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“Bidayàt”: incipit ed oltre nella narrativa araba (2011-2023)

bidayatdi Aldo Nicosia [*] 

Bidayàt raccoglie 22 brani iniziali, o incipit estesi, di romanzi arabi di autori di una dozzina di Paesi, dal Marocco all’Oman. Di ognuno di essi vengono tradotte le prime 2.000 parole circa. La selezione si basa su due criteri, uno è la data di pubblicazione, tra il 2011 e il 2023, e l’altro è il nostro gusto soggettivo. Ad oggi, nel panorama culturale italiano, si tratta della prima antologia che comprende i romanzi più recenti, assolutamente inediti in italiano, e, salvo qualche eccezione, in altre lingue. In un’apposita appendice abbiamo inserito i brani originali, ma in misura ridotta, circa 500-600 parole, a beneficio di chiunque voglia cimentarsi nella traduzione.

Perché abbiamo considerato solo i romanzi pubblicati dal 2011? Questa data è da considerarsi uno spartiacque per i Paesi arabi che sono stati scossi da rivoluzioni, tanto da influenzare gli scrittori nella scelta di alcune tematiche correlate. Tuttavia, stabilire un criterio cronologico ci sembra utile per impostare un confronto tra gli stessi testi, in termini di stile e trattamento delle stesse tematiche, nonché per fornire indicazioni sulle nuove tendenze del romanzo arabo.

L’analisi dei brani che qui presentiamo si basa sulle seguenti categorie narratologiche: luogo, tempo e personaggi. Siamo consapevoli che essa dovrebbe basarsi anche sul rapporto tra l’inizio del romanzo e l’intera struttura narrativa, e sul suo possibile collegamento col finale, ma abbiamo deliberatamente evitato questa analisi per non dover rivelare gli esiti dei principali plot. Bidayàt serve da “aperitivo” a 22 romanzi, nel tentativo di avvicinare un vasto pubblico italiano alla letteratura araba, e offre anche alcuni elementi che potrebbero definire il percorso letterario dei ventidue autori.

L’ordine in cui vengono presentati i romanzi dipende dal tempo narrativo principale in cui si svolgono gli eventi di ognuno di essi. Su questa base è stata operata una divisione in due parti. La prima comprende romanzi storici calati in un lontano passato. Si parte dall’epoca fatimide, con la fondazione del Cairo, più di mille anni fa, passando per le avventure del dragomanno di un ambizioso sultano esiliato dal fratello, nel XV secolo, fino alla metà del XIX secolo, che vede il rinascimento arabo in Medio Oriente.

I romanzi storici ambientati nel Novecento mettono in luce il ruolo del colonialismo italiano in Libia, nel 1911 e poi nel periodo fascista, e quello degli italiani d’Egitto, a partire dagli anni Trenta. Si passa poi alla lotta di liberazione nazionale contro il colonialismo francese nel Maghreb e gli altri grandi conflitti che hanno scosso la seconda metà del secolo: contro Israele, Iran, l’invasione del Kuwait, la prima guerra del Golfo del 1991, e infine il post guerra civile libanese.

La seconda sezione si concentra sui romanzi che affrontano questioni contemporanee: la rivoluzione contro Mubarak in Egitto e il periodo post-rivoluzionario in Tunisia. Un’altra guerra civile che determina il destino dei personaggi di romanzi dell’antologia è quella siriana. A partire dalla primavera del 2011, il dibattito sulle questioni femminili continua nelle realtà tunisina, saudita e nella diaspora araba in Europa, ma emerge chiaramente in molti altri romanzi.

Abbiamo scelto di includere due romanzi, uno omanita e l’altro marocchino, che presentano mondi rurali incontaminati, con un’atmosfera in cui si mescola realismo e magia e che assume carattere di universalità, applicabile a qualsiasi realtà umana. L’antologia si conclude con due testi egiziani che rappresentano realtà sociali e politiche distopiche tali da dipingere un fosco quadro del prossimo futuro. 

Quali sono i limiti dell’incipit?

Per rispondere a questa domanda è necessario analizzare la funzione che esso ha all’interno del romanzo. Il critico Yves Reuter afferma: «Ogni incipit è un luogo strategico che programma l’intero testo e il modo in cui viene letto,  tentando di risolvere la tensione tra informare e interessare». Pertanto, il romanziere deve costruire il mondo della fiction cercando un equilibrio tra gli elementi esplicativi e descrittivi da un lato, e quelli che potrebbero attirare l’attenzione del lettore, dall’altro, facendolo entrare il più rapidamente possibile nel cuore della narrazione. L’incipit contiene elementi che servono come punti di riferimento e indizi che determineranno e influenzeranno la trama del romanzo. Spesso c’è una stretta relazione tra l’incipit e l’evento centrale del romanzo, e quando questo accade gli effetti del primo si riflettono nel resto del testo. In questo caso, il romanzo può essere visto come una sorta di incipit allargato.

Alcuni dei romanzi della presente antologia contengono un prologo, che ha una funzione più complessa. Solitamente esso costituisce l’antefatto che introduce l’azione e fornisce un’anticipazione del dramma principale, dell’ambientazione, o talvolta anche del finale, quindi una sorta di flashforward. Ovviamente l’autore cercherà di rivelare e anticipare solo quello che lui ritiene necessario per coinvolgere il lettore fin da subito e farlo entrare in medias res.

