umane dimenticate istorie
di Monica Tozzi e Andrea Fantacci
Carissimi lettori … cominciano così alcune novelle che abbiamo letto da piccoli e così vorremmo provare a raccontarvi il nostro caro amico e compagno Aristeo Biancolini, consapevole che “Nessun uomo è un uomo qualunque”, come ci canta il poeta Claudio Lolli, anche se per noi Aristeo è stato una persona speciale, una di quelle poche che abbiamo avuto il privilegio di incontrare nella sua “normalità”.
È nato a Chianciano nel dicembre del 1924 e nella sua lunga vita ha fatto moltissime cose che per noi sono state molto, molto interessanti e con le quali ci sentiamo in sintonia. Lo conosciamo da più di trent’anni perché ha attraversato la vita politica di Chianciano e di Siena in maniera attiva, è stato un uomo pubblico. Facciamo cominciare la sua militanza politica da quando ventenne ha deciso di fare il partigiano, poi a guerra finita è stato eletto sindaco di Chianciano, poi nel partito Socialista, poi nel Psiup ed infine in Democrazia Proletaria dove lo ha incontrato il mio compagno; all’epoca ero presa dalla nascita della prima figliola e alle riunioni ci andava Andrea che poi mi rendicontava. Abbiamo incrociato anche la sua compagna Marina che era già molto malata durante un’iniziativa sul parto naturale, organizzata a DP, dove in un filmato, fra tante donne c’ero anch’io e Camilla che stava per nascere.
Poi la frequentazione è diventata un po’ più alla lontana anche se non lo abbiamo mai perso di vista e nel 2013 abbiamo ripreso il nostro filo rosso molto da vicino, direi quasi quotidianamente perché abbiamo iniziato a raccogliere parte del racconto della sua vita che è poi diventato un libro. Lo abbiamo video intervistato nella casa di Chianciano e ci ha mostrato i suoi quaderni e il suo manuale di studio della scuola fascista. Sì perché Aristeo, come tanti ragazzi della sua età, è stato un piccolo balilla, ha partecipato alle manovre del sabato fascista, ha subìto l’istruzione fascista. Poi i suoi genitori lo hanno mandato a Roma da alcuni parenti per studiare e lavorare ed è proprio da questi parenti che ha scoperto la vera storia della sua famiglia antifascista. I suoi genitori lo “avevano cresciuto nel silenzio” proprio per evitare che nei suoi discorsi di bambino potesse mettere in pericolo l’antifascismo della famiglia.
«Allora comincio col dirvi che ci sento poco e ci vedo meno, ma i denti sono tutti miei». Questo è uno degli incipit con cui Aristeo iniziava la sua testimonianza del passato e i suoi ragionamenti puntuali sull’attualità sociopolitica ed economica, ma soprattutto calamitava l’attenzione dei ragazzi perché un tempo, da ragazzo, aveva fatto una scelta importante che avrebbe condizionato la sua vita futura. Quello che Aristeo cercava empaticamente di comunicare ai ragazzi, senza racconti mitici di grandi gesta è molto lineare: quando è il momento un giovane, come ha fatto lui, che ha scelto di diventare partigiano, può cambiare il mondo e schierarsi dalla parte giusta, anche se contro corrente.
Aristeo ha sempre difeso strenuamente la sua autonomia, non ha mai voluto essere di peso a nessuno. Come dice lui si è creato con il tempo una cerchia di amici che lo hanno sostenuto, in caso di bisogno: chi per aggiustare il computer, chi per accompagnarlo dal medico o in ospedale quando ha smesso di guidare la macchina. Anche in questo è stato fenomenale: fino al 2013 ha guidato poi si è reso conto che sarebbe potuto diventare un problema per sé e per gli altri e con la dignità che lo contraddistingue ha regalato la macchina ad un suo giovane amico che stava prendendo la patente e non aveva abbastanza denaro per comprarsi l’automobile. O meglio, anche se questo era per lui una grave perdita di autonomia, lo ha fatto sembrare del tutto naturale; non a caso nonostante la sua età ha sempre vissuto da solo in casa con un unico aiuto settimanale di una signora che lo ha aiutato dai tempi della malattia di Marina, nelle pulizie di casa.
