«L’intenzione dello Spirito Santo esser d’insegnar come si vadia al Cielo, e non come vadia il Cielo». Così scriveva Galileo a Madama Cristina di Lorena, Granduchessa di Toscana. Era l’inizio del dibattito sul rapporto Scienza e Fede, permeato da reciproco rispetto e autonomia. Ancor prima, la distinzione tra compito della scienza e quello della fede era stata affrontata, con esiti che sono stati distruttivi per il futuro della stessa scienza, in quell’Islam che vedeva Al Ghazali scagliarsi contro gli scienziati che nello spiegare i fenomeni naturali come conseguenza di cause naturali «mettevano le manette a Dio». Secondo il filosofo tutti gli eventi e le interazioni causali non sono prodotti da circostanze materiali ma sono espressioni immediate e tangibili della volontà di Dio.
Andando indietro nel tempo, già il presocratico Anassimandro affermava che la vita aveva origine dal mare, tutti gli animali e l’uomo”, e Lucrezio, seguace di Epicuro scriveva: «Nella natura non vi è traccia di intervento divino, ma solo del continuo divenire della natura stessa». Per Filone di Alessandria, ebreo, bisognava «dare una interpretazione allegorica alla Genesi e alla Torah, e non una interpretazione letterale».
Tutti prodromi di quello che sarebbe divenuto nel XX e XXI secolo il dibattito sul Disegno intelligente, nucleo centrale del Creazionismo contrapposto all’evoluzionismo darwiniano. Dopo Galileo, veniva ripreso così quel conflitto, ammesso che vi sia stata una tregua, tra religione del dogma e religione del dubbio, che vedeva ancora contrapposte la visione tolemaica e cristiana a quella copernicana-galileana, anche se Galileo ( per convenienza?) non negava l’intervento di Dio.
Di mezzo c’è sempre Dio, inteso come Principio ed Essenza delle cose. In questo dibattito, la scienza, facendo a meno di Dio, è vista come immorale dai creazionisti, poiché la presenza di Dio deve essere comunque parte esplicita e ineludibile, quantunque tutto il percorso scientifico veda sempre più «restringersi le nicchie di sopravvivenza del Creatore». Tale riduzione di spazio era stata sancita in modo categorico, a suo tempo, dal marchese di Laplace a Napoleone. Infatti, nello spiegare il funzionamento del sistema solare secondo le leggi di Newton, alla domanda di Napoleone «Qual è in tutto questo il posto di Dio?» Laplace rispose: « Je n’ai pas besoin de cette hypothèse » (Non ho bisogno di quell’ipotesi), applicando in tal modo il rasoio di Occam.
In verità, il grande astronomo non faceva altro che dare una spiegazione meccanica dell’orbita dei pianeti;correggendo in parte la visione che Newton aveva dell’universo, un Universo Orologio messo in moto nel momento della creazione e, da allora in poi, in esecuzione ritmica con meccanismi che di tanto in tanto dovevano essere lubrificati e corretti dall’Intervento Supremo.
Per Laplace, invece, l’universo deterministico non lascia spazio al caso e il suo futuro è prevedibile, secondo le leggi del moto di Newton. Einstein, rifiutando la visione di un universo legato al caso secondo il principio di indeterminazione, rispondeva al suo amico Max Born con la famosa frase: «Dio non gioca a dadi con l’universo», nonostante ancora oggi tutte le nostre esperienze quotidiane ci indicano che il nostro mondo è governato dal caso e il modello deterministico risulta essere inappropriato.
Il concetto caso è inteso anche come coincidenze, intersezioni di sequenze causali indipendenti l’uno dall’altra. L’episodio del dottor Dupont è emblematico per la sua comprensione:
«Il dottor Dupont è chiamato d’urgenza presso un ammalato che visita per la prima volta, mentre lo stagnino Dubois sta effettuando la riparazione urgente di un tetto di un edificio vicino. Quando il dottor Dupont passa, allo stagnino sfugge inavvertitamente il martello, e la traiettoria di quest’ultimo intercetta quella del medico che muore con il cranio fracassato. Noi diremmo che egli ha avuto una cattiva sorte: quale altro termine usare per un simile avvenimento, imprevedibile per la sua stessa natura? Il caso va considerato qui come essenziale, inerente all’indipendenza totale delle due serie di avvenimenti, la cui concomitanza provoca l’incidente»1.
