Sabato 27 luglio 2024, una mattinata caldissima. Il sindaco PD di Bologna, Matteo Lepore, uomo di Legacoop che si è speso senza risparmio per il rilancio in grande stile di mega opere di ogni tipo in città (allargamento dell’asse autostrada-tangenziale, nuovo tram, edilizia scolastica, nuovo stadio “provvisorio”, scoperchiamento del canale di Reno, contenitori culturali al ritmo ormai di un nuovo progetto alla settimana), annuncia a sorpresa il passo indietro (lui dice “passo di lato”) su un progetto di nuova scuola osteggiato fieramente da un agguerrito comitato civico. Il fulmine a ciel sereno – o piuttosto il raggio di sole che squarcia inaspettato nubi densissime – arriva proprio nel mezzo dell’evento “I territori sono di chi li vive”, una due giorni organizzata dal comitato per chiamare a raccolta la solidarietà dei concittadini e di tutti i comitati e i movimenti ambientalisti della penisola contro il temuto intervento della polizia. E il presidio si trasforma in festa.
Come è successo che il progetto di una nuova scuola si è trasformato in uno scontro frontale tra amministrazione comunale e cittadinanza?
Innanzitutto due parole sul progetto comunale, che non è affatto “innocente”, nel senso che la nuova scuola “Quattro foglie” voleva essere una sorta di cavallo di Troia per far ingoiare agli abitanti nuovo cemento e perdita di suolo. Infatti una scuola c’è già: è la scuola media Fabio Besta, un edificio di appena 40 anni, frutto, come diverse altre scuole coeve, di una progettazione molto avanzata condotta insieme da architetti e pedagogisti a fine anni ‘70. È collocata proprio al centro del parco Don Bosco, il quale era stato munito di un terrapieno perimetrale alberato a protezione dall’inquinamento e dal rumore delle strade, ogni aula ha un affaccio autonomo sul parco e dispone all’interno di un’antiaula che permette di modulare lo spazio per attività di gruppo o di rinforzo.
L’efficienza energetica non può competere con quella di un edificio costruito oggi, ma la scuola Besta si trova già in classe C, cioè nel 10% migliore tra le scuole cittadine, e la si può rendere più performante con una ristrutturazione. Il progetto comunale invece prevedeva di demolirla per costruire un nuovo edificio a fianco, sacrificando da progetto almeno 40 alberi di più di 60 anni (ma con gli inevitabili danni della cantierizzazione se ne sarebbero persi sicuramente molti di più), proprio nell’angolo sull’incrocio di due strade, con affaccio su tristi barriere fonoassorbenti, non più un intero parco intorno ma solo un piccolo giardino su un unico lato, e una struttura interna “tradizionale” e rigida. Ma naturalmente doveva essere un edificio concepito con standard energetici attuali, come suggerisce anche il costo preventivato piuttosto ingente: 18 milioni di euro per 18 aule, praticamente un milione ad aula!
Quando, in luglio 2023 il progetto finalmente uscì da un misterioso “percorso di partecipazione” (di cui gli abitanti del quartiere non si erano mai accorti), un gruppo di insegnanti e di genitori delle scuole Besta si resero conto innanzitutto che avrebbe voluto dire perdere la parte più alberata e amata del parco, piccolo ma prezioso polmone verde nel cuore del quartiere S. Donato, un territorio di prima periferia a densissima urbanizzazione e traffico veicolare, tra fiera, palasport, torri della Regione, “polo tecnologico” in costruzione e ora l’incrocio delle due nuove linee tranviarie. Cominciarono quindi a fare opera di sensibilizzazione del vicinato, ma non sapevano che avrebbero dato vita alla lotta più originale e spiazzante della storia cittadina.