Nel 2014, è resuscitato da un grave episodio di broncopolmonite in cui ha persino sperimentato il “casco”, sì quel casco che purtroppo oggi ci è diventato così familiare quando vediamo le immagini dei malati di covid nei reparti intensivi. Per una contingenza fortunosa una volta dimesso e finito malamente nell’ospedalino di comunità, Aristeo ha iniziato a risalire la china grazie al reparto di fisiologia respiratoria di Volterra, dove è diventato il paziente più diligente e recuperato del reparto.
Ha trovato così tanto giovamento nella fisioterapia respiratoria e muscolare, che è diventato amico di una fisioterapista che un giorno a settimana fino a quest’anno lo ha seguito e gli ha insegnato esercizi che lui, durante l’arco della giornata, ripeteva quotidianamente: «Mi ha detto Lilly che devo fare le scale in su e in giù finché non comincio ad essere stanco, ma le devo fare anche salendole all’indietro perché metto in moto altri muscoli… ». Sul tavolo del salottino accanto alle medicine, c’erano disposti secondo un ordine preciso, vari fogli con grandi scritte in stampatello, che contenevano anche l’elenco degli esercizi fisici che lo aspettavano durante la giornata.
Aristeo era affetto da una grave maculopatia che lo ha progressivamente reso quasi cieco ed è per questo che gli ultimi anni si è rivolto all’Associazione ciechi a Siena per avere i sussidi necessari per continuare ad andare nelle scuole a parlare con i ragazzi, senza essere dileggiato. Lui aveva bisogno di una tastiera con lettere grandi che gli permettesse di poter scrivere, di un schermo idoneo ad ingrandire i giornali che continuava a leggere sul computer; usava da anni un apparecchio acustico che correggeva la sua ipoacusia; adoperava un paio di cuffie per ascoltare la televisione ad un volume elevato, per non disturbare i vicini di casa.
Per mantenere la propria autonomia e non disturbare nessuno aveva messo in atto una serie incredibile di pratiche quotidiane che lo tenevano fisicamente e mentalmente in forma. Sempre misurato nel mangiare, che preparava lui stesso, nel non fare avanzi, come gli avevano ben insegnato i genitori, nel non sprecare il tempo che aveva davanti: “Ciao Aristeo, come stai?” “Eh, che vuoi, bene, sempre un giorno in meno”. Insomma pur avendo un fisico segnato dall’età e da importanti patologie, aveva una grande attenzione alla sua salute per poter portare avanti il suo messaggio, la sua testimonianza e questo lo faceva nella maniera che lo ha sempre caratterizzato, con il suo esempio quotidiano, con la sua nettezza, con la sua abitudine alla coerenza: «Guarda che per me la coerenza non è una virtù, è un’abitudine. È una cosa naturale. A me non pesa e non è mai pesato affatto!» La sua autorevolezza era tutta inscritta nella sua gentilezza e nella coerenza, grande dote dell’intelligenza. È proprio in occasione di questo grave problema di salute che è nata la “brigata Biancolini”, pochi amici che gli sono stati accanto nelle necessità del seguimento della malattia. Per festeggiare l’uscita dal tunnel lo abbiamo espugnato con una piccola festa per il novantesimo compleanno, a casa sua, lui che non aveva mai festeggiato un compleanno in vita sua. Ognuno di noi ha portato alcune pietanze e sconvolgendo il suo piccolo mondo abitudinario e ordinato gli abbiamo persino fatto spengere le candeline, era felice. In questa occasione ci ha regalato la lettura del suo “Autoprocesso globale” un lungo componimento in versi, scritti pensando all’ultimo viaggio, ci piace farvi leggere l’ultima parte:
L’autosentenza
Non avrò di là gli affetti
dei presenti e dei lontani
solo polvere mi aspetta.
La memoria cancellata
della gita a Kalambata
l’oncologico a Milano
i compagni sull’Amiata.
Lascio questa società
che distrugge la natura
che ha inquinato il corpo umano
la sua mente ha reso oscura.
Non vedrò il forte riscatto
di chi vive di lavoro
colle braccia e col cervello
sopra i libri conquistati
collegar falce e martello.
Non vedrò le nuove lotte
controllare il fatturato
e impedir che il produttore
faccia lo speculatore.
Non avrò l’eternità
di chi pensa all’aldilà.
Il verdetto è presto fatto,
la condanna è appesa a un filo
sostenuto da più dita
con pronuncia in differita …
Sistemata la carcassa
lascio a critici ed amici
che mi sono più vicini
di incontrarsi in più festini
e arrivare in conclusione
a firmare una sentenza
che non sia di assoluzione,
ma sia aperta alla speranza
del ricorso in Cassazione.
