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Con affetto a Giuseppe Profeta, decano della demologia abruzzese

1680111924547-copiadi Anna Rita Severini 

Il mio modesto contributo in onore dei 99 anni di Giuseppe Profeta prende le mosse dalla meritoria iniziativa che un altro docente abruzzese, il compianto linguista Marcello De Giovanni, promosse a partire dal 1997. Quell’anno Profeta, professore ordinario di Sociologia presso l’Università di Teramo, poneva termine alla sua intensa carriera accademica. De Giovanni chiamò allora a raccolta un gran numero di studiosi per costruire insieme la miscellanea che sarebbe uscita col titolo Centiscriptio. Scritti demo-etno-antropologici offerti a Giuseppe Profeta in tre ponderosi volumi di Abruzzo, rivista dell’Istituto di Studi Abruzzesi, fra il 2001 e il 2003 [1].

Vi si trovano, oltre alla bibliografia delle sue opere aggiornata al 2002, il testo di Paolo Toschi tratto dalla comunicazione di chiusura del VII Congresso nazionale delle Tradizioni Popolari tenutosi a Chieti nel 1957 [2] e un’estesa prolusione di Giovanni Battista Bronzini [3]. Segue poi una corposa rassegna di contributi suddivisa in 4 sezioni: I – Scritti demo-etno-antropologici e di cultura tradizional-popolare; II – Scienze giuridiche, filosofiche e sociali; III – Scritti di letteratura, linguistica, storia e varia umanità; IV – Poeti d’Abruzzo. Scorrendone le pagine, si comprende come tutta l’operazione fu un omaggio – ragionato e appassionato insieme – ai diversi settori degli interessi scientifici di Giuseppe Profeta e al loro esprimersi attraverso la ricerca sul campo, lo studio delle fonti storiche e letterarie, la sistemazione bibliografica, la didattica, l’animazione culturale.

La rete articolata di approfondimenti tematici che si sviluppa in quei volumi dà pienamente il senso di quanti siano i potenziali agganci di ricerca al corpus dei suoi studi. A quell’invito risposi anche io con un estratto dal censimento con schedatura dei musei etnografici abruzzesi appena pubblicato nella collana dei Quaderni del Museo delle Genti d’Abruzzo [4].

La museografia etno-antropologica locale, partita in Italia come diffuso fenomeno spontaneo qualche decennio prima e poi maturata attraverso molteplici soluzioni nei contenuti, negli allestimenti, ma anche nella gestione e valorizzazione delle raccolte, sul finire del Novecento aveva già suscitato dibattiti e riflessioni tali da collocarla fra i temi di consolidato interesse degli studiosi di settore. L’Abruzzo contava diverse iniziative museali, passate fra l’altro dalle 24 censite nel 2000 alle 36 del 2008.

profeta-basoEntro questo orizzonte si era mosso lo stesso Marcello De Giovanni, innanzitutto linguista e dialettologo ma allo stesso tempo fondatore nel 1999 e direttore di un museo etnografico a Roccacaramanico – antico borgo ora frazione di Sant’Eufemia a Maiella (CH) – che si giovò delle sue competenze sulle tradizioni agro-pastorali della montagna abruzzese e che gli fu intitolato dopo la sua scomparsa nel 2008.

La cultura materiale, sebbene non nelle sue implicazioni museali, va annoverata fra gli ambiti di ricerca di Giuseppe Profeta, in particolare grazie alle analisi condotte sui recipienti di fattura e/o uso popolare, corroborate dalla costituzione di una personale cospicua raccolta di forme vascolari. Mi riferisco ai saggi sugli aspetti funzionali ed estetici della conca in rame, largamente utilizzata nell’Italia rurale centro-meridionale per il trasporto e la conservazione dell’acqua [5], e di alcune tipologie della ceramica di Castelli (TE) [6], ma soprattutto al suo esame accurato con originali esiti teorici sui rapporti tra forma antropomorfa e funzione di certi recipienti tradizionali, tra vaso e corpo umano-animale, tra contenuto e contenitore, in un duraturo percorso di indagine sui significati dell’acqua e della vascolarità che vi è associata. Percorso avviato con La logica del recipiente [7] e approdato al recente L’acqua e il vaso nella vascolarità universale [8].