Le tre fasi della lotta. Luglio 2023 – gennaio 2024: “Il Comitato Besta”
All’inizio volantinaggi, raccolta firme, poi cortei, partecipazione ad un infuocato consiglio di quartiere aperto, studio, approfondimento e primi collegamenti con esperti naturalisti, climatologi, botanici, medici, architetti, in prima linea l’ormai anziana progettista della scuola nel parco destinata alla demolizione, arch. Fioretta Gualdi. Dall’amministrazione solo commenti sprezzanti. Durante le vacanze di Natale, a scuola chiusa, si teme l’arrivo delle motoseghe e comincia una presenza costante di quello che è ormai un comtato coeso e attivo. È in quel periodo che inizia anche una densa attività di formazione civica: vengono invitati scienziati e naturalisti che tengono lezioni di botanica e zoologia nel parco ai cittadini interessati: si parla di clima, di ecosistemi, di suolo, di biodiversità, di didattica e di salute. Era ancora solo un parchetto di periferia, ma già travalicava i confini del quartiere in quanto in quel piccolo spicchio di verde davanti alle torri della regione cominciavano a specchiarsi le trasformazioni in corso in tutta la città.
29 gennaio – 20 giugno 2024, “le casette sugli alberi”
Dopo 7 mesi di mobilitazione completamente inascoltata e addirittura irrisa dagli assessori all’istruzione e ai lavori pubblici (con il sindaco non si riuscirà a parlare fino ad aprile), il 29 gennaio ecco il primo tentativo di installare il cantiere previo taglio degli alberi, presidiato solo da alcune pattuglie di vigili urbani. All’allarme lanciato dai residenti del comitato che si incatenano agli alberi, alcune centinaia di giovani solidali accorrono e le transenne cadono. Al posto del cantiere viene insediato il presidio permanente: con le transenne inutilizzate si allestisce un gazebo polifunzionale e nascono le ormai famose “casette sugli alberi”, piattaforme tra i rami a 5, 8, 10 metri di altezza, ad opera di giovani molto compententi, ispirate ad altre installazioni simili in altre lotte in Europa, che richiamano alla memoria la leggendaria resistenza di Julia Hill rimasta per 2 anni a 55 metri su una sequoia in California nel 1997 per bloccare il taglio di una foresta.
Fase estremamente feconda per la relazione e l’interazione tra soggetti diversi: i “vecchi” residenti, con la loro rispettabilità e il radicamento nel quartiere, e i giovani “ribelli”, portatori di pratiche inedite, entusiasmo e di una visione ampia, tutti uniti nella determinazione di salvare questi alberi e fare della gestione del territorio La Questione politica in città. È una fase di grande creatività: al parco ogni giorno ci sono iniziative di ogni tipo, dalle presentazioni di libri alle sedute di yoga, alle lezioni di arrampicata (sugli alberi), alle proiezioni serali, per 41 giorni altrettanti cittadini si recano in comune per regalare al sindaco (che non si farà mai trovare) un libro di argomento ambientale. E il presidio tiene due assemblee settimanali in cui si discutono i passi da fare e ci si conosce meglio tra diverse anime.
In questo periodo si tentano le vie legali con un ricorso al tribunale civile sul modello di Torino (vertenza per salvare gli alberi di corso Belgio), ma ci si scontra con il blocco di potere PD che in questa città e in questa regione è onnipervasivo. Prosegue il lavoro di sensibilizzazione, tessendo relazioni con altri comitati che dall’esempio del Don Bosco acquistano spinta ed entusiasmo. Dopo la sentenza negativa del tribunale, il 3 aprile il comune torna all’attacco inviando la celere: 100 agenti in antisommossa fanno da scudo ad un manipolo di operai che riesce a tagliare 6 alberi prima che la rabbia montante dei presidianti, ormai diverse centinaia, riesca ad irrompere nell’area di lavoro, impedendo di fatto di proseguire: polizia e operai devono ritirarsi. Nella notte un’azione di rappresaglia dei carabinieri si accanisce su un giovanissimo presidiante malmenato, stordito col taser, portato in caserma e processato l’indomani mattina. Le reazioni di sdegno di fronte alla gravità dell’episodio scuotono anche l’amministrazione e finalmente è il sindaco in persona stavolta che cerca il dialogo per togliersi d’impaccio. Convoca il comitato a un “tavolo”, ma è chiaro che non c’è nessuna volontà di trattare su niente: il sindaco pensa semplicemente di potersela cavare promettendo qualche compensazione in più, ma non ha fatto i conti con un’opposizione che ormai è cresciuta, consapevole, sempre più determinata e forte.
