di Giuseppe Giacobello [*]
Un dibattito ricorrente, a tratti tormentoso, investe la diversa accoglienza delle opere letterarie nel mondo della critica e in quello dei lettori, oppure la scomparsa in apparenza irreversibile di certi autori un tempo molto noti e anche venduti. Vi è tornato sopra, tra i tanti, Michele Giocondi (I best seller italiani: 1861-1946, Firenze 2011), con una ricerca che riprende una precedente esplorazione (Best seller italiani: 1860-1990, Firenze 1990). In scala decisamente più ridotta ho avuto modo di rifletterci quando, da insegnante di uno storico istituto tecnico di Bologna (fondato nel 1862), ho scoperto di essere seduto – così mi piaceva lusingarmi – dietro la cattedra a suo tempo animata dal carducciano Adolfo Albertazzi (1866-1924) e dall’estinto best seller Virgilio Brocchi (1876-1961). Pur incrociandosi come colleghi di scuola, per le vicende culturali cui si sono richiamati e i percorsi artistici attraversati, si tratta di due autori assai diversi. Oltretutto di Brocchi non sembrano davvero contrastabili l’attuale scomparsa dai cataloghi editoriali (l’ultima riedizione di una sua opera è del 1998, con il romanzo Le aquile, Venezia, a c. di F. Catenazzi; ed. or. 1906) e la saturazione tra i grossisti dell’usato o dell’invenduto intonso; mentre di Albertazzi, anche se inopportunamente considerato una sorta di Maupassant italiano, una selezione ben calibrata di racconti brevi (tra cui vorrei sperare i miei favoriti Il diavolo nella bottiglia, 1911, e Il suicidio del maestro Bonarca, 1900), avrebbe ancora qualche opportunità di suscitare apprezzamenti.
In ogni caso, tutto ciò non sfiora un ambito secondario della loro produzione: secondario, come spesso accade, più per ragioni legate al sistema letterario che per rintracciati valori espressivi. Mi riferisco alla loro narrativa per l’infanzia, dispiegata in tempi e formati diversi, e allo straordinario corredo di illustratori che l’ha accompagnata, indicativo di un investimento per nulla slegato dalla produzione maggiore. Tento qui una descrizione introduttiva, procedendo in ordine cronologico.
La prima proposta di Albertazzi, Asini e compagnia, è del 1913, per la «Biblioteca Azzurra» della casa editrice Bemporad, e raduna racconti in buona parte già editi in pubblicazioni periodiche. Nel frontespizio del volumetto di queste dieci novelle per la gioventù sono preannunciate illustrazioni di Corrado Sarri (1866-1944), autore di spicco nell’egemonica produzione fiorentina del tempo; lo troviamo infatti nel Giornalino di Vamba così come in altre realizzazioni della stessa Bemporad, della Nerbini e della Salani.
Osservando però meglio c’è una sorpresa: la copertina è di Carlo Chiostri (1863-1939), altro straordinario artista per le medesime edizioni, cui si deve uno dei modelli di riferimento per l’illustrazione di Pinocchio (1901). Scorrendo poi le pagine interne si riscontra che l’intera opera è stata affidata a Chiostri. Non può sfuggire, infatti, l’aria di famiglia degli asini disegnati per Albertazzi con quelli delineati in altre circostanze, come i ciuchini volanti acquerellati per Marchino. Avventure di un Asino, di Tommaso Catani (Salani 1914) e per La formica nera (stesso narratore e stesso editore, 1925), ripresentati con rilievo nella mostra milanese Da Pinocchio a Harry Potter. 150 anni di illustrazione italiana dall’archivio Salani (1862-2012).