Dalla recensione per la rivista ANUAC dedicata a quest’ultimo da Giovanni Pizza riporto qui un brano che – in modo forse audace e al di là di quel che il rigore antropologico richiederebbe – mi ha istintivamente suggerito il rinvio all’idea di oggetti in rapporto “attivo” con la vita e il sentire degli umani, posta al cuore del progetto letterario-museale dello scrittore turco premio Nobel Orhan Pamuk Il museo dell’innocenza [9] cui ho riservato regolari approfondimenti dal 2010 ad oggi e che mi ha ispirato la non meno temeraria stesura di un romanzo [10].

«La cognizione del ciclo fisico dell’acqua tende a esaltare l’indole materiale di nozioni astratte come, ad esempio, quella dell’animismo, idea antica, ma che, nel ragionamento e nel suggestivo lessico di Profeta, trova una nuova vita concettuale e pratica, connessa alla produzione, alla soggettivazione e all’animazione di utensili ordinari: l’animismo diviene la “capacità di agire” di oggetti quotidiani» [11]. 

1680111907037-copiaMa parlare di Giuseppe Profeta come uomo di studi porta inevitabilmente a citare la sua forte vocazione di bibliofilo e bibliografo. Risale al 1964 la Bibliografia delle tradizioni abruzzesi [12] da lui curata, repertorio di 1.650 schede in ordine cronologico a partire dal 1486 che, grazie alla fattiva collaborazione di Enrico Di Carlo, è stata poi aggiornata su iniziativa della Deputazione Abruzzese di Storia Patria. La nuova edizione comprende un totale di 5.670 titoli fino al 2003 [13]. Prezioso strumento di consultazione, è stata frutto di una ricerca rigorosa, già apprezzata da Paolo Toschi nella prima versione e sviluppatasi in un lungo ulteriore lavoro di schedatura e indicizzazione per la pubblicazione della seconda.

Nel rileggere con profitto dalla rivista Aprutium [14] il saggio Giuseppe Profeta: dalla bottega artigiana alla cattedra universitaria, in cui Marcello De Giovanni riassume e mette a fuoco le fasi salienti della vita e della carriera dello studioso, trovo citato al primo punto del paragrafo sulla produzione scientifica proprio il filone della bibliografia demologica. Vi spiccano, oltre alla citata Bibliografia, anche il determinante recupero da parte di Profeta del manoscritto inedito in otto volumi che completava la Bibliografia delle tradizioni popolari d’Italia di Giuseppe Pitrè, fino ad allora non reperibile e poi pubblicato nella riedizione dell’opera completa [15].

C’è poi il fronte di ricerca relativo alla religiosità popolare che in particolare ha guidato Profeta lungo il dialettico confronto teorico con Alfonso Maria Di Nola sulla natura e le manifestazioni del culto di San Domenico Abate a Cocullo (AQ). Come sappiamo, nel 1976 Di Nola dedicò al tema la prima parte del suo Gli aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna italiana [16], uno dei caposaldi della letteratura demo-antropologica italiana. Fra il 1976 e il 1986 Profeta si impegnò a sua volta in una indagine che ne rafforzò alcune convinzioni circa la genesi del culto da riconnettere al patronato prima antifebbrile, poi antirabbico del santo, anziché a quello antiofidico affermato da Di Nola.

Leggo quanto segue nel capitolo conclusivo de Il serpente sull’altare, volume pubblicato da Profeta a sintesi e riorganizzazione di quanto esposto in vari altri suoi scritti sull’argomento.

