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Esperienze delle piccole medie imprese italiane in Marocco

copertinadi Fatiha Mamhoud

Questo articolo [1] è un approfondimento sulla presenza degli imprenditori italiani in Marocco attraverso un’indagine qualitativa svolta sul posto a mezzo di un’intervista discorsiva agli imprenditori ivi operanti. L’indagine illustra questa esperienza, le dinamiche e le cause della scelta migratoria, considerando i vantaggi/svantaggi offerti sia dal Paese ospitante che da quello di origine prima e durante l’esercizio all’estero dell’attività imprenditoriale, con attenzione anche al contributo dato al Paese ospitante in termini economici, di servizi e di know how.

Il Marocco ha avuto un percorso economico difficile e complesso dopo l’indipendenza nel 1956, con il passaggio da un’economia coloniale ad una nazionale, che ha costretto il governo a creare condizioni politiche, culturali e sociali in grado di favorire il superamento della fragilità economica, adottando vari piani di sviluppo e di aggiustamento volti a favorire l’innovazione dell’economia. Dagli anni ‘90 il Marocco ha iniziato una politica di apertura internazionale, caratterizzata dalla liberalizzazione, che ha agevolato il commercio estero e gli investimenti diretti con una serie di esoneri, tasse basse, semplificazioni burocratiche e la garanzia della stabilità politica.

La presenza degli italiani in Marocco non è affatto recente e già nei primi del Novecento si registrarono numerose arrivi dall’Italia. Con l’inizio del protettorato francese nel 1912, l’emigrazione italiana si incrementò, attratta dal processo di modernizzazione e di costruzione delle infrastrutture, senza tuttavia assumere mai la dimensione quantitativa della presenza italiana in Tunisia. Attualmente i residenti italiani nel Paese sono all’incirca 4 mila [2]. È rilevante la componente imprenditoriale e in questa ricerca si riferisce non sugli esponenti della tradizionale emigrazione italiana, diventati da lavoratori imprenditori sul posto, bensì sugli imprenditori venuti appositamente dall’Italia per tentare l’esperienza estera e sottrarsi a una situazione negativamente caratterizzata da diversi fattori, quali l’elevata tassazione, il difficile accesso al credito e il peso di una burocrazia complessa e lenta.

A partire dal 2000 il Marocco, che conta 33 milioni di abitanti, ha raggiunto una stabilità economica e un ritmo di crescita sostenuto che hanno consentito di impegnarsi nella realizzazione di grandi opere infrastrutturali. Nel 2014 il Marocco è stato qualificato un Paese a reddito medio che si colloca al 61° posto nella graduatoria delle economie mondiali. La politica economica, lo sforzo del governo a livello legislativo e sociale, le sue relazioni internazionali (in particolare con l’Europa), la sua posizione geografica strategica, una popolazione sostanzialmente giovane e in crescita, fanno del Marocco un Paese dalle prospettive di crescita economico-sociale significative anche per i prossimi anni. Tuttavia, la società in generale soffre ancora di certi fenomeni come l’analfabetismo, la mancanza di formazione, la povertà, la disoccupazione, il clientelismo e la corruzione, che causano la persistenza dell’arretratezza e ostacolano il pieno sviluppo del Paese.

Il Marocco ha intessuto con l’Italia stretti relazioni riguardanti l’emergenza immigrazione, la lotta contro il terrorismo, la collaborazione culturale tecnologica e scientifica, la cooperazione economica, la formazione professionale e lo sviluppo delle imprese, aspetto specifico del quale qui ci si occupa [3].

Caratteristiche dell’indagine svolta in loco

Sono stati intervistati 19 imprenditori e 1 imprenditrice: 11 a Casablanca, 7 a Marrakech e 2 ad Agadir. Non c’è stata una regione di provenienza prevalente sulle altre. Al momento dell’intervista, la maggior parte degli intervistati aveva più di 55 anni: il più anziano ha 80 anni, proviene dalla Lombardia e risiede a Marrakech; il più giovane ha 37 anni, proviene dalla Basilicata e risiede ad Agadir. Per quanto riguarda il livello di istruzione, la maggior parte ha dichiarato di avere un livello medio-alto (8), 7 invece hanno rivendicato un livello alto e 4 un livello medio-basso. Al livello più alto si colloca un dottore di ricerca (l’unica donna fra gli intervistati); il più basso è rappresentato dalla licenza media. In un solo caso non è stato possibile rilevare il livello di istruzione. Molto eterogeneo risulta anche il settore di riferimento produttivo degli imprenditori intervistati, con prevalenza del terziario. Infatti, la maggior parte degli intervistati è concentrata nel terziario con 12 imprese. A seguire 5 nel secondario e 3 nel primario.