Quante pagine bastano per determinare, in modo chiaro e comprensibile, dove finisce l’inizio del romanzo? I suoi limiti arrivano fino al termine del primo capitolo? Qui non riteniamo opportuno basarci sulla divisione seguita dall’autore, né in capitoli, né paragrafi o altro, ma seguiamo un criterio puramente quantitativo, circa 2000 parole, a prescindere dalla lunghezza del romanzo. 

La ricerca di sé e di una patria

Il pasticciere (2022), tradotto e presentato da Arianna Tondi, è il penultimo di una serie di romanzi storici dell’egiziana Rim Basiyuni (1973). È incentrato sulla questione dell’identità egiziana che si è forgiata grazie a molteplici fattori e componenti, lungo il corso dei secoli. Gli eventi del romanzo si svolgono in epoca fatimide, che va dal 969 al 1171, lasciando un profondo segno nella storia e nella vita sociale e culturale dell’Egitto, ad esempio con l’istituzione di feste religiose e l’introduzione di nuovi dolci, come per la festa del Mawlid (compleanno del Profeta).

Formando una trilogia, il romanzo è diviso in tre parti che narrano vicende storiche, arricchite di elementi di fantasia, che riguardano tre importanti personaggi, tutti di origini straniere. Sono Jawhar al-Siqilli (il Siciliano), fondatore della città del Cairo (secondo alcuni storici di origine slave); Badr al-Jamali, ministro di origini armene, e il curdo Saladino, famoso per le sue prodezze contro i crociati. Il comune denominatore fra i tre è il loro forte attaccamento all’Egitto.

I dolci rappresentano anche il filo conduttore del romanzo e non è un caso che a volte ne diventino personaggi a pieno titolo. Jawhar, che prima di diventare comandante dell’esercito era in effetti un pasticcere, si reincarna in un suo collega contemporaneo, che è anche un abile narratore. Il romanzo pullula di battaglie epiche, leggende, cospirazioni, lotte di potere e storie d’amore. Il pasticciere esprime una certa nostalgia per un glorioso passato di convivenza pacifica e costruttiva tra le varie componenti della Umma (nazione) islamica.

Il dragomanno del sultano (2020), del saudita Muhammad Hasan ‘Alwan (1979), è ambientato nella seconda metà del XV secolo, nel contesto della lotta tra i fratelli Bayezid II e Cem, per la conquista del trono del sultanato. Ne è protagonista Germanos, di madre musulmana e padre cristiano, che parla turco e arabo, in virtù della sua doppia appartenenza religiosa ed etnica, oltre all’italiano e al francese. All’inizio del romanzo lo vediamo monaco in un monastero di Cipro, per poi diventare dragomanno al seguito di Cem, peregrinando attraverso i Paesi del Mediterraneo, dalla Grecia alla Sicilia, dal Vaticano alla Francia e alla Spagna.

Il suo senso di alienazione, derivante dalle origini ibride, è esacerbato dal costante vagabondare per mari e terre lontane, ma questa esperienza lo porta a esplorare meglio il suo mondo interiore. Il sufi Ibn ‘Arabi aveva detto, nel romanzo Una piccola morte, dello stesso ‘Alwan: “Il viaggio è un ponte verso noi stessi”.

Germano rappresenta un ponte anche tra il sultano in esilio e i suoi interlocutori. Quest’ultimo lo loda per il suo ruolo essenziale (“Non sei solo il mio dragomanno. Sei i miei occhi, le mie orecchie e la mia lingua”), ma Germanos, avendo imparato dalle sue dolorose esperienze di vita, non crede più alle sue parole. In uno dei tanti monologhi interiori, si definisce povero, prigioniero, circondato dal mare da tutti i lati, costretto a fare ciò che non vuole e ad andare in luoghi che non ha scelto.

Attraverso questo personaggio, lo scrittore intende farci riflettere non solo sulla solitudine dell’individuo nel suo percorso di vita, ma anche sul bistrattato ruolo dell’interprete. Torneremo su questo tema nel romanzo L’uscita, ambientato in epoca contemporanea, in cui il protagonista, dopo aver trascorso decenni a prestare la sua voce agli altri, cerca di svolgere un ruolo decisivo per il destino del suo Paese.

La ricerca di una patria è al centro anche di Pavimentare il mare (2011) di Rashid al-Da’if (1947), che si inserisce nel solco della letteratura libanese sull’emigrazione in America, che deve molto ai romanzi di Rabi’ Jabir. Il tono del narratore è ironico e a volte comico, e induce il lettore a riflettere sul periodo del rinascimento (nahda) nella regione storica della Grande Siria.

Il titolo del romanzo indica chiaramente una missione impossibile, nonostante ci fossero già le premesse del detto rinascimento, che si nutre di concetti importati dall’Occidente (cittadinanza, laicità, emancipazione della donna), per poi radicarsi saldamente nelle classi intellettuali di Beirut e Damasco. Le missioni protestanti arrivate nella regione nel diciannovesimo secolo fungevano da catalizzatore delle energie di rinnovamento culturale, sociale e politico contro l’oscurantismo dell’oppressivo regime ottomano.