Il comitato non cade nel tentativo di cooptazione, abbandona il tavolo e rilancia con un convegno il 25 maggio in cui ottiene contributi di altissimo livello da esperti locali e nazionali in campo ambientale, pedagogico e architettonico. Il progetto comunale è ormai indifendibile, il PD è isolato, ma fa quadrato trincerandosi nel silenzio. La manovra del tavolo non è riuscita ma ha potuto ugualmente insinuare le prime diffidenze tra le diverse anime del presidio. Tuttavia il dato più significativo è la rapidissima fioritura di comitati e gruppi civici che in ogni angolo della città riescono a prendere voce per denunciare l’aggressione al territorio e soprattutto agli alberi. È come se la vittoria, ancorché parziale, al Don Bosco avesse incrinato il muro di rassegnazione, messo in discussione il dogma thatcheriano “TINA – There Is No Alternative”, il partito del ”tanto ormai non c’è niente da fare”.
L’alternativa esiste: organizzarsi, mobilitarsi, soprattutto rifiutare la logica delle compensazioni e cominciare a dire dei NO. In questo mix di tensione per l’incombere dello sgombero e una crescente simpatia intorno alla lotta del don Bosco, si arriva al 20 giugno, quando uno schieramento di polizia abnorme attacca i presidianti che cercano di difendere con i loro corpi le piante sul terrapieno perimetrale lungo la via Aldo Moro, dove insiste il cantiere del tram. Quella mattina si vedono scene inconcepibili: la polizia e gli operai insieme determinati a tirare giù dagli alberi i manifestanti inermi a costo anche di ucciderli se necessario di fronte a centinaia di manifestanti a terra malmenati senza motivo. Tutta la stampa cittadina è presente, foto e video fanno scandalo in tutto il Paese ma in città sulla vicenda cala un muro di omertà apparentemente inscalfibile. Questa volta la violenza ha la meglio: le piante della protezione perimetrale vengono tagliate e il terrapieno stesso dimezzato per allargare la carreggiata.
Dopo il 20 giugno: la crisi, il ricompattamento, la vittoria
Lo shock per le violenze subite, in un assurdo silenzio stampa accompagnato da una campagna di criminalizzazione dei presidianti, tiene in scacco il presidio per alcune settimane: le divergenze di visione cominciano ad acutizzarsi e la pesante consapevolezza che la controparte – amministrazione PD e ministero dell’interno uniti – è disposta ad alzare lo scontro fino a livelli insostenibili apre divisioni sulle prospettive. È in questa fase che comincia ad emergere una terza componente della lotta, dopo i residenti del comitato e i giovani “climber” degli alberi: “i solidali”, provenienti da forze politiche della sinistra o semplici cittadini simpatizzanti con la lotta del Don Bosco, spingono per non darsi per vinti e riprendere in mano l’iniziativa. Non è il momento di lasciarsi sopraffare dallo sconforto, siamo arrivati fin qui, anche la controparte è in difficoltà, bisogna resistere un minuto di più dell’avversario!
