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Dalla religione alla religiosità, dalla certezza della fede alla incerta ricerca del sacro

61nfujwvfl-_ac_uf10001000_ql80_di Salvatore Abbruzzese 

Le premesse del problema

Se la dimensione religiosa, come è noto, è oggetto ricorrente di analisi da parte della sociologia fino a costituirne una branca specifica all’interno di quest’ultima ciò accade per almeno due ragioni. La prima è rintracciabile nella storia stessa del pensiero sociologico là dove, dopo avere considerato la dimensione religiosa come un residuo della società premoderna, due dei maggiori esponenti di questa disciplina – Emile Durkheim (1858-1917) e Max Weber (1864-1920) – hanno finito con il porla al centro delle loro rispettive analisi o con l’attribuirle comunque un ruolo di rilievo, inaugurando così una vera e propria tradizione di studi destinata ad una rigogliosa posterità [1].

La seconda è invece individuabile dentro gli studi sulla secolarizzazione, intesa come progressivo distacco dei diversi ambiti di vita dalle religioni, colte e vissute come dottrine di salvezza [2]. Secolarizzazione che, costituendo secondo Troeltsch (1865-1923) uno degli elementi distintivi dello spirito del mondo moderno, fa delle trasformazioni subite dalla dimensione religiosa e in particolare del suo ridimensionamento uno dei criteri distintivi del mutamento culturale caratterizzante quest’ultimo.

Così, se dalle prime analisi di Durkheim e Weber si è originata una tradizione di ricerca tesa a comprendere le conseguenze dell’adesione ad una singola religione in termini di orientamento dell’esistenza personale nonché delle pratiche di vita che, all’interno di ciascuna fede, i credenti finiscono per adottare, dagli studi sulla secolarizzazione invece è  nata e si ripropone costantemente la domanda su cosa resti della religione, in che forme eventualmente sopravviva, con quale intensità influenzi i valori e, attraverso questi, la società stessa.

Questo schema, qui semplificato in una forma volutamente sintetica, è andato evolvendosi a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso. Mentre lo studio sulle conseguenze del credere religioso è andato dirigendosi sia verso gli studi di comunità, associazioni e fraternità sviluppatesi all’interno delle religioni storiche, sia verso nuovi culti, espandendo così il panorama dell’offerta religiosa; lo studio sul “cosa resta” della religione, dalla semplice rilevazione delle credenze e delle pratiche, si è invece indirizzato verso l’area più ampia della religiosità. Con questo termine è possibile intendere la sensibilità del soggetto verso la dimensione spirituale in quanto tale, non più totalmente ancorata ad una singola religione e ancor meno rintracciabile nel solo universo della pratica religiosa, ma che nondimeno si rivela capace di influenzare le letture dell’esistenza che lo orientano e i valori che lo guidano.

1È in quest’ultima prospettiva che sono state realizzate le diverse indagini nazionali. Nella maggioranza dei casi lo studio della dimensione religiosa, o ancora della più generica “spiritualità”, è entrato come sezione specifica dentro le indagini complessive sui valori [3] mentre in altri casi si è sviluppato nella forma di un’indagine sistematica [4]. La ricerca sulla Religiosità in Italia realizzata nel 1995 costituisce la premessa del volume di Roberto Cipriani, L’incerta fede. Un’indagine quanti-qualitativa in Italia (FrancoAngeli editore), che ne rappresenta tuttavia molto di più di una semplice riedizione di quell’indagine in quanto mette mano ad un’evoluzione epistemologica e metodologica.

Così non c’è da stupirsi se già l’introduzione in quanto tale può in realtà costituire un testo a sé stante di metodologia della ricerca, nel quale non mancano né l’analisi delle radici storiche nel pensiero filosofico, né le sintesi grafiche dei vari passaggi del percorso di analisi dei dati. Del resto parlare di indagine “quanti-qualitativa” è già in sé una scommessa che traduce un problema reale: quello della irriducibilità della dimensione religiosa alla sottoscrizione di proposizioni dichiarative, quando non addirittura di valori (“credo in”) o dei gradi di accordo/disaccordo con le diverse credenze normative (“credo che”). Molto più rilevante è andare alla ricerca degli interrogativi lasciati irrisolti, dei nodi problematici, delle “porte aperte” ad un senso che si stenta a definire benché se ne avverta l’esigenza. Entrare in questa seconda dimensione, di fatto interiore e non sempre percepita in modo esplicito, implica ricorrere a strumenti di ricerca più sensibili, capaci di cogliere più l’emergere concreto della domanda che la presenza impalpabile di una risposta.