Al-Da’if rilegge la storia del Libano nel contesto della Grande Siria, dal 1860 alla fine del XIX secolo, e crea un eroe semiserio che si sente investito del compito di condurre il suo Paese verso il progresso civile e l’indipendenza: Faris Hashim Mansur. Grazie alle ricerche documentaristiche condotte dall’autore, la narrazione si nutre della presenza di personaggi noti del periodo, come gli intellettuali Jurji Zaydan, Butros al-Bustani, al-Yaziji e altri. La linea principale è comunque il racconto dell’epopea di Faris che assurge a simbolo della Grande Siria. Segue il padre in America per proseguire gli studi e realizzare così il suo sogno di vita: mostrare al mondo il valore del “siriano”, laico e pragmatico. Riuscirà a mantenere la promessa di ritornare a Beirut? E in che modo servirà la sua patria? 

Colonialismo italiano e letteratura libica

«Il 23, 24, 25, 26 e 27 ottobre 1911 rappresentano la carneficina araba di 4000 uomini, di 400 donne e di molte fanciulle, ragazzi e bimbi» [1]: così il giornalista Paolo Valera aveva documentato, con penna e macchina fotografica, uno dei massacri più brutali commessi dagli italiani in Libia, la strage di Sciara Sciatt.

81db3f69-8d25-4921-aa46-4fafb0f714baA’isha Ibrahim (1967) in Scatolone di sabbia (2022) trae ispirazione da questo evento chiave e dal personaggio di Valera. L’immagine del nemico nella letteratura libica, è stata da sempre condizionata dai rapporti che l’Italia ha instaurato con la sua ex-colonia, anche dopo l’indipendenza. L’obiettivo del fascismo non era solo quello di occupare militarmente la Libia, ma anche di cancellare l’identità arabo-islamica del suo popolo. Quasi un secolo dopo, Ibrahim ci offre una prospettiva lontana dai clichés con cui vengono tratteggiati i personaggi italiani, senza però tralasciare la condanna dei massacri e delle umiliazioni a cui è stato sottoposto il suo popolo.

Il protagonista del romanzo è Sandro, giovane sognatore e romantico che suona il pianoforte e aspira a diventare giornalista. Nel clima nazionalista del periodo che spinge i giovani italiani ad andare a combattere in Libia, quando Sandro arriva a Tripoli, subisce un forte shock: al posto di frutteti, annunciati da una soffocante propaganda politica, vede solo fuochi, sabbia ardente, proiettili e trincee. Una mattina, da una di quelle trincee, passa una bella ragazza a dorso di un asino, con il suo fratellino. Si chiama Halima, è una venditrice di latte. Sandro se ne invaghisce ma non riesce a comunicare con lei.

digitami_lo10538808_0000Quando i soldati sono chiamati a vendicare il massacro di Sciara Sciatt, Sandro è costretto a uccidere una donna che cerca di resistergli con un bastone. Scopre subito che si tratta della madre di Halima. Poi trascina lei e il suo fratellino sul camion che li porta su una nave diretta nell’isola di Ustica, insieme a migliaia di donne, uomini e bambini. Molti di loro muoiono di colera e di fame prima di arrivare a destinazione.

Il primo capitolo inizia con Sandro ferito in battaglia e portato in Italia, in un ospedale. Dopo il suo congedo inaspettato riesce finalmente ad incontrare il leggendario Valera. A partire dal secondo capitolo, la narrazione torna indietro nel tempo di circa un mese o due, alla vigilia della guerra in Libia. Vengono introdotti altri personaggi minori, squarci di vita sociale di Sandro e sono descritte le contraddizioni della realtà sociale italiana fatta di miseria e degrado. Da qui in poi il lettore rimane sospeso tra due linee narrative parallele: l’esperienza militare di Sandro e le peregrinazioni di Halima nelle carceri italiane.

ae6063a5-fcdb-4797-9396-bf18fd4b8622Il secondo romanzo libico dell’antologia, Fuga da Ustica (2018) di Salih al-Sanusi (1950), copre un periodo successivo a quello in cui è ambientato il romanzo di Ibrahim, ovvero l’era fascista, e le misure prese per contrastare l’eroica resistenza libica. Oltre ai massacri e alla deportazione dei sopravvissuti in campi di concentramento situati lungo la costa desertica, Mussolini manda in esilio migliaia di libici in piccole isole dell’Italia meridionale. Il romanzo inizia con una scena di deportazione dal porto di Bengasi ad Ustica. Lì, tra rocce nere, torture e stenti, nasce una storia d’amore tra un libico e una giovane isolana, nonché forti amicizie tra libici ed oppositori italiani al fascismo, che avranno un ruolo decisivo nella risoluzione del dramma dei due innamorati.

Fuga da Ustica è il primo romanzo libico interamente dedicato al tema della deportazione degli esponenti della Resistenza contro l’Italia. Riesce anche a mettere in risalto la voce di molti poeti che inneggiavano all’eroismo dei libici nelle loro epiche battaglie. Tra questi c’è Fadil al-Shalmani, che gioca un ruolo marginale in questo romanzo, mentre il testo di Ibrahim riporta alcuni suoi versi.

Singolare è che Ibrahim e al-Sanusi, in soli quattro anni, abbiano scritto due romanzi che seguono percorsi di riconciliazione tra Italia e Libia, proponendoci due storie molto diverse. 

