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Aspra. Il mio incontro con Ignazio

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Ignazio Buttitta, 1981 (ph. Nino Privitera)

di Sebastiano Burgaretta                                    

Batteva lentamente, coniugando dito indice e medio, aveva ripreso e ribatteva a macchina una lunga poesia dedicata a Eduardo De Filippo. Fu l’ultima volta che andai a trovare il poeta di Bagheria, che, quando non era in giro per il mondo a declamare versi, viveva nella sua bella casa di Aspra, sospesa sul mare a lui caro, una casa ch’era un’infiorescenza di libri e di cultura abbarbicata e incastonata nella natura del costone alto e roccioso, ai piedi dell’antica Solunto, che il poeta aveva trasformato in giardino rigoglioso, una casa dal cui terrazzo, che nell’immaginario del poeta assumeva connotati e funzione d’una prua di nave, egli, aprendo le braccia come fossero ali possenti e volitive, a guisa di maschia polena, ogni mattina si levava ad abbracciare il mare azzurro che aveva di fronte e il suo corredo vivente di Palermo e del Monte Pellegrino.

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Ignazio Buttitta con Burgaretta, 1981 (ph. Nino Privitera)

Abbracciandomi, mi fece la calorosa accoglienza di sempre, invitandomi a entrare in casa con la coppia di amici che mi stava accompagnando. Mi purtasti i mènnuli? fu la prima cosa che mi disse. Chiddhi chi mi purtasti l’autra vota eranu spiciali…spiciali veramenti i mènnuli di Avola… Sedutosi nel frattempo al tavolo da pranzo, che gli serviva anche da scrivania, riprese brevemente a completare la scrittura che aveva interrotto al mio arrivo, e poi lasciò la macchina da scrivere, nel mentre io riandavo con la mente ai precedenti incontri, dal primo, avvenuto negli anni Settanta nella mia città in occasione di una festa dell’Unità, ai tanti altri susseguitisi nel tempo.

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Ignazio Buttitta, 1981 (ph. Nino Privitera)

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Ignazio Buttitta, 1981 (ph. Nino Privitera)

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Ignazio Buttitta, 1981 (ph. Nino Privitera)

Nel corso degli anni andavo a trovarlo spesso di proposito, concordando generalmente per telefono il giorno e l’orario in cui sarei arrivato a casa sua. Era sempre contento di accogliermi e mi intratteneva a pranzo con lui e con sua moglie, la signora Angelina. Una volta portai con me una copia del suo libro Lu pani si chiama pani, illustrato da disegni del suo amico Renato Guttuso, un libro del 1954 che ero riuscito a procurami, nonostante fosse ormai da tempo fuori commercio. Felice come un bambino, mi domandava come avessi fatto a trovarlo e cominciò a sfogliarlo e a leggerne alcuni componimenti, in presenza del fotografo, mio amico, Nino Privitera, che lo riprese mentre egli leggeva declamando, come sapeva magistralmente fare solo lui.

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Ignazio Buttitta, 1981 (ph. Nino Privitera)

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Ignazio Buttitta, 1981 (ph. Nino Privitera)

Manco a dirlo, volle scrivermi nel libro una dedica, personalizzandola, anche con lo schizzo di un disegnino, come egli era solito fare sempre con  tutti: 3-4-1981 A Janu ca vinni di vicinu e mi porta luntanu: a peddi nova addivintò vecchia e u pani addivintò duru. Buttitta. Quella volta volle che restassimo a pranzo con lui e con sua moglie, la quale preparò per noi maccheroni, quelli filiformi col buco dentro, frittata di muccu e contorno d’insalata.

Ignazio Buttitta era sempre in giro per l’Italia a declamare i suoi versi e a inquietare sanamente la gente che lo ascoltava e alla quale si rivolgeva con l’autorevolezza d’un antico patriarca: Tova è la curpa, gridava, accompagnando le parole con l’indice puntato sulla folla, di tia, ca nun ti ribelli a lu patruni, ca ti facisti arrubbari la lingua e lu travagghju. E di tia nun arristàu nenti. Sugnu sicuru ca mancu ‘n libru hai nta tô casa. E nun sai mancu ca ‘na casa senza libra nun è casa, è staddha!

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Ignazio Buttitta, 1981 (ph. Nino Privitera)

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Ignazio Buttitta, 1981 (ph. Nino Privitera)

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Ignazio Buttitta con la moglie Angelina, 1981 (ph. Nino Privitera)

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Ignazio Buttitta con la moglie Angelina, 1981 (ph. Nino Privitera)

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Ignazio Buttitta, 1981 (ph. Nino Privitera)

Così arringava la folla di aficionados che correvano ad ascoltarlo nelle piazze in occasione delle feste dell’Unità o di altri incontri organizzati da persone di cultura o da attivisti politici senza precisa collocazione partitica. Quando era in sede ad Aspra, era sempre disponibile e pronto a ricevermi: Veni, Janu, ca t’agghja parrari di tanti cosi…T’aspettu. Ogni volta lo trovavo applicato alla macchina da scrivere, sulla quale batteva con sole due dita più volte lo stesso testo, che poi risultava ricco di aggiunte e di correzioni apportate a mano, come appunto per i versi dedicati a Eduardo.

