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Il pluralismo religioso in Italia: il caso dei rapporti tra cattolicesimo e buddismo Soka Gakkai

Bologna, Università, la presenza di Lukadu

Bologna, Università, la presenza di Daisaku Ikeda per una lectio magistralis, 1994

di Antonio La Spina [*]

Ikeda e l’Italia 

In molte occasioni Daisaku Ikeda ha espresso un profondo apprezzamento per l’Italia, la sua storia e alcuni dei suoi più rilevanti scrittori e artisti, tra i quali Leonardo da Vinci o Michelangelo Buonarroti. Gli ideali e i risultati dell’Umanesimo e del Rinascimento in Italia sono stati una ben nota fonte di ispirazione per lui e per i suoi seguaci italiani (infatti il titolo di una delle riviste dell’Istituto Buddista italiano Soka Gakkai è Nuovo Rinascimento). Il pensiero di Ikeda a volte è stato formulato in connessione con lauree honoris causa, riconoscimenti accademici, cittadinanze onorarie e altre attestazioni di stima conferitigli in Italia.

Leonardo da Vinci, visto come la personalità più rappresentativa del Rinascimento e della sua eredità spirituale, è stato oggetto di un’ampia discussione da parte di Ikeda in una lezione tenuta nel 1994 alla Alma Mater Studiorum a Bologna, quando quella università gli attribuì un dottorato onorario [1]. In un’altra lezione scritta per una laurea honoris causa conferita a Palermo nel 2007 (cui egli non poté partecipare personalmente), Ikeda descrisse la natura multiculturale della Sicilia durante il periodo Normanno, così come l’abilità mostrata da Federico II, che volle gestire in modo pacifico una crociata in Terra Santa, raggiungendo una soluzione concordata con il sultano al-Malik al-Khamil. Inoltre, Ikeda accennò all’esistenza di una connessione artistica cosmopolita tra Palermo e il Giappone nel diciannovesimo secolo, e più in generale elogiò le virtù del cosmopolitismo [2].

Stante le opportunità offerte dalla legislazione italiana alle fedi religiose che presentano certi specifici prerequisiti, nel 2015 la Soka Gakkai italiana è diventata uno dei gruppi religiosi che ha sottoscritto un’apposita Intesa [3] con il governo italiano. In quella occasione Ikeda si mostrò pienamente consapevole dell’importanza di questo accordo.

Al di là degli eventi ufficiali, è evidente che alcune personalità italiane hanno avuto una rilevanza particolare per Ikeda. Ad esempio, nell’ambito di un discorso tenuto fuori dall’Italia in occasione di un incontro con membri della Soka Gakkai muniti di incarichi organizzativi, svoltosi a Tokyo nel 2004 [4], egli fece riferimento a uno dei padri del Risorgimento italiano, Giuseppe Mazzini, e in particolare alle sue riflessioni sulla sfortunata impresa guidata dai fratelli Bandiera. Come Mazzini, Ikeda aveva un’alta opinione degli idealisti. Costoro vengono spesso traditi, ma anche quando perdono la loro vita dimostrano che certe idee durano a lungo anche dopo la scomparsa di chi se ne era fatto portatore, e possono ancora essere fonte di ispirazione per noi oggi.

Josei Toda

Josei Toda

Un altro grande italiano che attrasse l’attenzione di Ikeda fu Dante Alighieri, con riguardo in special modo alla sua Divina Commedia. A mio avviso il fatto che il leader di un movimento buddista abbia studiato alquanto in profondità la raffigurazione medievale creata da Dante della vita dopo la morte secondo la religione cristiana [5] è degno di una particolare considerazione. È infatti un segno evidente sia del suo interesse verso religioni diverse dalla propria, sia del suo impegno nei confronti del dialogo inter-culturale. Ikeda ha peraltro paragonato [6] il rapporto tra sé stesso e Josei Toda (che gli era stato maestro e lo aveva preceduto alla guida della Soka Gakkai in Giappone) a quello tra Dante e Virgilio. Ikeda ha anche ricordato che Dante era stato ingiustamente perseguitato da alcuni dei suoi nemici a Firenze, cosicché sulla base di menzogne e false accuse egli dovette subire l’esilio e non tornò più nella sua città natia. Anche Toda fu vittima di una reclusione illegittima, da parte di un regime autoritario e militarista [7]. Ikeda ha infine comparato il coraggio di Dante a quello del monaco Nichiren Daishonin (la cui versione del buddismo è quella seguita dalla Soka Gakkai) [8], perché entrambi si opposero strenuamente a certe autorità politiche e religiose del loro tempo nel nome di ciò in cui credevano e della propria visione ideale della politica.

Club di Roma, incontro Peccei Ikeda

Club di Roma, incontro Peccei Ikeda

Il rapporto di Ikeda con l’Italia ha anche a che fare con Aurelio Peccei e il Club di Roma, di cui Peccei è stato tra i fondatori [9]. I due [10] discussero alcuni aspetti dell’impatto delle attività economiche sul degrado ambientale. Ciò mostra come la consapevolezza di Ikeda rispetto a problemi del genere era già spiccata quando quasi chiunque altro li ignorava o li sottovalutava. Anche successivamente Ikeda rimase in contatto con il Club di Roma [11]. Qualche anno dopo il disastro di Fukushima ha pubblicato un altro dialogo con l’allora co-presidente del Club, Ulrich von Weizsäcker [12]. Per gli aderenti alla Soka Gakkai in tutto il mondo la protezione dell’ambiente naturale è uno degli scopi principali del loro impegno civile [13]. Nel 2018 Ikeda and Adolfo Pérez Esquivel, vincitore del premio Nobel per la pace, hanno scelto Roma per divulgare il “Appello per la resilienza e la speranza” rivolto ai “giovani del mondo” [14]. 

