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Tra declino e rinascita: i vigneti ‘eroici’ a Meana sardo

Meana

Meana (ph. Luigina Muggianu)

CIP 

di Giovanni Cogoni, Giuseppe Fulghesu [*] 

Dopo l’emigrazione tracce di ripresa

Negli anni 80 la nostra comunità iniziava a uscire dall’arretratezza, legata alla carenza di servizi essenziali, e a intravedere un futuro più sereno rispetto al passato recente, sia in termini di lavoro che di condizioni sociali. La nuova società chiedeva spazi più idonei per le abitazioni, la viabilità interna e campestre per continuare a portare avanti le attività agricole ancora presenti: viticoltura e allevamento.

Quel periodo per la pastorizia è stato alquanto redditizio, il prezzo del latte aveva raggiunto le mille lire al litro un elemento questo importante, visto che parliamo di quasi 40 anni fa. Inoltre, Meana con altri due comuni del territorio (Atzara e Ortueri) era stato destinato a un finanziamento di circa 15 MLD delle vecchie lire per l’attuazione del piano della riforma agropastorale, che prevedeva la realizzazione di stalle, fienili, case di appoggio per tutti gli operatori, recinzioni, ricerche idriche, viabilità interna ed esterna. Si è passati di fatto da una condizione arcaica dell’attività ad una condizione razionale.

Fino a pochi anni prima, lo stesso trasporto del latte al locale caseificio avveniva con gli asini. In quel periodo molti allevatori iniziarono a coltivare porzioni di terreno per l’approvvigionamento delle scorte foraggiere, tutto questo contribuì a ridurre se non ad eliminare la piaga degli incendi estivi.

Diverso è stato il discorso per la viticoltura. In quegli anni, infatti, la direttiva comunitaria mirava al contenimento delle produzioni incentivando la estirpazione dei vigneti. In quel periodo vennero espiantati circa 100 hq delle superfici vitate. Quelle direttive di fatto, stavano minando alla base la permanenza di questa attività da sempre presente nella nostra comunità, compromettendo non solo la coltura della vite, ma anche la conoscenza e la cultura di questa importante attività, che solo da qualche tempo, sta dando segnali di ripresa.

Meana (ph. Luigina Muggianu)

Meana (ph. Luigina Muggianu)

Il cantiere forestale ha in parte stabilizzato o portato all’effettuazione di turni semestrali (quasi 50 unità lavorative dando sicurezza e serenità agli addetti). I giovani che non seguivano le attività suddette (viticoltura, allevamento e forestazione) o perseguivano gli studi o si inserivano in una società cooperativa che eseguiva lavori elettrici.

I primi servizi comunali di assistenza sociale vennero avviati in quegli anni, si aprì la biblioteca comunale, si assegnarono i lotti di terreno agli artigiani che ne facevano richiesta per la costruzione di moderni laboratori.

Tutto questo insieme al notevole miglioramento dei servizi sanitari e scolastici del territorio, ci comunicavano che la prospettiva di stare a Meana potesse essere accarezzata anche dalle nuove generazioni.

A quei segnali positivi compariva nella discussione politica di quel periodo il problema dello “spopolamento delle aree interne”. Quel segnale di allarme probabilmente è stato sottovalutato. Si pensava che i principali interessati al problema fossero i paesi più piccoli ma così non è stato, visto che il fenomeno interessava e interessa tutte le aree interne della Sardegna, dell’Italia e della stessa Europa. 

La Sardegna, infatti, passerà dagli attuali 1,6 milioni di abitanti al milione fra 40/50 anni ed ovviamente l’incidenza di questo calo sarà maggiore all’interno delle isole. Nello stesso periodo comuni che sono oggi sui mille abitanti rischiano di scomparire perdendo irrimediabilmente un patrimonio di conoscenze e di risorse. Ciò significa che probabilmente “al prossimo giro” potrà interessare paesi come Meana. 

immagine11Come si può notare, la popolazione è in calo costante dal 1961 ma se per il decennio 61-71 il calo può essere attribuibile al fenomeno dell’emigrazione ancora in essere dalla fine degli anni 50, nei decenni successivi, ha avuto un ruolo importante il basso tasso di natalità, mentre nel decennio 2011 -2021 si può constatare un calo di quasi 300 abitanti (il 15% della popolazione). Questo è attribuibile, a mio avviso, alla ripresa del fenomeno migratorio da parte dei giovani, molti dei quali con titolo di studio.

