di Silvana Grippi
Tell Barri, un luogo mitico di cui il prof. Emilio Paolo Pecorella mi aveva raccontato più volte degli scavi archeologici in Siria finanziati dall’Università degli studi di Firenze.
Ricordo ancora l’emozione appena passato il confine dalla Turchia e quando all’arrivo vedo una collinetta dove alcune persone stavano scavando una sezione per entrare dentro quel monte di terra dove era una cittadella antica.
La cittadella di Tell Barri è stata identificata con l’antica città di Kahat: ecco una visione che improvvisamente appare sulle pianure della Siria nord-orientale.
Il sito archeologico, localizzato lungo la strada che collega la città di Hassake e Qamishly, si trova lungo l’argine del Wadi Jahjagh, affluente del Khabour, Il tell è alto circa 32 metri per un’estensione di circa 7 ettari.
Tell è un termine che significa “collina” e indica un tipo di sito archeologico sedimentosi in lunghi periodi dall’accumulo e dal deposito di materiali conseguenti ad erosioni geologiche del terreno e all’occupazione umana.
In archeologia la parola Tell è utilizzata come termine generico, oppure come toponimo. Oggetto d’indagine archeologica di una squadra italiana dell’Università degli Studi di Firenze, diretta fin dal 1980 dal professore Emilio Paolo Pecorella che dal 2005 ha collaborato alla ricerca con un gruppo di studiosi dell’Università di Napoli Federico II, diretto dalla professoressa Raffaella Pierobon Benoit per riportare alla luce parte di un antico e imponente patrimonio culturale ancora inesplorato, anzi forse terribilmente compromesso dalla guerra.
Barri era il nome dello sceicco sepolto in una tomba sovrastata da una specie di baldacchino alla sommità dell’altura, in mezzo a tante altre sepolture, talvolta coperte da lastroni di basalto nero o di calcare biancastro.
Iscrizioni cuneiformi hanno contribuito all’identificazione del sito con la città templare di Kata del regno hurrita. A questo insediamento altri si sono sovrapposti negli strati superiori dell’acropoli si sono individuate presenze romane e rinvenimenti dell’età cristiana e islamica. Gli studi hanno appurato che la sequenza archeologica rinvenuta copre un arco cronologico che va dal II millennio a. C. al XIV secolo d.C., abbracciando il vissuto storico senza soluzione di continuità.
Archeologo anti-accademico e forse proprio per questo rigorosamente e visceralmente scienziato, Pecorella si era laureato con Giovanni Pugliese Carratelli con una tesi su “L’espansione micenea nel mediterraneo orientale”. Il suo lavoro di studioso è stato complesso per i suoi diversi interessi: Tell Barri ne assorbì le energie e le passioni per gli ultimi venticinque anni di vita.
Il professore Pecorella è venuto a mancare il 29 agosto 2005, precipitando mentre cercava di fotografare le tracce dell’ennesima scoperta che si stava prospettando nello scavo. Oggi, a causa della guerra i lavori della missione si sono fermati e non si hanno notizie.
La mia esperienza a seguito della campagna di scavi mi ha lasciato ricordi umanamente incancellabili. Ho incontrato gli operai gestiti da una famiglia libanese composta da padre madre e figli che organizzavano i pasti e mandavano avanti i lavori di custodia con umiltà e dedizione. La città era lontana e la coltivazione di un orto consentiva loro di provvedere alle esigenze alimentari di tutti. Ho potuto osservare l’equipe degli archeologi impegnati nello scavo, come organizzavano la giornata, come schedavano i ritrovamenti e come riuscivano a dialogare con la popolazione del luogo.
Rigore nell’esecuzione dei lavori e rispetto reciproco hanno scandito le giornate dallo spuntare del sole al tramonto. Il paesaggio circostante era davvero silenzioso e remoto. La fatica e gli investimenti sono stati tanti ma purtroppo la guerra ha portato via ogni cosa e ora non conosciamo le condizioni dello scavo e della vita della gente incaricata della custodia. Temo che si siano bloccati gli accordi e sospesi i rapporti con il governo siriano.
Dolorosi sono diventati i ricordi di quella bella impresa di preziose scoperte e di umana e intensa collaborazione tra scienziati e popolazione locale.
Che fine abbia fatto Tell non so. Mi restano soltanto queste foto, le immagini di un paesaggio straordinario, di un’umanità laboriosa e ingegnosa. Il ricordo di un grande e compianto professore, di una splendida equipe di archeologi, degli operai cooperanti e della bella famiglia di siriani.
Dialoghi Mediterranei, n. 61, maggio 2023
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Silvana Grippi, vive e lavora a Firenze. Laureata in Lettere presso la Facoltà di Lettere a Firenze, indirizzo geografico, con una tesi sul Sahara Occidentale, è responsabile dell’Agenzia di Stampa DEApress, su cui pubblica attualmente, e autrice di numerosi libri, anche fotografici, e video. Ha documentato Paesi dell’Africa e del Medioriente, dal Maghreb al Mashrek, avvicinando popoli e piccole tribù. Organizza inoltre convegni e ricerche sulla “Geografia sommersa”. Attualmente sta lavorando per costituire un Archivio Storico di documentazione sulle attività sociali e culturali del centro studi D.E.A. (Didattica, Espressione, Ambiente). Ha scritto per alcuni anni recensioni di libri su Le Monde diplomatique.
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