La sede nazionale a Roma di

La sede nazionale a Roma di Soka Gakkai

La Soka Gakkai italiana 

I rapporti statistici annuali prodotti dal Cesnur (Centro Studi sulle Nuove Religioni) [15] e pubblicati sul sito web del Centro, allora diretto da Massimo Introvigne e Pier Luigi Zoccatelli, hanno parlato di una “esplosione” del numero dei fedeli della Soka Gakkai in Italia. Ce n’erano infatti più o meno 13.000 nel 1993, ma alla fine del 2023 erano gradualmente arrivati a circa 96.700 [16]. Secondo Introvigne, «la crescita della Soka Gakkai in Italia ha carattere di unicità tra i movimenti religiosi orientali arrivato nell’Europa occidentale»[17]. Non soltanto si tratta del «più grande gruppo non cristiano presente tra i cittadini italiani», ma anche del più cospicuo a confronto con tutti gli altri gruppi della stessa Soka Gakkai negli altri Paesi europei [18].

Esistono, ovviamente, altri gruppi religiosi, come gli islamici, che in alcuni Paesi sono cresciuti ancor di più della Soka Gakkai italiana, ma ciò si deve quasi esclusivamente agli immigrati e ai loro discendenti che condividono la stessa religione, mentre quasi tutti i membri italiani della Soka Gakkai sono autoctoni. Tra gli altri gruppi religiosi italiani prevalentemente autoctoni troviamo gli appartenenti alla religione ebraica, che erano circa 40 mila nel 2000, di cui 35 mila autoctoni e 5 mila immigrati [19]. Nel 2023 erano ancora intorno ai 40 mila [20]. I valdesi a loro volta erano circa 30 mila nel 1985, mentre il loro numero totale era diminuito a poco più di 20 mila nel 2023 [21].

L’opposto è accaduto con i testimoni di Geova, che nel corso degli anni hanno conosciuto un incremento straordinario [22]. Nel 2023 in Italia c’erano più di 250 mila “proclamatori” [23], dediti alla distribuzione porta a porta di volantini e testi sacri o impegnati in altre attività missionarie. Per un verso, la loro quantità è forse doppia se consideriamo che molti testimoni non sono proclamatori [24]. Per altro verso, va rilevato che per una quota cospicua i testimoni di Geova residenti in Italia appartengono a congregazioni in cui ufficialmente non si parla italiano, sicché molti dei membri di queste potrebbero non essere autoctoni [25]. Vanno poi considerate l’intensissima compenetrazione tra la vita quotidiana dei testimoni di Geova e la loro scelta religiosa (che spesso ricomprende anche i familiari), così come la forza della loro identificazione con la loro fede, evidenziata anche da segni esteriori.

È evidente che la rapida e continua crescita della Soka Gakkai è dovuta a sempre nuovi ingressi di convertiti autoctoni (attraverso canali sovente indipendenti dai legami familiari), che peraltro non si riconnettono in modo apprezzabile ad attività di propagazione pianificate e pubblicamente visibili.

Molti studi sociologici sono stati dedicati all’espansione della Soka Gakkai fuori dal Giappone. La crescita di questo movimento religioso ha rivelato una peculiare capacità di adattarsi alle differenti caratteristiche delle società nazionali in tutto il mondo [26]. I sacerdoti di uno dei vari gruppi eredi del buddismo Nichiren cui era collegata la Soka Gakkai gestivano alcuni aspetti salienti dei riti religiosi. Nel 1991 avvenne uno scisma e i rapporti con la Soka Gakkai si interruppero, sicché i fedeli di questa cominciarono a gestirsi in proprio [27].

451362386_866854095473675_7533459913091312739_nI momenti di raccoglimento individuale e anche di devozione collettiva hanno quasi sempre luogo in spazi privati (per lo più a casa di qualcuno dei fedeli). A eccezione di alcune occasioni specifiche, i membri della Soka Gakkai di norma non sono distinguibili dagli altri cittadini. Il reclutamento di nuovi aderenti avviene per lo più tramite una selezione fondata su rapporti personali di amicizia o almeno di conoscenza, nonché sulla fiducia reciproca. Nella percezione dei fedeli, la caratteristica pratica della recitazione delle formule sacre si associa a certi miglioramenti quando si attraversano fasi difficili della propria vita personale, alla risoluzione di problemi della vita quotidiana, all’ottenimento di risultati pratici qui e ora. Al contempo, la maggior parte di loro non si pongono in contrasto con la scienza moderna. Inoltre, sono spesso disponibili a parlare apertamente con i ricercatori sociali circa le proprie esperienze, il che non è molto frequente con altri movimenti religiosi.

Quanto alla morale individuale, non vigono regole restrittive con riguardo al comportamento sessuale, né vi è una particolare enfasi sulla colpa. Sotto questo profilo (diversamente da quanto accade ad esempio per I monaci buddisti) il loro stile di vita appare alquanto secolarizzato, il che d’altro canto è percepito come pacificamente compatibile con la loro fede religiosa. Ci si aspetta che i fedeli siano compassionevoli e tolleranti verso tutti gli esseri viventi, e inoltre che essi si impegnino in una certa misura in attività riguardanti tematiche di interesse generale, come il disarmo nucleare, la pace [28], i diritti umani, la non violenza, la già menzionata protezione dell’ambiente naturale, il dialogo interculturale and inter-religioso, il cosmopolitismo [29]. 

9788815074195_0_200_0_0Competizione tra religioni in contrasto reciproco 

Com’è noto, alcuni importanti sociologi della religione hanno criticato la tesi secondo cui vi sarebbe una tendenza generale ineludibile verso la secolarizzazione. Tra essi José Casanova, Peter Berger (il quale ha ammesso di avere sbagliato in precedenza al riguardo, e ha cambiato opinione a fronte dell’evidenza empirica), Grace Davie, Effie Fokas, Rodney Stark, William Bainbridge, Roger Finke [30]. Pertanto, la spiccata secolarizzazione riscontrabile nell’Unione Europea è diventata l’eccezione rispetto al resto del mondo, dove le religioni prosperano. Tuttavia, alcune rilevazioni recenti hanno sottolineato che in certi Paesi, tra i quali gli Stati Uniti (ma non in tutto il mondo), la religiosità starebbe effettivamente subendo un rapido e robusto declino [31]. Ciò nondimeno, declino non significa necessariamente sparizione, o perdita di salienza (come ci mostrerebbe uno sguardo anche superficiale alla frequenza e al peso degli argomenti correlati alla religione nei dibattiti politici negli USA).