In pari modo anche il capitolo conclusivo esonda dai limiti canonici nei quali dovrebbe essere circoscritto per definirsi con il termine di “Conclusioni e previsioni”, quasi a testimoniare la necessità di non chiudere il processo di ricerca arrivando ad una conclusione definitiva. Proprio per questo l’autore non esita a definirlo come un work in progress rivelato del resto dall’insistente ricorrenza del problema metodologico, con continue precisazioni e rinnovate presentazioni.

2Oggetto dell’indagine

Oggetto specifico della ricerca presentata da Roberto Cipriani non è solo la religione, e ancor meno non è solo la religione cattolica. Se i confini geografici e temporali sono chiari in quanto coincidono con l’Italia odierna l’obiettivo è quello di definire le forme e i contenuti della religiosità così come si presenta nell’Italia contemporanea. E non si tratta affatto di una domanda priva di problematicità.

La sociologia delle religioni è infatti da tempo uscita dai portali delle chiese parrocchiali come dai cancelli dei seminari per dirigersi verso quanto si muove extra muros, nell’universo plurale e polisemico della modernità contemporanea. Spiritualità, nebulose mistico-esoteriche, devozioni personali, sensibilità individuali, pronte tutte a riaggregarsi dinanzi a personalità carismatiche capaci di catalizzare quest’universo di speranza e di attesa, riunendolo in momenti estemporanei e provvisori, ma che proprio per questo carattere improvviso ed inatteso del loro manifestarsi, sono fonte del costante interrogarsi degli analisti e restano al centro delle analisi di quest’ultimi.

Si tratta di eventi – dall’exploit di Giovanni Paolo II alla Manif pour tous, transitando per tutti i movimenti religiosi da un lato e le devozioni popolari dall’altro – che sono quindi tanto più interessanti quanto più procedono parallelamente al processo di secolarizzazione che da tempo scuote l’Occidente e che da questo si estende sull’intero pianeta, modificando gli assetti culturali costituiti. Se tutto ciò dà vita a modernità multiple [5] non di meno queste confluiscono in modo spettacolarmente univoco intorno a consumi oltremodo omologanti. Le spiritualità e le devozioni che non cessano di attraversare la società contemporanea convivono con una società secolarizzata, bastante a sé stessa. Mentre sul fronte della società secolare gli acquirenti della società dei consumi non smettono necessariamente di frequentare il proprio personale universo spirituale con il quale continuano ad intrattenere rapporti più o meno significativi e che comunque decidono l’esistenza e la persistenza di una dimensione spirituale per la quale lo stesso universo dei consumi è presente e irrilevante al tempo stesso.

Di una tale dimensione Roberto Cipriani è perfettamente cosciente e l’intero impianto di ricerca, che affianca analisi quantitativa e analisi qualitativa, è interamente volto a misurare l’estensione e a rintracciare i contenuti di questo sacro “extra moenia”. Esiste cioè una sensibilità spirituale che se, spesso, nemmeno si definisce tale, tuttavia non esclude un’attitudine di ricerca, di “non espulsione” di quel sentimento spirituale che, se non va proprio alla ricerca del “quaerere Deum” menzionato da Benedetto XVI [6], vuole decisamente lasciare una porta aperta – quando non addirittura spalancata – ad una possibilità che il divino acceda e possa sorprenderlo.

4La ricerca e il suo metodo 

L’idea di realizzare la presente ricerca nazionale sulla dimensione religiosa affiancando al questionario standard un’indagine di tipo qualitativo non ha pertanto nulla di estemporaneo, ma nasce da una manifesta trasformazione del rapporto tra religione e società. Occorre decisamente andare al di là dell’analisi della frequenza alle pratiche liturgiche e della crisi delle vocazioni attestata dal profluvio di stanze vuote dentro i giganteschi seminari progettati e costruiti negli anni Cinquanta del secolo scorso, sulla scia dell’entusiasmo dell’Ecclesia Triumphans di Pio XII, per immergersi invece nei contenuti di senso attraverso i quali vengono strutturati gli snodi fondamentali della vita dell’individuo.

Metodologicamente la parte qualitativa dell’indagine unisce l’intervista del tutto aperta (del tipo UNI) all’intervista di tipo MIX «parzialmente e inizialmente libera e successivamente guidata su sette temi chiave di vita quotidiana e festiva, felicità e dolore, vita e morte, Dio preghiera, istituzione religiosa e Papa Francesco». L’intento di una simile metodologia appare evidente e si può provare a riassumerlo nella domanda: qualora abbia una vitalità propria, come e dove emerge la dimensione della spiritualità? 

