza progettuale nell’ambito del concorso nazionale per il Prg di Messina (1961, 1° premio). Coinvolto all’interno del gruppo guidato da Giuseppe Samonà e composto da Alberto Samonà, Roberto Calandra, Napoleone Cutrufelli e Giuseppe De Cola. Ancora sotto la guida di Samonà, e insieme a Enrico Calandra e a Caracciolo, partecipa al progetto per il nucleo residenziale di Borgo Ulivia a Palermo (1956-1961), e in esso struttura architettonica e urbana formano un tutt’uno inscindibile. Ed è l’impegno urbanistico, interno a quel filone di ricerche che si deve in Sicilia all’attività di Caracciolo, a costituire l’occasione per la messa a punto di una vera e propria metodologia che, partendo dallo studio del territorio, trova nella sintesi del progetto la conclusione operativa di un percorso organico: «è nella definizione del disegno – scrive Gabriele Bonafede – che il progetto urbanistico incontra decisamente l’architettura come arte della forma. Ed in linea con questa idea (tipica del Movimento Moderno) Antonio Bonafede provava a dare al momento della sintesi progettuale l’aspetto di forma architettonica razionale a scala urbana».

Stessa intenzione per le architetture costruite, cui l’attenta lettura dei luoghi serviva a riconoscere e puntualizzare gli elementi del progetto. Esemplare a tal proposito quanto elabora per Pollina, piccolo insediamento contadino e luogo di nascita di Bonafede,

«formata – scrive Caracciolo – da un nucleo di case contadine aggrappate sul cocuzzolo di un monte che domina una stretta valle dalla quale, a cannocchiale, si guarda con grande respiro la stesura azzurra del mare di Cefalù. Vi abitano circa 500 famiglie di piccoli proprietari e di braccianti, ad un livello economico bassissimo, ormai completamente stabilizzato. Ne deriva che il movimento migratorio verso Cefalù e le grandi città dell’isola e del continente è fortissimo. La storia di Antonio Bonafede è la storia di una di queste migrazioni, un esempio del formarsi di una nuova cultura in Sicilia. La graduale scoperta di un mondo culturalmente nuovo sempre più ampio, l’imperiosa necessità di approfondire umanisticamente e socialmente problemi che man mano si presentano, formano una netta caratterizzazione» (Edoardo Caracciolo, Tre opere di Antonio Bonafede in Sicilia, in ‘L’architettura Cronache e Storia’, anno VII, n. 2, giugno 1961: 100-107).

Progetto Scuola a Borgo Ulivia

Progetto Scuola a Borgo Ulivia

Nel dare ad essi risposta, connettendo in modo particolarmente intelligente l’incontro tra cittadini e amministrazione, torna la poetica wrightiana nella Casa Comunale di Pollina (1953-’54). Compenetrata alla roccia da cui nasce e si eleva, scandisce un momento particolarmente creativo, esperito nel loro percorso formativo da molti architetti della sua generazione. In Sicilia, bastevoli i progetti di villa Scimemi di Giuseppe Samonà sul lungomare di Mondello o il complesso valdese del villaggio Monte degli Ulivi a Riesi costruito da Leonardo Ricci. A tal proposito in aggiunta al caso di Pollina esempio significativo è il condominio per giornalisti costruito in via delle Magnolie, a Palermo, in cui l’andamento spezzato del fronte asseconda quello curvilineo della strada ponendosi quasi a fondale della via.

L’impegno civile e sociale si manifesta con chiarezza nel progetto del Concorso bandito dal Fondo Incremento Edilizio, in collaborazione con del gruppo di architetti Caracciolo e Pirrone. In una delle più ricche zone della Conca d’Oro ad oriente di Palermo, alle spalle della rigenerata passeggiata a mare che raggiunge le attrezzature ludiche di Aspra e S. Flavia. Interessante la soluzione delle case a nastro ottenute con l’accostamento di due appartamenti tipo (4 o cinque vani) che congiunti ad incastro permettono soluzioni plastiche svariatissime, che interpreta in modo egregio i complessi problemi di operai, artigiani e agricoltori. Non raggiungono tale caratterizzazione le case popolari a Monreale, mancando forse in esse l’intensa dimensione umana riconoscibile in molte sue architetture. 