Possiamo quindi affermare che l’impoverimento per la nostra comunità è duplice, perché oltre al futuro viene a mancare il patrimonio del capitale intellettuale.

Per chi come noi abita in questi territori, si trova quotidianamente in una situazione di dover scegliere tra la rassegnazione e quindi la resa o l’impegno e la determinazione a resistere, convinti che queste comunità abbiano per l’interesse generale molto da dire e da offrire. Quest’impegno va portato avanti con spirito unitario dall’amministrazione locale, dal mondo dell’associazionismo e dai singoli cittadini. 

In questo momento, vogliamo attribuire alla cultura e al sapere locale, al patrimonio storico e archeologico, un ruolo di duplice riferimento:

-  Il primo è quello di pensare che la difesa e la valorizzazione non possano venire da fuori ma debbano essere le persone sensibili del luogo coordinate da personale titolato. Dovremo avere tutti una visione chiara di come la nostra comunità era strutturata e organizzata per quanto attiene alla lingua, lavoro, rapporti tra persone, le arti e mestieri, le feste, il lutto, usi e costumi ecc… Tutte cose ed aspetti che noi abbiamo conosciuto perché li abbiamo vissuti in prima persona o perché ci sono stati tramandati oralmente.

Meana

Meana (ph. Giuseppe Fulghesio)

Con gli strumenti e il personale scientifico a disposizione, la comunità dovrebbe salvaguardare e valorizzare memoria e progettualità, costituendo possibilmente una sorta di “banca (intesa come ricchezza) del sapere locale”.

Il risultato di questo lavoro, per la comunità, costituirà un arricchimento anche per ciascuno di noi in termini di conoscenza e per l’assunzione di una coscienza destinata a diventare motivo di orgoglio e determinazione per difendere e valorizzare questi valori.

- Il secondo aspetto è l’ipotetico progetto di recupero e valorizzazione finalizzata a dare un elemento di speranza dal quale partire per poter intravedere un futuro meno cupo. Per la valorizzazione del centro storico si potrebbe partire dall’individuazione degli immobili oggetto dell’intervento pubblico, con il concorso di tecnici esperti specializzati nel restauro (magari consorziandosi con altri comuni). Il progetto potrebbe così articolarsi: Acquisizione degli immobili; Messa in sicurezza sia delle strutture pubbliche che di quelle private che necessitano di questo intervento, con fondi comunali e regionali; Programmazione degli interventi per il, completamento del percorso museale; Adozione di un piano particolareggiato per il centro storico e di un progetto generale da poter intervenire a stralci funzionali.

Meana (ph. Pietro Clemente)

Meana (ph. Pietro Clemente)

È necessario poi favorire l’inserimento di persone del luogo interessate alla produzione di prodotti tipici (pane, dolci ecc.) compresa l’enogastronomia. Per ultimo si ritiene importante un’attenzione costante continua al patrimonio archeologico (Nolza in particolare).

Tutto questo e quant’altro potrà essere utile al progetto, fungerà da traino per l’intervento dei privati in quanto valorizzerà tutto il patrimonio urbano. Questa comunità (conosciuta e apprezzata fin dalle prime edizioni di Cortes apertas del 2006/2007) potrà diventare appetibile per quanti vogliono lasciare i ritmi sempre più frenetici di una vita stressata condotta in città, tra inquinamento e prodotti per l’alimentazione sempre più dannosi per la salute.

A questi elementi di proposta e discussione si deve aggiungere il costante impegno per rivendicare il mantenimento dei servizi essenziali, quali sanità, scuola, trasporti, reti telematiche e quant’altro può servire per condurre una vita più serena e decorosa. Così come sono necessari una continuità amministrativa e l’abbandono dei campanili, promuovendo collaborazioni territoriali, all’interno di un più ampio e necessario coordinamento regionale. 