8ded777d-6de9-454a-a7b9-75d86b0d5e07Italiani d’Egitto 

Na’ila, nata Marie (2018), di Nadia Kamil [2] (1962) si può leggere come un libro di memorie, raccolte dalla figlia di Marie Elie Rosenthal, di padre ebreo egiziano e madre cristiana italiana. Nata nella cosmopolita Cairo all’inizio degli anni ‘30, aderisce al Partito Comunista Egiziano, si impegna nella lotta clandestina, si innamora dell’attivista egiziano Sa’d Kamil, poi lo sposa e si fa chiamare Na’ila.

Questo libro ci propone un viaggio in un Egitto che non esiste più, da più di mezzo secolo. In esso la Storia nazionale si interseca con quella privata di una donna unica e rara. Questioni come il conflitto di classe si intrecciano con i rapporti tra lei e la sua famiglia, e poi con quella del marito, così come con le difficoltà di crescere in un clima di discriminazione religiosa, razziale e di genere. Marie/Na’ila viene incarcerata sotto Faruq e Nasser. Partecipa attivamente col marito alla vita culturale egiziana, insieme a scrittori come Yusuf Idris, ‘Abderrahman al-Sharkawi, Salah Jahin e altri.

Fornisce inoltre una chiave di lettura per comprendere gli eventi più importanti dell’Egitto monarchico e repubblicano a partire dagli anni Quaranta, come la Seconda Guerra Mondiale, l’incendio del Cairo e il colpo di stato dei Liberi Ufficiali del luglio 1952, fino alla guerra del 1973 e l’avvento di Sadat. Le diverse affiliazioni politiche e culturali degli intellettuali che Na’ila frequenta arricchiscono la sua vita di nuove idee ed esperienze. Questo testo, che a rigore non potrebbe essere classificato come “fiction” (ma i ricordi stessi non sono forse fiction?), si distingue per un linguaggio molto franco, il dialetto egiziano, che gli conferisce una rara vivacità. Il libro è inoltre di fondamentale importanza per comprendere alcune dinamiche della costruttiva presenza italiana in Egitto. 

La lotta al colonialismo e i conflitti regionali nel XX secolo

Tre vite (2018), dell’algerino Bumidyan Belkebir (1979), nella sua prima edizione prende il titolo dal nome con cui è conosciuta una zona di confine tra Marocco e Algeria (“Zawj Bghal”) , e in effetti vi si affronta con coraggio un argomento tabù nei media maghrebini: le relazioni algerino-marocchine. Vale la pena notare che nelle edizioni successive il romanzo ha cambiato il titolo Zawj Bghal (“Due muli”) in quello della nostra traduzione italiana, per evitare di sollevare polemiche su possibili recondite metafore. Il protagonista ‘Abdelkader vive tre vite parallele in diverse città del Marocco e dell’Algeria e contrae anche tre matrimoni. Partecipa alla guerra di liberazione dell’Algeria e prova il dolore della tortura e il tradimento di alcuni suoi compagni. È perseguitato da tanti incubi e rimorsi, soprattutto per aver lasciato la figlia a casa del nonno. Alla sua famiglia, sparsa in due Paesi, non verranno risparmiate le conseguenze del periodo di terrorismo.

La solitudine del combattente ‘Abdelqader è simile a quella dei personaggi del romanzo Professori di illusioni (2011) dell’iracheno ‘Ali Badr. È un inno alla poesia, all’amore e alla morte nella Baghdad degli anni Ottanta, con i suoi caffè letterari. Durante la guerra contro l’Iran, alcuni soldati muoiono al fronte, mentre i disertori vengono giustiziati. Il narratore prova emozione nello scrivere la storia dei suoi amici poeti: Munir, ‘Isa, Ibrahim e altri, e nel dipingere, con la malinconia tipica di chi ha vissuto realmente quelle esperienze, le strade e i vicoli di Baghdad, la gente e la dittatura. Munir, rampollo della borghesia, di madre russa, possiede un pianoforte ma non sa suonarlo, ha una biblioteca piena di libri in russo, ma non conosce quella lingua. ‘Isa legge Baudelaire in prima linea sul fronte di battaglia e chiude gli occhi, immaginando di trovarsi per le strade di Londra, Parigi e Pietroburgo.

Questo romanzo può essere letto, come già indica il titolo, come una condanna degli ambienti culturali iracheni del periodo. Mira a smascherarne la vacuità, il rifiuto della realtà o l’imitazione cieca dell’Occidente.

ecda5c3d-619c-4ed9-a3ad-2410bfe5e14fL’orologio di Baghdad (2016) è il primo romanzo dell’irachena Shahad al-Rawi (1986). Durante la Prima Guerra del Golfo, a Baghdad, due adolescenti, nascoste in un rifugio antiaereo, si raccontano storie per esorcizzare incubi e paure. Condividono speranze, sogni e illusioni, e tra loro nasce una profonda amicizia. Ma mentre le sanzioni complicano la vita dei sopravvissuti e gli amici iniziano a fuggire da Baghdad, nondimeno ci si prende cura dei giardini, si va a ballare e si celebrano matrimoni. Le ragazze sperimentano i loro primi amori. L’obiettivo delle protagoniste è scrivere la storia del loro quartiere in un quaderno segreto.  In un’atmosfera in cui si mescolano realtà e magia, si sviscerano i vissuti di un intero popolo, con i problemi dell’infanzia, adolescenza e maturità in un testo volutamente frammentato e con un’azione spesso stagnante.

