di Gaetano Sabato
Nel panorama del turismo globale il turismo da crociera rappresenta un caso interessante per varie ragioni. Innan- zitutto, considerando l’aspetto economico-quantitativo si può notare che il crocierismo ha registrato una costante crescita, soprattutto nell’ultimo quindi- cennio. Anche se le sue dimensioni sono piuttosto contenute rispetto all’industria turistica generale, esse risultano significative (nel decennio compreso fra il 2000 e il 2010 si è verificato quasi un raddoppiamento nel numero dei crocieristi totali che sono passati da 9,73 milioni a 18,80 milioni, superando i 22 milioni nel 2014 – cfr. ECC 2011 e CLIA 2015). Ma l’aspetto quantitativo del turismo da crociera [1] non è l’unico a rivestire un certo interesse. Sul piano qualitativo, infatti, il crocierismo costituisce un ambito d’indagine pregnante.
Il crocierismo determina una dinamica culturale importante, dà luogo a particolari forme di produzione e riproduzione simbolica, realizza connessioni e interrelazioni complesse e (ri)definisce le categorie fondamentali di “spazio” e “tempo” della contemporaneità. Applicare un approccio antropologico allo studio del crocierismo è riconducibile, almeno in parte, all’interesse che la disciplina ha mostrato ormai da alcuni decenni anche per la contemporaneità. Soprattutto a seguito dell’importante svolta post-modernista che ha avuto origine negli ultimi due decenni del Novecento [2], e dei lavori della scuola francese di cui Augé è uno dei più noti esponenti (cfr. Augé 1993 e 1997), l’antropologia culturale ha rivolto la sua attenzione ai molteplici aspetti del mondo contemporaneo e alla quotidianità. Va dunque notato subito che se il turismo è stato oggetto di indagine antropologica fin dalla seconda metà del Novecento, il modo di concepire questo ambito di ricerca è radicalmente cambiato. Nei decenni si è passati alla considerazione di vari aspetti, quali ad esempio etica e motivazioni dei turisti, aspetti simbolici del viaggio, ritualizzazioni e concezioni del tempo libero. Più di recente, ci si è invece concentrati sullo studio della dinamica culturale cui esso dà luogo.
Questo contributo, sulla base di questi presupposti, intende proporre alcune riflessioni emerse a seguito di alcune esperienze di campo condotte attraverso l’osservazione partecipante, in parte a bordo di alcune crociere nel Mediterraneo e in parte a terra, in alcune destinazioni toccate durante le rotte. Più in particolare, si prenderanno in esame alcune modalità d’interazione fra crocieristi e fra questi ultimi e la destinazione visitata: l’analisi di questi due livelli permette di comprendere meglio sia il processo decisionale che porta i passeggeri a effettuare alcuni percorsi una volta sbarcati, sia il ruolo che in questo processo giocano le “immagini” della destinazione, risultato a loro volta della compresenza (e della interazione) di elementi diversi culturalmente determinati.
Una vacanza in crociera è essenzialmente composta da due esperienze complementari: una a bordo della nave e una a terra, nei porti di toccata [3], durante la visita della località in cui si è temporaneamente sbarcati. Una volta sbarcati i crocieristi possono visitare la località nel modo che ritengono più opportuno, tuttavia la loro esperienza si inscrive sostanzialmente in due possibilità: i tour già organizzati oppure un’esplorazione libera, auto-organizzata. Come si accennava prima, gli itinerari dei passeggeri-turisti una volta sbarcati sono il risultato di un complesso sistema di rappresentazioni che produce e riproduce differenti “immagini” della destinazione: consigli delle guide turistiche e degli agenti di viaggio, racconti e suggerimenti di amici e familiari, spontanei (ed efficaci) passaparola e infine canali d’informazione personali non solo contribuiscono a determinare un’immagine della destinazione prima ancora che i passeggeri sbarchino a visitarla, ma giocano un ruolo determinante nella scelta dei percorsi da seguire, nei monumenti da vedere, nei servizi da provare e così via. Per quanto riguarda i tour organizzati, essi vengono gestiti quasi interamente dalle compagnie da crociera che propongono dei pacchetti acquistabili al momento della prenotazione della vacanza o anche a bordo, prima dell’arrivo nelle varie destinazioni.