Anche secondo Cavalli Sforza «il caso genera effetti del tutto improbabili. È nella sua natura – viene da dire – tirare scherzi. Il caso ha fatto irruzione sulla scena dell’evoluzione; la mutazione è casuale, la deriva genetica è casuale, ed è casuale anche un altro fondamentale fattore evolutivo, la ricombinazione. Così si arriva in effetti a noi stessi, alla nostra specie come ad ogni altra specie vivente e vissuta. Chi ha convinzioni religiose ha spesso difficoltà con i fenomeni evolutivi, e non ama l’idea che nella vita si dispieghi la potenza del caso. Questo modello non richiede la presenza di un Dio, ma bisogna riconoscere che se fosse opera di un’intelligenza suprema non si potrebbe che restarne ammirati»2.
La rivista Micromega qualche anno fa ha pubblicato il resoconto di un interessantissimo dibattito in un convegno sul tema dei rapporti tra Scienza e Fede tenutosi a La Jolla in California, al quale parteciparono fisici, tra gli altri il premio Nobel Steven Weinberg, biologi e neurologi. In quegli anni negli U.S.A, sotto la presidenza di G. Bush, era sferrato un attacco senza precedenti da parte degli assertori del Disegno Intelligente e del Creazionismo contro le teorie di Darwin e di Wallace.
In Italia, questi fermenti antievoluzionisti interessarono addirittura l’insegnamento delle scienze nelle scuole di primo e di secondo grado. Al MIUR guidato dall’allora ministro Letizia Moratti, si paventò, sotto l’ingombrante influenza del card. Ruini, la revisione dei programmi ministeriali riguardante la teoria dell’evoluzione di Darwin. Grazie alle forti proteste del mondo accademico e scientifico, la ministra fu costretta a nominare una commissione presieduta dal premio Nobel Rita Levi di Montalcini con il compito di «dare indicazioni su come modificare e integrare l’aspetto della teoria evoluzionistica». La commissione, tra l’altro, così si esprimeva: «Occorre che il Ministero riconosca al più presto la necessità dell’insegnamento dei principi dell’evoluzione biologica, con i suoi riflessi culturali sull’evoluzione dell’uomo moderno, sia nella scuola primaria che nel 1° ciclo di quella secondaria. Non vi è necessità di verbalizzazioni e burocraticismi, ma potrebbe anche bastare, agli effetti di questo problema particolarmente acuto, la raccomandazione che insegnare l’evoluzione biologica e quella culturale faccia parte dell’insegnamento delle scienze sia nella scuola primaria che in quella secondaria del 1° ciclo». Quel documento, pubblicato da Micromega, non fu mai reso pubblico, tuttavia evitò che nell’insegnamento delle scienze venisse perpetrato un misfatto che avrebbe portato la scuola italiana indietro di decenni.
Tuttavia, dinanzi alla protesta della comunità scientifica italiana intera e alle indicazioni contrarie della commissione di esperti istituita dal Ministro stesso, è stata ottenuta soltanto una reintroduzione parziale, breve e confusa, nei programmi della terza media. L’insegnamento dell’evoluzione, almeno per quanto attiene alle indicazioni nazionali, esce fortemente indebolito da questa vicenda tutta italiana, nella più totale indifferenza rispetto a quanto richiesto dagli scienziati e dalla classe docente. Ma quali sono i nodi centrali che contrappongono gli evoluzionisti e i creazionisti?
Nel 1985 l’allora cardinale Joseph Ratzinger, responsabile della Congregazione per la dottrina della fede, ebbe a scrivere in relazione al simposio “Evoluzionismo e Cristianesimo”: «L’Enciclica Humani generis del 1950 aveva rimesso la questione dell’origine delle diverse specie viventi alla competenza della ricerca delle scienze naturali, tenendo ferma la riserva antropologica che l’uomo non possa venir spiegato rifacendosi solo a nessi biologici; nel suo essere spiritualmente animato, ogni individuo sarebbe un nuovo inizio che non è deducibile dal biologico, ma rimanda al Creatore, da cui l’inconciliabilità tra il modello antropologico classico, formulato e per la fede divenuto irrinunciabile, e l’impostazione articolata in modo completamente diverso dalla teoria dell’evoluzione (…) Quando, però, la scienza abbandona il suo contenuto naturalistico e si eleva a modello di pensiero che si presenta con la pretesa di spiegare la totalità della realtà, divenendo una sorta di filosofia evoluzionistica, volendo anche gettare lo sguardo nella trama dell’essere fin nei suoi ultimi fondamenti, allora si è in presenza di uno sconfinamento nell’ambito della fede e nella teologia (…) Laddove la scienza naturale diventa filosofia, è la filosofia che si deve confrontare con essa. Non si tratta quindi di una nuova lotta tra scienze naturali e fede, ma di una disputa filosofica razionale che mira alla oggettività della conoscenza razionale e non della opposizione della fede contro la ragione»3.