Inoltre, Stark e altri [32] ritengono che i gruppi religiosi esistenti siano spesso dediti a un’accesa competizione tra loro, visto che ciascuno di essi punta a incrementare il numero dei propri membri (con effetti intuitivi in termini di potere economico e politico). Di conseguenza, i gruppi religiosi si possono paragonare alle imprese concorrenti sul mercato economico. Secondo questo approccio, le religioni che vivono in contesti competitivi sono indotte a reagire e a contrattaccare. Diversamente, sarebbero incapaci di acquisire, oppure finirebbero per perdere, certi segmenti di mercato. D’altro canto, religioni che non si misurano con la competizione tenderebbero a stagnare, o a declinare. Stark [33] ha sostenuto che, ad esempio, la competizione contro la riforma protestante sarebbe stata vantaggiosa per la Chiesa Cattolica. D’altro canto, si potrebbe suggerire che forse fu anche un’opportunità perduta, perché in quella occasione Roma non riuscì a includere certe richieste protestanti volte a ripristinare svariati aspetti morali e spirituali contenuti nell’ispirazione originaria del messaggio cristiano.

Se esiste un mercato religioso, allora sul versante dell’offerta troveremo aziende e imprenditori, mentre sul versante della domanda i fedeli attuali o potenziali sarebbero i consumatori. Stark e i suoi coautori affermano che la competizione è limitata o vietata quando, in un dato Paese, una religione ufficiale detiene una posizione monopolistica (forse anche gli oligopoli formati da poche “imprese” religiose andrebbero considerati), e/o le autorità pubbliche regolano l’esperienza religiosa in modo intrusivo. Ad esempio, secondo la loro opinione, che sul punto è direttamente derivata da Adam Smith [34], se i preti godono di posti di lavoro fissi con salari garantiti, saranno meno operosi rispetto agli ordini religiosi mendicanti che per campare devono fare affidamento sui doni offerti dai consumatori-fedeli.

Le posizioni dominanti tenderebbero a correlarsi con il decadimento religioso e con gli atteggiamenti di chi vive di rendita, mentre il pluralismo, l’attivismo e la competizione (che, secondo la teoria del mercato religioso si ritrova al massimo grado negli Stati Uniti) producono una notevole vivacità religiosa, impedendo o facendo retrocedere la secolarizzazione. Secondo questo approccio, che può essere euristicamente fecondo e può produrre intuizioni conoscitive rilevanti con riguardo a certi fenomeni religiosi e ai loro sviluppi, le imprese e gli imprenditori sul versante dell’offerta sono in genere i leader religiosi e le loro organizzazioni più o meno gerarchiche, ivi inclusi i sacerdoti (o almeno i più attivi tra essi). I laici stanno sempre, o quasi sempre, sul versante della domanda, come consumatori-credenti attuali o potenziali.

Introvigne e Stark [35] hanno suggerito che la competizione – a loro avviso empiricamente osservabile negli Stati Uniti, in Brasile, in altri Paesi latino-americani, o altrove – sarebbe un concetto fruttuoso anche nello studio del caso italiano. Va peraltro detto che, in effetti, l’Italia è doppiamente anomala. In primo luogo, se la secolarizzazione viene misurata tramite indicatori quali un decremento della salienza della religione nella vita sociale, una decrescita del numero di persone che vanno alle funzioni religiose [36], un robusto incremento di coloro che si dichiarano atei, agnostici, o comunque distanti da qualunque tipo di esperienza religiosa, allora non soltanto l’Italia del passato, ma anche quella contemporanea è molto meno secolarizzata della gran parte dei Paesi europei (sebbene non di tutti).

1Se l’Unione Europea nel suo insieme è assai più secolarizzata di gran parte del resto del mondo, la posizione dell’Italia (insieme con una manciata di altri Stati membri dell’EU) è marcatamente eccentrica. Infatti, secondo un recente rapporto dell’Eurobarometro, fondato su una rilevazione svolta alla fine del 2020, il 74% degli italiani “si identificano con la loro religione”, laddove la media EU è del 53% [37]. Ovviamente, allo stesso modo di molti altri Paesi dell’Occidente, anche in Italia si riscontra una tendenza verso la secolarizzazione [38] (che comunque andrebbe studiata attraverso un’ampia e diversificata batteria di indicatori, anziché concentrarsi soltanto o prevalentemente sulla frequenza alla messa). Ma ciò non significa che qui la religione sia già diventata un fenomeno marginale o irrilevante.

Parlando in termini generali, gli scienziati sociali, così come altri tipi di scienziati e i componenti di altre categorie sociali, possono essere talora fuorviati dall’aver sovrastimato l’importanza di taluni aspetti dei fenomeni oggetto delle loro analisi. D’altronde, concentrarsi in modo mirato su certi oggetti di studio è spesso necessario e fruttuoso. Al contempo, sarebbe talora utile anche uno sguardo panoramico, tale da abbracciare molteplici e spesso contraddittorie tendenze in atto, al fine di generare tanto rappresentazioni sufficientemente ampie della realtà sociale, quanto adeguate visioni riguardanti una sua non irrealistica trasformazione.

In secondo luogo, l’Italia è anomala anche nella prospettiva della teoria del mercato religioso. Ciò perché, per un verso, la Chiesa cattolica è indubbiamente il più forte “offerente”, essendo i suoi fedeli svariate volte più numerosi della somma di quelli di tutte le altre religioni. Per altro verso, tuttavia, come già detto circa tre quarti della popolazione italiana sentono un’appartenenza al cattolicesimo, benché con considerevoli variazioni di intensità. La vita religiosa è ancor oggi ben più saliente in Italia di quanto non avvenga altrove in Europa e per la gran parte delle persone ciò significa essere cattoliche, in un modo o nell’altro.