Più in generale, per intendere meglio le interazioni fra passeggeri (e fra questi ultimi e la località che essi esplorano), è importante considerare l’universo simbo- lico che il turismo da crociera produce e riproduce: da un lato esso contribuisce in modo significativo ad orientare il processo decisionale dei crocieristi e le loro modalità (e possibilità) d’interazione; dall’altro lato le esperienze dei passeggeri sbarcati a terra costituiscono una sorta di narrazione complessa e condivisa, in grado di influire sulle loro scelte e sull’esperienza di altre eventuali crociere. In questo processo, risulta coinvolta anche la località-destinazione, in quanto essa contribuisce anche involontariamente a produrre e riprodurre determinate immagini di sé.
I passeggeri hanno quasi sempre un’idea (seppure a volte non definita) della località che la nave toccherà e questa idea è basata su narrazioni peculiari della destinazione. Si pensi, a questo proposito, al caso delle guide turistiche: esse costituiscono un insieme di narrazioni della località che determinano un tipo di conoscenza particolare ancor prima dell’arrivo. Come faceva notare provocatoriamente Barthes nel suo saggio dedicato alla “Guida Blu”, la guida può diventare «mezzo di accecamento» (cfr. Barthes 1994: 120). Sia che si tratti di carta stampata o di un sito internet, sia che si tratti di persone, le guide turistiche in generale hanno una funzione di mediazione culturale in senso antropologico, implicando una forma di “traduzione” [4] (cfr. Montes 2007) che nei termini di Jakobson potrebbe essere definita “intersemiotica” e “interlinguistica” (cfr. Jakobson 1987), dal momento che esse hanno la possibilità di trasporre elementi da una cultura ad un’altra utilizzando opzioni verbali o non verbali. Questa traduzione, basata su tratti scelti come pertinenti, non significa necessariamente una maggiore accentuazione sul lato della produzione da parte di un individuo o sulla ricezione da parte di un altro (cfr. Jakobson 2010).
Guide e testi informativi possono essere rilevanti nel determinare le scelte dei turisti e ciò, nel caso del crocierismo, emerge in modo più chiaro quando i passeggeri sbarcano per visitare una destinazione. Le “immagini” che essi hanno a disposizione prima del contatto diretto con la località sono costruite attraverso vari elementi, quali testi, fotografie e racconti. Una volta tornati a casa, gli ex crocieristi producono a loro volta nuove immagini della località visitata che sono il risultato di elementi precedenti ed elementi nuovi, esito di ciò che hanno potuto conoscere e sperimentare personalmente [5]. In questo senso si può parlare di un processo di «produzione e riproduzione simbolica» attivo in generale nel turismo e, in particolare, nel turismo da crociera: le proposte del marketing e le esperienze dei viaggiatori si mescolano senza soluzione di continuità, sostanziandosi a vicenda. Questo processo può avvenire attraverso forme varie di “intermediazioni” che risultano reciprocamente correlate e che sono veicolate da sistemi semiotici complessi capaci di sfumare l’usuale dicotomia tra esperienza e rappresentazione (cfr. Sabato 2015).