«Una grande inchiesta d’archivio e di campo ha consentito di mettere in luce l’ignorata ampiezza pluriregionale del famoso complesso cultuale di S. Domenico Abate o di Cocullo, che così si è rivelato uno dei più diffusi dell’Italia centro-meridionale, svelando oltre quaranta centri di culto in sette regioni diverse, e cioè più del doppio di quanti se ne conoscevano fino allora.
Detta inchiesta, inoltre, ha constatato l’esistenza di una incisiva diversificazione areale del culto e ha fatto intravvedere le cause che hanno reso possibile la profonda metamorfosi patronale di un Santo che, invocato contro febbri e temporali in un’area cultuale, quella di Sora (Frosinone), non molto lontana dalle Paludi Pontine, diventa protettore contro morsi rabbiosi (cani e lupi rabidi) e successivamente contro quelli velenosi (serpi) in un’altra area, quella che si estende nelle aspre contrade che circondano il ridente lago di Scanno e che comprende in particolare i centri di Villalago e di Cocullo nell’Abruzzo aquilano. Quasi un culto di matrice ecologica!
Alla luce dei nuovi documenti sembra che detta metamorfosi non tragga origine da indimostrate ascendenze cultuali arcaiche (la dea Angizia venerata dagli antichi Marsi incantatori di serpenti), come una critica plurisecolare laica (Pansa) ha proposto» [17].

serpenteAl di là dei diversi pareri sul dibattito scaturito da una realtà indubbiamente complessa quale quella dei riti in onore di San Domenico e del culto delle serpi, i cui sviluppi contemporanei sono tuttora oggetto di continua osservazione e analisi, non può negarsi che il confronto fra Di Nola e Profeta, pur segnato da mutue schiette critiche, fu tuttavia altrettanto rispettoso delle reciproche posizioni e del rigore che le sottendeva. In ogni caso, credo che gli studi su un fenomeno culturale di tale densità ne abbiano tratto indubbio arricchimento per diversi aspetti documentali e interpretativi.

Per questo e per altri motivi connessi al suo costante impegno di ricerca storico-archivistica e di inchiesta sul campo, per il suo essere un continuatore del filone di studi demologici abruzzesi dopo la grande stagione di Antonio De Nino, Gennaro Finamore e Giovanni Pansa, Giuseppe Profeta è dunque divenuto una stabile figura di riferimento attiva lungamente sul territorio.

Mi fa piacere concludere con qualche notazione sui nostri contatti passati, sempre contraddistinti per parte mia da profondo rispetto e gratitudine, per la sua da simpatia, affabilità e disponibilità al dialogo. Ricordo uno scambio avvenuto nel 2003, quando gli feci avere tramite il suo collaboratore Enrico Di Carlo una copia della mia monografia sui musei etnografici del teramano appena pubblicata [18] e ricevetti subito alcune sue pubblicazioni della collana Documenti e studi di vita popolare di Japadre Editore da lui diretta, corredate da un biglietto per me di incoraggiamento a proseguire le indagini.

Prima ancora di ricevere il mio cenno di ringraziamento, fu lui stesso a scrivermi una lettera che conservo da allora. Una scrittura di tono forse troppo solenne, ma in cui riconosco un certo tipo di garbo che ormai è merce rara, come lo sono d’altronde le lettere su carta.