I fantasmi di Faysal (2022), il secondo romanzo della kuwaitiana ‘A’isha ‘Adnan al-Mahmud (1978), affronta più di mezzo secolo di storia del Kuwait, nel contesto degli eventi più sanguinosi a livello panarabo. Il titolo originale fa riferimento al mantello di un personaggio, o meglio del fantasma di Ghanima: è una povera donna che ha una profonda influenza sul protagonista, Faysal. Gli compare durante l’aggressione tripartita contro l’Egitto nel 1956, rimanendone terrorizzato, tanto che la sua immagine gli resta impressa nella mente. Il mantello di Ghanima rappresenterebbe le tare più pesanti delle società arabe: tradizionalismo, tribalismo, nazionalismo, maschilismo, narcisismo etc. Faysal nasce il 15 maggio 1948, il giorno della nakba, la catastrofe, il primo genocidio palestinese. Studia a Beirut, dove sarà testimone della guerra civile libanese, e lì incontra Lynn, l’insegnante con cui avrà una storia d’amore complicata.

Il romanzo ha una struttura circolare: parte dal 1990, tornando indietro di mezzo secolo per ripercorrere tutte le sconfitte del mondo arabo, per poi tornare all’anno d’inizio. Faysal, che sogna un nuovo risorgimento arabo, dovrà affrontare un’altra triste sorpresa.

21210a7e-2c48-458c-9473-8a4ab2e62929In Mister Nun (2019), della libanese Najwa Barakat (1962), torniamo nei vicoli e nelle strade di Beirut, tra sogni, incubi e realtà. Il protagonista porta con sé il peso dei ricordi della città e delle sue sconfitte personali: la crudeltà della madre e del fratello, e l’abbandono della sua amata. Barakat ci presenta un viaggio nei tormenti della personalità schizofrenica del protagonista, che non riesce a completare il suo romanzo. Trova allora il coraggio di addentrarsi nelle viscere della sua città. Vaga tra la gente, vedendo nei volti degli sconosciuti gli eroi dei suoi romanzi. Si sacrifica per salvarli e proteggerli. Mister Nun è l’inevitabile prodotto della guerra civile libanese, e il personaggio che ricrea nel suo interminabile romanzo, Luqman, è la reincarnazione dello stesso mercante di guerra di un precedente romanzo della stessa autrice, Ya salam! [3]. 

246d4006-f9fa-4e0d-a6e4-ccf822b0bb3bFrustrazioni post-rivoluzionarie in Egitto e Tunisia 

Gli eventi del romanzo I sorrisi di Sami Ya’qub (2019), di ‘Izzat al-Qamhawi (1961), si estendono per un periodo di tempo che non supera la mezz’ora. Iniziano quando Sami aspetta che la sua amata Farida gli permetta di salire a casa sua per festeggiare il suo compleanno, e in quel momento inizia a filmare il flirt di due gatti nel cortile di un edificio. Questo atto apparentemente banale avrà gravi conseguenze nella sua vita. Durante questo breve lasso di tempo emergono altre due linee narrative di flashback. Quella più antica tratta delle vicissitudini affrontate dal nonno e dai suoi genitori negli anni ottanta, e dei ricordi d’infanzia di Sami con il fratello Yusuf fino ai giorni della rivoluzione quando torna dalla Germania per impedire a Sami di scendere in piazza Tahrir, dove proprio lui viene ucciso da un cecchino.

L’altra linea è più recente e racconta la storia d’amore con Farida. Sami ha un’enorme energia spirituale che lo rende in grado di predire il futuro. Sorride sempre e la sua integrità morale gli permette di superare molte prove difficili. Dopo la tragica morte del fratello, è Farida a colmare il vuoto nell’esistenza di Sami. Il finale è aperto all’immaginazione del lettore e solleva diverse questioni che possono essere riassunte nel seguente interrogativo: si può sfuggire a un destino che lascia presagire l’oppressione e sognare un futuro di speranza di libertà?

71c5b643-d17c-4161-ac20-515e93af7599In Vacanza nel quartiere al-Nur (2023), al-Habib al-Salimi (1951) ci propone un viaggio quasi etnografico che ripercorre le trasformazioni avvenute nella Tunisia post-2011. Protagonista e voce narrante del romanzo è ‘Adel, che torna dalla Francia per una vacanza nella sua terra natia, dopo un’assenza di 12 anni. La prima cosa che nota è il degrado del quartiere in cui prende in affitto un appartamento. Attraverso altri personaggi, il narratore mostra una situazione sociale ed economica sempre più precaria, dominata dalla corruzione, dall’estremismo religioso e dall’ipocrisia.

C’è Maryam, che indossa il hijab e vota per il movimento Ennahda, di orientamento islamista, e sul versante opposto Lamia, giornalista laica, mentre Zarmit incarna la categoria degli opportunisti che sfruttano il caos imperante nelle fasi post-rivoluzionarie.

Il romanzo affronta il tema dell’omosessualità attraverso due personaggi: Fawzi e Samia. Il primo è un artista che, dopo aver vissuto e studiato in Francia, si pente di esser tornato in Tunisia perché si rende conto che la società non è pronta per accettarlo. La seconda, amica di Lamia, così intende lottare per l’emancipazione della donna. Il romanzo presenta un misto di tragedia e commedia satirica, in uno stile fluido e semplice. L’ambiguità del destino finale dei personaggi del romanzo indica un certo ottimismo, o forse un’incertezza sull’esito delle sfide che essi devono affrontare. 