Lo ascoltavo affascinato e poi, una volta andato via, ricordavo e custodivo dentro di me il suo pensiero e la foga trascinatrice con cui scatenava il suo canto lirico e l’invettiva politica e sociale con la quale ammaliava gli ascoltatori.

buttitta-burgaretta-privitera-aspra-1981-foto-nino-privitera-3Quella prima volta, dedicandomi una litografia di Carlo Puleo, che riprendeva i versi di Ncuntravu u Signuri, scrisse sul margine del cartoncino: Al professore compagno Burgaretta/ ca caminamu nzemmula ma iddu/ u passu l’havi longu. Allora io ero su posizioni radicali e a lui questo non piaceva, ritenendo la scelta radicale una dispersione di voti a danno della causa che a lui stava a cuore. Erano gli anni del compromesso storico tra DC e PCI, e lui ne era entusiasta per via della riserva politico-mentale che ebbe a confidarmi: Minchiuni, mi apostrofò, chi ti cridi che noi cediamo il potere alla DC? Facemu u compromessu storicu e poi a iddhi ni mangiamu!

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Ignazio Buttitta con Burgaretta, 1981 (ph. Nino Privitera)

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Ignazio Buttitta, 1981 (ph. Nino Privitera)

Altre volte si era lamentato dell’operato, per lui negativo, di papa Wojtyla, che, mi diceva accalorandosi, avrebbe dovuto incitare i popoli a scendere nelle piazze del mondo e chiedere il disarmo generale. Per questo che sarebbe stato l’ultimo nostro incontro, tornando in mattinata da Trapani, volli fermarmi ad Aspra e tentare di fargli visita. Il vecchio poeta impressionò uno dei due amici che mi accompagnavano col fatto che egli, pur non essendo stato per motivi contingenti avvisato del mio arrivo, riconobbe la mia voce, quando da dietro il cancelletto della sua casa, cui si accedeva da una stretta scaletta quasi a chiocciola, intravvedendo tra il verde delle piante che egli era seduto sulla spianata che fungeva da terrazzo, chiesi: Gnaziu, permesso? E lui di botto: Janu, acchiana! Al che: Mih..! esclamò il mio amico, nientemeno ti ha riconosciuto dalla voce! Quel giorno stava godendosi il tepore mattutino, inseguendo la luce diretta dei raggi solari, insieme con Angelina, spostandosi qua e là sul terrazzo a mano a mano che l’ombra lo incalzava.

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Ignazio Buttitta con Burgaretta, 1981 (ph. Nino Privitera)

Dopo che gli presentai i miei amici, egli, cominciando a parlare delle sue amicizie con famosi scrittori e poeti, passò in rassegna il suo catalogo di nomi importanti, come quelli di Sciascia, Pasolini, Zavattini, Quasimodo, Vittorini, Guttuso e una sfilza di altri ancora, nel mentre ci convogliava progressivamente verso il corridoio e quindi nel suo studio, che era un museo con le pareti ricoperte di poster, cartelloni di cantastorie e fotografie di lui ripreso con personaggi illustri, che uno per uno prese a indicare e nominare, dopo avere su ognuno interpellato i visitatori. Tale rassegna audio-visiva non gli serviva per vantare le sue amicizie importanti, era invece l’esame maliziosamente empirico e disinvoltamente spicciolo cui sottoponeva chi andava a trovarlo, per vagliarne, a modo suo, il livello di preparazione culturale. Io, che in verità oltretutto non ero alla prima né alla seconda prova d’esame collettivo, me la cavai bene, intervenendo di tanto in tanto, anche per trarre d’impiccio i miei accompagnatori, i quali, non riconoscendo alcuni personaggi, dovettero più volte sottostare alla franca espressione di meraviglia con relativa annotazione critica del vecchio aedo.

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Ignazio Buttitta con la moglie Angelina e con Burgaretta, 1981 (ph. Nino Privitera)