La spiegazione di questo scambio di artisti non è stata ancora chiarita. In Asini e compagnia si mostrano comunque diversi elementi che contraddistinguono la produzione complessiva dello scrittore romagnolo: il gusto per le rivisitazioni storiche in linea con il magistero carducciano (L’asino morto, Pavone bianco), il collegamento con tradizioni narrative folkloriche attraverso la mediazione del suo radicamento regionale (La Chioccia d’oro, Il destino di Vitiberio, Al mulino del Rio Rosso), la scelta di figure della quotidianità umile, anzitutto fanciulli e animali, emblematiche di un intero universo emotivo sempre sospeso, come un po’ tutta la letteratura di Albertazzi, tra il patetico e il burlesco (L’Asino cantore, Il Topo dottore e il Topo ignorante, Il Porco di Nannetto, Il pollaio della Signora Cristina).
Nella convinzione intuitiva che Albertazzi stesso, ne avesse avuto il tempo, avrebbe ricomposto una seconda edizione ampliata, la stessa “asinità” o “asinitudine” di cui il libro vuol tentare una silloge va ripensata alla luce dei tanti somari di altri suoi racconti, come L’Asino nel fiume, tratto da Il diavolo nell’ampolla e altre storie (1918), o La fiumana, tratto da Top (1922). Più in generale va riconosciuto – ed è fenomeno frequente nella letteratura catalogata per l’infanzia o la prima adolescenza – come molte narrazioni incluse in questi volumi d’intento pedagogico risultino in realtà godibili anche al di fuori di questo contesto; e come non poche delle novelle proposte nella sua opera per adulti sarebbero in tono anche se lette in una qualsiasi delle tante “bibliotechine” per i più piccoli. Una cifra della sua indole di scrittore sta proprio qui; consonante con le testimonianze sulla sua indole d’insegnante.
La seconda raccolta di Albertazzi, Cammina, cammina, cammina… (ed. Treves 1920 e 1937), contiene l’importante contributo disegnato di Giuseppe Riccobaldi (1887-1976), pioniere della cartellonistica cinematografica (un titolo per tutti, Metropolis di Fritz Lang), affermato grafico pubblicitario, anche per la grande industria (con sue opere presenti negli archivi storici della FIAT e della Pirelli), e coinvolto come illustratore dalle principali case editrici italiane per ragazzi (soprattutto per classici di ogni tempo: Morgante, Lazarillo de Tormes, Don Chisciotte, Ivanhoe, Pinocchio, Senza famiglia, La macchina del tempo, La guerra dei mondi, oltre alle fiabe delle Mille e una notte e a quelle di Andersen). Quanto alla decina di novelle per ragazzi composte da Albertazzi, se trovano conferma i tracciati già collaudati nella precedente produzione (La Fragolina – Il paggio premuroso – La fola di Gian Portento – Il cavaliere calunniato – Il Nano giallo – La trottola meravigliosa), è anche possibile constatare una propensione all’immaginario avventuroso ed esotizzante (Arlecchino nelle Indie – La Dama di Stavore – Sharp il filibustiere – Il sassolino di fuoco).
Una terza e ultima raccolta, I racconti di Corcontento (Milano, Treves, 1922), ha goduto dell’indubbio privilegio di essere graficamente commentata da Gustavo Rosso in arte Gustavino (1881-1950), conosciuto, oltre che per le collaborazioni con periodici come il Corriere dei Piccoli, per la direzione artistica della prestigiosa collana La Scala d’Oro, della UTET, e per le tante illustrazioni di classici della letteratura, dal Circolo Picwick al Peter Pan, dai Promessi Sposi alle Confessioni d’un italiano.
Come richiesto da un diffuso copione, quando la letteratura scritta si addentra nei territori dell’oralità, i racconti di Corcontento sono presentati come frutto di un trafugamento realizzato in dieci domeniche di villeggiatura a Monteronco, acquattandosi in clandestinità dietro una siepe e trascrivendoli mentre, sollecitato dalle pressanti, musicate e chiassose richieste fabulatorie di una dozzina di ragazzi, si esibisce un gaudente narratore rurale di sapore rabelesiano, Naborre Gallucci, per l’appunto il sedicente Corcontento: Cinquant’anni ho sulla schiena / e son grande, grasso e grosso; / ho un faccion da luna piena, / tondo tondo, rosso rosso; / e la gola ho seppellita / sotto un lardo alto sei dita… Ritratto che peraltro si adatta bene allo stesso Albertazzi.