È interessante prendere in considerazione, a questo riguardo, due tipi di testi (in senso semiotico) con i quali i passeggeri vengono a contatto: il materiale infor- mativo consegnato a bordo delle navi dalle compagnie e le carte topografiche delle destinazioni distribuite a terra, all’arrivo nei porti, da terze parti (amministrazioni locali, negozi, ristoranti, servizi turistici e così via). Si tratta di due tipi di “guide” implicate nel processo di conoscenza della località in quanto esse forniscono una specifica “lettura” (e una narrazione) della destinazione e rivestono una certa importanza non solo nel processo decisionale che concerne la scelta dei percorsi ma hanno anche una certa valenza nelle narrazioni che i turisti producono al ritorno dal viaggio. Come fa notare Montes:
«Oltre lo sguardo e il suo potere certamente fondativo, il viaggio e l’esperienza turistica ci costringono […] a fare qualcosa di centrale […]: tradurre. Dalla realtà alla cartolina che scegliamo,dal paesaggio alla foto che facciamo, dal vissuto esperienziale al racconto orale, nel viaggio non facciamo altro che tradurre, passando da un sistema di segni all’altro, da alcune equivalenze semantiche ad altre. Lo facciamo incessantemente […]. La traduzione intersemiotica che mettiamo in atto nel viaggio è inoltre il frutto di una negoziazione, spesso inconsapevole, di luoghi, immagini e vissuti riprodotti in cui l’immaginazione ha un ruolo di rilievo (Cronin 2000). […] Nel caso del viaggio, immaginiamo grazie – o purtroppo? – alle narrazioni persuasive che ci fanno le agenzie di viaggio, gli slogan pubblicitari in televisione, gli stessi racconti entusiastici dei nostri amici in cerca di novità. […] Il viaggio (la sua comunicazione, preparazione, tragitto e narrazione finale) è dunque un esempio calzante del modo in cui – lo dico parafrasando intenzionalmente Austin (1987) – è possibile fare cose con le parole» (Montes 2015).
Per comprendere meglio il sistema d’interazioni che riguarda i passeggeri e la destinazione-località è altrettanto utile considerare le modalità in cui i crocieristi utilizzano questi “testi”. Sulla nave i passeggeri vengono informati in vari modi sullo stato della loro crociera attraverso giornali di bordo, immagini, annunci pubblici e spettacoli. Più nello specifico alcune compagnie forniscono quotidianamente ai crocieristi (nelle cabine e nella hall centrale della nave) dei fogli di poche pagine, una sorta di “giornali di bordo” che, oltre a riportare una rassegna stampa internazionale del giorno, informano in merito a navigazione, condizioni meteomarine, destinazioni che la nave toccherà e dettaglio delle attività che sarà possibile svolgere a bordo. Questo materiale informativo, fatto soprattutto di testi descrittivi, rimane a disposizione del crocierista consentendogli di leggere una narrazione puntuale delle tappe del suo viaggio e di “ricostruire” a posteriori la propria esperienza: così i giornali diventano veri e propri diari dell’esperienza in crociera. Questi giornali di bordo hanno almeno tre funzioni: una simbolica, una semiotica e una di sintesi di un rituale. Si può parlare di una funzione simbolica perché essi rassicurano i passeggeri, facilitando il loro impatto con la località e rendendo più morbide possibile tanto l’esperienza del viaggio quanto l’esperienza dell’“Alterità”. Non a caso una delle idee centrali dell’offerta crocieristica è quella di “coccolare” il passeggero: il marketing comunica ai potenziali clienti che essi non devono occuparsi dei problemi della “vita quotidiana”, poiché la compagnia è in grado di assicurare un’organizzazione efficiente della vita in crociera, provvedendo a rendere la loro vacanza “spensierata”. In questo senso, una volta a terra i crocieristi possono affidarsi alla “conoscenza” della località offerta dalla compagnia.
I diari di bordo hanno anche una funziona semiotica in quanto traducono la realtà attraverso determinate opzioni culturali: selezionano elementi pertinenti per costruire una specifica immagine (anche identitaria), utile a rendere la destinazione più accessibile ai crocieristi. Infine queste piccole pubblicazioni sintetizzano un rituale, quello dello sbarco durante una sosta temporanea in una destinazione ancora solo parzialmente conosciuta. Lo sbarco nella destinazione è organizzato attraverso una sequenza che diventa via via più familiare nel tempo grazie alle accurate istruzioni (presenti anche nei diari di bordo) e alle precedenti esperienze. La funzione di mediazione di queste pubblicazioni, inoltre, sembrerebbe confermata anche dalle modalità con cui vengono distribuite ai passeggeri all’interno delle cabine: l’equipaggio, riordinando gli alloggi ogni giorno, le colloca sul letto o sullo scrittoio, che simbolicamente rappresentano non solo spazi privati ma anche intimi e sicuri. In questo senso il confine con la potenziale “Alterità” che i passeggeri incontreranno è sfumato, risultando simbolicamente meno lontano e sconosciuto.
