Nelle grandi sintesi storiografiche è spesso possibile fare emergere gli snodi fondamentali delle vicende umane, sol che l’autore riesca a cogliere i nessi, i percorsi e i crocevia che, contribuendo alla comprensione dei fatti nei contesti spaziali e temporali più ampi, epifanicamente disvelano le realtà di lunga durata d’ispirazione braudeliana. È quanto riesce a fare Antonino De Francesco nel suo ultimo lavoro, Repubbliche atlantiche. Una storia globale delle pratiche rivoluzionarie 1776-1804 (Raffaello Cortina Editore, 2022). In un breve arco temporale si svolgono tre vicende rivoluzionarie (americana, francese e haitiana) che rivelano nella loro fase costitutiva una pluralità di intrecci: proprio questi intrecci, secondo l’autore, valgono da soli «a definire un preciso terreno di studio, dove l’interesse per le pratiche politiche, dominate dalla reciprocità delle influenze, sembra di gran lunga più promettente di quanto non possa invece suggerire la declinazione per ambito territoriale soltanto dei fatti rivoluzionari».
Il lavoro del De Francesco è distinto in tre parti che seguono un ordine cronologico. Nella prima si ricostruiscono genesi e sviluppi della rivoluzione americana (che riguardava solo la metà delle colonie americane), una rivoluzione su cui sin dal 1776 si sviluppò un grande interesse nei Paesi europei. Ma si sottolineano anche i numerosi tratti negativi: intolleranza, contrasti sociali, guerra civile, governo autoritario, e l’insolubile nodo della schiavitù, presenti in modo simile nella Rivoluzione francese. Nell’analizzare la genesi della Repubblica americana l’autore sottolinea che si considera solitamente «la dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, approvata dal Congresso il 4 luglio 1776 a Filadelfia, … uno snodo decisivo nella costruzione della modernità politica (…) «Gli estensori del documento parlavano di eguaglianza fra tutti i cittadini, individuavano tra i diritti dell’uomo la ricerca della felicità e stabilivano che il potere esecutivo dovesse essere improntato a quelle specifiche finalità, salvo essere passibile di venire rovesciato dal popolo sovrano qualora nella propria azione se ne fosse discostato».
Naturalmente fin dal 1776 nel Vecchio mondo si sviluppò una grande attenzione «per le notizie politiche di là dell’Atlantico, di cui danno prova i molteplici scritti presto pubblicati sulle origini del conflitto» e sulle «immediate conseguenze d’ordine costituzionale cui avrebbe condotto la rivolta delle colonie», soprattutto in Francia. Qui arrivò Benjamin Franklin, «l’uomo di cultura americano più conosciuto al tempo, che dopo aver atteso alla stesura della carta costituzionale della sua Pennsylvania raggiungeva la Francia per rappresentarvi il Congresso e perorare la causa di una solida intesa politica e militare».
Nel secondo capitolo De Francesco analizza “il passaggio del testimone” dall’America alla Francia. Egli osserva: «Quando la Convenzione si riunì a Filadelfia per rivedere la prima Costituzione degli Stati Uniti le migliori menti del tempo erano ancora attonite a fronte dei drammatici sviluppi della crisi economica che attanagliava il loro Paese», una crisi che si riverberò poi in una crisi politica. In queste pagine viene esaminata la genesi della rivoluzione di Francia, vista alla luce di quella statunitense «sotto il segno della stabilizzazione costituzionale». Ma poi la rivoluzione di Santo Domingo, dell’estate 1791, che portò nel febbraio del 1794 all’abolizione della schiavitù, «obbligò presto a ripensare il modello rivoluzionario e favorì un radicalismo politico, che portò al crollo della monarchia».
Nella terza ed ultima parte, “Un mondo repubblicano (1794-1804)” vengono studiati i rapporti tra le due Repubbliche, Stati Uniti e Francia, «correlandone le vicende politiche al ritmo degli avvenimenti di Santo Domingo», fino alla drammatica conclusione della spedizione ordinata dal primo console Napoleone Bonaparte per riportare sotto il suo diretto controllo la colonia.
