di Giulia Panfili
La serie di disegni è stata elaborata nel corso di una ricerca etnografica riguardante la tessitura al telaio manuale nella località portoghese di Abrantes. Costituisce altresì parte specifica, completa e autonoma della tesi finale in Antropologia e immagine, proponendosi di restituire, anche attraverso il disegno, la realtà studiata e la quotidianità delle persone coinvolte. Alla base vi é la convinzione che antropologia e arte possano condividere la stessa sensibilità verso il mondo, incontrandosi e completandosi reciprocamente, qualora entrambe siano intese come processo di osservazione, compartecipazione e creazione della realtà circostante.
L’opera intende raccontare la tessitura manuale nella sua pratica attuale, inserita nelle trasformazioni socio-economiche in corso, e nello stesso tempo evocare il percorso della ricerca etnografica stessa. Movimento, cammino, linea, sono alcuni dei temi principali di questo lavoro che, inoltre, completamente steso nella sua reale lunghezza misura poco più di otto metri, nel tentativo di ripercorrere i vari tratti che compongono la complessità della realtà incontrata. È per questa combinazione di tratti, forme, colori, che mi piace pensare l’opera stessa come frutto di una creazione al telaio, di un andirivieni del telaio.
Lisbona, l’antica e la nuova Lisbona, si affaccia sul fiume Tago
che risalendo verso nord-est porta ad Abrantes – Rossio a sud del Tago.
Abrantes, linda cidade do Tejo, Abrantes, quando te vejo.
Una città sempre uguale a se stessa eppure ogni volta diversa, secondo come la si osserva.
Le sue regole peculiari, dalle prospettive fuorvianti, possono nascondere altro.
Là dove il fiume domina il paesaggio, le persone si domandano “è forse un luogo senza identità?”
e descrivono i paesi limitrofi come isolati e chiusi in se stessi.
Proprio lì è possibile sciogliere il bando della matassa della tessitura manuale che con i suoi gesti, strumenti e saperi si trasmette e si dimentica.
Partendo da Abrantes a mezzogiorno con l’autobus locale, si passa per Rio de Moinhos, Braçal, Pucaiça e si costeggia la sponda meridionale del fiume Zêzere: Aldeia do Mato, Bairros Fundeiros e Cimeiros, Cabeça Gorda, Carreira do Mato, Carregal, Ribeira da Brunheta, Souto, Atalaia, Sentieiras, Carrapatoso e Bairrada.
Come in una favola, appaiono personaggi vari e bizzarri.
“Conosce qualcuno che possiede un telaio o tesse in casa?”
Nella frazione di Souto, Maria da Conceição mostra alcuni vecchi tessuti.
Passato e presente si fondono: l’emigrazione, la costruzione della diga di Castelo de Bode, i paesi sommersi e le memorie sbiadite.
Ceci n’est pas un bateau, si tratta di una navetta, strumento di legno concavo a forma di barchetta che permette di passare il filo attraverso l’ordito.
Trum Trum. Trum Trum. Il pettine viene battuto contro il filo di trama per compattare il tessuto.
Dall’esterno, sbirciando dalla finestrella, si vedono mani rugose, abbronzate e forti, concentrate. Sorprese nel momento più delicato, le dita veloci e leggermente torte della mano destra si muovono tra un filo e l’altro, accompagnate dal suono della voce e dalla mano sinistra, che impugna e dirige uno degli aghi. È la signora Laurinda al telaio.
All’interno, immagini religiose tratte da vecchi calendari pendono da vecchie travi di legno.
Hermínia lavora invece ritagli di tessuto che conserva con cura e impiega per le feste di paese in cui le offerte sono portate sulla testa, oltre al lavoro quotidiano nell’orto.
Nella mitologia greca, segreti e delitti sono svelati nel tessuto, come la violenza di Tereo su Filomena, nonché vendette e metamorfosi: Aracne è trasformata in ragno da Atena per aver sfidato gli dèi nell’atto di creare.
Nella vita quotidiana dei paesi e lo scorrere dei giorni, molti sono i luoghi di incontro: la piazza, il bar, la chiesa, la strada, le case.
In alcune poche case si filano le spolette per iniziare a tessere. La tessitura è un lavoro lungo e impegnativo, che richiede molte ore di concentrazione e pazienza.
Fili di generazioni, di madre in figlia, il dipanarsi di gomitoli, vite e saperi. Nuovi paesaggi e nuovi orizzonti si estendono oggi. La signora Maria mostra l’album fotografico della fabbrica tessile che non esiste più. “Le persone venivano con modelli presi dalle riviste e noi li realizzavamo. Eravamo una decina a lavorare. Eccomi con mio marito”.
Il signor Manuel racconta che da bambino si metteva sotto il telaio mentre sua madre tesseva e lì accovacciato leggeva la Bibbia ad alta voce.
La trapunta bianca che ha ricevuto per il suo matrimonio, cinquanta anni fa, viene ora utilizzata per il corteo funebre di Gesù Cristo.
Nelle processioni paesane le coperte vengono appese alle finestre. È in queste occasioni che si registra un ritorno temporaneo degli emigranti, altrimenti le case rimangono per la maggiore disabitate.
Dialoghi Mediterranei, n. 63, settembre 2023
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Giulia Panfili vive attualmente a Roma. Ha studiato antropologia visiva a Lisbona e ha concluso il dottorato in antropologia, politiche e immagini della cultura, museologia con una tesi di ricerca etnografica in Indonesia sul wayang come patrimonio immateriale dell’umanità. Ha partecipato a convegni di antropologia e arte in Portogallo, Brasile, Inghilterra, Indonesia, e a mostre collettive di fotografia, illustrazione e stampa grafica presso gallerie e festival in Italia, Spagna, Portogallo, Indonesia. Tornando in Italia ha frequentato la Scuola Romana del Fumetto, dedicandosi quindi a disegno e illustrazione, con cui ha elaborato parte della tesi di dottorato. Ha approfondito in seguito tecniche e linguaggi della fotografia e del documentario audiovisivo con corsi formativi e progetti vincitori di bandi di concorso.
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