di Rosario Lentini [*]
In quellʼinizio di lungo Ottocento, a Palermo, di stranieri se ne incontravano numerosi; non quanti a Messina, ma molti di più che nel recente passato. Arrivavano a bordo di grandi velieri dai porti dellʼalto Tirreno, da Levante o dallʼAtlantico per affari, diplomazia, studio o per rivivere le emozioni di Brydone, di Goethe e dei tanti meno famosi che seguirono, che scrissero della Sicilia dopo averla attraversata in lungo e largo, quasi fosse lʼEden del Mediterraneo.
Uno di loro, il diciottenne Abraham Gibbs, nato a Topsham sobborgo portuale di Exeter, lungo la costa sudoccidentale dell’Inghilterra, nel 1775 aveva iniziato lʼapprendistato commerciale prima a Livorno e poi a Napoli dove aveva sposato la ricchissima figlia del console generale britannico. Rimasto vedovo, si trasferì a Palermo diventando in pochi anni il finanziere più ricco e prestigioso della città, soprattutto dopo avere assunto lʼincarico di tesoriere del governo inglese che nel decennio 1806-1815 aveva inviato truppe e flotta a difendere lʼIsola da una possibile invasione dellʼesercito napoleonico.
Si guadagnò anche la fiducia del governo americano che lo nominò console nella capitale siciliana. Proprio questo ruolo gli fece conoscere un personaggio geniale e singolare come Constantine S. Rafinesque Schmaltz ‒ di padre francese e di madre tedesca, nato a Galata, sobborgo di Istanbul ‒ stabilitosi a Palermo nel 1805. Fin da giovanissimo si interessava di scienze naturali e, in particolare, di botanica e da autentico poliglotta si appropriò con facilità dellʼitaliano e dellʼidioma siciliano, registrando le denominazioni dialettali di tutto ciò che formava oggetto delle sue ricerche condotte in giro per lʼIsola, studiando i manoscritti e i testi dei naturalisti siciliani.
Gibbs non ebbe dubbi, aveva bisogno di un segretario versatile per gli affari consolari e Rafinesque, che di soldi ne spendeva parecchi, accettò immediatamente quel lavoro che gli permetteva di svolgere pure qualche lucrosa speculazione mercantile. Comprava e rivendeva grandi quantitativi di manna, scorza secca di melograni, cipollaccio, piume di gallina, ddisa (dial. di ampelodesmo), pelli di agnello e di capretto, pruni secchi; esportava sommacco, mandorle e agro di limone e importava ferro e generi di galanteria.
Decise di stampare libri a sue spese e nel 1810 pubblicò due opere, una a Palermo ‒ Caratteri di alcuni nuovi generi e nuove specie di animali e piante della Sicilia ‒ e lʼaltra a Messina, l’Indice di Ittiologia siciliana, quale risultato delle ricerche condotte nel 1809 nelle acque dello Stretto. Per la classificazione di pesci e molluschi si avvalse anche dei termini dialettali utilizzati dai locali. Il 1814 ‒ anno durante il quale ricevette il diploma di membro onorario dell’Accademia delle Scienze di Napoli ‒ fu di intensa attività editoriale, sia per la pubblicazione di due opere in lingua francese, pubblicate a Palermo: Precis des Decouvertes e Principes fondamentaux de Somiologie, sia per la laboriosa realizzazione di un periodico, «Specchio delle scienze», sottotitolato Giornale enciclopedico di Sicilia, di cui riuscì a dare alle stampe 12 numeri accorpati in due tomi semestrali.
Appare quanto mai fondata la considerazione dello stesso Rafinesque, riguardo alla novità del suo periodico rispetto alle produzioni editoriali realizzate a Palermo e nell’Isola fino a quel momento. Basti pensare che il primo numero del Giornale di Scienze, Lettere ed Arti per la Sicilia avrebbe visto la luce nel 1823 e le Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia solo a partire dal 1832. L’operazione era maturata nel corso del 1813; venne, quindi, a collocarsi quasi a conclusione del “Decennio inglese” e tra non poche difficoltà finanziarie, mentre in Sicilia, come nel resto d’Europa, lo scenario politico generale stava ulteriormente cambiando e le prospettive di nuovi rivolgimenti economici generavano incertezza e preoccupazione. Ebbe ancora il tempo e le risorse per potere pubblicare unʼultima monografia nel 1815, Analyse de la Nature, a conclusione della sua permanenza nellʼIsola.
Gibbs e Rafinesque erano due personaggi diversi in tutto, ma si integravano perfettamente e la élite cittadina imparò presto a conoscerli e a frequentarli; chi per soldi, chi per affinità culturale e sete di scienza e chi semplicemente per esterofilia.