Con alcuni dei maggiori architetti siciliani partecipa a numerosi concorsi nazionali e regionali ottenendo riconoscimenti e premi, e giungendo in alcuni casi alla realizzazione: a Palermo i progetti per la sistemazione del Rione Villarosa, 3° premio ex aequo, per il Palazzo della Regione Siciliana, 2° premio ex aequo, per la sistemazione urbanistica della via del Porto, 1° premio.

Nel 1955 insieme con Caracciolo e i due Calandra e Pirrone, il progetto del palazzo della Regione Siciliana – concorso nazionale, 2° premio ex aequo – «da erigersi in Piazza Castelnuovo, di frante al Teatro Politeama. Genera polemiche. Zevi, polemico sulla scelta del luogo, attacca il bando» scrive in ‘Cronache’ un acceso testo dal titolo “Resterà senza tetto l’autonomia siciliana”. Anche Giuseppe Vaccaro si esprime negativamente sulla scelta del luogo: «è ragionevole ubicare un grande organismo che implica grossi problemi di traffico e di auto-parcheggio nel cuore della città, o non dovrebbe piuttosto costituire esso stesso il fulcro di una espansione urbana, concepito in piena libertà nel quadro urbanistico regionale? A mio parere la risposta è ovvia: ma l’argomento non poteva essere oggetto di discussione da parte della Commissione Giudicatrice che era chiamata a vagliare il concorso nei termini in cui era stato bandito» (in ‘Cronache di architettura’)

«la componente estetica unidirezionale formata dal Cassaro è stata sottolineata appena da un’esile e bassa pensilina a filo stradale, mentre l’equilibrio dinamico, quasi rotatorio della piazza è stato potenziato dal grande corpo principale dell’edificio, sbieco rispetto all’asse stradale. Tale ubicazione, mentre permette la completa visione della Porta a chi proviene dal baricentro urbano, rende meno incombente la massa edilizia, invero molto alta (sei pini) dinamizzandola. La sistemazione continua la parete verso il mare risolve egregiamente la funzione di cerniera. La rigida massa parallelepipeda nella quale è stata incastonata la vecchia loggia dell’ospedale formata dai palazzi sulle mura, dal De Seta e Trabia, e la conclude. Il tumulto di superfici, più che le masse, verso la Cala stacca nettamente dalla composizione aulica precedente e preannunzia i volumi frammentari estendentesi lungo l’ansa del vecchio porto».
Ospedale di Termini Imerese, plastico

Ospedale di Termini Imerese, plastico

La strada longitudinale a doppia carreggiata – la futura via Crispi – prevista dal piano di ricostruzione dovrebbe costituire un collegamento organico della Cala con la piazza dell’Ucciardone. Bisogna dire che modifiche sostanziali e mutilazioni in corso d’opera, rompendo in due tronconi la rigida massa parallelepipeda che incastonava la vecchia loggia dell’Ospedale e falsando i rapporti e il trattamento del tumulto di superfici verso la Cala, hanno certamente mortificato i pregi e lo spirito del progetto originario, evidenziandone in definitiva i difetti. La ripresa edilizia del dopoguerra si apre dunque con una nobile e felice occasione perduta, in una Palermo la cui realtà umana locale appare disperata, stretta tra mafia e poteri politico ed ecclesiastico.

Bonafede – è il 1957 – partecipa ai concorsi nazionali per la redazione di tre PRG: vincono il 1° premio quelli di Augusta – con S. Prescia e N. Vicari, di S. Agata di Militello e di Patti – con S. Prescia, S. Teresi, N. Vicari. 1° premio. Tessuti da una metodologia esemplare, li caratterizza l’attenzione al paesaggio, l’attenta relazione con il centro storico, una maturata adesione alla matrice organica dell’urbanistica. Ben risolta l’integrazione tra ambiente naturale e insediamento umano. Alla base l’intreccio tra esplorazione della storia e della morfologia del territorio in un periodo in cui intenso è l’impegno per i convegni di Gubbio e di Palma di Montechiaro sulla salvaguardia dei centri storici e sulle aree depresse (urbanistica dal basso). Ne è promotore Caracciolo, già titolare della cattedra di Urbanistica, di cui Bonafede è assistente ordinario, è anche presente attivo al dibattito presieduto da Zevi nell’ambito del convegno organizzato a Palermo sulla Politica per la piena occupazione da Danilo Dolci, fondatore del Centro Studi e appassionato interventista del significativo ‘fare’ di Partinico.