La posizione dominante, detta da qualcuno “monopolistica” del cattolicesimo (che non esclude, tuttavia, la presenza peraltro crescente di molti altri gruppi religiosi, già trattata nel paragrafo precedente) è favorita anche dallo specifico riconoscimento a esso riservato dalla Costituzione italiana. Comunque sia, sebbene in alcuni altri Paesi dell’UE vi sia in effetti addirittura una religione di Stato, quindi una forma assai più forte di riconoscimento ufficiale, pur nondimeno (anzi forse anche a seguito di ciò) essi esibiscono livelli ben più alti della media di secolarizzazione e disaffezione nei confronti della religione [39].

Introvigne e Stark [40] citano Luca Diotallevi [41], che ha provato a superare in modo appropriato la suddetta seconda anomalia attraverso l’idea di una competizione intra-religiosa [42] tra gruppi cattolici [43]. Detti gruppi sono fioriti in modo particolare dopo il Concilio Vaticano II. Alcuni dei loro fondatori-imprenditori erano dei laici. Dal canto loro Introvigne and Stark [44] hanno preferito sottolineare l’aumento del pluralismo religioso e la competizione inter-religiosa che – a loro avviso – ne discenderebbe, entrambi derivanti anzitutto dalla presenza di molteplici gruppi etnici immigrati. Tutto ciò in combinazione con una parziale deregolazione del mercato religioso italiano (con riguardo alle percentuali dei versamenti fiscali destinabili alle religioni dotate delle già ricordate Intese).

È possibile che la Chiesa Cattolica italiana si senta minacciata da altre religioni o nuovi movimenti religiosi, o tenti di reclutare in modo competitivo nuovi adepti tra i gruppi etnici non autoctoni. O piuttosto, forse, data la sua posizione dominante la Chiesa romana non avverte minacce temibili, e preferisce atteggiarsi in modo amichevole, accogliente e rispettoso verso gli immigrati che costituiscono nicchie di persone che per la gran parte restano fedeli alla religione nella quale sono nati. È peraltro certamente plausibile che qualche nuova conversione abbia luogo. Magari alcuni gruppi e leader cattolici tendono a sentirsi minacciati, mentre altri sono più aperti e accoglienti. Temi rilevanti quali quelli appena menzionati andrebbero esplorati attraverso apposite ricerche sul campo.

Aggiungerei che possiamo immaginare gradi differenti di competizione. In prima approssimazione, quella intra-religiosa potrebbe essere considerata la forma più morbida. Si può poi presumere che quella inter-religiosa sia invece più accesa, per quanto non sia da escludere che essa abbia non di rado luogo in modo ordinato e auto-disciplinato. Infine, ci possono essere scontri [45] più o meno violenti, quando non vere e proprie guerre tra due o più religioni reciprocamente opposte. Gli esempi abbondano: cattolici contro protestanti, cristiani contro musulmani durante il medioevo e anche dopo, ebrei contro i popoli che vivevano a Canaan secondo il Vecchio Testamento, hindu contro musulmani, e così via. In certi Paesi anche ai giorni nostri scontri di questo tipo producono atrocità come l’uccisione di sacerdoti, il massacro di civili o il rapimento di minori per socializzarli forzosamente nella cultura religiosa dei nemici dei loro genitori, spesso addestrandoli anche come bambini-soldato.

Non va però dimenticato che talora quello che a prima vista sembra una competizione religiosa in effetti viene ispirata da considerazioni extra-religiose. Tra queste, talune questioni di natura politica. Uno spietato gruppo terrorista, o una maggioranza parlamentare, le cui immagini pubbliche sono inseparabili dal fondamentalismo religioso potrebbero in realtà essere governati da personaggi cinici che sfruttano astutamente la religione perché vogliono conquistare e mantenere il potere politico (anche al fine di sconfiggere, e talora reprimere, i loro oppositori intra-religiosi). In una competizione elettorale, un dato leader o partito politico potrebbe essere sostenuto da certi gruppi religiosi perché si dichiara ipocritamente a favore di alcuni principi di una certa religione, mentre in effetti non rispetta o contraddice altri principi, ritenuti essenziali da altri gruppi appartenenti alla medesima religione. In definitiva, vi sono occasioni in cui la competizione intra-religiosa tende a diventare molto più aggressiva e complessa di quanto ci si sarebbe ingenuamente aspettati. 

41nzbcd0ffl-_ac_uf10001000_ql80_Competizione senza atteggiamenti competitivi? 

Questa non è la sede più adatta per una valutazione complessiva dell’approccio economico ai fenomeni religiosi. Mi limiterei a qualche breve riflessione circa l’effettiva esistenza di un atteggiamento “competitivo” da parte della Soka Gakkai italiana, così come della sua principale “concorrente” ipotetica. Dal mio punto di vista è difficile negare che alcuni gruppi religiosi adottino, alle volte, in certi contesti e fino a un certo punto, un atteggiamento competitivo, utilitarista, acquisitivo [46]. Ma, forse, non tutti, non sempre, non dappertutto, non nella stessa misura.

Dato il contesto italiano e il retroterra socio-etnico e religioso autoctono della quasi totalità dei suoi aderenti, per la Soka Gakkai italiana la competitrice per eccellenza sarebbe ovviamente la Chiesa Cattolica. Si potrebbe anche assumere che, quanto maggiore è la distanza culturale, tanto più forte potrebbe essere la resistenza di parenti, partner e amici verso la conversione di qualcuno che abbandona l’eredità religiosa della sua famiglia. In linea teorica, una cosa è un battista che vuole diventare metodista, ma tutt’altra cosa è un cattolico che desidera convertirsi al buddismo. Pertanto, il già ricordato incremento dei membri potrebbe essere il risultato di un approccio che rasenta lo scontro nei confronti della Chiesa cattolica e delle radici cattoliche di gran parte del bacino di reclutamento potenziale della Soka Gakkai. Vi sono anche, presumibilmente, alcuni convertiti le cui radici religiose non sono cattoliche, ma per brevità e semplicità qui mi concentro soltanto sulla provenienza dal cattolicesimo.

