umane dimenticate istorie
di Giorgio Valentini e gli altri amici
Passano i giorni e in piazza continuiamo a fingere che non sia accaduto nulla. Ci incontriamo al solito posto, seguitiamo a parlare delle solite cose, ognuno col groppo in gola e il dolore in fondo al cuore; all’apparenza è come se non avessimo nulla di doloroso da dirci. Ma non è così.
Carlo Giordani ci ha lasciati, improvvisamente, inaspettatamente, tragicamente, senza conforto. È entrato in ospedale per un problema che lo affliggeva, ma ci conviveva ormai da tanti anni, e il Covid se l’è portato via, lasciandoci orfani dei suoi sorrisi e bronci, cocciutaggine e arrendevolezza; del suo essere polemico e accondiscendente, amichevole e ostico, socievole e schivo, affettuoso e scostante, gregario e solitario; della sua voce stonata e del non volerla nascondere, del suo mettersi sempre avanti ai fornelli per il gruppo e del lamentarsene incessantemente. Era un amabile coacervo di contraddizioni. Non sapeva mentire, bluffare, nascondere. Nel bene e nel male, chi lo frequentava ha vissuto la sua schietta lealtà, la profonda onestà e la sfacciata sincerità.
Finché non riusciremo a metabolizzare l’accaduto continueremo a soffrire nel modo più sbagliato; ognuno per conto suo, come se la perdita fosse dei singoli e non della comunità. Non aveva titoli da ostentare, primati da vantare, vittorie da celebrare, azioni eclatanti o eroiche da incensare. Era un uomo normale, che non poteva sperare in due righe nei libri di storia, uno dei tanti che la valorizzazione delle eccellenze lo escludeva da ogni possibile attenzione.
Il suo tratto peculiare era la normalità, l’essere un pari tra i pari, condizione che non descrive un appiattimento ma delinea un gruppo senza egemoni. Non bisogna essere superuomini per avere un ruolo rilevante nelle piccolissime comunità, ognuno è insostituibile.
Con la perdita di Carletto molto è cambiato, in modo netto e repentino. Il clima che si respira nel rifugio dell’altopiano di Rascino, che era la sua seconda casa, non è più lo stesso; non è più lo stesso quello della casetta di caccia a Mercato, la squadra non è più la stessa; i compagni sono sbalorditi e i cani disorientati.
Non esitò ad aprire le porte di casa e coinvolgere la cognata Lia e il fratello Gianni, quando la Pro Loco gli chiese di dare una mano nelle ricerche che stava avviando sulla Pizza rentòrta; lo fece perché da sempre sosteneva che quella fatta a casa sua fosse indubbiamente la migliore che si potesse avere. Non esitò quando per il Turrinsàccu gli fu chiesto di presentare a suo modo il territorio agli studiosi. Vincenzo Padiglione e Alessandra Broccolini gli garbarono subito, con loro si aprì e per loro si mise ai fornelli, determinato nel voler fare bella figura.
Le reti sociali delle piccole comunità hanno pochi nodi, e quando uno viene a mancare la falla che si apre è abnorme, perché in quelle realtà nessuno è uno qualunque e ognuno è qualcuno.
Il 12 febbraio te ne sei andato via, verso quel viaggio che tutti dovremo affrontare, ma tu lo hai fatto in modo disumano, da solo, senza che qualcuno potesse tenerti la mano. Chissà quali sono stati i tuoi ultimi pensieri. Chissà se hai invocato qualcuno nell’ultimo istante. Non saprai mai quanto ci manchi.
Dialoghi Mediterranei, n. 49, maggio 2021
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Giorgio Valentini, in pensione da un anno dopo aver lavorato per una vita all’ufficio anagrafe del comune di Fiamignano, insieme ai suoi amici più stretti dedica il tempo alle attività all’aria aperta che da sempre più lo appassionano: la vita nel rifugio di montagna, la pesca, la cinofilia, la cerca dei funghi e dei tartufi. Come volontario, collabora attivamente con la Pro Loco nell’allestimento e la cura del verde pubblico.
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