«Stimatissima Dottoressa,
il dottor Di Carlo mi ha consegnato un Vostro lavoro sulle raccolte museali del Teramano. Vi ringrazio sinceramente per il dono. E Vi ripeto che ritengo importante l’argomento da Voi trattato, non solo per la conoscenza scientifica che diffonde su un aspetto della cultura tradizional-popolare, ma anche per l’implicita esortazione che contiene a moltiplicare l’entusiasmo locale per le raccolte etnografiche.
Nel contempo mi sembra opportuno informarVi che ho dato al dottor Di Carlo quanto ho potuto trovare nella mia biblioteca riguardante le mie pubblicazioni di folklore, pregandolo di consegnare il tutto a Voi ed esprimendo la speranza che potesse essere utile per le Vostre ricerche.
Mi sono anche permesso di inserire una esortazione a persistere nelle puntuali e riuscite ricerche avviate, augurandomi che essa possa trovare sintonie nei Vostri propositi.
Rispettosamente, Giuseppe Profeta». 
Dialoghi Mediterranei, n. 61, maggio 2023 
Note
[1] Marcello De Giovanni (a cura di), Centiscriptio. Scritti demo-etno-antropologici offerti a Giuseppe Profeta, Abruzzo, rivista dell’Istituto di Studi Abruzzesi, anni 2001-2002-2003, Sigraf Editrice, Pescara, 2002. 
[2] Paolo Toschi, Per lo studio delle tradizioni popolari abruzzesi, in Marcello De Giovanni (a cura di), Centiscriptio, cit.: 27-34. 
[3] Giovanni Battista Bronzini, Cultura popolare regionale e nazionale, in Marcello De Giovanni (a cura di), Centiscriptio, cit.: 43-59. 
[4] Anna Rita Severini, Ricerca demo-etno-antropologica e rappresentazione museale. Il dibattito scientifico. L’esperienza abruzzese, in Marcello De Giovanni (a cura di), Centiscriptio, cit.: 305-341 (estratto da Anna Rita Severini, Musei etnografici d’Abruzzo, Quaderno n, 29 del Museo delle Genti d’Abruzzo, Pescara 2000).
[5] Giuseppe Profeta, La conca biconica antropomorfa dell’Italia centrale, in Giuseppe Profeta, Le facce e l’anima del folklore, Japadre Editore, L’Aquila-Roma 2000.
[6] Giuseppe Profeta, La ceramica e le tradizioni popolari, in Mostra della ceramica antica e popolare d’Abruzzo, Castelli 1968.
[7] Giuseppe Profeta, La logica del recipiente e l’antropomorfismo vascolare, Olschki, Firenze 1973.
[8] Giuseppe Profeta, L’acqua e il vaso nella vascolarità universale (prefazione di Pietro Clemente e postfazione di Elisabetta Gulli Grigioni, Ed. Menabò, Ortona (CH) 2020.
[9] Orhan Pamuk, Il Museo dell’innocenza, Einaudi, Torino 2009.
[10] Anna Rita Severini, BIR ZAMANLAR nel Museo dell’innocenza, Il Canneto Editore, Genova 2021.
[11] Giovanni Pizza, Giuseppe Profeta. L’acqua e il vaso nella vascolarità universale (recensione), in ANUAC, vol. 9, n. 2, dicembre 2020: 191-194.
[12] Giuseppe Profeta, Bibliografia delle tradizioni popolari abruzzesi, Edizioni dell’Ateneo, Roma 1964.
[13] Giuseppe Profeta, Bibliografia della cultura tradizionale del popolo abruzzese (con la collaborazione di Enrico Di Carlo), Deputazione Abruzzese di Storia Patria, Edizioni Libreria Colacchi, L’Aquila 2005.
[14] Marcello De Giovanni, Giuseppe Profeta: dalla bottega artigiana alla cattedra universitaria, in Aprutium, Istituto Abruzzese di Ricerche Storiche, n.1-2-3, Teramo 2000: 353-371.
[15] Giuseppe Pitrè, Bibliografia delle tradizioni popolari d’Italia, Edikronos, Palermo 1985-1987.
[16] Alfonso Maria Di Nola, Gli aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna italiana, Boringhieri, Torino 1976.
[17] Giuseppe Profeta, Il serpente sull’altare. Il patronato antifebbrile di San Domenico di Cocullo e la sua metamorfosi antimorso. Ecologia e demopsicologia di un culto, Japadre Editore, L’Aquila – Roma, 1998: 189. Sul confronto Profeta – Di Nola riguardo il culto delle serpi per San Domenico, vedi anche il saggio di Giovanni Pizza, Cocullo rivisitata: sul dialogo fra Giuseppe Profeta e Alfonso Maria Di Nola, AM. Rivista della Società Italiana di Antropologia Medica, vol. 4, n. 7-8, ARGO 1999: 390-392.
[18] Anna Rita Severini, Raccolte di memorie, in Le vie delle identità, Arké-Edigrafital, Teramo 2002.

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Anna Rita Severini, è stata fino al 2017 Responsabile del Servizio Attività Culturali e Turistiche del Comune di Pescara. Dal 1981 al 2000 ha lavorato presso il Museo delle Genti d’Abruzzo, svolgendovi attività di ricerca, studio delle raccolte oggettuali e co-progettazione dei contenuti espositivi. Ha scritto su temi di antropologia museale e cultura materiale tradizionale abruzzese. È socio fondatore di S.I.M.B.D.E.A. (Società Italiana per la Museografia e i Beni DemoEtnoAntropologici). Ha pubblicato il suo primo romanzo, ambientato a Istanbul e nel Museo dell’Innocenza, lì realizzato dallo scrittore Orhan Pamuk (premio Nobel 2006).

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