Ponendo mente alla assai sintetica stilizzazione di certi tratti caratteristici della Soka Gakkai che ho fornito prima, è evidente che alcuni di essi potrebbero essere facilmente tradotti in altrettanti argomenti contro una versione tradizionalista o reazionaria del cattolicesimo. Questo, però, non è affatto ciò che si riscontra. In molti casi rilevanti, documentati da dichiarazioni di cooperazione e stima reciproca, i cattolici (siano essi autorità, comunità o fedeli) sono piuttosto considerati dalla Soka Gakkai non soltanto interlocutori nel dialogo inter-religioso, quanto anche alleati naturali [47] quando sono in ballo certi terreni comuni come l’abolizione delle armi nucleari, l’impegno per la pace, o la messa al bando della pena di morte nel mondo. Quando la Soka Gakkai italiana venne accusata di essere una di quelle sette che manipolano i loro seguaci, alcune comunità e alcuni pensatori del mondo cattolico manifestarono il loro allarme, temendo che venisse messa a repentaglio la libertà religiosa [48]. Alcune delle campagne di sensibilizzazione della Soka Gakkai sono state cogestite con comunità cattoliche [49].

A mio avviso la competizione richiede che coloro che la praticano coltivino dentro di sé un atteggiamento competitivo, come avviene ancor oggi in molti Paesi in cui si verificano contrapposizioni inter-religiose, o talora scontri, fino allo spargimento di sangue. Se invece certi gruppi religiosi, anziché essere in qualche modo aggressivi e acquisitivi, sono cooperativi con i loro presunti avversari, ben disposti e ispirati da una stima sincera nei loro confronti, allora il concetto di competizione acquista un significato metaforico, non particolarmente stringente, oppure la sua applicabilità viene meno. Un esito del genere è presumibilmente facilitato quando le norme religiose cui aderiscono le persone coinvolte richiedono di esercitare la compassione, o prescrivono non soltanto di amare il proprio prossimo, ma anche il proprio nemico.

In certe sfere sociali – come l’economia di mercato, la scienza, l’innovazione, lo sport, la politica – la competizione-concorrenza può effettivamente risultare una forza benefica, a condizione che essa resti leale, ragionevole, nobile e sana. Ciò significa che i contendenti devono condividere alcuni principi e regole comuni e mantenersi fedeli a essi. Ciò che è comune, dunque, è molto più importante dell’esito di quelli che, in analogia allo sport, possiamo chiamare singoli campionati, o sfide, partite, gare. Una competizione-concorrenza indisciplinata ed eccessiva, volta a schiacciare gli avversari, può invece essere distruttiva anche nelle sfere sociali esterne alla religione.

Come è noto, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, la Santa Sede ha vigorosamente promosso l’accettazione della diversità religiosa nel mondo. Gli elementi che le diverse fedi hanno in comune possono essere assai più significativi delle loro diversità. Conseguentemente, anche il “paesaggio religioso” [50] italiano ne è risultato profondamente trasformato. Oggi, anche a seguito dei flussi migratori, l’Italia ospita un rigoglioso pluralismo religioso, appropriatamente descritto e analizzato grazie al lavoro meritorio svolto dal Cesnur. Invece di osteggiare le altre fedi, la Chiesa di Roma spesso perora la loro protezione in nome dei diritti umani. Al tempo stesso, come già ricordato, entro un’amplissima maggioranza di italiani viene ancora avvertito un sentimento di appartenenza al cattolicesimo. Più o meno l’ottanta per cento degli italiani che pagano le tasse attribuisce alla Chiesa cattolica l’otto per mille previsto dalla legge.

mini_magick20201006-26262-sdne4sIn un Paese in cui l’affiliazione al cattolicesimo è così diffusa, vi sono alcune persone che non si indentificano con la fede cattolica e talora entrano in contatto con la Soka Gakkai italiana. È possibile che alcuni di essi la percepiscano come una realtà tanto religiosa quanto civica che, nonostante ciò che potrebbe sembrare a prima vista, non è estremamente distante dal loro antico retroterra culturale, in quanto consente con discrezione alcune significative innovazioni spirituali, senza mutamenti esistenziali traumatici. Ciò potrebbe formare la base di una spiegazione plausibile, meritevole di controllo empirico, della straordinaria crescita della Soka Gakkai in Italia a confronto con gli altri Paesi europei. Si può aggiungere che, oltre a seguire la saggezza del loro sensei Ikeda, apparentemente i componenti della Soka Gakkai non sentono il bisogno di farsi guidare da imprenditori religiosi visibili e iperattivi. Come già ricordato, la loro organizzazione è alquanto diffusa e informale, fondata sul laicato e priva di un sacerdozio formalizzato. Per tali ragioni, la non competitiva Soka Gakkai italiana potrebbe essere vista come un’ulteriore anomalia sia con riguardo all’idea di una forte disaffezione verso la dimensione religiosa in Europa, sia, cosa ancor più saliente, rispetto alla teoria del mercato religioso.

Un passaggio dei percorsi individuali verso la conversione che andrebbe analizzato attentamente riguarda i precedenti orientamenti religiosi dei membri italiani, qualora essi ne avessero prima di entrare nella Soka Gakkai. Rilevazioni di questo tipo andrebbero svolte in modo da salvaguardare doverosamente le esigenze di riservatezza in relazione alla sfera privata dei rispondenti, così come avviene per prassi standardizzata nella ricerca sociale. Un articolo recente riporta che, su cinque membri anonimi intervistati, soltanto uno ha affermato che la sua scelta era stata motivata dal «desiderio di rendersi indipendente da un padre cattolico e conservatore»[51]. Un altro articolo [52], che per quanto qui ci concerne si è avvalso di nove interviste anonime condotte con altrettanti membri della Soka Gakkai italiana, suggerisce invece che una certa insoddisfazione rispetto all’affiliazione cattolica delle famiglie di origine sembrerebbe prevalente [53]. Entrambi gli autori di queste utili analisi peraltro correttamente affermano che qualsiasi generalizzazione sulla base di numeri così esigui è da escludere.