Roberto Cipriani rincorre instancabilmente tutti gli studi che hanno affrontato il problema di una tale coesistenza tra universo moderno laico-secolare e costante riapertura delle domande che sono alla base di quello che la tradizione antropologica cristiana definisce come “senso religioso”. Ciò lo conduce nell’area impalpabile della credenza esperita e trasmessa prima ancora che il soggetto intraprenda un qualsiasi cammino di riflessione e di relazione volontaria con gli altri significativi all’interno di una specifica comunità. Tale area dell’esperienza non necessariamente conduce il soggetto ad un’appartenenza definita, ma può anche rifluire verso l’indifferenza oppure, molto più spesso, fare di questa stessa esperienza iniziale il luogo stabile nel quale soffermarsi e al quale costantemente ritornare: una vera e propria “zona intermedia” tra il rifiuto e l’adesione, a partire dalla quale l’universo spirituale è osservato senza che si verifichi nessun accesso reale, nessuna adesione esplicita.

Di tutto questo mondo, fatto di non praticanti e di parzialmente o diversamente credenti, Roberto Cipriani insegue autori e piste di ricerca, costantemente consapevole di collocarsi in un cantiere dal quale stentano a emergere le costruzioni finali. Roberto Cipriani correla ogni riflessione con i riferimenti a quanti si sono impegnati sulla sua stessa strada, rifuggendo da qualsiasi citazione d’ufficio così come da qualsiasi omaggio di circostanza ai classici solitamente menzionati. Al contrario immette il lettore in un florilegio di studiosi spesso sconosciuti ai più, ed è anche questo uno dei valori aggiunti dell’intera opera.

6L’importanza del percorso

La ricerca mostra una “fede incerta” che appare tanto più rilevante quanto più conferma e rende perfettamente comprensibile proprio questa convivenza-continuità tra una società immancabilmente laica e secolarizzata da un lato ed un continuo riapparire di spiritualità diverse che, benché non cambino in nulla il processo di secolarizzazione, rivelano una caratteristica definitiva di quest’ultimo, riassumibile nei termini di una sua sostanziale incapacità normativa.

Eppure detto questo, enunciando cioè il dato finale – quello appunto della fede incerta – si tradirebbe l’intento del libro, il cui merito invece è soprattutto quello di percorrere un cammino più che di giungere alla meta. Ci si imbatte pertanto in una serie di risultati intermedi che consentono chiarimenti ed aiutano a definire ambiti altrimenti lasciati nel vago. Così, nell’analisi della “spiritualità e della vita spirituale” Roberto Cipriani individua almeno quattro forme di concretizzazione di questa. La prima è data da «un’esperienza personale, volta a trovare gratificazioni, risposte rincuoranti e significati esistenziali»; la seconda è costituita da un «allargamento dell’orizzonte personale, che si trasforma di fatto in un avvicinamento agli altri…che giunge ad assumere venature interreligiose»; la terza si richiama invece alla «trascendenza… di una divinità non necessariamente identificata come tipica di una confessione religiosa organizzata»; la quarta consiste invece nell’acquisire «energie vitali, forze operative e capacità potenziate, per cui si è alla ricerca di luoghi e modi utilizzabili a tali scopi».

7Non mancano quindi esiti inattesi, come avviene nel caso dei valori dove, accanto al lavoro e alla famiglia emerge il valore dello sport che, correntemente classificato come una pura attività per il tempo libero, trova in quest’ambito una valutazione inattesa. Ma non mancano nemmeno diverse accezioni dei valori in quanto tali. Questi possono essere «qualità positive che conducono ad azioni apprezzabili», riprendendo così il senso attribuito loro da Nathalie Heinich [7]; così come possono essere delle esperienze, delle persone o dei personaggi. È interessante qui la capacità di Roberto Cipriani di risalire dai risultati dell’indagine alle accezioni teoriche. Qualità che gli consente di valorizzare, quasi immediatamente, le dichiarazioni degli intervistati, riconducendole al dibattito teorico nel quale trovano la loro reale misura di analisi.