Completata quest’operazione, Veni ccu-mmia, mi disse, e andammo giù nell’autorimessa. Con la sua Fiat 850 scendemmo al borgo marinaro di Aspra, non senza urtare contro le siepi lungo i muri per la strada e scavalcando, con vera noncuranza, spigoli di marciapiedi qua e là lungo il tragitto. Lasciata l’auto nella piazzetta di fronte al mare, entrò dritto dritto in una pescheria e chiese immediatamente un chilo di muccu, perché aveva deciso, dopo essersi consultato con Angelina, di invitarci tutti a pranzo. E così avvenne, perciò a tavola potemmo gustare, tutto da lui preparato, maccheroni al sugo, frittata di muccu con contorno d’insalata, in un piacevole clima conviviale con lui e con la moglie, la quale, nella sua gentilezza di sempre, espresse il desiderio di conoscere Avola e i suoi dintorni, ricevendone da me l’invito a venirci. La signora Angelina, che a tutti diede e da tutti pretendeva il tu durante la conviviale conversazione, ci parlò, con orgoglio di madre, dei suoi figli. Parlava di Pietro, che lamentava si faceva vedere poco, perché, essendo giornalista, era sempre in giro per il mondo. Lo vedeva, diceva lei, più in TV che di presenza. Parlava di Nino, il professore e preside, docente di Antropologia, che all’Università di Palermo aveva creato un importante polo di studi e di ricerche, cooptando le migliori intelligenze reperibili in Sicilia e fuori, con le quali aveva dato vita a una vera e propria scuola e aveva fondato riviste di etnoantropologia, ideando anche collane editoriali per Fausto Flaccovio, e per i Sellerio. Si mostrò contenta, quando le dissi che il prof. Antonino mi aveva onorato, anni prima, del dono di una prefazione al mio libro Api e  miele in Sicilia.

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Ignazio Buttitta con Burgaretta, 1981 (ph. Nino Privitera)

Finito il pranzo e preso il caffè, si ricominciò a parlare di letteratura e di libri. La signora Angelina prese a tirare fuori e a mostrarmi, visivamente orgogliosa, i libri più importanti di Nino, battibeccando con Ignazio, che le diceva di non farlo. In particolare mi mostrava quelli di grande formato e illustrati, commentandone il contenuto e sfogliandoli un po’. Espresse il rammarico di non avere più Cultura figurativa popolare in Sicilia, il primo importante libro del figlio, edito per Flaccovio nel 1961. L’aveva avuto e l’aveva prestato al poeta Alfonso Gatto, che era stato in visita ad Aspra e l’aveva chiesto con promessa di restituirlo, cosa che però non avvenne mai. Ne era dispiaciuta molto Angelina, che il marito invitava a parlare di meno, ma senza essere ascoltato da lei. Ignazio preferiva parlare di poesia e perciò prese in mano i fogli ch’erano accanto alla macchina da scrivere e iniziò a leggere i versi dedicati a Eduardo che aveva lì davanti:

                                                 …Non lu sapia ca so matri

                                                 lu fici atturi

                                                 so matri

                                                 nna ventri

                                                 prima di nasciri

                                                u sintia ricitari.

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Ignazio Buttitta con Burgaretta e Privitera, 1981 (ph. Nino Privitera)

Erano versi battuti a macchina sui quali aveva apportato aggiunte e correzioni a mano. Sapeva che io scrivevo versi, senza però averne mai pubblicato. Quella volta avevo con me i versi della raccolta I sintenzi râ Pizia, che sarebbero poi usciti col titolo voluto da Carlo Muscetta, L’ala del tempo, e gliene lessi alcuni, per averne un parere. Dopo avere ascoltato un paio di componimenti, mi interruppe dicendo: Perché non li pubblichi? In un mese te li faccio pubblicare, senza ca tu nesci ‘n sordu. E iu ti scrivu a prefazioni. Pur non facendo affidamento su tanta sua prontezza, lessi ancora qualche altra poesia, e lui: L’hai scritto a macchina? Scrivili a macchina e mannimilli. Ti fazzu pubblicari subbitu. E quindi smisi di leggere, anche perché il telefono di casa squillava spesso e Ignazio mi sembrava stanco. Lo avevo, del resto, trovato invecchiato e un po’ provato. A un certo momento, mettendomi la mano sulla spalla, mi confidò in un sussurro: Vorrei morire, ma non mi riesce…Prima di congedarci, volle tornare alla macchina da scrivere, raccolse i fogli con la minuta dei versi dedicati a Eduardo, cui aveva apportato delle correzioni a mano, e me ne fece dono.

Dialoghi Mediterranei, n. 45, settembre 2020

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Sebastiano Burgaretta, poeta e studioso di tradizioni popolari, ha collaborato con Antonino Uccello e, come cultore della materia, con la cattedra di Storia delle Tradizioni Popolari dell’Università di Catania. Ha curato varie mostre di argomento etnoantropologico in collaborazione col Museo delle Genti dell’Etna, con la Villa-museo di Nunzio Bruno, con la Casa-museo “A. Uccello”, col Museo teatrale alla Scala di Milano. Ha pubblicato centinaia di saggi e articoli su quotidiani, riviste e raccolte varie. Tra i suoi volumi di saggistica: Api e miele in Sicilia (1982); Avola festaiola (1988); Mattia Di Martino nelle lettere inedite al Pitrè (1992); Festa (1996); Sapienza del fare (1996); Retablo siciliano (1997); Cultura materiale e tradizioni popolari nel Siracusano (2002); Sicilia intima (2007); La memoria e la parola (2008); Non è cosa malcreata (2009); Avola. Note di cultura popolare (2012).

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