71vorbtmxnl-_ac_uf10001000_ql80_Una ricerca meno recente svolta su un campione di 718 membri anonimi della Soka Gakkai italiana, inteso come statisticamente rappresentativo [54], non ha riscontrato un atteggiamento negativo diffuso verso il cattolicesimo. Al contrario, Macioti – una studiosa che insieme ad altri è stata coinvolta in tale indagine – ha fornito alcuni esempi di incontri positivi tra la Soka Gakkai italiana e alcune pratiche e istituzioni cattoliche [55]. Ritengo che sarebbe altamente fruttuoso se venisse avviato un nuovo progetto di ricerca volto a sottoporre a controllo le mie ipotesi riguardanti tanto le caratteristiche favorevoli del contesto italiano quanto l’assenza o la debolezza delle competizione-concorrenza tra la Soka Gakkai italiana e la Chiesa cattolica. Un nuovo studio del genere dovrebbe avvalersi di un campione statisticamente rappresentativo e, tra le altre cose, dovrebbe esplorare più in profondità certi aspetti, usando sia le domande specifiche poste nella rilevazione originaria di Macioti e altri, sia alcune domande aggiuntive. Si potrebbero così considerare ipotetici fattori esplicativi quali il retroterra familiare dei rispondenti, le loro esperienze di vita religiosa precedenti, le loro attitudini versi le istituzioni e i riti cattolici, la loro precedente identificazione religiosa, se ne avevano una, la presenza o assenza di reazioni da parte dei loro parenti, partner o amici stretti nei confronti delle scelte individuali che li hanno indotto a unirsi alla Soka Gakkai. 

Considerazioni conclusive 

È tempo di tornare alla passione di Daisaku Ikeda per l’Italia e di concludere queste notazioni. I membri italiani della Soka Gakkai sono stati indubbiamente ispirati in una certa misura dagli scritti di Ikeda sulla storia, sulla cultura, su alcune straordinarie personalità italiane. Oltre a ciò, avendo detto che una certa apertura del paesaggio religioso contemporaneo in Italia può aver fornito un qualche contributo, credo anche che il loro successo negli anni appaia strettamente legato alla loro fedeltà verso le intuizioni e gli insegnamenti personali di Ikeda in tema di gentilezza, rispetto e accettazione della diversità, enfasi sul dialogo, atteggiamenti gioiosi e non competitivi, dovere di prendersi cura dei problemi che nel nostro tempo affliggono il genere umano.   