82135059_186962249369852_8746658167674372096_nPalermo langue. E il contesto? Scrivevo nel settembre del 2023: «Il neo-realismo era lo spirito del tempo e con esso si metteva a nudo del proletariato e dei marginali la durezza del mestiere spesso nutrita dai sogni del benessere. Una moralità nuova si cercava e che fosse aderente ai problemi concreti della società.  Il cinema donò capolavori. Come dimenticare ad esempio “Mamma Roma”, “Miracolo a Milano”, “Ladri di biciclette”? Può dirsi lo stesso ponendo lo sguardo sullo scenario architettonico?  Non credo. Nasceva bacato il piano Fanfani da parte dei singoli Governi, censurando alla base il mileiu di un’autentica architettura sociale “diretta a creare – come sollecitava Ridolfi – l’ambiente di una nuova civiltà democratica”.  Insiemi di case, con corti e strade, ma autonome, separate, chiusi alla città. Questa la loro identità».

Nel concludere, per quanti vogliano conoscere la ricca attività professionale di Antonio Bonafede e anche di coloro che spesso con lui collaborano, penso sia utile quanto segue, essendo di difficile reperimento. 

1955.  Edificio di abitazioni della cooperativa dei Giornalisti in via delle Magnolie. 
1956. Progetto di un edificio per abitazioni in via Vincenzo di Marco a Palermo, con ing. G. Gulì (calcoli strutturali), realizzato. 
1957. Progetto di case economiche del Comune di Monreale (PA), con ing. G. Panzera e ing. A. Mignosi, realizzato. (Caracciolo E. (1961). “Tre opere di Antonio Bonafede in Sicilia”, L’architettura n.2, giugno 1961: 101-106) / Progetto del nucleo residenziale Pilota nel Borgo Ulivia di Palermo, con R. Calandra, E. Caracciolo, G. Samonà, coordinatore, realizzato / Progetto di un edificio per case INA a Borgonuovo a Palermo / Progetto di Borgonuovo, con G. Spatrisano coordinatore, G. Mannino, V. Nicoletti, D. Saladino, S. Tortorici, realizzato. Bonafede G. (1997), La pianificazione in Sicilia, 1944-1990, Palermo: La Zisa:72; Caronia Roberti S. (1957), Urbanistica come civiltà, Palermo: La Cartografica.
1959 Edificio residenziale in via Vincenzo Di Marco 19 a Palermo. 1959 In occasione della “Conferenza cittadina dei lavoratori sull’industrializzazione di Palermo”, Bonafede individua la questione della disoccupazione e sottooccupazione come uno dei problemi la cui risoluzione si collega allo sviluppo urbanistico di un organismo urbano sano.
1959 Centro Direzionale di Trapani.
1960 PRG di Mazara del Vallo, adottato in settembre.
1960 / Progetto del PRG di Mazara del Vallo (TP) con E. Caracciolo e G. Casciolo, Caracciolo E. In aprile partecipazione di Caracciolo e Bonafede al convegno di Palma di Montechiaro sulle condizioni di vita e di salute in zone arretrate della Sicilia occidentale promosso da Danilo Dolci. Coordinamento di Caracciolo della tavola rotonda sull’urbanistica alla quale partecipano Astengo, Bonafede, Cosenza, Marescotti 
1961 Piano regolatore intercomunale di Giarre e Riposto (CT), con E. Caracciolo, L. Urbani. / PRG di Milena, coordinatore, adottato nel 1962. / Progetto del PRG di Sant’Agata di Militello, con R. Calandra coordinatore, S. Prescia, N. Vicari. / Con Bonafede A., Calandra R., Prescia S., Vicari N. (1961) / Piano Regolatore Generale di Mazara del Vallo e il Comune di Sant’Agata di Militello. Viaggio nei Nebrodi con Vicari / Piano Regolatore Generale del Comune di Mazara del Vallo / 