L’autore ha voluto porre a confronto le tre esperienze rivoluzionarie sottolineando le analogie invece delle differenze e «l’impatto che l’esempio degli avvenimenti altrui ebbe sulle pratiche politiche delle singole realtà». Perciò egli ha scelto la vicenda della nascita di Haiti come momento conclusivo di tutto il testo, augurandosi che vi sia una rinnovato interesse per queste vicende lontane. La vicenda di Haiti segnò infatti «il fallimento del sogno atlantico di Bonaparte e avviò una nuova stagione destinata a molto divaricare le tre diverse esperienze politiche».
In conclusione, egli osserva che il sorgere agli inizi del 1804 di un’altra Repubblica nel mondo atlantico, scaturita dall’enorme sommovimento di libertà innescato sia dalla rivoluzione americana che da quella francese, era un sogno effimero. Difatti alla fine dello stesso anno l’incoronazione di Bonaparte come imperatore dei francesi mise fine all’esperimento rivoluzionario avviato nel 1792; e di conseguenza anche per la nuova Repubblica di Haiti venne ben presto “il tempo della punizione” e scese il silenzio «sulla drammatica conclusione del sogno americano di Bonaparte», perché «l’indipendenza della colonia rappresentava un grave vulnus per la sua immagine».
Le tre vicende rivoluzionarie sono state studiate nel quadro di una simile pratica politica, in cui riemerge una storia comune che nel corso dell’Ottocento le storiografie nazionali finirono per nascondere, una storia che l’autore ha voluto riprendere ed analizzare, fornendo anche una “postilla bibliografica” conclusiva di corredo al suo lavoro, per offrire un quadro delle opere di riferimento.
Il lavoro del De Francesco parte dall’esame della vicenda rivoluzionaria americana che ha avuto tanta parte anche nel Regno di Napoli, dove nel 1799 si è costituita la Repubblica Napoletana. Dopo la stipula del trattato di Parigi (1783), quando fu formalizzata l’indipendenza degli Stati Uniti dalla Gran Bretagna, si stabilirono relazioni diplomatiche anche tra la nuova Repubblica e il Regno borbonico, per cui vennero organizzate spedizioni commerciali dalle navi mercantili meridionali mentre gli Stati Uniti manifestavano vivo interesse per il porto franco di Messina.
Nel 1784 Benjamin Franklin, in missione a Parigi, supportato da John Adams e Thomas Jefferson, presentò un piano per stipulare un trattato di commercio con il Regno borbonico: il trattato non fu stipulato ma i rapporti commerciali vennero incrementati. Franklin conosceva bene il Regno di Napoli grazie ad un continuo scambio epistolare con Gaetano Filangieri.
In questo epistolario, conservato a Napoli nel Museo Filangieri, pubblicato da Eugenio Lo Sardo, si evince l’interesse del “padre della patria americano”, per il pensiero dell’illuminista napoletano. Franklin aveva letto l’opera del Filangieri, la Scienza della Legislazione, in quattro volumi, che l’illuminista napoletano, man mano che venivano pubblicati, inviava a Parigi all’amico americano. In questi ultimi anni si è studiato a fondo il rapporto tra Franklin e Filangieri e si è chiarito che molti contributi di Franklin alla Costituzione americana derivano proprio dal pensiero del Filangieri. Poi dagli anni Novanta nel Regno borbonico si sono diffuse le idee giacobine dei rivoluzionari francesi che hanno portato alla costituzione della Repubblica Partenopea.
Anche per questo lo studio del De Francesco sulle Repubbliche atlantiche e sulla storia globale delle pratiche rivoluzionarie è un utile tassello per ripensare alla diffusione di quel crogiuolo di idee sviluppatesi tra fine Settecento e inizi Ottocento, destinato ad aprire la via alla formazione degli Stati moderni.
Dialoghi Mediterranei, n. 54, marzo 2022
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Maria Sirago, dal 1988 è stata insegnante di italiano e latino presso il Liceo Classico Sannazaro di Napoli, ora in pensione. Partecipa al NAV Lab (Laboratorio di Storia Navale di Genova). Ha pubblicato numerosi saggi di storia marittima sul sistema portuale meridionale, sulla flotta meridionale, sulle imbarcazioni mercantili, sulle scuole nautiche, sullo sviluppo del turismo ed alcune monografie: La scoperta del mare. La nascita e lo sviluppo della balneazione a Napoli e nel suo golfo tra ‘800 e ‘900, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2013; Gente di mare. Storia della pesca sulle coste campane, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2014, La flotta napoletana nel contesto mediterraneo (1503-1707), Licosia ed. Napoli 2018.
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