Proprio una tale metodologia apre lo spazio per interpretazioni ulteriori. Ad esempio, quando l’autore registra la scomparsa dei concetti di Dio e religione tra i soggetti meno giovani (gli intervistati con età compresa tra i 55 ed i 74 anni) non è difficile rilevare in quest’ultimi il lascito di un’esperienza fieramente anticlericale, affermatasi negli anni della giovinezza. Quegli stessi anni settanta segnati nel mondo cattolico anche da una forte contestazione ad intra come Cipriani stesso osserva.

È singolare come, ancora in sede di conclusioni, Roberto Cipriani riprenda i fili di una lettura comparata internazionale, come se i risultati della ricerca rilanciassero il ricercatore ad una nuova rilettura di analisi già archiviate ma che, proprio grazie all’esigenza di interpretare i dati della ricerca, debbano essere recuperate. Il sociologo del presente cede il passo allo storico delle idee che recupera testi e documenti. La ricerca non è affatto inutile quando, in un testo del 1910, R. Cipriani ritrova il fenomeno della contiguità tra una laicizzazione esteriore ed una prossimità interiore. L’autore, Georges d’Avenel, afferma infatti che: «Ve ne sono molti oggi [cioè nel 1910] che si vantano di non avere alcuna fede: ma ne resta loro più di quanto non osino ammettere… I credenti ingenui del passato sono stati sostituiti dagli ingenui non credenti di oggi». Nei fatti già la Francia del 1910 non meno dell’Italia del 2020 brulicava di “scettici devoti”.

11n pari modo Cipriani rileverà con interesse la scelta di Anne-Sophie Lamine [8] di recuperare il pensiero pragmatista di John Dewey del 1934, così come non mancherà di riferirsi ai classici citando Simmel (1906 e 1912) e James (1902). Ancora al momento delle Conclusioni, Roberto Cipriani rincorre implacabilmente tutti gli studi che hanno affrontato il problema della coesistenza tra universo moderno laico-secolare e riapertura costante della domanda alla base di quello che la tradizione antropologica cristiana definisce come il “senso religioso”. Ciò lo conduce nell’area diafana e trasparente della credenza esperita e trasmessa prima ancora che inizi un qualsiasi cammino di riflessione e di relazione con gli altri significativi. Un cammino che forse – e non necessariamente – condurrà il soggetto all’approdo in un’appartenenza definita, ma che molto più spesso farà di questa esperienza primigenia il luogo nel quale soffermarsi e nel quale costantemente tornare [9]. Di tutto questo Roberto Cipriani insegue piste ed autori, costantemente consapevole di essere in un cantiere frequentato dagli altri studiosi [10].

Benché compaia nelle conclusioni l’incursione di Roberto Cipriani sulla ricerca sociologica in Francia non è una semplice parentesi. Sono presentati i risultati dei lavori di Linda Caille [11], dove accanto al declino inesorabile dei praticanti si rileva l’aumento degli adulti che si fanno battezzare in quanto convertiti, nonché l’incremento dei partecipanti ai pellegrinaggi. In pari modo sono analizzati i risultati delle indagini di Jean-François Barbier-Bouvet [12] e di Bréchon, Gonthier e Astor [13]. Quest’ultima indagine, volta ad analizzare i valori tra i francesi, consente un confronto diacronico con indagini precedenti volte nella stessa direzione.

12Ed è in ambito diacronico che Roberto Cipriani recupera anche le ricerche italiane, in particolare quella di Clemente Lanzetti [14]. Quest’ultima ripercorrendo i dati europei dell’indagine EVS del 2009 mira ad individuare il “tasso di umanesimo” misurando l’adesione a valori come la democrazia, la laicità dello Stato, la libertà di parola, l’accoglienza del diverso, l’educazione dei figli all’altruismo.  In pari modo è tra le ricerche già realizzate che Roberto Cipriani coglie il tema della “fede incerta”. Così ad esempio nella già citata ricerca di Anne-Sophie Lamine sottolinea come in quest’ultima emerga l’importanza di guardare alle credenze religiose in chiave di ricerca di certezze, più che di adesione chiara e completa all’insieme dogmatico già esistente. In modo ancora più chiaro Roberto Cipriani vede il “punto centrale dell’approccio sociologico” nel passaggio “dall’esperienza (base fondamentale della religiosità e della spiritualità) alla narrazione delle memorie e delle storie di vita.