1961. 1° premio Concorso nazionale per il progetto del PRG di Messina, motto “Biporto”, con R. Calandra, N. Cutrufelli, G. De Cola, A. Samonà e G. Samonà coordinatore.  / Progetto del PRG di Patti, coordinatore con S. Prescia e N. Vicari.
/ 2° premio Concorso nazionale per il progetto del PRG di Milazzo, motto “Capoverde”, con R. Calandra, N. Cutrufelli, G. De Cola, D. Ryolo, A. Samonà, G. Samonà, N. Vicari. / Piano regolatore intercomunale di Agrigento e Porto Empedocle, con E. Caracciolo coordinatore (Cilona sostiene che il piano sia del 1963 a firma Caracciolo e Calandra; probabilmente dopo la morte di Caracciolo subentra Calandra. Cannarozzo sostiene che il piano non arriva a conclusione, p.86). / Piano regolatore di Licata, con E. Caracciolo coordinatore. / Albergo Turistico della Regione a Palazzolo Acreide, consulenza, con N. Vicari. 
1962. Concorso-Appalto per il nuovo centro clinico scientifico di Catania, Istituti anatomici, biologici, di botanica, servizi generali, con. S. Prescia e N. Vicari, non aggiudicato. / Proposta del piano provinciale di Messina, con R. Calandra, N. Cutrufelli, G. De Cola, A. Samonà, G. Samonà, N. Vicari. 
1963. 1° premio ex equo Concorso nazionale per il progetto del PRG di S. Stefano di Camastra, motto “Argilla viva” con A. Gulì, S. Prescia, N. Vicari.  / Concorso nazionale per il progetto di massima del Teatro Municipale di Trapani, con P. Di Stefano, L. Urbani, N. Vicari, non aggiudicato. / Piano regolatore generale del comune di Villa San Giovanni (RC), con R. Calandra, N. Cutrufelli, G. De Cola, A. Samonà, G. Samonà coordinatore. / Progetto per il Nucleo Tirreno di industrializzazione della provincia di Messina con R. Calandra, A. D’amore, G. De Cola, A. Marotta, G. Merlino, G. Pantano, S. Ruberto, A. Samonà, G. Samonà. 
1964. Progetto della casa Curcio a Cefalù, realizzato. (Panzarella M. (2011), “Casa Curcio a Cefalù, di Antonio Bonafede”. E. JOURNAL, http://www.uam-productions.it/flip/03/(3), 61-65). / Piano territoriale dell’area industriale di Milazzo (ME), con R. Calandra, N. Cutrufelli, G. De Cola, A. Samonà, G. Samonà. 
1965. Progetto di case Gescal a Borgo Ulivia “2” a Palermo, con R. Calandra, P. Mazzacurati ed E. Scavuzzo, realizzato. 
1965-67. PRG di Cefalù con R. Calandra, C. Doglio, A. Samonà, G. Samonà coordinatore.
1965-66 Progetto del Piano Urbanistico del Comprensorio 9 della Regione Siciliana, coordinatore, con F. Amoroso, R. Calandra, B. Colajanni, N. Vicari, approvato con DP 5/04/1979 n.164 / Progetto di scuola elementare di 24 aule in via Esseneto ad Agrigento. / Progetto del PRG di Floridia (SR), con A. Greco, approvato con DA n.20 del 31/01/1972. / Piano per l’edilizia economica e popolare del comune di Agrigento, con R. Calandra e D. Rubino. / Progetto di Villetta Consagra a Mongerbino (Aspra), non realizzato. / Progetto del Piano Urbanistico del Comprensorio 9 della Regione Siciliana, coordinatore, con F. Amoroso, R. Calandra, B. Colajanni, N. Vicari, approvato con DP 5/04/1979 n.164. / Progetto del piano di Sviluppo Generale e Piano Regolatore Intercomunale delle città di Palma di Montechiaro e Licata, con R. Calandra coordinatore, N. Cangemi, G. Cusimano, V. Girgenti, I. Doglio. Melisenda, Cusimano e Vianelli rappresentano l’equipe di economisti ed esperti nel settore agricolo. L’incarico del progetto segue la legge specifica per Palma e Licata del 1963 ed il famoso “Convegno sulle condizioni di vita e di salute nelle zone arretrate della Sicilia occidentale” 27-28-29 aprile 1960, cui partecipa Bonafede in una tavola rotonda presieduta da Caracciolo. / Progetto del PRG di Mazzarino (CL), con. S. Prescia, N. Vicari, e M. Zafarana, nel 1979 ancora in corso di approvazione. 