Come si è detto prima, oltre ai giornali di bordo, distribuiti durante la crociera, altri elementi contribuiscono a costruire una conoscenza e una lettura della destinazione-località. In diversi porti, infatti, sono presenti operatori di terze parti che distribuiscono (solitamente gratis) ai passeggeri appena sbarcati dalla nave carte topografiche pieghevoli della località. Esse hanno un ruolo nell’orientare le scelte dei percorsi effettuati dai crocieristi che non hanno acquistato nessuna escursione organizzata e decidono di visitare liberamente la località. È soprattutto considerando due livelli, ossia le interazioni fra crocieristi e quelle fra crocieristi e località, che si comprende meglio il ruolo che questi materiali informativi e d’orientamento assumono nel processo decisionale dei passeggeri e nell’acquisizione di una conoscenza (e di una competenza) della destinazione. In particolare, risulta interessante il confronto fra due casi etnografici che si è avuto modo di registrare a Palermo. Si tratta di due gruppi di crocieristi, molto diversi per composizione (in termini soprattutto di età, nazionalità e modalità di aggregazione) che una volta sbarcati hanno cominciato ad esplorare alcune aree del centro storico. Il primo, che denomineremo “gruppo C”, era formato da turisti italiani, di età simile e conosciutisi per la maggior parte proprio durante la crociera. Il secondo gruppo, per comodità denominato “gruppo D”, era composto da turisti stranieri e fra i suoi membri, di età diverse, esistevano legami di amicizia precedenti alla crociera: due coniugi con tre bambini e alcune coppie. Entrambi i gruppi disponevano di piccole carte topografiche, ricevute da alcuni promoters gratuitamente, appena sbarcati. Le mappe pubblicizzavano sul retro alcuni servizi d’interesse per i turisti e fornivano una panoramica topografica del centro cittadino, in cui erano segnalati in modo evidente alcuni monumenti.
Il gruppo C ha attuato, attraverso una modalità che si potrebbe definire ‘endogena’ (ossia, le discussioni per la scelta dell’itinerario erano interne, fra i membri dello stesso gruppo; la cartina topografica veniva utilizzata senza richie- dere interventi esterni; si riconoscevano le esperienze pregresse dei membri come affidabili; l’esperienza della destinazione veniva socializzata e discussa), una “costruzione del senso” (cfr. Geertz 1998) in grado di fornire una lettura della località che stava visitando. Il gruppo D, invece, ha realizzato una propria costruzione del senso per la “lettura” della località attraverso una modalità che si potrebbe definire ‘esogena’ (ossia, lo sbarco dalla nave è avvenuto con un programma d’azione chiaro che non necessitava di molte negoziazioni interne al gruppo; la cartina topografica veniva utilizzata spesso richiedendo il supporto di informatori locali; nei momenti in cui tutto il gruppo era riunito non veniva dedicato molto tempo alla socializzazione dell’esperienza).
Diversamente dal gruppo C, il gruppo D era sbarcato già con un programma d’azione che prevedeva, oltre alla visita alla cattedrale, anche un pranzo a base di cucina da strada tipica e qualche ora da dedicare agli acquisti. Sebbene il gruppo D disponesse di una cartina topografica ricevuta nei primi momenti dello sbarco, le modalità di interazione con la località hanno rivelato un comportamento diverso rispetto al gruppo C: per questi crocieristi, infatti, il sapere offerto dalla cartina non era sufficiente e ciò ha comportato, in più di un’occasione, il coinvolgimento diretto di alcuni passanti cui venivano chieste informazioni sul percorso e consigli sulle mete raggiungibili nel lasso di tempo di cui disponevano. Il coinvolgimento dei locali faceva emergere la necessità di avere un interprete più “autorevole” della rappresentazione topografica per confermare il percorso deciso in precedenza.