Personaggi, ambienti e trame narrative proseguono il percorso degli altri volumi: ancora esempi di un personale bestiario morale (La capra e il cane, L’Asino dell’acquaiolo, La gatta di Persic), ancora ricostruzioni d’epoca (La farina d’oro, Il cocomero degli Speranzini, ma soprattutto Il Cammello ballerino e Il granatiere di Napoleone, che riprendono spunti e ambientazioni storiche dell’Asino morto, del 1913), ancora fanciulli marginali e, seppur rivisitato, ancora il retaggio popolare di tradizione orale (Il socio di Zeffirino, Pierón senza paura, L’Asino dell’acquaiolo, quest’ultimo con echi dalle leggende plutoniche dell’Alhambra di Washington Irving).
Dopo una lusinghiera sequenza concentrata in otto anni e tanta abbondanza figurativa (Chiostri, Scarpelli, Gustavino, Riccobaldi), per la fiabistica di Albertazzi arriverà anche un riconoscimento accademico estero, sebbene tardivo (1942) e piuttosto austero: una terza edizione di Cammina, cammina, cammina…, ridotta e per niente illustrata, con scelta e annotazioni di Max Grütter, inclusa nella «Collezione di Testi Italiani» (vol. 12) della casa editrice A. Francke di Berna, con metà delle novelle originarie (La Fragolina – Il cavaliere calunniato – La trottola meravigliosa – La Dama di Stavore – Il sassolino di fuoco).
Se adesso si passa ai racconti di Virgilio Brocchi, non è certo per mutare prospettiva di osservazione. Anche in questo caso, alcuni aspetti conosciuti attraverso i suoi più noti romanzi sono dispiegati nella Storia di Allegretto e Serenella (Mondadori 1920 e ss.): a partire dalla tendenza a concepire cicli che si sviluppano in più volumi, come avvenuto per I romanzi dell’isola sonante (1911-1920), Il ciclo del figliuol d’uomo (1920-1928), I casti libri delle donne che mi hanno amato (1924-1931), L’ansia dell’eterno (1932-1934), I Romanzi del Piacere di Raccontare (1925-1942).
Nelle vicende di Silvano, detto Allegretto, e di Renata, detta Serenella, l’espansione narrativa investe il corso centrale dell’opera, con una ‘cornice’ costituita dalle fasi di crescita dei due protagonisti, che li portano a imbattersi di continuo in avventure e altri personaggi (umani e animali); a loro volta pretesto per lo sviluppo di altri racconti realmente vissuti oppure legati a circostanze finzionali (intrattenimenti con nonni, zie, maestre o narratori ambulanti, visite al circo o al teatro dei burattini ecc.): un susseguirsi di gente che per prima cosa evoca storie ai bambini e li coinvolge in canti e altri giochi ritmici con le parole. E questa incessante reazione a catena si è evidentemente riverberata anche nell’intricata avventura editoriale di questo corpus infantile mondadoriano e del suo parallelo tracciato grafico.
Nel primo volume, L’alba (1920), entra in scena Renata, bambina piccina, vispa, ma così dolce e ridente che i suoi parenti la chiamavano Serenella. Giusto qualche decina di pagine, per presentare il personaggio e fargli apprendere la sconcertante novità familiare: l’arrivo di un fratellino, con tutti gli immaginabili mutamenti del suo monopolio affettivo e del suo equilibrio interiore, descritti da Brocchi con la dovizia psicologica dispiegata nei drammi adulti. Ma Silvano, questo il nome del neonato, costituirà per la sorella il contraltare della sua crescita, indicando implicitamente il nucleo pedagogico dell’intero ciclo; Silvano che, solo alla conclusione del primo libro, e alla soglia dell’età scolare, riceverà il battesimo favolistico dalla sua maestra Lidia: vedendolo con gli occhi lustri e la boccuccia ridente, vispo e cinguettante come una trottola che prilla e canta, gli disse: – Sei proprio un bambino festoso: metti allegria a guardarti: sei proprio Allegretto, tu.