1967. Progetto generale planivolumetrico del nuovo quartiere di Villaseta ad Agrigento, con R. Calandra, M. Ghio, realizzato. / progetto del quartiere Villarosa. 
1968 Progetto e direzione dei lavori del nuovo ospedale di Partinico (PA) con S. Prescia, N. Vicari, ultimato nel 1976 / 1968-70. Piano di sviluppo democratico delle valli del Belice, Carboi e Jato, consulenza urbanistica con R. Calandra. 
1970. Progetto del PRG di Leonforte (EN), coordinatore, con A. Barraco, S. Leone, R. Bonasera, approvato con DA del 08/04/1976. / Con Calandra e Vicari, Piano Comprensoriale N. 9 della Regione Siciliana dei 12 comuni sui Nebrodi colpiti da sisma del 1967 / Progetto del nuovo ospedale di Termini Imerese consulenza, realizzato. / Progetto del PRG di Pollina (PA), in corso di approvazione al 1979 / Con Robero Calandra e Nino Vicari.  
1971 2° progetto della nuova Casa Comunale di Pollina (PA), con N. Pizzolo, eseguito dopo nel 1980 con la direzione dei lavori dell’arch. Stefania Leone. 
1972. Progetto della scuola elementare di 24 aule a Borgo Ulivia a Palermo, con G. Pirrone e S. Incorpora. 
1973. Piano per l’edilizia economica e popolare, espansione est, di S. Agata di Militello.  Nel caratterizzarsi per l’ampiezza dell’insediamento residenziale e per il ricco inserimento delle attrezzature, si pone come riuscito esempio di pianificazione urbanistica. 
1975. Progetto del PRG di Barcellona Pozzo di Gotto, con E. Carrozza. / Progetto di un quartiere residenziale a Villabate (PA), con R. Calandra, B. Colajanni, S. Incorpora, G. Pirrone, N. Vicari, realizzato. “diede luogo a una singolare esperienza nel panorama delle analoghe realizzazioni contemporanee. Furono previsti blocchi lineari multipiani dotati di parcheggi sotterranei in un ampio spazio comprendente attrezzature sociali scolastiche e sportive, tutte realizzate con un soddisfacente esito spaziale e volumetrico. Oggi in degrado per la mancata manutenzione”. 
1976. Nuovo progetto del PRG di Patti, con S. Prescia e N. Vicari, in approvazione al 1979. / Progetto di scuola elementare di 15 aule a S. Agata di Militello, con N. Vicari, in corso di realizzazione al 1979. 
1977. Progetto di programma di fabbricazione e PEEP di Militello Rosmarino (ME), con N. Vicari, in corso di approvazione nel 1979. / Regolamento edilizio con annesso Piano di fabbricazione e Piano per l’edilizia economica e popolare del comune di Licata (AG), con R. Calandra e A. Cangemi. 
1978 In collaborazione con Nino Vicari, Piano per l’edilizia economica e popolare (P.E.E.P.) a Militello Rosmarino, in attuazione del precedente programma di Fabbricazione a loro firma Attuato solo in parte. Con Nino Vicari scuola elementare di 15 aule a Sant’Agata di Militello, contrada Cannamelata, che si adagia alla pendenza del terreno e orienta i punti di vista degli ambienti verso l’orizzonte marino, palesandosi in tal modo l’attenzione al paesaggio. 
Aula della Facoltà di Architettura a lui intestata