Un’altra differenza consisteva nel tempo previsto e dedicato agli acquisti (soprattutto di prodotti italiani). Il gruppo C aveva destinato a tale attività solo una parte esigua del tempo totale della visita, preferendo assegnare più tempo alla socializzazione. Il gruppo D, i cui membri adulti si conoscevano da tempo, ha invece sentito meno l’esigenza di dedicare tempo alla condivisione dell’esperienza appena vissuta. Nell’interazione interna ai gruppi si possono notare ulteriori differenze. Nel gruppo C (formato da persone che si erano conosciute in crociera) c’era una maggiore disposizione alla “proposta” esplorativa, quindi una maggiore propensione alla socializzazione e alla mediazione delle varie istanze a discapito di una programmazione precedente alla visita. Nel gruppo D, formato da persone che si conoscevano prima della crociera, prevaleva una programmazione antecedente alla visita, c’era meno disposizione all’esplorazione casuale e alla socializzazione dell’esperienza. L’utilizzo della cartina topografica sintetizza una rappresentazione della città, pensata per “orientare” i turisti nello spazio sconosciuto della destinazione che stanno visitando. Essa offre una modalità conoscitiva che riflette l’idea di chi l’ha disegnata e selezionata, in modo simile a come la guida turistica mette in forma alcune possibilità gnoseologiche. Nel caso palermitano, i passeggeri avevano a disposizione uno spaccato della città che includeva il centro storico, che segnalava i monumenti d’interesse storico-culturale e che, in qualche modo, “selezionava” un certo tipo di percorso escludendone altri. Anche questa modalità sembra rientrare nel sistema di aspettative entro cui si inscrive il crocierismo: si verifica (e si conferma) un’attribuzione di valore a quegli elementi che possono sintetizzare “affidabilità” e “familiarità”. In questo modo ai crocieristi in visita a terra si schiude un’alterità “possibile”, non già totalmente e radicalmente altra ma “leggibile” e “interpretabile” attraverso categorie gnoseologiche in qualche modo note. A livello più generale, quindi, si può riflettere sulla visita a terra in termini di esperienza esplorativa. Essa non avviene però nelle modalità tipiche del turismo auto-organizzato, poiché i crocieristi hanno a disposizione alcuni strumenti di mediazione e di traduzione nei confronti dell’alterità che offrono alcune opzioni conoscitive “pensate” appositamente per i turisti. Si tratta di strumenti che essi possono utilizzare per costruire una particolare consapevolezza e conoscenza della destinazione. È un processo in cui i passeggeri-turisti trovano la conferma di un particolare sistema di aspettative e un certo sistema valoriale: in altre parole, dunque, il crocierista può riconoscersi identitariamente nelle motivazioni che l’hanno spinto a scegliere questo tipo di vacanza e di esperienza.
Tanto i giornali di bordo quanto le carte topografiche, quindi, realizzano forme ambivalenti di intermediazione: da un lato essi “virtualizzano” la destinazione, for- nendone una anticipazione ancor prima che i crocieristi siano scesi dalla nave o siano usciti dall’area portuale; dall’altro lato sono supporti per la messa in forma di un programma d’azione, poiché contri- buiscono a determinare, assieme alle dinamiche variabili costituite dalla interazione personale, le possibilità attraverso cui i turisti costruiscono una conoscenza della località ed esperiscono la visita a terra.
In questa sede non è possibile rendere conto estesamente del lavoro etnografico, parte di un progetto di ricerca più ampio condotto attraverso reiterati periodi di osservazione partecipante, attraverso lo studio del sistema di advertising del turismo da crociera e delle sue implicazioni simboliche [6]. Tuttavia, sulla base di quanto esposto, sembra possibile proporre qui una sintesi di alcune riflessioni emerse.