Amori proibiti nel mondo arabo e nella diaspora

La cartella gialla (2023), della tunisina Amira Ghenim (1978), tradotto e presentato da Barbara Teresi, narra di un amore tormentato e non corrisposto che si trasforma in una passione letale. Fin dalla prima pagina, il lettore viene trascinato in un viaggio scioccante nelle profondità più oscure della psiche di Ghassan al-Jawadi, il protagonista. L’ossessione per la bella Hajer, che ha amato fin dall’adolescenza, lo conduce in una spirale di tradimenti e tormenti, dove la realtà si fonde con l’incubo. Nel prologo, Ghassan, in punto di morte, si rivolge all’angelo della morte, Azrael, chiedendogli di consegnare un messaggio al marito di Hajer, responsabile della sua morte: lo aspetterà all’inferno per rendere più terribile la sua sofferenza. Quanto basta per suscitare la curiosità del lettore: cosa è successo a Ghassan, chi o cosa lo ha portato sull’orlo della morte? Chi è Hajer e come è morta?

Durante gli studi universitari, lei sposa il suo bel collega di medicina, che si rivelerà poi uomo violento e alcolizzato. A causa dei maltrattamenti subiti, torna da Ghassan. Attraverso un gioco di salti temporali si arriva alla sorpresa finale, quando il lettore assembla le tessere del mosaico narrativo.

Il romanzo contiene alcuni temi cari all’autrice, affrontati già ne La casa dei notabili (2020) [4], ovvero la complessità dei legami familiari e la condizione della donna nella società tunisina. 

Follia e rivoluzioni

Con Pazzia (2019), la tunisina Buthayna Khalidi (1978) ci accompagna, attraverso la voce della narratrice Faiza, professoressa di letteratura araba e comparata, nella Tunisia del prima e dopo la rivoluzione del 2011. Tutto inizia da una misteriosa lettera che riceve da Farida, la vera protagonista del romanzo, l’intellettuale che si firma con lo pseudonimo di “Mayy”, con un esplicito riferimento alla scrittrice libanese “Mayy Ziadeh” (1886-1941). Farida viene ricoverata nell’ospedale psichiatrico di Mannouba, per ordine della sua famiglia, a causa di una sua passione ribelle: vive una relazione con uno spagnolo di nome Julio, professore di civiltà arabo-islamica in un’università tunisina, fatto che cozza contro le tradizioni.

Oltre a far luce su un periodo importante del passato tunisino, ovvero la migrazione dei moriscos dalla Spagna, incarnata da Julio, il romanzo si propone di definire il rapporto tra libertà politiche e sociali: gli amanti sono trattati come imbecilli o pazzi anche dalla politica che teme questo tipo di rivoluzioni.

Dagli anni ‘60, i romanzi arabi denunciavano i valori tradizionali che caratterizzano i sistemi sociali, economici e politici che hanno dominato il mondo arabo. La critica alle società arabe non si ferma dopo le rivoluzioni. Nonostante gli slogan di libertà e dignità, è evidente l’ipocrisia di alcune formazioni politiche e di tutti coloro che si considerano “progressisti”. 

bruxLe donne arabe nella diaspora europea

In Donne di Bruxelles (2019), la palestinese Nisma al-’Akluk (1986) presenta le vicende di vita di cinque donne che si incontrano nella capitale belga. Nel primo capitolo seguiamo il personaggio di Sarra, palestinese, attraverso lo sguardo della belga Laure. All’inizio della Seconda Intifada quest’ultima aveva vissuto con una famiglia palestinese, innamorandosi di Omar, il figlio maggiore. Sarra e Laure si incontrano per caso durante una marcia di solidarietà per la Palestina a Bruxelles. Laure sarà il trait d’union con le altre donne: Maryam, immigrata da Baghdad, e in conflitto con la sua famiglia, a causa della sua relazione con Bruno, perché di un’altra religione; Maha, siro-palestinese, arriva a Bruxelles da un campo profughi a Damasco. Ed infine la tunisina Su’ad, che non vuole interrompere la relazione con l’amante, nonostante le violenze fisiche e verbali di cui è vittima.

Il romanzo affronta questioni sociali, sofferenze, sogni ad occhi aperti e incubi: Laure viene licenziata dal lavoro a causa del suo hijab, mentre Sarra non viene nominata all’ufficio del Centro islamico di Bruxelles… perché non lo indossa. Lo stesso hijab di Laure provoca forti polemiche con suo figlio Thomas, che odia gli arabi e ignora le sue origini. 

Donne saudite

Due donne di Jeddah (2016) della saudita Hana’ Hijazi (1965) racconta, con una narrazione piena di flussi di coscienza e monologhi interiori, la vita di Layla e Maram, due amiche che vivono a Jeddah. Layla, voce narrante delle vicende che coinvolgono entrambe, proviene da una famiglia molto conservatrice, mentre Maram cresce in un ambiente sociale aperto. Il romanzo racconta le difficoltà che le due donne devono affrontare nella società e all’interno della famiglia, inclusa la violenza domestica e l’ingerenza di giudici, intellettuali e figure religiose.