Al centro del dibattito c’è, dunque, sempre l’uomo il cui ruolo viene considerato dalla scienza non più centrale, al contrario della visione antropologica del cristianesimo. Inoltre la scienza rende le spiegazioni religiose non più necessarie. Essa tuttavia non nega Dio, ma tutto il suo percorso avviene a prescindere da Dio.
Tornando al convegno di La Jolla, il difficile rapporto tra scienze e fede trova forse la causa principale nella negazione dell’antropocentrismo. Con l’accettazione della teoria copernicana, prima, e con le successive teorie a partire da quella dell’inflazione caotica di Linde, argomenta Steven Weinberg, « il nostro big bang, questo enorme firmamento di galassie in espansione in tutte le direzioni, sarebbe soltanto un episodio in un multiverso molto più vasto, nel quale dei big bang, o forse dei ʺbangʺ non così ʺbigʺ stanno scoppiettando continuamente. In tal modo, sparisce per l’uomo il ruolo immaginato dalla religione tradizionale»4.
Risulta evidente l’inconciliabilità di tale affermazione con quanto sostenuto dalla dottrina cristiana. Inoltre, l’evoluzione attraverso la selezione naturale di Darwin e Wallace, applicando alla teologia il rasoio di Occam, rende la presenza o l’intervento di Dio non necessario. Se non nega un disegno intelligente, la scienza, comunque, lo ignora, proseguendo il suo percorso in maniera antitetico a quello teologico, alla cui base sta proprio l’intervento divino.
Laddove il contrasto si fa più forte, questo è il richiamo del card. Ratzinger, è quel che riguarda gli aspetti della vita umana di natura spirituale e che più degli altri sembrano provare «una creazione divina dell’anima, come l’amore reciproco, il senso di lealtà, l’onestà e la carità, rispetto alla loro spiegazione in termini di interazioni biochimiche e neuroniche, così come sembra portare avanti la biologia evoluzionista»5.
Perfettamente in sintonia con questa visione antropologica cristiana è il fisico Antonino Zichichi, il quale distingue una evoluzione degli animali da quella dell’uomo:«L’evoluzione biologica della specie umana non la si può dedurre dall’evoluzione biologica delle altre forme di materia vivente. Mentre è vero che esistono prove concrete e sicure che corroborano la validità dell’evoluzione biologica in numerosissime forme di materia vivente, è altrettanto vero che l’evoluzione biologica della specie umana va distinta da tutte le altre forme di evoluzione biologica. E questo, per un motivo molto semplice. Tra le innumerevoli forme di materia vivente, noi siamo l’unica dotata di un privilegio straordinario: quello di saper decifrare la logica di Colui che ha fatto il mondo. Questo privilegio distingue noi da qualsiasi altra forma di materia vivente. Ecco perché non si può dare per scontato che debba valere per noi lo stesso principio evolutivo biologico che vale per le altre forme di materia vivente»6.
In realtà, «la scienza non abbraccia tutte le esperienze intellettuali dell’umanità e noi non possiamo agire come se lo facesse. Vi sono cose d’importanza vitale per la gente, che non hanno nulla a che vedere con la razionalità, mentre sono profondamente importanti in larga parte della vita delle persone, e ignorare questo fatto significa sminuire questa gente e anche sminuire la scienza»7. È questa l’opinione del fisico e astronomo Lawrence Krauss, il quale sostiene, in base allo studio della cosmologia, «che non c’è assolutamente nessuna prova di progetto o finalità nell’universo». Nell’asserire ciò si fa una buona affermazione scientifica che non vuol significare che non vi sia alcun progetto o finalità: così dicendo si fa una dichiarazione metafisica, filosofica che esula dal compito dello scienziato.