Dialoghi Mediterranei, n. 69, settembre 2024 
[*] Questa è una versione considerevolmente ampliata di una relazione tenuta al Convegno della European Academy of Religion, Palermo 21 maggio 2024, Panel “Daisaku Ikeda, Soka Gakkai, and Italy: A Chapter in the Globalization of Buddhism”, coordinato da M. Introvigne.
Note
[1] “Leonardo’s Universal Vision and the Parliament of Humanity”, https://www.daisakuikeda.org/sub/resources/works/lect/lect-05.html. Si veda anche M. Introvigne, “Ikeda’s Rinascimento: Daisaku Ikeda’s Trips to Italy and Soka Gakkai’s Globalization of the Italian Renaissance”, The Journal of CESNUR, VIII, 4, 2024.
[2] “From the Crossroads of Civilization: A New Flourishing of Humanistic Culture”, https://www.daisakuikeda.org/sub/resources/works/lect/lect-11.html.
[3] Sulla traduzione in inglese di “intesa” M. Introvigne, “«Turning the Poison into Medicine»: Soka Gakkai in Italy and COVID-19”, The Journal of CESNUR, VII, 5, 2023: 67; Id., “Soka Gakkai in Italy: Success and Controversies”, The Journal of CESNUR, III, 6, 2019: 9; Id., “Soka Gakkai in Italy: Periphery or Center?”, The Journal of CESNUR, V, 5, 2021: 5-7.
[4] “La luce dell’altruismo”, traduzione italiana in Nuovo Rinascimento, 15 October 2004.
[5] Le tre parti del testo di Ikeda su Dante Alighieri sono state pubblicate in Nuovo Rinascimento, rispettivamente fascicoli 265/2002, 266/2002 e 277/2003 (in traduzione italiana).
[6] Nuovo Rinascimento, 265/2002: 8.
[7] Ibidem; Nuovo Rinascimento, 266/2002: 8.
[8] Ivi: 9-10.
[9] https://www.clubofrome.org/about-us/presidents/.
[10] A. Peccei, D. Ikeda, Campanello d’allarme per il XXI secolo, Esperia, 2014 (edizione originale 1984).
[11] https://www.daisakuikeda.org/sub/resources/works/lect/20181016-club-of-rome-50th-anniv.html.
[12] Knowing Our Worth. Conversations on Energy and Sustainability, Dialogue Path Press, Ikeda Center, Cambridge (Mass.), 2016.
[13] A. La Spina, Daisaku Ikeda. Idee per il futuro dell’umanità, Roma, Editori Internazionali Riuniti, 2013: 84-92.
[14] https://www.daisakuikeda.org/sub/resources/works/lect/20180605-esquivel-ikeda-jt-appeal.html
[15] “Le religioni in Italia”, con la collaborazione di Raffaella Di Marzio, Andrea Menegotto, Nelly Ippolito Macrina, Verónica Roldán (https://cesnur.com/indice/).
[16] https://cesnur.com/il-buddhismo-in-italia/la-soka-gakkai/.
[17] “«Turning the Poison …”, op. cit.: 66.
[18] Introvigne, “Soka Gakkai in Italy: Success …”, op. cit.: 4.
[19] A. Castaldini, “Le religioni in Italia”, Aggiornamenti sociali, 7/8, 2001: 628.
[20] https://cesnur.com/lunione-delle-comunita-ebraiche-italiane/.
[21] https://cesnur.com/il-movimento-valdese/.
[22] M. Introvigne and R. Stark, “Religious Competition and Revival in Italy: Exploring European Exceptionalism”, Interdisciplinary Journal of Research in Religion, I, 1, 2005: 9.
[23] Ibidem.
[24] https://cesnur.com/i-testimoni-di-geova-e-i-loro-scismi/i-testimoni-di-geova/.
[25] Ibidem.
[26] Tra essi B. Wilson e K. Dobbelaere, A Time to Chant. The Soka Gakkai Buddhists in Britain, Oxford, Clarendon, 1994, così come i vari capitoli su svariati paesi in Global Citizens. The Soka Gakkai Buddhist Movement in the World, a cura di D. Machacek and B. Wilson, Oxford University Press, 2000. Su queste e altre ricerche sociologiche La Spina, op. cit., cap. 6. Si veda anche E. Barker, “Then Britain Began to Chant”; sulla situazione australiana B. Doherty, “Glocalizing the Gohonzon: The Historical Experience of SGI Australia 1945-2016”; sugli USA J. Gordon Melton, “From NSA to SGI in the USA: The Emergence of Soka Gakkai in America”, tutti in The Journal of CESNUR, VIII, 4, 2024.
[27] Al riguardo, tra gli altri, J. Hurst, “A Buddhist Reformation in the Twentieth Century: Causes and Implications of the Conflict between the Soka Gakkai and the Nichiren Shoshu Priestood”, in Global Citizens …, cit. Tale autrice ha paragonato quanto è avvenuto nella Soka Gakkai dopo lo scisma in questione alla riforma protestante, richiamando al riguardo l’idea di Martin Lutero secondo cui il sacerdozio va riferito a tutti i credenti.
[28] Ikeda fu protagonista di diversi episodi di una diplomazia fondata su rapporti personali, volta a facilitare e ammorbidire le relazioni tra le potenze mondiali. Un esempio è discusso da Kazuhiro Tobisawa, “Preventive Diplomacy to Avoid Nuclear War: The Case of Daisaku Ikeda’s Private Diplomacy During the Cold War and Nichiren Buddhism’s Challenge to Contemporary International Crises”, The Journal of CESNUR, VIII, 3, 2024.                                                                                                                                                                                                                                                                                        [29] La Spina, op. cit., ch. 6.
[30] J. Casanova, Public Religions in the Modern World (1994), trad. it. Oltre la secolarizzazione. Le religioni alla riconquista della sfera pubblica, Bologna, il Mulino, 2000; P. Berger, A Far Glory (1992), trad. it. Una gloria remota. Avere fede nell’epoca del pluralismo, Bologna, il Mulino, 1994; Id., G. Davie, E. Fokas, Religious America, Secular Europe? A Theme and Variations (2008), trad. it. America religiosa, Europa laica? Perché il secolarismo europeo è un’eccezione, Bologna, il Mulino, 2010; R. Stark e W. S. Bainbridge, A Theory of Religion, New York, Lang, 1987; Finke, R. e Stark, R., The Churching of America, 1776-1990, New Brunswick (NJ), Rutgers Univ. Press, 1992.
[31] R.F. Inglehart, “Giving Up on God. The Global Decline of Religion”, Foreign Affairs, Sept./Oct., 2020. Nel 2021 Inglehart ha ammesso che per via di un errore nella rilevazione tale declino era stato esagerato, in particolar modo con riguardo al caso degli USA. Nondimeno, ha confermato le conclusioni cui era pervenuto l’anno prima. Si veda “Giving Up on God: The Global Decline of Religion – Revisited”, pagina sul sito del World Values Survey (https://www.worldvaluessurvey.org/WVSNewsShow.jsp?ID=421) dove, oltre all’articolo del 2020 citato all’inizio di questa nota, sono disponibili: Inglehart, “Giving Up on God”, Revisited; Inglehart, J. Miller, M. Dennis, S. Jwo, G. Rosta, Religion’s Sudden Decline (Explanatory Note).
[32] Tra i loro scritti, Stark, “Spiegare le variazioni della religiosità: il modello del mercato”, Polis, 1, 1998; Introvigne e Stark, “Religious Competition …”, op. cit.; Id. and Finke, Acts of Faith. Explaining the Human Side of Religion, University of California Press, 2000; L. Iannaccone, “The Economics of Religion: Invest Now, Repent Later?”, Faith and Economics, 55, 2010.
[33] False testimonianze, Torino, Lindau, 2016 (trad. it. di Bearing False Witness), p. 309.
[34] An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations (1776), Edwin Cannan, 1904, Book V, Ch. I, Part III, Article III, citato come sua principale fonte di ispirazione anche da L. Iannaccone, “The Consequences of Religious Market Structure: Adam Smith and the Economics of Religion”, Rationality and Society, 3, 1991.