È con questo spirito che, nella asfissiante calura padana di luglio, mentre parte della gente è già in vacanza, con lo spettro di uno sgombero manu millitari sotto ferragosto, il comitato trova la forza di rilanciare e organizza al parco addirittura un raduno nazionale di due giorni, venerdì e sabato 26 e 27 luglio, invitando da tutto il paese i comitati e i movimenti ambientalisti e per la difesa del territorio da opere inutili e impattanti, con cui ha tessuto relazioni negli ultimi mesi. L’evento, sorprendentemente, riesce benissimo: come in una perfetta “organizzazione anarchica”, senza una direzione centrale, tutti si attivano in magica sintonia nel campo in cui sono più forti, chi a cucinare, chi nella logistica, chi ha i contatti a livello nazionale, chi nella analisi e nella presa di parola… dal venerdì sera centinaia e centinaia di persone rispondono alla chiamata e si ritrovano al parco, dopo la cena conviviale il Coro delle Mondine di Bentivoglio (anziane testimoni del lavoro agricolo di un tempo) commuove e rallegra il pubblico con il suo repertorio di canti di lavoro, di lotta e d’amore.
La mattina il presidio si sveglia con l’inaspettato annuncio della resa del sindaco che trasforma la lotta in festa e galvanizza l’assemblea nazionale conclusiva. Il sentire comune è che la vittoria si è ottenuta attraverso una mobilitazione ‘di popolo’, fatta di tante diverse componenti a volte anche in contrasto tra loro, ma unite sull’obiettivo. L’evento si chiude stemperando la tensione in una divertentissima e partecipatissima riffa per raccogliere fondi per le spese legali, in cui vengono messi in palio centinaia di premi assolutamente improbabili donati dai simpatizzanti.
Per approfondimenti teorici e fotografici su tutta la vicenda, consiglio, oltre alle pagine facebook, e instagram e il canale telegram del Comitato Besta, l’attento blog https://tgcoop.blogspot.com/ di Gianni Tugnoli (assessore all’ambiente negli anni ‘80), che ha autorizzato all’utilizzo delle sue foto.
“Volando basso” è più facile osservare quel che succede in città
Non è un caso che, proprio in parallelo a questa vicenda, cioè da ottobre 2023 a luglio 2024, si sia svolta un’altra iniziativa, più piccola e in sordina ma molto originale, che in buona parte entra in risonanza con la lotta al Don Bosco: sto parlando del laboratorio di fumetto sociale “Nuvole dalle periferie”, il cui esito è il fumetto “Volando basso – Che vita in Pescarola”, opera di graphic journalism collettivo con focus sul quartiere Pescarola, appunto, all’estrema periferia nord-ovest di Bologna.
Il workshop è stato promosso da un’associazione culturale, il C.R.A.P., Comitato Ricerche Associazione Pionieri, che di fumetto si occupa sotto il profilo storico: infatti è nata per raccogliere e sistematizzare l’archivio storico completo della pubblicazione Il Pioniere, periodico del PCI per ragazzi a fumetti e non solo, diretto da Gianni Rodari e Dina Rinaldi, che uscì per tutti gli anni ‘50 e parte dei ‘60 del ‘900 (qui il loro sito:vhttp://www.associazionepionieri.it/ ). Dalla ricostruzione dell’archivio e dagli studi e ricerche sui protagonisti dell’editoria di sinistra per ragazzi, l’associazione ha allargato la sua attività a trasmissioni radiofoniche settimanali dall’emittente bolognese di informazione Radio Città Fujiko ( https://www.radiocittafujiko.it/ ) ed eventi culturali e mostre sul tema. Il progetto di redazione collettiva di graphic journalism nasce quindi da una collaborazione tra C.R.A.P., Radio Città Fujiko e Associazione Sopra i Ponti (http://www.sopraiponti.it/ ) , con il supporto sul campo dell’aps CSI – Centro di salute Internazionale e Interculturale ( https://csiaps.org/ ) che ha facilitato la relazione con il territorio del quartiere poiché da alcuni anni vi svolge una ricerca-azione sui determinanti di salute.