Il secondo libro, Santa Natura (1921), ruota attorno a una villeggiatura estiva sulle Alpi, alle scoperte avventurose di un mondo diverso, rispetto alla loro Nervi, alla Riviera ligure di Levante e ai mille espedienti infantili per il trascorrere delle giornate; espedienti, come s’è detto, soprattutto narrativi, l’uno dentro l’altro incapsulati.
Il terzo, Piccoli amici (1922), innesca ulteriori metamorfosi con il trasferimento della famiglia in un altro quartiere, l’abbandono della vecchia casa, della scuola, e soprattutto degli amici, proprio mentre comincia l’età dei legami più duraturi. E così la narrazione diventa campionario di ritratti memorabili (Peppino, Guiduccio, Mariella), panoramica di relazioni emulative che affinano i caratteri.
Questi primi tre movimenti della Storia di Allegretto e Serenella beneficiano di una prima lussuosa edizione (1920-22) in cui convivono in buona armonia stilistica Duilio Cambellotti (1876-1960) ed Enrico Pinochi (1900-1965). Per riferirsi al poliedrico Cambellotti, apprendista intagliatore e decoratore, insegnante nelle scuole d’arte applicata, cultore di arte classica, designer di mobili, lampade e gioielli, pittore, illustratore, costumista, scenografo, insegnante accademico di ornato modellato, progettista d’interni, non si sa da dove cominciare. Ricordiamolo almeno come curatore grafico della collana «La Biblioteca dei Ragazzi» dell’Istituto Editoriale Italiano di Milano. Versatile è anche il percorso di Enrico Mario Pinochi, dall’apprendistato con Giulio Aristide Sartorio alle collaborazioni con La Lettura, il Corriere dei Piccoli e «La Scala d’Oro», fino all’approdo al mondo dei fumetti, come direttore artistico per la Mondadori e come disegnatore di Federico Pedrocchi per le sue discusse “traduzioni” di Paperino e Topolino.
Tra il 1921 e il 1924 è pubblicata una versione rivolta alle classi elementari (poi riedita nel 1945): Allegretto e Serenella. Corso di letture scolastiche, coautori V. Brocchi e Andrea Gustarelli, con i soli disegni di Cambellotti. Mentre a partire dalla seconda edizione integrale del 1927-1929, e poi nelle successive dal 1931 al 1957, sempre Mondadori, le illustrazioni saranno affidate a Vsevolod Nikulin (1890-1968): di origini ucraine, in seguito agli sconvolgimenti rivoluzionari si trasferisce negli anni Venti in Italia, proprio nella Nervi di Virgilio Brocchi, con il quale nasce l’amicizia che è alla base della loro collaborazione. Importanti case editrici italiane (Hoepli, Paravia, Mondadori, UTET, Istituto Italiano d’Arti Grafiche) e determinanti manifestazioni artistiche (Esposizione della Società per le Belle Arti di Genova, Biennale di Venezia, Mostra Internazionale di Arti Decorative di Monza, Esposizione internazionale dell’acquerello presso la Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano) gli offriranno le principali occasioni per lasciare emergere il suo retroterra figurativo orientale.
Nel 1948 arriva Zebrù, il quarto e ultimo movimento del ciclo, con l’irruzione nella vita dei bambini del cane Terranova che dà il titolo al libro e che ripropone dinamiche simili a L’alba, specie nelle vicende di crescita del cucciolo, scatenatrici di aneddoti. Nella giostra di narratori si mostrerà anche lo stesso pittore Nikulin, con effetti da mattatore: interviene come personaggio della storia, di cui continua a essere illustratore e in cui, pertanto, si auto-ritrae.
Lo Zebrù del 1948 sarà l’unico volume non mondadoriano, perché uscirà per le edizioni Genio, sempre di Milano, e con il sottotitolo Storia di un cane, il grande amico di Allegretto e Serenella. Nel 1957 sarà tuttavia riproposto con gli altri tre in un cofanetto Mondadori, a copertina rigida, che in tal modo diventa Tetralogia di Allegretto e Serenella. Atto monumentale definitivo.