Le storie e i motivi dell’emigrazione imprenditoriale verso l’altra sponda del Mediterraneo per dare voce al made in Italy sono abbastanza diversificati, ma è stato molto marcato e ricorrente il fattore della crisi e del carico fiscale da una parte (push factor) e la politica di attrazione degli investimenti marocchina  – assai vantaggiosa e che incoraggia l’imprenditoria – dall’altra (pull factor). Tutto ciò ha stimolato e motivato gli imprenditori a varcare il confine per internazionalizzare le proprie imprese: è quanto hanno dichiarato esplicitamente ben 12 intervistati su 20. La pura scelta di vita è stato il motivo presente solo in 3 casi (in un caso specifico per motivi religiosi). Infine, troviamo anche la categoria che non aveva alcuna attività imprenditoriale in Italia ma che ha varcato il confine in cerca di opportunità di lavoro scegliendo il percorso imprenditoriale (4).

copertna franceseI percorsi imprenditoriali dei singoli intervistati 

Carlotta

Nata in Friuli Venezia Giulia, età compresa tra 60-65 anni, sposata, si è laureata in Scienze politiche: dopo l’arrivo in Marocco in vacanze, si è innamorata del Paese dove decide di trasferirsi col marito. L’amore per l’arte rupestre la spinge a laurearsi in questa disciplina all’Università Ca’ Foscari, studiando a distanza. Autrice del libro Les gravures rupestres libyco-berbères de la région de Tiznit (2009, Harmattan, Parigi) e delle guide Marrakech e dintorni: il fascino della città rossa e Marocco: città imperiali, castelli di terra e oasi del Sud” (edizioni Polaris), ha partecipato a varie missioni archeologiche in Marocco e in Sudan. Nel dicembre 2014 ha sostenuto la tesi di dottorato a Aix-en-Provence e ora è Docteur en Prehistoire. Vive in Marocco dal 1989, a Marrakech ha fondato l’agenzia di viaggi Cobratours e continua ad essere impegnata fino ad oggi nella promozione turistica del Paese maghrebino e della sua arte rupestre. 

Giacomo Otman

Nato in Lombardia, età compresa tra 40-45 anni, ha studiato design e ha lavorato in un parco giochi come dipendente in un’impresa privata, dove si è occupato sempre di design. Nel 1989 si è convertito all’islam; in seguito è andato alla Mecca per compiere al Hajj (il pellegrinaggio islamico), il quinto pilastro dell’islam. È sposato con una donna marocchina di fede islamica e ha tre figli; un maschio e due gemelle. All’epoca della decisione del trasferimento dall’Italia, il figlio più grande aveva sei anni e lui voleva che facesse la scuola in una paese a maggioranza musulmana per fargli imparare bene l’arabo classico e leggere il Corano direttamente in arabo. Nel 2001 decide di trasferirsi nel Paese di origine della moglie; il Marocco, a Casablanca. 

Massimiliano

Nato in Puglia, la sua età è compresa tra 45-50 anni con un livello di istruzione medio-basso, non è sposato, ha sempre lavorato in agricoltura come i suoi genitori. La preoccupazione per il futuro e la sua voglia di esplorare quello che succede fuori dell’Italia, lo portano ad informarsi sulle possibilità e le opportunità di lavoro nel settore dell’agricoltura in vari Paesi vicini all’Italia, precisamente dall’altra sponda del Mediterraneo: solo il Marocco potrebbe essere un potenziale punto di arrivo per lui. Questo periodo coincide con l’incontro di un conoscente che è stato in Marocco, dal quale ha ricevuto una positiva impressione e ottenuto varie informazioni e osservazioni che l’hanno incoraggiato e gli hanno fatto maturare la decisione di conoscere il Marocco per poi trasferirsi a Casablanca. 