Dunque, non esiste uno scontro tra scienze e religione se ognuna di esse rimane nel proprio ambito di applicazione. È nient’altro che il pensiero di Einstein: «Se si concepiscono la religione e la scienza sulla base di tali definizioni, allora un conflitto tra di esse appare impossibile. Perché la scienza può solo accertare ciò che è, non ciò che dovrebbe essere, e fuori dal suo ambito tutti i tipi di giudizi di valore restano necessari. La religione, d’altro canto, si occupa solo di valutare il pensiero e l’azione umana: non può parlare a buon diritto di fatti e di relazioni tra i fatti. Secondo questa interpretazione dovremmo ascrivere i ben noti conflitti del passato tra religione e scienza a un fraintendimento della situazione che è stata descritta»8.
Ciò non vuol dire, però, che la scienza debba rispettare ad ogni costo tutte le sensibilità religiose, soprattutto quando si è dinanzi ad affermazioni errate come : «Il mondo ha un’età di seimila anni», oppure «Il Sole non se n’è stato fermo nel cielo», come si racconta nel Vecchio Testamento, o ancora che l’omosessualità è «una mostruosità della natura».
Il dibattito è destinato ad andare avanti, ma nel farlo bisogna evitare, per dirla con Kant «che per far posto alla fede si deve eliminare il sapere».
Dialoghi Mediterranei, n.5, gennaio 2014
Note
1 J.Monod, Il caso e la necessità, trad. it., Mondadori Milano 1999, pp 114-115
2 L. F. Cavalli Sforza, La selezione naturale e il caso, in “ Micromega. Almanacco delle scienze”, 2009, pp.93
3 J.Ratzinger, Creazione ed Evoluzione, Un convegno con Papa Benedetto XVI a Castel Gandolfo, pp.6-8
4 S. Weinberg, in “Micromega, Almanacco delle Scienze”, maggio 2008, pp 27-30
5 J. Ratzinger,op.cit.
6 A. Zichichi, Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo, Il Saggiatore Milano 1999
7 L. Krauss, in “Micromega, Almanacco delle Scienze”, maggio 2008, pp 34-38
8 A. Einstein, Pensieri, idee, opinioni , trad. it. Newton Compton, Roma , 1996, pp27-32
la storia della scienza e quella della curiosità e dell’intelligenza dell’uomo..Procede per ipotesi da verificare a che almeno rimangono valide in attesa di essere confutate(imapar dall’errore).Sembra un navigare a vista verso l’ignoto:Puo la scienza spiegare l’universo?Il susseguirsi delle scoperte può indurre a pensare che prima o poi la questione si risolverà da sola e c’é chi tra gli scienziati ritiene superfluo Dio per spiegarlo.Il citato Laplace o oggi l’astrofisico Hawiking. Proprio perché naviga a vista verso l’ignoto con un atteggiamento un po da apprendista stregone la scienza potrebbe incorrere nell’errore fatale,l’effetto collaterale imprevisto ed essere la tomba dell’umanità come d’altro canto potrebbe arrivare alla teoria del tutto e spiegare l’universo.
Quanto al disegno intelligente a un’analisi spregiudicata sembra difficile da sostenere.
Le stelle che esplodono o che come il nostro sole si spengono lentamente,la Terra che ogni tanto si da una scrollata in attesa del prossimo meteorite(sembra che un meteorite abbia provocato un tale cataclisma da far sparire i dinosauri).Questo il disegno intelligente?l’orologio che richiama l’orologiaio?Per non parlare del male nel mondo(intendo la sofferenza degli innocenti gli orfani che piangono la madre perita nel terremoto)o la legge della giungla che vige nel regno animale(che dignità ha la gazzella che tenta invano di sfuggire al leone?) che fanno cadere anche la tesi del Dio sommamente buono.Ma anche la posizione dello scienziato ateo positivista appare difficilmente sostenibile.Proprio perché ci sono domande alle quali al momento la scienza non é in grado di rispondere, ma che é impossibile non porsi,pretendere di escludere la presenza o l’intervento di un ente al di la dell’umanamente concepibile é una posizione altrettanto dogmatica di quella del credente religioso.Ma le scoperte strabilianti che suscitano anche nel profano come lo siamo un po tutti l’illusione che la scienza sia onnipotente.La scienza religione dell’uomo contemporaneo?Guarito da quella che Freud chiamava nevrosi infantile dell’umanità l’uomo ha sostituito il credo delle varie religioni con il credo nella scienza con tutta la forza in quanto dogma le garantisce?