Parte essenziale di una crociera è, almeno per alcuni passeggeri, l’esplorazione di una destinazione [7]: le modalità in cui questa esplorazione avviene possono variare sensibilmente, dal momento che dipendono soprattutto dalle scelte effettuate dai crocieristi. Qui ci si è soffermati sui crocieristi che preferiscono visitare la località da auto-organizzati, ossia senza l’acquisto di escursioni guidate. In questo caso i percorsi “costruiti” dai passeggeri-turisti sono influenzati da una congerie di elementi. I casi etnografici osservati durante il lavoro di campo a Palermo hanno mostrato come una complessa mescolanza di motivazioni personali, informazioni, consigli, interazioni e narrazioni pubbliche (quelle “ufficiali”, dove confluiscono pubblicità, opuscoli, giornali di bordo) e private (quelle esito del passaparola, di condivisione sociale e di “solitaria” documentazione) sia in grado di influenzare l’esperienza dei crocieristi a terra con risultati peculiari. Le “immagini” della destinazione e dei passeggeri, così come i modelli e gli stereotipi culturali veicolati dal marketing turistico si fondono con le narrazioni personali – e spesso condivise – di esperienze vissute in un insieme complesso: in questo senso le proposte dell’offerta promosse dal marketing e le narrazioni individuali sono reciprocamente influenti. Risulta più chiaro come applicare una prospettiva antropologica al turismo da crociera consenta di comprendere il processo culturalmente determinato attraverso cui la produzione e la riproduzione simbolica si rimandano l’un l’altra. Infine, dal lavoro di campo è emerso come le dinamiche di interazione interne ai gruppi di crocieristi siano determinanti per l’orientamento delle scelte una volta sulla terraferma. Nella “composizione” dei percorsi che i passeggeri-turisti mettono in atto opera una dinamica di socializzazione che prevede la condivisione e la semantizzazione dell’esperienza.
Nella mediazione fra conoscenze (ufficiali e private) della destinazione i passeggeri-turisti sono coinvolti in un processo culturale in grado di produrre, a sua volta, una nuova conoscenza della destinazione che esita proprio nella sperimentazione di nuovi itinerari e in varie forme di interazione con la località. Itinerari e modalità d’interazione sono “condivisi” socialmente dai crocieristi attraverso le loro narrazioni (foto, racconti, consigli) e in questa dinamica giocano un ruolo importante anche i giornali di bordo e le carte topografiche. A questo proposito, va notato che molti crocieristi non condividono la loro esperienza solo dopo essere tornati alla propria “vita abituale”: già a bordo molti di loro dedicano parecchio tempo alla condivisione di impressioni, aspettative ed esperienze che riguardano le destinazioni e, più in generale, la crociera stessa. Si può ricordare come Bruner abbia giustamente messo in luce il carattere dialettico delle narrazioni turistiche che segna anche la valenza della loro condivisione: «Questi racconti [di viaggio] prima, durante e dopo il viaggio stesso possono benissimo riguardare viaggi diversi, effettuati in momenti diversi da persone diverse e mettono in evidenza una caratteristica significativa di tutte le narrazioni di viaggio, il fatto che esse sono dialogiche, nel senso di Bachtin. Ho chiamato ciò “narrazione dialogica” (Bruner 2005[a]: 169-188)» (Bruner 2005b: 18) [8].
La narrazione in effetti assume un valore centrale nella condivisione delle espe- rienze fra turisti. Come fa notare Augé, quando i turisti ritornano alla loro vita quotidiana e mostrano ai loro amici le foto o i video delle vacanze una narrazione accompagna questa condivisione: per lo studioso francese è proprio il racconto che dà senso al loro viaggio (cfr. Augé 2001: 58). Inoltre, foto e video non solo costituiscono alcuni dei mezzi della narrazione turistica ma fanno parte, in senso più ampio, di una dinamica dello sguardo che contribuisce a modificare la stessa “immagine” che la destinazione vuole/può dare di sé (cfr. Urry e Larsen 2011).