Eppure non sempre vediamo donne oppresse e deboli, né uomini violenti. Nell’immaginario culturale arabo, il nome Layla evoca una celebre figura letteraria dell’epoca preislamica: lei è innamorata del poeta Qays, ma non può sposarlo. La stessa cosa accade a Layla dell’era moderna, costretta a sposare un uomo che non ha scelto. Invece Maram ama un famoso intellettuale che non vuole sposarla, e non crede più nell’amore, ma è di forte sostegno psicologico per l’amica. Il romanzo vuole far riflettere sulle contraddizioni della società saudita contemporanea, ma mostra che spazi di libertà possono aprirsi all’orizzonte, in tutti i campi. 

5af89345-5483-4da8-ac20-db9bb1c9d214Il crollo della “casa” siriana.

Ritorno a Damasco (2017), del siriano Fadi Azzam (1973), si concentra su una casa damascena che custodisce tesori inaspettati e indica simbolicamente l’eredità storica del Paese e del popolo siriano, ancora vittima di tanti carnefici. I due protagonisti del romanzo sono il dottor Anis e il regista Fidel (o Fadl, secondo l’ala conservatrice della famiglia), che tornano in Siria, dopo una lunga assenza, all’inizio del 2011, per due motivi diversi. Anis deve vendere casa Huddud, ereditata dallo zio, mentre Fidel è lì per girare un video pubblicitario per un uomo d’affari. Nei due plot quasi paralleli che li riguardano, ciascuno di essi intraprende una storia d’amore segreta, Fidel con la dottoressa Layl, e Anis con Samia, un’attivista per i diritti umani che cerca di impedire la vendita della suddetta casa.

Gli eventi del romanzo si svolgono all’inizio della guerra civile siriana, ed evidenziano come il Paese viene stravolto durante il decennio scorso: resistenza popolare, manifestazioni di massa, arresti, traffico di organi e gruppi armati. Tutti i protagonisti si trovano ad affrontare situazioni imprevedibili che assomigliano a sogni, ma si trasformano in un batter d’occhio in incubi terrificanti.

Azzam ne segue vicende umane ed evoluzione psicologica. In particolare si concentra sul personaggio di Fidel, con tutte le sue complessità e contraddizioni che sono prefigurate dal suo doppio nome Fidel/Fadl e annunciate nel primo capitolo. Lo scrittore utilizza la tecnica del montaggio parallelo come elemento di suspense, interrompendo ogni capitolo in un momento clou dell’azione drammatica. Tra i temi di questo romanzo epico c’è il tentativo di smantellare il concetto di rivoluzione: secondo lo scrittore, essa non è un fattore che unisce il popolo contro il regime, ma piuttosto motivo di divisione tra tutte le componenti della società. Mercanti di religione, mercenari, intellettuali, agenti del regime, tutti cercano di preservare i propri privilegi ad ogni costo, a scapito della patria. 

Distopie

 L’uscita (2012), il primo romanzo di ‘Izz al-din Shukri Fishir (1966) dopo la rivoluzione egiziana del 2011, inaugura una lunga serie di testi che mostrano tratti distopici, come La fila (2013) di Basma ‘Abdelaziz, Donne di Karantina (2013), di Na’el al-Tukhi, solo per citarne alcuni. Gli eventi del romanzo iniziano dall’ottobre 2020: ‘Ali, un traduttore del palazzo presidenziale, scrive a suo figlio Yahya, da una misteriosa nave che sta salpando dalla Cina all’Egitto:

Caro Yahya, (…) quando riceverai questa lettera, tra due giorni esatti, sarò prigioniero o cadavere (…) E questa lettera potrebbe essere la mia ultima ancora di salvezza se tutte le altre precauzioni falliranno. Quindi abbine cura. Potrebbe fare la differenza fra tradimento ed eroismo, vittoria e sconfitta”. 

‘Ali sente il bisogno di raccontare al figlio tutta la sua vita, che si intreccia con le turbolente vicende che il suo Paese dovrà affrontare. Il suo lavoro come traduttore/interprete governativo gli fa conoscere a fondo gli intrighi di palazzo. Il 25 gennaio 2011 è testimone delle manifestazioni di massa e poi degli eventi violenti e sanguinosi che segnano gli anni a seguire. Dopo anni di golpe e disordini, il suocero al-Qattan sale al potere, ingaggiando un pericoloso braccio di ferro contro Usa e Israele. ‘Ali, dopo aver passato decenni a tradurre le parole degli altri, stavolta non si accontenterà di dire la sua, ma vorrà dare il suo contributo per far uscire l’Egitto da un pericoloso tunnel. 

5e09fbcf-543a-404a-8814-1f3ec967ddddL’attaccamento alla terra, dal Marocco all’Oman

Il figlio del pozzo (2022), dell’omanita Zahran al-Qasimi (1974), vincitore del Premio Internazionale di Narrativa Araba nel 2023, racconta la storia di Salim, partorito da una donna annegata in un pozzo. Grazie a quella nascita miracolosa possiede il talento di intercettare la presenza d’acqua nel sottosuolo. Da bambino prova un profondo senso di solitudine perché la società rurale in cui vive non accetta il diverso, quindi il suo destino è quello di trascorrere la vita come un emarginato. Da adulto, riesce a salvare il suo villaggio da una grave siccità e carestia, e diventa un eroe, ricercato da tutti. Ma ben presto tutti si dimenticano dei suoi meriti.