Aula della Facoltà di Architettura a lui intestata

Ho perso il nome o il sito da dove ho preso questa citazione, avendola condivisa, scusandomi con chi lo ha scritto: «Guardare oggi al lavoro di Bonafede significa non soltanto provare a darne un giudizio critico quanto piuttosto, ed è quello che probabilmente può risultare più interessante, puntare l’attenzione su un intero gruppo di architetti che, condividendo obbiettivi e metodo di lavoro, impegno civile ed intellettuale, ha provato a tracciare un’immagine diversa dell’architettura della vita siciliana del dopoguerra». 

Dialoghi Mediterranei, n. 66, marzo 2024 
Ringraziamenti
Per la fattiva collaborazione ringrazio i figli di Antonio Bonafede entrambi architetti, Gabriele e Giulia, a cura della quale è stato possibile redarre l’utilissimo elenco completo dei lavori del padre.
Riferimenti bibliografici
Aurora Argiroffi, L’istituto nautico di Palermo: dal concorso del 1949 al cantiere del 1955, in “Lexicon”, n. 7, 2008: 45-52.
Bonafede Gabriele (1997), La pianificazione in Sicilia. 1944-1990, Palermo: La Zisa: 99. 
Giulia Bonafede, La metodologia nei piani urbanistici di Antonio Bonafede, in A. Gulì, op. cit.: 51.
Edoardo Caracciolo, Tre opere di Antonio Bonafede in Sicilia, in ‘L’architettura Cronache e Storia’, anno VII, n. 2, giugno 1961, pp. 100-107).
Alba Gulì, a cura di, La città nell’urbanistica di Antonio Bonafede, Quaderno n. 3 del Dipartimento di Città e Territorio dell’Università di Palermo, Palermo 1992
Matteo Iannello, Glenda Scolaro, Palermo. Guida all’architettura del ‘900, “Salvare Palermo”, Palermo 2009: 100-101.
Matteo Iannello, Edoardo Caracciolo architetto appunti per una biografia, in “Per Salvare Palermo”, n. 27, maggio/agosto 2010: 12-14.
Glenda Scolaro, Antonio Bonafede architetto, in “Salvare Palermo”, settembre-dicembre 2010: 28.
Luigi Piccinato in Metron”, 28: 19 
Marco Visentini, Concorso del Fondo Incremento Edilizio. Finalità e problemi del FIE, in  “Urbanistica” , n. 14, anno XXIII, 1954.

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Antonietta Iolanda Lima, architetto, già professore ordinario di Storia dell’Architettura presso l’Università di Palermo. Sostenitrice della necessità di pensare e agire con visione olistica, sua ininterrotta compagna di vita, è quindi contraria a muri, separazioni, barriere. Per una architettura che sia ecologica, sollecita il rispetto per l’ambiente e il paesaggio, intrecciando nel ventennio ‘60-‘70 l’elaborazione progettuale, poi dedicandosi alla formazione dei giovani. Ad oggi continua il suo impegno a favore della diffusione della cultura e di una architettura che si riverberi positivamente su tutti e tutto: esseri umani, animali, piante, terra; perché la vita fiorisca. Promotrice di numerose mostre ed eventi, è autrice di saggi, volumi e curatele. Tra essi, qui si ricordano: L’Orto Botanico di Palermo, 1978; La dimensione sacrale del paesaggio, 1984; Alle soglie del terzo millennio sull’architettura, 1996; Frank O. Gerhy: American Center, Parigi 1997; Le Corbusier, 1998; Soleri. Architettura come ecologia umana, 2000 (ed. Monacelli Press, New York – menzione speciale 2001 premio europeo); Architettura e urbanistica della Compagnia di Gesù in Sicilia. Fonti e documenti inediti XVI-XVIII sec., 2000; Monreale, collana Atlante storico delle città Europee, ital./inglese, 2001 (premio per la ricerca storico ambientale); Critica gaudiniana La falta de dialéctica entre lo tratados de historia general y la monografìas, ital./inglese/spagnolo, 2002; SoleriLa formazione giovanile 1933-1946. 808 disegni inediti di architettura, 2009; Per una architettura come ecologia umana Studiosi a confronto, 2010; L’architetto nell’era della globalizzazione, 2013; Lo Steri dei Chiaromonte a Palermo. Significato e valore di una presenza di lunga durata, 2016, voll. 2; Dai frammenti urbani ai sistemi ecologici Architettura dei Pica Ciamarra Associati, 2017 (trad.ne inglese, Londra e Stoccarda, Edit. Mengel; Bruno Zevi e la sua eresia necessaria, 2018; Giancarlo De Carlo, Visione e valori, 2020; Frugalità Riflessioni da pensieri diversi, 2021. Il suo Archivio è stato dichiarato di notevole valore storico dal Ministero dei Beni Culturali.

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