Una delle doti di Aristeo è la sagacia, il suo acume che gli permetteva di coniare definizioni senza tempo, che hanno fatto scuola. Non ci verrete a dire che il tempo politico che stiamo vivendo e l’agire di alcuni nostri governanti non siano paragonabili ad “uno scontro fra totani” e noi che come lui, pensiamo ancora di poter rovesciare la piramide, continuiamo a credere che arriveremo di “sconfitta in sconfitta verso la vittoria finale!”
Come dicevamo in questi tempi sospesi e di distanziamento fisico, essendo Aristeo una persona anziana e quindi ad alto rischio, abbiamo continuato a sentirlo telefonicamente e come altri amici abbiamo evitato il contatto fisico. Pensate quanto è stato prudente, superprudente; gli ultimi tempi usciva con la mascherina, nelle ore calde intorno alle tredici per essere sicuro di non incontrare quasi nessuno, essendo per molti l’ora di pranzo. Queste sue attenzioni ci facevano stare tranquilli, sapevamo che queste precauzioni sarebbero state salvifiche per lui. Ad esempio, quando la signora andava a fare le pulizie ed era impegnata in una stanza, lui si chiudeva in un’altra, poi arieggiava bene la zona che era stata pulita e lì aspettava che i lavori finissero e che le stanze venissero ben arieggiate e riprendeva possesso di tutto l’appartamento.
Nonostante questa grande attenzione il virus ha bussato alla sua porta, in modo subdolo, attraverso la persona che in questo periodo abitava in casa con lui, per aiutarlo nelle piccole cose che lui non poteva eseguire: fare la spesa, andare in farmacia, pagare le bollette, insomma le piccole cose quotidiane, proprio con l’intenzione di correre minori rischi. Ma questa persona non ha valutato bene che le sue disattenzioni e il non rispettare fino in fondo le regole necessarie, potessero causare in una persona di 96 anni rischi davvero molto gravi. È diventato positivo al covid. A pensarci bene Aristeo può rappresentare il malato tipo: un novantaseienne con molte comorbilità polmonari e insufficienza cardiaca, ma ci faceva piacere pensarlo un highlander.
Grazie a Sofia, la nipote di Aristeo, che ha creato un piccolo gruppo su whatsapp con i membri della brigata Biancolini, siamo stati quotidianamente informati dell’avventura di Aristeo nei reparti covid dell’ospedale di Siena. Per due mesi ha registrato i loro colloqui più volte al giorno, finché ce l’ha fatta ad usare il cellulare e una volta al giorno abbiamo avuto il bollettino medico attraverso la voce dei sanitari di turno in reparto. La regola l’abbiamo imparata: il medico una volta al giorno comunica con il familiare, se arriva una seconda telefonata è un brutto segno.
Adesso che Aristeo non c’è, abbiamo pensato come potevamo utilizzare questi documenti che abbiamo condiviso, in cui abbiamo potuto seguire il suo primo ricovero, il breve ritorno a casa e di nuovo il ricovero prima in un reparto e poi in un altro reparto covid. Non ci crederete ma Aristeo ci fa da bussola anche da un fondaccino di letto d’ospedale, attaccato all’ossigeno. Ci ha stupiti ancora una volta con la sua resistenza. Alla fine è anche dalle cose sgradevoli, che non vorresti sentire, che non vorresti affrontare, che riesci ad imparare, a prendere l’essenziale, quando leggi fra le parole, ascolti i respiri affaticati, o apprezzi le piccole gioie per aver consumato la colazione e fatto i piccoli esercizi per tenere in movimento un corpo sempre più stanco e incapace di mobilizzarsi.