5efcbf40-7e88-48cd-a522-e4056fa0ecc9L’attaccamento alla terra da parte di Salim ci collega al romanzo Ibrahim e il riccio (2021) del marocchino Muhammad al-Ash’ari (1951), che intende mettere in discussione i valori della civiltà tecnologica e dell’individualismo, propugnando un ritorno alla natura e ai valori della collettività. Il protagonista, Ibrahim, decide, nel pieno di una crisi esistenziale, di lasciare il lavoro in banca e andare a vivere in una foresta, dedicandosi all’apicoltura. Un giorno si imbatte in un riccio gravemente ferito e decide di portarlo a Rabat per farlo curare da una veterinaria francese. Tra loro nasce una storia d’amore, in cui Ibrahim rompe gli schemi della tradizione. Ma proprio in quel momento cominciano i suoi guai.

Il romanzo introduce elementi fiabeschi e kafkiani in una struttura realistica, forse per denunciare in modo più provocatorio l’allontanamento dell’uomo dalle leggi della natura. Il titolo originale “Di legno e argilla” si riferisce ai due materiali primitivi con cui il profeta Abramo costruisce la sua casa, inaugurando una nuova fase del rapporto con il Creatore. 

Mondi virtuali

Un appello a ristabilire un rapporto più sano con Madre Natura arriva anche dal romanzo con cui si chiude Bidayàt, ambientato in un futuro distopico non troppo lontano: Universe (2023), dell’egiziana Radwà al-Aswad (1974).

9ffd0f6c-9756-4b78-bdd4-c478e919cf8b-1Rispetto alle questioni ambientali sollevate dallo scrittore marocchino, l’autrice qui denuncia gli obiettivi di una politica globalista, di una scienza e tecnologia usate per schiavizzare l’uomo, in modo lento e impercettibile. “Universe” è il nome di una realtà virtuale in cui chiunque può sperimentare sogni difficili da realizzare nella vita reale. Ma a poco a poco essa si trasforma in un’ossessione patologica e in una trappola pericolosa per molte persone. Merit, protagonista e voce narrante, lotta per mantenere valori e principi positivi e mostrare il discrimine tra menzogna e verità. Consegnerà alle generazioni future un libro di memorie contenente tutte le sue esperienze. Con il suo coraggio e la sua saggezza, cercherà di ridare consapevolezza alla razza umana, diventata un ibrido tra animale e macchina, una sorta di gregge di pecore sottomesse e obbedienti. 

Conclusioni

In questo lungo viaggio nella letteratura araba contemporanea, abbiamo notato diversità di stile, di tecniche di presentazione dei personaggi, di atmosfere esterne e dinamiche dei dialoghi. È indubbio che un incipit riuscito ed efficace sia quello che riesce a liberare le energie latenti di un romanzo, e a dosare in modo intelligente elementi informativi e suspense. Si potrebbe dire che costruire un incipit è come iniziare una partita a scacchi. Se i pezzi in gioco vengono distribuiti in maniera coesa fin dall’inizio, sarà più facile affrontare le insidie della partita. Ad esempio, provocare noia o repulsione, a causa della stagnazione dell’azione, o per abuso di astrazioni.

E se il lettore di questo articolo è arrivato fino ​​a questa riga, ovviamente senza aver saltato in avanti, superando magari la difficoltà di assorbire tante trame e giudizi critici, forse ostici per chi non conosce nessuno dei testi qui presentati, allora bisogna considerare che c’è pur sempre un prezzo da pagare per conoscere, anche parzialmente, tutto ciò che consideriamo rilevante in 22 romanzi. 

Dialoghi Mediterranei, n. 68, luglio 2024
[*] Il testo è rielaborazione della premessa e introduzione di Bidayàt, di prossima uscita per i tipi di Progedit, Bari. Si ringrazia l’editore per l’autorizzazione alla pubblicazione in anteprima. 
Note
[1] Valera, Paolo, Le giornate di Sciarasciat fotografate, Milano, Tipografia Borsani, 1912: 3. Cfr. l’articolo di Nicosia, Aldo, “Dalla Libia ad Ustica, bel suol amaro”, in Dialoghi Mediterranei, n. 66, marzo 2024.
[2] Si tratta di una regista che si è fatta conoscere per un documentario sulla vita della madre, dal titolo “Salata Baladi “(2008).
[3] Cfr l’analisi di Mohamed Samir, in https://mohamedsamirnada.wordpress.com.
[4] Cfr  Aldo Nicosia, “La casa dei notabili”: un secolo di storia della Tunisia”, in Dialoghi Mediterranei, n. 61, maggio 2023.

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Aldo Nicosia, ricercatore di Lingua e Letteratura Araba all’Università di Bari, è autore de Il cinema arabo (Carocci, 2007) e Il romanzo arabo al cinema (Carocci, 2014). Oltre che sulla settima arte, ha pubblicato articoli su autori della letteratura araba contemporanea (Haydar Haydar, Abulqasim al-Shabbi, Béchir Khraief), sociolinguistica e dialettologia (traduzioni de Le petit prince in arabo algerino, tunisino e marocchino), dinamiche socio-politiche nella Tunisia, Libia ed Egitto pre e post 2011. Nel 2018 ha tradotto per Edizioni Q il romanzo Il concorso di Salwa Bakr, curandone anche la postfazione. Ha curato per Progedit la raccolta Kòshari. Racconti arabi e maltesi (2021).

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