Meana
Meana (ph. Giuseppe Fulghesu) 

I vigneti, una passione e una forma di resistenza

Meana Sardo è un piccolo borgo a ovest delle ultime propaggini dei monti del Gennargentu, incastonato sopra un colle fra boschi di specie quercine, macchia mediterranea, vigneti e pascolivi. Geograficamente è inquadrato nella Barbagia di Belvi ma enologicamente rientra nei territori ricadenti nella D.O.C Mandrolisai. I suoi abitanti, da sempre, hanno fatto del lavoro della terra e dell’allevamento di bestiame, motivo di vita, oltre, naturalmente, fonte di sussistenza, in particolare della coltivazione della vite e dell’allevamento ovino e bovino.

Dagli scavi effettuati nell’area archeologica della maestosa fortezza nuragica di Nolza, è emersa la conferma che i primi abitanti di questo territorio del periodo nuragico, praticavano la coltivazione della vite. Anche Vittorio Angius, nel suo dizionario dei paesi sardi dell’Ottocento, parla delle vigne di Meana così descrivendole:

«La vigna vegeta con molto lusso, e matura tutte le varietà d’uve che sogliono essere non meno di 20. Il vino lodasi di buona qualità, ma non si raccoglie quella quantità che pare dovesse dare la estensione del vigneto; il che devesi attribuire a due cause, ed alla imperfetta coltivazione, ed a’ guasti che fanno ne’ fondi le bestie domite e rudi, che vi si introducono per pascolarvi».
Meana

Meana (ph. Pietro Clemente)

Quindi, vino, carni e formaggi sono da tempo immemorabile, obiettivi primari dei suoi abitanti. Sono, da secoli, economia identitaria del paese che ha plasmato culturalmente la comunità, gli abitanti, i gruppi familiari e, nei secoli, il territorio, così come si presenta attualmente. La coltivazione della vite e la produzione di mosto, utilizzato come concentrato nella lavorazione del “Pani ‘e saba”, dolce tipico pasquale meanese e di vino, l’ha superato nel tempo, la ristrettezza dell’autoconsumo, trovando nuovi sbocchi commerciali a livello regionale e oltremare. La passione dei Meanesi per la viticoltura è ancor più evidente se si osserva il territorio nelle sue molteplici espressioni. Infatti, tale coltivazione, si è sviluppata principalmente nelle zone di alta collina, a sud del centro abitato, a quote superiori 500 mt. fino a 750 e oltre s.l.m., mantenendo sempre la tradizionale forma di allevamento ad “Alberello Sardo”, le sistemazioni agrarie a girapoggio e le tipiche varietà a bacca rossa, Cannonau, Muristellu e Monica, oltre ad altre varietà secondarie quali il Pascale e il Girò, ed alcune varietà a bacca bianca quali il Nuragus, il Moscato e la cosiddetta Vernaccina, ossia il Cannonau Bianco.

Diversamente dalle altre zone viticole del Mandrolisai, dove si coltiva su suoli granitici, i terreni dei Vigneti Eroici sono caratterizzati da un substrato geologico di natura scistosa, originatosi dalla degradazione di rocce metamorfiche terrigene, con buona dotazione di argille, con PH acido o sub-acido, con una buona fertilità specialmente nei compluvi e nei fondovalle, con moderata disponibilità idrica durante i periodi estivi.

La coltivazione della vite, oramai, sta diventando quasi complementare alla economia pastorale, è particolarmente viva e rappresenta un valido contrasto allo spopolamento delle campagne, fatto ormai acclarato in molte altre zone dell’Isola.

Meana

Meana (ph. Luigina Muggianu)

La viticoltura Meanese ha subìto, come nelle altre zone, un ineludibile processo di arretramento a seguito dell’arrivo della Fillossera, importante e dannoso patogeno della vite, quando a Meana si registravano 237 ettari di vigneto al Catasto Terreni del 1860/1880. Questo afide, molto aggressivo per l’apparato radicale della vite coltivata a “piede franco”, ha causato, come d’altronde in tutta Europa, la completa distruzione dei vigneti.  Successivamente, nel lungo periodo di un secolo, risolto il problema fillosserico con l’introduzione dei portainnesti di   vite americana, la passione dei Meanesi per la viticoltura ha portato nuovamente ad un incremento delle superfici vitate, culminato in 260 ettari rilevati negli anni 70/80.