In tal modo la credenza si esplicita in tre modalità: «forme esperienziali e di auto-costruzione, forme di auto-trascendenza e forme di collegamento con gli altri e la natura».  Si arriva così a «tre ambiti vitali della religiosità (più che della religione-istituzione): la relazionalità degli individui con la natura esterna, dei soggetti con i loro destino futuro e degli attori sociali con il mondo umano circostante. Tutto questo però è soffuso di incertezza». Una tale prospettiva diventa il criterio che orienta l’intera osservazione dei dati dove emerge «un continuo andirivieni fra appartenenza e distacco, credenza e non credenza, fede e dubbio… Il risultato finale è un minimalismo della pratica religiosa od una sua assenza, insieme con un probabilismo consapevole o inconsapevole della credenza o della non credenza ed un utilitarismo immanentista della vita».

13Considerazioni critiche

Non si può non concordare con queste conclusioni, non solo perché vengono ribadite dai risultati dell’indagine, ma anche perché sembrano coincidere con l’esperienza comune. Ma c’è di più. Gli opportuni e costanti rinvii di Roberto Cipriani ad autori del Novecento lo avvicinano molto ad Emile Poulat. Con il sociologo francese “morso dalla storia” Roberto Cipriani condivide l’attenzione ai precedenti storici, a quanto le analisi del presente si trovino spesso a recuperare risultati già emersi tra gli analisti della dimensione religiosa del primo Novecento: «questa storia che crediamo così lontana – soleva dire Poulat – salvo poi scoprire che risale a ieri o all’altro ieri».

Il recupero delle analisi trascorse porta qui a far valere, in modo quasi didascalico, la nota affermazione di Gabriel Le Bras del 1963 [15] secondo il quale per dimostrare che il mondo si stesse scristianizzando bisognava prima provare che questo fosse stato precedentemente un mondo cristiano. Una volta che ci si colloca sul piano storico e si scoprono in autori considerazioni e analisi che non hanno perso assolutamente la loro attualità, le domande si fanno insistenti. Ma questo significa anche una sostanziale permanenza – e quindi una parziale autonomia – della dimensione religiosa rispetto ai singoli contesti che se la influenzano dall’altro sono ben lontani dal condizionarla totalmente. Solamente ammettendo un simile principio, un’analisi concernente la dimensione religiosa nella Francia del 1910 può avere una sua validità nell’Italia del 2017. Ciò accade soprattutto se si segue Roberto Cipriani nella sua attenzione alla dimensione dell’esperienza, colta come «base fondamentale della religiosità e della spiritualità».

16Seguendo il suo percorso ci si colloca inevitabilmente sul piano di una sensibilità personale dalla quale emergono domande rilevanti: e se la fede sia stata sempre, in realtà, una fede incerta? E se il dubbio, la rielaborazione personale, il “Dio a modo mio”, per riprendere una recente ricerca di Rita Bichi [16], non fossero stati sempre il tessuto reale di ogni dimensione religiosa? Un tessuto di incertezza che solo un universo ancora distante dalla scienza moderna, la solidità dell’istituzione ecclesiale e l’efficacia della presenza degli ordini religiosi e delle congregazioni permettevano di non emergere alla superficie, di restare quietamente sommerso nel foro della coscienza interiore per affermarsi all’esterno solo come fede certa, sempre e comunque? I riferimenti di Anne-Sophie Lamine alle categorie di John Dewey, ma ancora di più i riferimenti di Roberto Cipriani all’opera di Simmel e di James conducendo a porre attenzione sull’esperienza religiosa come dimensione interiore, rendono una simile domanda del tutto plausibile; tanto più in quanto rivaluta una forte tradizione all’interno della sociologia delle religioni che è riassumibile nella categoria dell’esperienza del sacro [17].

Se si discute da oltre sessant’anni se ci sia o meno una reale “eclissi del sacro” [18] visto che, al traguardo del 2000, autori come Peter Berger e Danièle Hervieu-Léger rispondono a questa domanda in modo diametralmente opposto l’uno dall’altra [19], è invece fuor di dubbio che, a tramontare, sia stata una vera e propria civilizzazione: quella cristiana [20]. Le stesse manifestazioni di effervescenza religiosa nella Francia contemporanea [21], studiate da Philippe Portier e Céline Béraud [22] e rivisitate da Raison du Cleziou [23] più che attestare qualsiasi ritorno del sacro, manifestano le ricomposizioni militanti di un cattolicesimo che si colloca in uno scenario culturale che lo ignora quando non addirittura lo rifiuta.