Intanto in Europa, dopo Waterloo, si voltava pagina e le truppe inglesi potevano tornare a casa e lasciare che re Ferdinando di Borbone governasse in autonomia il suo regno meridionale e insulare, da quel momento unificato e denominato delle Due Sicilie, con unica capitale a Napoli. Chi non riuscì a salvare alcunché fu, invece, lʼintegerrimo Gibbs che, non solo fu mandato in rovina da uno pseudo amico al quale aveva prestato somme rilevanti per improbabili affari lucrosi ma, soprattutto, non recuperò nulla delle cospicue anticipazioni concesse allʼerario borbonico negli anni di permanenza della corte napoletana a Palermo.
Le premesse della sua crisi di liquidità si posero fin da quando il governo britannico aveva deciso di aumentare il sussidio in favore del regno siciliano, da 300 a 400 mila sterline l’anno, con pagamenti mensili di cui egli veniva incaricato. Gibbs rimase intrappolato nelle scadenze perentorie cui faceva fronte anche con mezzi propri, sopravvalutando probabilmente la disponibilità del governo britannico a rinnovare tutti i prestiti in favore di quello siciliano, mentre i rimborsi da parte di questo arrivavano in ritardo. E poiché la vergogna gioca spesso brutti scherzi, il 16 luglio 1816 pose fine alla sua vita con una pallottola alla tempia per la più disastrosa bancarotta dellʼ800 di cui si abbia notizia (lo stato passivo documentato ammontava alla ragguardevole cifra di 285 mila onze).
Cinque giorni dopo il suicidio di Gibbs, Rafinesque sʼimbarcò per gli Stati Uniti, con numerose casse di manoscritti, di libri e migliaia di reperti naturalistici raccolti nellʼIsola. Aspirava ad una seconda vita meno burrascosa anche perché il matrimonio, nel 1809, con la quindicenne palermitana Giuseppina Vaccaro, dalla quale aveva avuto due figli ‒ Emily e Charles Linneus ‒ si era rivelato fallimentare.
Purtroppo, il suo progetto di lasciarsi alle spalle moglie e figli e riprendere lʼattività scientifica negli Stati Uniti, naufragò insieme alla nave, al largo di Fisher Island, a poca distanza dalla costa americana. Sopravvisse per miracolo, ma tutto il suo prezioso “carico” andò irrimediabilmente perduto. Chiuse in miseria la propria esistenza scrivendo odi religiose.
Dialoghi Mediterranei, n. 61, maggio 2023
[*] L’autore ha voluto scrivere in un divertissement di mille parole il racconto di due personaggi e delle loro storie di vita che s’incrociano nel contesto della storia economica siciliana dei primi dell’Ottocento.
Riferimenti bibliografici
C. Boewe, Mantissa. A Supplement to Fitzpatrick’s Rafinesque, M & S Press, Providence, Rhode Island 2001.
Michela D’Angelo, Mercanti inglesi in Sicilia 1806-1815. Rapporti commerciali tra Sicilia e Gran Bretagna nel periodo del Blocco Continentale, Giuffrè, Milano 1988.
Ead., Mercanti inglesi a Malta 1800-1825, Franco Angeli, Milano 1990.
Ead., Tra Sicilia e Gran Bretagna, in John Rosselli, Lord William Bentinck e l’occupazione britannica in Sicilia 1811-1814, Sellerio, Palermo 2002.
Rosario Lentini, Gli scritti del periodo siciliano e lo Specchio delle Scienze (1814) di Constantin Samuel Rafinesque Schmaltz, «Naturalista siciliano», s. IV, XXXVI (2), 2012: 253-278.
Ead., Gibbs, i Woodhouse e Ingham: una British Connection in Sicilia, in Il «decennio inglese» 1806-1815 in Sicilia. Bilancio storiografico e prospettive di ricerca, a cura di Michela DʼAngelo, Rosario Lentini, Marcello Saija, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2020: 125-154.
Elizabeth Neill, Fragile fortunes. The origins of a great British merchant family, Ryelands Halsgrove House, Wellington (Somerset) 2008.
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Rosario Lentini, studioso di storia economica siciliana dell’età moderna e contemporanea. I suoi interessi di ricerca riguardano diverse aree tematiche: le attività imprenditoriali della famiglia Florio e dei mercanti-banchieri stranieri; problemi creditizi e finanziari; viticoltura ed enologia, in particolare, nell’area di produzione del marsala; pesca e tonnare; commercio e dogane. Ha presentato relazioni a convegni in Italia e all’estero e ha curato e organizzato alcune mostre documentarie per conto di istituzioni culturali e Fondazioni. È autore di numerosi saggi pubblicati anche su riviste straniere. Tra le sue pubblicazioni più recenti si segnalano: La rivoluzione di latta. Breve storia della pesca e dell’industria del tonno nella Favignana dei Florio (Torri del vento 2013); L’invasione silenziosa. Storia della Fillossera nella Sicilia dell’800 (Torri del vento 2015); Typis regiis. La Reale Stamperia di Palermo tra privativa e mercato (1779-1851) Palermo University Press 2017); Sicilie del vino nell’800 (Palermo University Press 2019).
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