L’obiettivo era duplice: da un lato portare alla ribalta, attraverso il linguaggio del fumetto, la realtà delle periferie urbane, dall’altro avvicinare i giovani artisti alla realtà sociale in modo concreto e diretto. L’operazione è riuscita oltre le aspettative tanto che circa 25 giovani, per lo più studenti, hanno risposto all’appello diffuso tra Università e Accademia di belle arti per ritrovarsi in estrema periferia, del tutto al di fuori dai circuiti studenteschi, ansiosi proprio di abbandonare i libri per immergersi nella “vita vera”. Alla fine l’intero percorso creativo, durato ben 9 mesi, sarà seguito attivamente da una quindicina di neo-autori.
Il lavoro di “inchiesta”, condotto mediante interviste a residenti attivi e testimoni privilegiati, inizia per così dire al buio, cioè senza un’ipotesi narrativa precostituita su cosa aspettarsi, anche se più o meno condividevamo la convinzione che le problematiche emergenti girassero intorno a questioni come l’emarginazione economica e sociale (il quartiere vede un’importante presenza di edilizia pubblica e un’alta densità di migranti). Invece quello che abbiamo riscontrato è un territorio estremamente ricco di in termini di attivismo, associazioni e relazioni interculturali, ma duramente violentato a livello ambientale, in quanto un invidiabile patrimonio di verde pubblico, che renderebbe la zona attraente e vivibile, è lentamente eroso dal continuo proliferare di grandi infrastrutture di trasporto, progettate senza minimamente curarsi dei disagi che arrecano alla popolazione: oltre al forte impatto dell’asse autostrada-tangenziale che delimita il quartiere, di cui è in progetto l’allargamento a 18 corsie che sacrificherà ampie aree verdi, il territorio è attraversato dalla linea ferroviaria dell’alta velocità, dal treno sopraelevato per l’aeroporto detto people mover, da un importante asse stradale verso nord, e soprattutto è sorvolato a quota paurosamente bassa ogni pochi minuti dagli aerei in decollo o in atterraggio sul vicinissimo aeroporto in continua espansione. Oltre a ciò, è risultato evidente il disinvestimento in campo sociale da parte dell’amministrazione comunale che, dagli anni ‘80 del ‘900, ha causato la scomparsa progressiva dei centri giovanili e di una infrastruttura sportiva che erano importanti luoghi di aggregazione della gioventù locale e che ora l’aministrazione si illude di poter sostituire a gratis con il volontariato.
Ritengo non casuale che il nostro lavoro di graphic journalism risuoni tanto in sintonia con la lotta al Don Bosco perché è evidente come l’aggressione al territorio, per estrarne fino all’ultima goccia di valore, sia una costante caratteristica delle dinamiche del capitale in questa fase storica (insieme all’altra dinamica emergente, ancor più spaventosa, che è la guerra). Dappertutto si assiste al tentativo di imporre opere e infrastrutture altamente impattanti e spesso di utilità molto dubbia: si vanno moltiplicando come funghi gli impianti di risalita su montagne dove non nevica più, i litorali e i porti vengono sventrati e dragati per far posto a navi da crociera mostruosamente grandi, nelle città sono le aree verdi, parchi pubblici o zone abbandonate e rinaturalizzate (a Bologna ad esempio è il caso di molte aree limitrofe all’autostrada-tangenziale, che verranno asfaltate se il progetto di allargamento non sarà fermato) che vengono sacrificate all’imperativo di costruire, costruire, costruire, anche quello che non serve, come una scuola nuova dove ce n’è già una ottimamente funzionante. La popolazione sta comprensibilmente sviluppando un’ipersensibilità a questa aggresione continua ai danni del proprio spazio vitale e infatti assistiamo a un proliferare impressionante di comitati di protesta: non potevamo quindi non registrare anche in Pescarola questo disagio.