Le politiche Comunitarie degli espianti imposte con il Regolamento CEE n°1442/88 ed il ritiro dall’attività lavorativa dei viticoltori anziani, hanno causato una nuova riduzione delle superfici vitate fino agli 87 ettari registrati dalla Agenzia Regionale LAORE nell’anno 2010. Fortunatamente, la tenacia e la passione dei Meanesi, negli ultimi quindici anni, hanno fatto registrare nuovamente un incremento che ha portato agli attuali 161 ettari di vigneti.

In considerazione di quanto sopra, il Comune di Meana Sardo, con la consulenza e il supporto del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari, ha attivato la procedura per il riconoscimento delle aree viticole quali Paesaggi Rurali Storici e per l’iscrizione nell’omonimo Registro Nazionale.

Meana

Meana  (ph. Luigina Muggianu)

L’elevata resilienza del locale paesaggio classificato come invariata al 73% rispetto agli usi del suolo nel 1954, con una incidenza dei vigneti storici pari al 75%, unitamente alla sussistenza delle altre condizioni richieste per il raggiungimento dell’obiettivo, ha determinato la approvazione del Ministero della Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste con l’emanazione del Decreto Ministeriale del 29 settembre 2023.

Con tale provvedimento, il Ministro ha dichiarato il territorio viticolo di Meana Sardo, “Paesaggio dei Vigneti Eroici”, evidenziando nelle motivazioni del Decreto, «la persistenza di un modello conservativo di viticoltura di uva da vino basato sull’allevamento ad alberello sardo di vitigni locali a bacca rossa, tra questi il Muristellu (o Bovale Sardo), il Cannonau, la Monica e il Pascale». Evidenziandone l’integrità dichiara: «Tale territorio è rimasto eccezionalmente integro nel corso dei secoli, nonostante le azioni poste in essere a partire dal 2010 in attuazione della Politica Agricola Comunitaria per la messa a riposo di alcune coltivazioni», sottolineando, come dal 1954 al 2022, il paesaggio sia rimasto invariato per quasi 2/3, con un bassissimo livello di antropizzazione.

Questo riconoscimento, oltre a certificare la valenza paesaggistica, culturale e identitaria dei vigneti Meanesi, contribuisce a riconoscere la passione, l’impegno ed il sacrificio dei viticoltori, dando nuovo impulso, stimolo e determinazione per il mantenimento futuro delle coltivazioni viticole.

Inoltre e non meno importante, i Vigneti Eroici Meanesi, unici nell’Isola di Sardegna, potranno avere una visibilità maggiore a livello nazionale e internazionale e, se questo aspetto verrà colto dai viticoltori e gestito in modo consapevole e unitario in forme associative, potrà diventare un buon volano per il mantenimento dell’integrità paesaggistica e per un miglioramento delle complessive condizioni economiche delle famiglie e della comunità. 

Dialoghi Mediterranei, n. 69, settembre 2024
 
[*] Nel quadro di una collaborazione la prima parte è di Giovanni Cogoni e la seconda di Giuseppe Fulghesu.
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 Giovanni Cogoni, agrotecnico, dipendente pubblico in pensione, amministratore comunale dal 1980 al 2018, sindaco dal 1985 al 1990 dal 1995 al 2000, dal 2003 al 2008, presidente della Comunità Montana Gennargentu Mandrolisai  dal 2000 al 2002, vicepresidente del consorzio turistico Sa Perda Iddocca dal 1998 al 2008. Attualmente consigliere comunale e componente il direttivo s’Andala.
Giuseppe Fulghesu, oltre all’attività dell’azienda vitivinicola della famiglia nel comune di Meana Sardo tra quelle riconosciute  come vigne eroiche  è agrotecnico ed ha avuto esperienze lavorative  in diverse pubbliche amministrazioni, tra le quali quella di agente di polizia locale presso il comune di Meana ha il brevetto di pilota e competenze di guida di aerei ed elicotteri.

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