La parabola ospedaliera inizialmente in discesa nonostante la polmonite da covid, è stata bruscamente interrotta dal ritorno a casa: indovinate, l’11 dicembre giorno del suo novantaseiesimo compleanno, bel regalo direte voi! Il rientro a casa concordato con i medici e voluto da lui stesso che desiderava ritornare così fra le sue cose conosciute, nella sua quotidianità, potendo fare fisioterapia, è stato rovinato da una caduta e questo lo ha fatto ritornare in un reparto covid intensivo, con uno scompenso cardiaco e una recrudescenza polmonare che i primi tre giorni lo ha isolato dal mondo. Ricevevamo solo notizie infauste dai medici che lo avevano conosciuto durante il primo ricovero. Si era sparsa la voce di questo signore che anagraficamente era da rottamare, ma che ha sempre combattuto con piccoli gesti, con il suo corpo, cercando di fare quello che i medici gli consigliavano e chiedendo notizie sulla cura a cui era sottoposto, sull’esito dei tamponi periodici finché non si è negativizzato, sulle radiografie polmonari, sugli analgesici. I medici concordavano con Sofia sulla presenza critica di Aristeo, “quell’esserci con la testa” anche se il corpo assume un’altra traiettoria …
Fin quando il decorso glielo ha permesso, ha continuato attraverso la relazione stimolante con Sofia, a documentarsi sulla prognosi, come ha sempre fatto con le patologie con le quali ha convissuto nel tempo. La condizione che questa malattia ci impone è l’isolamento che in ospedale raggiunge l’acme, perché se non si hanno le condizioni psicofisiche per comunicare con l’esterno, si resta da soli in balìa del personale sanitario, in reparti spesso sovraffollati e con personale non sufficiente per un seguimento umano delle complicanze di questo virus così insidioso. Alla domanda di Sofia su quale è la cura per la polmonite, la dottoressa risponde con un sorriso nervoso: “quello che esiste: cortisone e eparina, fondamentale l’ossigeno …”. Anche se nelle persone di una certa età il ricovero in questi reparti destabilizza e provoca un decadimento rapido, Aristeo è riuscito per lungo tempo a tenere il filo con il mondo esterno grazie alle telefonate con la nipote. “Zio cerca di dormire, visualizza la tua casa, pensa a quando sei stato a Chianciano dal babbo …”. “Lo so Sofia, non mi mancano le cose a cui pensare: la casa l’ho già vista tutta, e oggi ho mangiato come mi avevi detto te, un bel pranzo tutto pappa, era misto a trucioli di carne, mi hanno aiutato loro col cucchiaino … gli ho detto che mi fa male la cervicale, m’hanno fatto due massaggini, io ho bisogno di un antidolorifico … loro non si rendono conto di come ero organizzato io … l’infermiere mi ha detto: ‘oggi seduto sul letto’, coi piedi ciondoloni, questo lo voglio ottenere”. “Zio lo sai che io ti porto i saluti di tutti che ti abbracciano …” “Io ho due braccia sole per abbracciare, ma le moltiplico volentieri”.
Che dire dobbiamo concludere, come ci diceva il nostro vicino di casa: “Nini, più che vecchi non si diventa” e Aristeo aveva la sua bella età, ma è una di quelle persone che speri sempre che facciano capolino, quando meno te lo aspetti … Poteva ancora seminare tanto fra i giovani di ogni età, soprattutto con la sua storia di vita normale. Per esperienza ormai rifuggiamo da grandi gesti, grandi spiegazioni, l’esempio quotidiano conta moltissimo, lascia un segno indelebile come succede quando siamo piccoli e assorbiamo come spugne dai comportamenti degli adulti che ci circondano. Inutile dire che ci mancherà, ci mancheranno i suoi racconti pacati, sereni che ci hanno guidato fin qui. Raccogliamo il testimone, ma non siamo certi di avere la sua stessa empatia e la sua forza di resistere con tenacia a tutte le burrasche della vita. Peccato perché aveva veramente pensato all’impossibile per non essere contagiato, per non arrendersi. Ci fa piacere pensarlo insieme ad altri nostri compagni di strada e salutarlo con l’ultima strofa di un canto dei Ratti della Sabina «… chi passa oggi da quelle parti può ammirare la bellezza infinita dell’opera compiuta dal cuore di un uomo, ma degna della mano del dio della vita, … io lo so che è sbocciata da un animo grande che adesso riposa nell’angolo più bello del cielo».
Dialoghi Mediterranei, n. 48, marzo 2021
_______________________________________________________________
Monica Tozzi e Andrea Fantacci, si sono conosciuti all’Università di Siena e si sono laureati in discipline demoetnoantropologiche. I loro studi e la loro vita si sono arricchiti nel tempo sia con la ricerca sul campo e la riproposta di documenti dell’oralità popolare, che attraverso la frequentazione di persone speciali come Aristeo Biancolini. I due campi di interesse che possono sembrare lontani sono in realtà due facce della stessa medaglia: la memoria. Nel 2015 è uscito il libro che raccoglie le memorie di Aristeo: Monica Tozzi e Andrea Fantacci, Noi non saremo mai come loro, Edizioni Effigi, Arcidosso, Grosseto, 2015.
_______________________________________________________________