17Se vi sono dubbi sull’importanza della dimensione spirituale nella società della razionalità strumentale, non ve ne sono affatto sul tramonto del cristianesimo come civilizzazione. È questo, con la sua scomparsa, a non marcare più in alcun modo la trionfante società laica e secolarizzata [24], mentre sensibilità religiose, appartenenze, quando non addirittura veri e propri movimenti di rinascita non mancano di affiorare. Di fatto, prima ancora della fede a rendersi incerta è certamente lo scenario sul quale si configurava ad essere scomparso. Quello scenario che la accoglieva e le consentiva di consolidarsi in fede certa, lasciando l’agnosticismo a pochissimi, si è da tempo disciolto.

È sconcertante come sia proprio la più violenta attualità a rivelarlo. L’eclatante solitudine di Papa Francesco una volta condannata qualsiasi corsa agli armamenti dinanzi al conflitto che, a partire dal marzo del 2022 ha cominciato a flagellare l’Ucraina e che minaccia concretamente di inghiottire l’intera Europa, è assolutamente eloquente. Questo pontefice, che aveva ricevuto il plauso e gli elogi dell’Unione Europea nel 2016 che gli aveva conferito il premio Carlo Magno, è stato messo da parte da quest’ultima non appena i suoi annunci sono andati in rotta di collisione con la strategia dominante che l’Unione Europea ha scelto di perseguire, rivelando così il primato della ragione secolare su qualsiasi valore religioso che le si volesse anteporre.

25Ci possono certamente essere singoli momenti di condivisione se non addirittura un franco riconoscimento del valore dei principi cristiani. Nella sua Breve apologia per un momento cattolico, un filosofo dichiaratamente credente come Jean-Luc Marion, mostra come gli attentati islamici abbiano reso visibile quanto i cattolici in terra di Francia non solo continuino a costituire il gruppo sociale più consistente, ma costituiscano anche il vero sostegno della laicità, in quanto sono gli unici a orientare e strutturare in modo solido i valori della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità [25].  E ciò al punto tale che sono le istituzioni laiche stesse a riconoscerne il ruolo quando affermano che chi attenta ad un sacerdote o ad un cattolico perché cattolico, attenta alla Repubblica stessa.   

Di fatto se la cristianità è definitivamente scomparsa come civilizzazione, la società laica può raccoglierne l’eredità culturale e incamerarne quei valori che la prima possiede e che la seconda non può produrre [26]. Ciò nonostante, come dimostra la paradossale conflagrazione del conflitto russo-ucraino, le istituzioni secolarizzate hanno una logica propria che non vuole, non sa, né può ricomporsi con i principi antropologici fondamentali della dottrina cristiana. Nello stesso tempo, mai come a partire dalla crisi della fiducia nel progresso e a quella nella scienza, il dubbio e l’incertezza hanno finito con il caratterizzare sempre di più l’ethos contemporaneo.

La fede nel Dio cristiano e nella dottrina di salvezza che i suoi profeti hanno annunciato, una volta dinanzi ad un universo così profondamente e definitivamente lontano da quella cristianità nella quale si è riflessa e dalla quale ha tratto per secoli, le premesse per le proprie certezze, non può manifestarsi se non nella piena incertezza. La ricerca di Roberto Cipriani coglie quindi nel segno quando esce al di fuori della querelle tra quanti vedono l’affermarsi della secolarizzazione intesa come declino della pratica e della credenza religiose e quanti al contrario vedono le persistenze del sacro e quindi le sue forme in un’epoca di crisi [27]. Il moderno desiderio di Dio non può non esprimersi che nelle forme dell’incertezza e del dubbio; specialmente quando l’universo culturale nel quale avrebbe dovuto rispecchiarsi manca all’appello.

26Vista da questa prospettiva la fede incerta, vivendo nella società delle incertezze dove persino il principio della pace diventa relativo e il criterio di giudizio sulle invasioni militari si rivela essere a geometria variabile, può essere guardata anche dalla prospettiva opposta. Questa fede infatti, nella sua incertezza, non è affatto un residuo, bensì l’inevitabile riflesso di una società che a sua volta è incerta, tanto contraddittoria nei principi quanto relativista nei valori.

La presenza attiva dei cattolici dentro una società secolarizzata e disincantata al tempo stesso, non muta il segno di quest’ultima che resta, nei fatti, assolutamente e sovranamente estranea al fatto religioso. La credenza religiosa, non trovando più un territorio nel quale è immediatamente riconosciuta, deve vivere, in qualche modo, di vita propria, fondandosi solo sui convincimenti personali. Proprio per questo non può non esternare quel dubbio all’interno di sé che sempre l’ha caratterizzata e che solo un territorio, una cultura e un’istituzione religiosamente codificati le consentivano invece di superare vivendo tutto sulla matrice della certezza [28].