[35] “Religious Competition and Revival in Italy …”, op. cit. Altri articoli recenti fanno propria l’idea di una competizione tra religioni in Italia. Tra questi, M. Giorda and A. Vanolo, “Religious diversity and inter-faith competition: the politics of camouflage in Italian cities”, Territory, Politics, Governance, IX, 2, 2021; T. Bielli, “Exploring Individualisation Processes in Western Buddhism”, Interdisciplinary Journal for Religion and Transformation in Contemporary Society, 9, 2023.
[36] Peraltro, i tassi di frequenza alle messe nelle chiese cattoliche anche in Italia sono andati decrescendo: L. Diotallevi, La messa è sbiadita. La partecipazione ai riti religiosi in Italia dal 1993 al 2019, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2024. Un recente sondaggio (sul sito di Demos & PI è disponibile una sintesi dei risultati: I. Diamanti, “Morale e politica. La Chiesa sbiadita non guida più gli italiani”, http://www.demos.it/a02246.php e http://www.demos.it/a02245.php, consultati il 18 agosto 2024; anche in Repubblica, 29 luglio 2024) ha toccato il diverso aspetto della sintonia – che sarebbe in diminuzione – tra le posizioni ufficiali espresse dai vertici istituzionali della Chiesa cattolica e gli orientamenti concreti dei fedeli. Ad avviso dell’autore più in generale l’interesse verso la religione sarebbe in calo. D’altro canto, già il fatto che si affronti un tema del genere attesta la persistente rilevanza della fede religiosa. Sarebbe interessante, avendo l’opportunità di svolgere rilevazioni del genere, analizzare il rapporto tra identificazione religiosa e astensionismo in Italia nelle elezioni politiche del 2022 e per il parlamento dell’UE del 2024.
[37] Special Eurobarometer 508, Report, “Values and Identities of EU citizens” (Fieldwork October-November 2020, Publication November 2021), European Union, https://europa.eu/eurobarometer/, p. 66.
[38] E. Scappini, “Is There Really ‘Another’ Counterexample to the Secularization Thesis? Religious Dynamics in Italy Between 1910 and 2013”, Review of Religious Research, 64, 2022; Inglehart, “Giving Up …”, op. cit.
[39] Ho trattato questo tema in La Spina, Frazzica, G., Scaglione, A., Cultura civica e insegnamento religioso. Indagine sociologica sulla prassi catechistica dell’Arcidiocesi di Monreale, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2024: 20-21.
[40] Op. cit.: 4, 13.
[41] “Internal Competition in a National Religious Monopoly: The Catholic Effect and the Italian Case”, Sociology of Religion, LXIII, 2002; Id. Il rompicapo della secolarizzazione italiana, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2001.
[42] Che Diotallevi esplicitamente riprende da Iannaccone, “The Consequences of Religious Market Structure”, op. cit.
[43] Vi sono notoriamente associazioni e comunità di dimensione nazionale o transnazionale. Sono attivi esponenti di ordini religiosi. Vi è anche una miriade di comunità locali assai più piccole e di altri gruppi informali, guidati a seconda dei casi da preti, suore, frati, laiche, laici carismatici, o altre figure.
[44] Op. cit.: 4-7.
[45] Che sono in parte, ma non del tutto, analoghi a quello che secondo Stark va definito come conflitto, a suo avviso da distinguere dalla competizione (Stark, “Spiegare le variazioni …”, cit.: 20-22; anche Stark, Finke, op. cit.).
[46] Si vedano, ad esempio, le mega-chiese descritte da R.D. Putnam e D.E. Campbell (American Grace. How Religion Divides and Unites Us, New York, Simon & Schuster, 2010, paperback edition, 2012: 54-69, 320-334).
[47] Agenzia Fides, 17 January 2024, https://www.fides.org/en/news/74617-ASIA_JAPAN_Nuclear_Disarmament_A_Natural_Buddhist_Catholic_Alliance_Explains_Japanese_Leader. Also E. Pellecchia, “Senzatomica: Transforming the Human Spirit for a World Free of Nuclear Weapons”, The Journal of CESNUR, VI, 5, 2022; R. Šorytė, “Le campagne della Soka Gakkai per il disarmo nucleare”, both in P. Zoccatelli (ed.), Studiare la Soka Gakkai: cinque testi, Torino, Cesnur, 2020.
[48] La Spina, op. cit.: 207-209; Introvigne, “Soka Gakkai in Italy: Periphery …”, op. cit.; R. Di Marzio, “La Soka Gakkai che non c’è. Fake news e movimenti antisette”, in Zoccatelli (ed.), op. cit.
[49] Come quella di Sant’Egidio. Con riguardo a un contesto assai differente – quello del Regno Unito, caratterizzato dalla presenza di numerosi gruppi religiosi tanto cristiani quanto non cristiani – Wilson e Dobbelaere (op. cit., p. 79) hanno anch’essi sostenuto, sulla base della loro rilevazione empirica, che la Soka Gakkai non mostrasse intenzioni competitive nei loro confronti. Più specificamente, essi dicono (p. 80) che tutti i rispondenti la cui affiliazione originaria era cristiana l’avevano già abbandonata ben prima di scegliere la Soka Gakkai. Non era esattamente la stessa la condizione dei convertiti provenienti da altre religioni orientali.
[50] Introvigne, “«Turning the Poison …”, op. cit.: 67.
[51] R. Di Marzio, “Experiences of Affiliation to the Italian Soka Gakkai: An Analysis According to the Rambo et al. Integrated Model”, The Journal of CESNUR, III, 5, 2019: 111.
[52] Bielli, op. cit.: 163-164.
[53] Per una esperienza individuale si veda https://www.avvenire.it/agora/pagine/da-quando-baggionon-gioca-piu.
[54] M.I. Macioti, Il Buddha che è in noi. Germogli del Sutra del Loto, Roma, Seam, 1996: 39, 85, 204, ove a tale riguardo l’autrice cita L. Semprini, “Il campionamento”, La Critica Sociologica, 111-112, 1994-1995. Uno studio empirico su 308 membri della Soka Gakkai a Torino fu svolto da P. Zoccatelli tra il 2008 e il 2010 per il Cesnur. I suoi risultati sono stati pubblicati nel 2024 (Id., “Numbers and Aspects of Soka Gakkai in Turin (Italy): The CESNUR Research Project of 2008-2010 and Its Relevance Today”, The Journal of CESNUR, VIII, 4, 2024). Dopo aver ricordato che per molti dei suoi aderenti il buddismo è una filosofia di vita anziché una religione, l’autore ha trovato un dato interessante, vale a dire che ciò sembrerebbe assai meno applicabile ai membri torinesi della Soka Gakkai a confronto con quelli dell’Unione Buddhista Italiana (che raccoglie svariate altre tradizioni buddiste). Infatti, quasi due terzi dei rispondenti torinesi ascoltati da Zoccatelli hanno detto di considerare la loro appartenenza alla Soka Gakkai come il frutto di una conversione, e quasi tutti hanno dichiarato di sentirsi dei praticanti di una religione.
[55] Macioti, op, cit.: 147-148; Id., “Buddhism in Action: Case Studies from Italy”, in Global Citizens, cit.: 380. 

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Antonio La Spina, attualmente pensionato, è stato professore ordinario alla Luiss “Guido Carli”, Roma (in precedenza nelle università di Palermo e Messina). Alla Luiss ha insegnato, tra l’altro: Sociology, Analisi e valutazione delle politiche pubbliche, Sociologia del diritto, della devianza e del crimine organizzato, Politiche sociali e del lavoro, Politiche della sanità. Tra i suoi libri più recenti: Il contrasto alla miseria globale, Armando; The Politics of Public Administration Reform in Italy (con S. Cavatorto), Palgrave Macmillan; Cultura civica e insegnamento religioso (con G. Frazzica e A. Scaglione), Rubbettino. Ha partecipato con diversi ruoli e responsabilità a esperienze di studio applicato e attuazione concreta della valutazione delle politiche pubbliche in sede nazionale, subnazionale, di Unione Europea.

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