Dopo la fase di inchiesta, il lavoro è proseguito con la fase di sceneggiatura. Dapprima è stato necessario costruire un racconto che esprimesse in qualche modo il senso generale delle contraddizioni riscontrate: questa è stata forse la fase più divertente e appassionante del workshop in quanto ha richiesto un’analisi collettiva in brain storming delle interviste e un po’ di ricerche storiche sullo sviluppo del territorio. Poi nel racconto-cornice sono state inserite le ‘microstorie’ portate dagli abitanti intervistati. A quel punto i neo-autori si sono divisi in gruppi per sviluppare la sceneggiatura di dettaglio delle diverse storie e delle parti di collegamento e infine si è passati al disegno.
Un lavoro davvero complesso in cui l’interazione tra i giovani partecipanti e i conduttori del workshop (oltre alla sottoscritta, Alfredo Pasquali e Cinzia Monari di Radio Città Fujiko e C.R.A.P. e la giovane laureanda in fumetto e illustrazione Marta Agoni) è stata massima e massimamente stimolante. Merita infatti spendere due parole sullo stile didattico, che è stato molto apprezzato dai partecipanti. Non abbiamo infatti voluto offrire un “corso di fumetto”, che peraltro non manca certo nell’offerta culturale in città, tra Accademia e diverse iniziative private, ma un vero e proprio laboratorio di graphic journalism.
Dunque non abbiamo proceduto classicamente dalla teoria alla pratica, ma abbiamo cominciato dalla pratica, affrontando eventuali nodi teorici solo nel momento in cui si presentavano, sia a livello di costruzione della narrazione sia a livello di realizzazione grafica, offrendo spunti e approfondimenti anche bibliografici se richiesto, o dedicando tempo ad approfondire temi ed elementi che via via suscitavano interesse. Questo modo di procedere ha permesso di garantire a tutti la possibilità di esprimersi, mettere in campo le proprie idee e le proprie competenze e contemporaneamente di imparare in modo orizzontale gli uni dagli altri, e credo di poter dire a nome anche degli altri conduttori che anche noi abbiamo imparato moltisimo lavorando e creando insieme, come sempre succede quando l’esperienza didattica è basata sullo scambio.
Trattandosi di un lavoro sperimentale nel metodo e nell’oggetto, inizialmente non ci eravamo posti il problema della pubblicazione, poiché non sapevamo se l’esito sarebbe valso la pena. Invece anche il prodotto, non solo il processo, è risultato oltre le aspettative, tanto da deciderci per una pubblicazione in autoproduzione, che ora è fresca di stampa.
Dopo una presentazione in anteprima il 31 agosto a conclusione della Marcia dei Sollevamenti della terra, iniziativa che vuole sensibilizzare appunto sui danni delle grandi opere impattanti, la presentazione ufficiale avverrà il 28 settembre a Bologna nell’evento ‘Matite di strada’, promosso dal C.R.A.P. che vuole mettere in dialogo diverse iniziative di fumetto partecipativo.
Dialoghi Mediterranei, n.69, settembre 2024
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Antonella Selva, socia fondatrice e membro del comitato direttivo di Sopra i ponti, ha collaborato alle trasmissioni di informazione della emittente locale Radio Città 103 (oggi Radio città Fujiko) dal 1989 al 1997, è stata consigliera comunale a Bologna dal 1992 al 1999 per Rifondazione comunista. Dalla fine degli anni 80 si interessa al tema dell’immigrazione e partecipa al movimento antirazzista e pacifista. Approfondisce la conoscenza degli squilibri nord-sud con viaggi di conoscenza e cooperazione in Nicaragua (1992 e ‘93), marcia della pace a Sarajevo dei Beati costruttori di pace (dicembre 1992), Iraq (1993), Palestina (1990, 1994), Kurdistan (1994), Libia (1995). Lavora come impiegata presso la Ausl di Bologna e scrive e disegna fumetti: ha pubblicato due graphic novel (Femministe, 2015, e Cronache dalle periferie dell’impero, 2018) e due racconti brevi a fumetti contenuti in pubblicazioni collettanee (Alla ricerca della sua terra, 2012, e Come il Titanic, 2013).
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