L’incerta fede è pertanto speculare ad una secolarizzazione altrettanto debole. Fede e ragione vivono entrambe la stessa assenza di certezze. Se il divenire dell’uomo è sempre meno riassumibile nella sintesi teologica di una storia della salvezza, nondimeno questo stesso divenire appare altrettanto incerto, anche quando viene inteso in chiave laica, dove il “nuovo”, segnato dal progresso, dovrebbe orientare normativamente la storia (Séguy).

ultimo1La fine del mito del progresso, quindi il depotenziamento della modernità stessa come esaltazione del nuovo, non implicando affatto la fine della modernità ha comunque rivelato il totale disincanto di quest’ultima [29]. Nell’inefficacia delle appartenenze e dei legami sociali e nel relativismo morale dominante, il singolo resta il responsabile ultimo delle scelte che compie e, in queste condizioni, la fede non può non essere incerta.

Il testo di Roberto Cipriani, che si colloca alla fine di un percorso di ricerca ventennale, non è solo l’esposizione dei risultati di un’indagine ma è anche il tentativo ostinato di precisare l’oggetto e di moltiplicare i metodi per analizzarlo. Non deve pertanto stupire l’acribia con la quale l’autore ricostruisce il percorso metodologico che lo ha portato ad allestire quello che si configura come un vero e proprio cantiere di lavoro, una miniera di informazioni sulla religiosità in Italia. Miniera dalla quale molto è stato portato alla luce e non poco può essere certamente ancora valorizzato. L’esteso materiale di ricerca riportato da Roberto Cipriani costituisce, proprio con il suo carattere di opera aperta, un contributo importante di informazioni e di analisi.

Questa ricerca tuttavia, rivelando la condizione di incertezza come la caratteristica dominante di quella che un tempo fu fede certa, segna anche un punto di non ritorno. Ciò spiega tanto il divampare della dimensione religiosa in movimenti estesi ed inattesi (come attesta Peter Berger), quanto e all’opposto, il suo sciogliersi dentro il più ampio bacino dell’incertezza moderna (come attesta Danièle Hervieu-Leger), alimentando così una laicità che, al di là della gestione delle emergenze economiche, politiche, sociali ed educative, deve vivere sempre di più in un’eterna contingenza, senza approdi e, ovviamente, senza certezze.