Dialoghi Mediterranei, n.30, marzo 2018
[*] Viene qui ripresa, ampliata e modificata, una parte di Fiabe al Regio Istituto Tecnico. Un repertorio di narrativa per l’infanzia e i suoi illustratori, apparso nel primo dei cinque volumi di Antologia Centocinquantenaria, a c. di G. Giacobello, Bologna, Provincia di Bologna – Istituto Crescenzi Pacinotti, 2014.
Riferimenti bibliografici
Per un accostamento ad Alfredo Albertazzi e Virgilio Brocchi si rimanda alle due voci del Dizionario Biografico degli Italiani (HYPERLINK “http://www.treccani.it/”www.treccani.it), di A. Asor Rosa (1960) e R. Bertacchini (1972); si veda inoltre: introd. e apparati critici in A. Albertazzi, Il Carducci in professione uomo, a c. di S. Scioli, Lanciano 2008; G. Pandini, Virgilio Brocchi: l’uomo, l’opera, «Italianistica», XII/2-3; A. Cortellessa, Confidare ancora nei galantuomini?, «DoppioZero», 2 nov. 2011; O. Reggiani, Soggetti smarriti. Adolfo Albertazzi fra storia, letteratura e insegnamento, «Il castellano.net», 2012. Per gli illustratori: R. Mercuri, La vita e l’opera di Gustavino, Roma 1960; P. Pallottino (a c. di), C’era una volta un mago. Carlo Chiostri, Bologna 1979; P. Pallottino, Gustavino, Roma 1989; L. Salvatori Rosso (a c. di), Gustavino attraverso la critica, Anzola d’Ossola 1989; AA.VV., Riccobaldi. Segni in più e segni in meno, Genova 1999; S. Alligo, Vsevolode Nicoùline. Dal Mar Nero al Mar Ligure, in Pittori di carta: libri illustrati tra Otto e Novecento, Torino 2005; P. Pallottino, Duilio Cambellotti. Disegni, illustrazioni, libri, Torino 2008; A. Faeti, Guardare le figure. Gli illustratori italiani per l’infanzia, Roma 2011; P. Pallottino, Storia dell’illustrazione italiana, Firenze 2011; G. Bacci (a c. di), Da Pinocchio a Harry Potter. 150 anni di illustrazione italiana dall’archivio Salani, Milano 2012. Molto utili i siti G. Bacci (a c. di), Archivio Salani: illustrazione libraria tra Ottocento e Novecento (HYPERLINK “http://www.salani.it/”www.salani.it); Fondazione Franco Fossati – Centro studi e documentazione sul fumetto, la comunicazione e l’immagine (HYPERLINK “http://www.lfb.it/”www.lfb.it); M. E. Carbognin-A. Levi-L. Madorsky (a c. di), Letteratura dimenticata (HYPERLINK “http://www.letteraturadimenticata.it/”www.letteraturadimenticata.it); Russi in Italia: dizionario (HYPERLINK “http://www.russinitalia.it/”www.russinitalia.it).
________________________________________________________________________________
Giuseppe Giacobello, ha conseguito il dottorato di ricerca in Etnoantropologia all’Università di Palermo e oggi insegna discipline letterarie al Liceo Artistico “F. Arcangeli” di Bologna. Tra le pubbl.: Il paternoster di san Giuliano. Recitazioni ritmiche e simbolismo divinatorio in Sicilia, Palermo, 1999; Esegetica ventura. Un’esperienza didattica con la letteratura potenziale, in AA.VV., Immagine>parola, Modena 2003; Frontiere mitiche: leggende plutoniche e fiabe del sottosuolo, in AA.VV., La fiaba e altri frammenti di tradizione popolare, Firenze, 2006; Codici dell’incantesimo. Storie di trovatura da Pitrè a Camilleri, in AA.VV., Pitrè e Salomone Marino, Firenze, in corso di stampa.
________________________________________________________________