Sul piano epistemologico condurre una ricerca antropologica sul crocierismo ha delle interessanti implicazioni. In questa sede si può solo accennare sinteticamente al tema [9]. Fare etnografia coinvolge il ricercatore su una molteplicità di piani, offrendo importanti spunti di riflessione per la prassi professionale. Se per molti versi il turismo può essere considerato, in termini maussiani, un “fatto sociale totale” (cfr. Mauss 2002) si può intendere come dedicare una etnografia all’ambito turistico comporti lo studio di una multidimensionalità (aspetti storici, economici, sociali, etc.). Il caso del crocierismo conferma, quindi, la necessità di un approccio che tenga conto di più dimensioni, soprattutto se si considera l’articolazione della sua struttura (ad esempio, esso presenta una dimensione economica che implica una pluralità di ambiti, dalla cantieristica navale all’organizzazione delle transazioni a bordo della crociera; o, ancora, la dimensione spaziale che implica diversi livelli, quali la nave e le destinazioni). Studiare dal punto di vista antropologico l’interazione fra crocieristi e località, inoltre, può essere utile sia per il potenziamento dell’offerta sul versante delle compagnie, sia per lo sviluppo di politiche territoriali ad hoc sul versante delle pubbliche amministrazioni.
Dialoghi Mediterranei, n.19, Maggio 2016
Note
[1] Per una riflessione su alcune problematiche nell’acquisizione di dati quantitativi sul crocierismo si veda Dowling 2006.
[2] Uno dei lavori fondanti di questa svolta epistemologica in seno all’antropologia è rappresentato da Scrivere le culture. Poetiche e politiche dell’etnografia, curato da Clifford e Marcus (Clifford-Marcus 2005).
[3] Nel crocierismo si distinguono “porti di toccata” (o port of call) e “porti d’imbarco/sbarco” (o home port): i porti di toccata sono i porti dove le navi sostano alcune ore per consentire ai passeggeri la visita alle destinazioni previste dalle rotte; gli home port, invece, sono i porti in cui vengono imbarcati e/o sbarcati i passeggeri all’inizio e alla fine di una crociera settimanale: le rotte sono spesso “cicliche”, così i crocieristi normalmente terminano la vacanza sbarcando nello stesso porto in cui si erano imbarcati.
[4] Come scrive Montes «Il traduttore diventa un individuo che allo stesso tempo riceve e produce […]; riceve un testo straniero e ne produce un altro (spesso meno straniero); adotta una lingua diversa per adattarne l’espressione e il contenuto alla sua lingua. La ricezione e la produzione, l’adozione e l’adattamento sono allora strettamente legate in questo corto circuito antropologico in cui il sé e l’altro si pongono di fronte, si (ri)conoscono e si (ri)organizzano» (Montes 2007: 218).
[5] Jenkins, in uno studio dedicato ai backpackers in Australia, ha parlato di “circolo ermeneutico” per descrivere le immagini-foto “prodotte” dai turisti che riproducono, a loro volta, immagini stereotipate delle destinazioni (cfr. Jenkins 2003).
[6] Per un’analisi di alcuni aspetti dell’advertising crocieristico da una molteplice prospettiva, insieme antropologica, semiotica e linguistica, si veda: Albano e Sabato 2012, 2013a, 2013b.
[7] Interessante a questo proposito è il caso di alcuni passeggeri (intervistati durante il lavoro di campo) che all’arrivo in un nuovo porto rimanevano a bordo della nave, preferendo non visitare la destinazione. Questo e altri casi simili vengono analizzati in alcuni lavori attualmente in corso di stampa.
[8] Traduzione nostra.
[9] Una riflessione più ampia sull’etnografia nel campo del crocierismo sarà oggetto di una pubblicazione specifica.
Riferimenti bibliografici
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Gaetano Sabato, dottore di ricerca e attualmente assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Palermo, si occupa di antropologia del viaggio e del turismo, di globalizzazione e di teorie della contemporaneità. Ha insegnato Antropologia culturale del turismo all’Università degli Studi di Palermo e in corsi di alta formazione parauniversitaria. Ha pubblicato diversi articoli scientifici nell’ambito della riflessione sul crocierismo e sul rapporto fra spazio, esperienza del viaggio e narrazione, nonché alcuni studi sul teatro di figura orientale.
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