Dialoghi Mediterranei, n. 68, luglio 2024
Note
[1] R. Cipriani, Nuovo Manuale di Sociologia della Religione, Borla, Roma, 20092
[2] A titolo di esempio cfr. David Martin, General Theory of Secularization, London, Blackwell, 1978 e Karel Dobbelaere, “Secularization: A multi-dimensional concept” in Current Sociology 1981,
[3] Cfr. C. Calvaruso, S. Abbruzzese, Indagine sui valori in Italia, Torino, SEI, 1985; R. Gubert, Persistenze e mutamenti dei valori degli italiani nel contesto europeo, Trento, Reverdito, 1992; R. Gubert, G. Pollini, Valori a confronto: Italia ed Europa, Milano, FrancoAngeli, 2006; G. Rovati (a cura di), Uscire dalla crisi. I valori degli italiani alla prova, Milano, Vita e Pensiero, 2011; G. Pollini, A. Pretto, G. Rovati, L’Italia nell’Europa: i valori tra persistenze e trasformazioni, Milano, FrancoAngeli, 2012;
[4] V. Cesareo, R. Cipriani, F. Garelli, C. Lanzetti, G. Rovati, La religiosità in Italia, Milano, Mondadori, 1995.
[5] Cfr. Shmuel N. Eisenstadt, Comparative Civilizations and Multiple Modernities, London, Brill, 2003.
[6] Cfr. Benedetto XVI, Incontro con il mondo della cultura al collège des Beranrdins, Parigi, 12 settembre 2008.
[7] Nathalie Heinich, Des valeurs. Une approche sociologique, Paris, Gallimard, 2017
[8] Anne-Sophie Lamine, «Religion as Experience. Dialogue with John Dewey», in Social Compass, 65, 5: 667-683.
[9] Cfr. Salvatore Abbruzzese, Un moderno desiderio di Dio, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010.
[10] Il testo di Roberto Cipriani è pertanto solo uno dei risultati dell’intero progetto di ricerca, che consta attualmente di altre sei pubblicazioni.
[11] Linda Caille, Les cathos. Enquête au cœur de la première religion de France, Paris, Tallandier, 2017.
[12] Jean-François Barbier-Bouvet, Les nouveaux aventuriers de la spiritualité. Enquête sur un soif aujourd’hui, Paris, Médiaspaul, 2015.
[13] P. Bréchon, F. Gonthier, S. Astor, La France des valeurs. Quarante ans d’évolutions, Fontaine, Presses Universitaires de Grenoble, 2019.
[14] Clemente Lanzetti, «L’umanesimo europeo di fronte ai problemi della secolarizzazione, del terrorismo e della sacralizzazione dei conflitti: la prospettiva religiosa”, in Annali di Scienze Religiose, 2018, 11: 17-59,
[15] Le Bras Gabriel, «Déchristianisation: mot fallacieux», Cahiers d’Histoire, volume 1, 1964 : 92-97.
[16] Paola Bignardi, Rita Bichi (a cura di), Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia, Milano, Vita e Pensiero, 2018.
[17] Cfr. François-André Isambert, Le sens du sacré. Fête et religion populaire, Paris, Minuit, 1982
[18] Sabino S. Acquaviva, L’eclissi del sacro nella civiltà industriale, Milano, Comunità, 1961,
[19] Cfr. Peter Berger (éd) Le réenchantement du monde, Paris, Bayard, 2001. Danièle Hervieu-Léger, Christianisme. La fin d’un monde, Paris, Bayard, 2003.
[20] Chantal Delsol, La fin de la chrétienté: L’inversion normative et le nouveau âge, Paris, Cerf, 2021.
[21] Gaël Brustier, Le Mai 68 conservateur, Paris, Cerf, 2014
[22] Céline Béraud, Philippe Portier, Métamorphoses catholiques, Paris, Edition de la Maison des Sciences de l’homme, 2015.
[23] Yann Raison du Cleuziou, Une contre-révolution catholique. Aux origines de La Manif pour tous Paris, Éditions du Seuil, 2019
[24] Cfr. a tal proposito Guillaume Cuchet, Comment notre monde a cessé d’être chrétien: Anatomie d’un effondrement, Paris, Seuil 2018.
[25] Jean-Luc Marion, Breve apologia per un momento cattolico, Brescia, Morcelliana, 2021.
[26] Una tale tesi secondo la quale «lo Stato liberale, secolarizzato, vive di presupposti che esso di per sé non può garantire» espressa da E. W. Böckenförde nel suo Diritto e secolarizzazione. Dallo Stato moderno all’Europa unita, Laterza, Roma-Bari, 2010: 53 è stata notoriamente sviluppata da Gian Enrico Rusconi nel suo Possiamo fare a meno di una religione civile? Bari-Roma, Laterza, 1999.  
[27] Il riferimento esplicito va ovviamente a Franco Ferrarotti ed ai suoi studi che Roberto Cipriani ben conosce. Cfr. Roberto Cipriani Sociologia e religione in Franco Ferrarotti, in https://www.ciprianiroberto.it/2020/10/30/sociologia-e-religione-in-franco-ferrarotti/ 
[28] Cfr. Pier Paolo Donati, La matrice teologica della società, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010.
[29] Cfr. Yves Lambert, «Religion, modernité, ultramodernité: une analyse en terme de ‘tournant axial’ », Archives de sciences sociales des religions, 109, 2000: 87-116. 

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Salvatore Abbruzzese, dopo essersi laureato a Roma La Sapienza e conseguito il dottorato a Paris-Sorbonne, è stato ricercatore al Censis di Roma e Jean Monnet Fellow all’Istituto Universitario di Fiesole. Dal 1993 insegna all’Università degli Studi di Trento e, attualmente, è professore ordinario di Sociologia dei processi culturali al Dipartimento di Lettere e Filosofia. Autore di un manuale di sociologia dei processi culturali Sociologia dei processi culturali. Scelte individuali e crisi degli ambienti morali (Morcelliana 2023), ha pubblicato Società in cerca di respiro. L’Italia e le pandemie (Morcelliana, 2021) e Effetto don Giussani. Società italiana e senso religioso dagli anni 50 ad oggi ((Morcelliana 2024). Ha infine tradotto e curato l’introduzione dell’edizione italiana del testo di Jean-Luc Marion Breve apologia per un momento cattolico (Morcelliana, 2019) e di quello di Raymond Boudon Credere e sapere (FrancoAngeli, 2021).

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