Vasco

Nato in Sardegna, età compresa tra 70-75 anni, livello di istruzione medio-basso, sposato e con figli, appartiene ad una famiglia di minatori e ha una grande esperienza imprenditoriale. Aveva delle miniere in Sardegna e tanti dipendenti, poi: «le condizioni di lavoro stavano diventando sempre più strette; da una parte le leggi sull’ambiente sono più severe, le leggi sul lavoro e le tutele dei lavoratori sono sempre più impegnative e costose, giustamente, ma dall’altra parte l’imprenditore non è tutelato». Comincia a pensare di varcare i confini dell’Italia per avere un’esperienza all’estero. Si reca in Paesi non molto lontani da casa e avvia un’esperienza brevissima in Romania. Casualmente si è trovato in Marocco dove ha deciso di stabilirsi e di aprire le sue miniere. 

Federico

Nato in Piemonte, età compresa tra 45-50 anni, livello di istruzione alto, ha sempre lavorato nell’azienda familiare che si occupa di costruzioni e ristrutturazioni nella sua regione. È stato spinto dalla preoccupazione per il futuro dell’azienda dopo la crisi e dalla voglia di diversificare. Ha avuto prima del Marocco una breve esperienza in un altro Paese mediterraneo, l’Algeria, facendo parte di un gruppo di aziende che ha vinto un appalto di ristrutturazione in questo Paese. Comincia ad informarsi sull’idea di costituire una società all’estero e alla fine sceglie il Marocco e Tangeri come sede della sua attività. 

Marco

Nato in Sardegna, consulente di design, età compresa tra 40-45 anni, livello di istruzione medio-alto, separato e ha 2 figli, un maschio e una femmina. Ha sempre fatto l’imprenditore come suo padre, occupandosi di design, arredamento indoor & outdoor anche in Sardegna. Dopo il 2012, non riusciva più a lavorare come prima: «è diventato tutto difficile in un mercato in recessione e un carico fiscale sempre più pesante». Tramite altri amici che hanno fatto già questo percorso, visita il Marocco e decide di stabilirsi per aprire la sua attività imprenditoriale. Prima ha cominciato a Tangeri, poi conoscendo il Paese, ha capito che la città di Agadir, essendo una città turistica e con una catena alberghiera enorme, avrebbe potuto offrire il meglio per il suo lavoro. Tuttora risiede ad Agadir. 

Matteo

Viene dalla Sicilia, età compresa tra 65-70 anni, livello di istruzione alto, sposato con figli. Si percepisce subito la sua grande esperienza di lavoro imprenditoriale sia in Italia che all’estero, in particolar modo in Russia, Ucraina e Paesi dell’Est. Si occupava d’edilizia in Italia. La sua prima esperienza di imprenditoria in Marocco (Casablanca) è stata negativa, ma gli ha permesso di conoscere il Paese e di tornare con le idee chiare per intraprendere un’esperienza imprenditoriale di successo successivamente. 

Alberto

È originario della Puglia, età compresa tra 55-60 anni, livello di istruzione medio alto, sposato con figli, si porta dietro una grande cultura agraria (tramandata da padre in figlio). In Marocco, oltre al suo investimento economico, ha recato un grande savoir faire nel mondo dell’agricoltura moderna made in Italy. Conosciuto per il suo temperamento ottimista e fiducioso, è anche un leader stimato dai suoi numerosi dipendenti. 

Giovanni Maria

Di origini lombarde ma vissuto per molto tempo in Emilia Romagna dopo essersi sposato, la sua età è compresa tra 75-80 anni. Livello di istruzione alto, una lunga esperienza nel commercio e imprenditoria. In Marocco rappresenta il punto di riferimento di tanti italiani, essendo una persona attiva nell’associazionismo. Tuttora occupa il ruolo di presidente del Circolo degli italiani di Marrakech. Il suo lungo soggiorno in Marocco (30 anni) e il suo grande interesse verso questo Paese hanno fatto di lui uno specialista della cultura marocchina. Insieme agli autoctoni che tramandano una antica tradizione di falconeria, ha organizzato vari incontri e eventi di quest’arte per valorizzarla e farla conoscere ai giovani. Si è impegnato assieme ai membri del Circolo per assicurare una scuola italiana a Marrakech, in modo da dare l’occasione di studiare l’italiano ai figli degli italiani, delle coppie miste e degli italo-marocchini e, in generale, a tutti quelli che sono interessati a conoscere questa lingua. Attualmente è socio nella società CGT, rete d’impresa che opera anche in Marocco. 

FOTO2 Agadir

Agadir

Proviene dalla Sardegna, la sua età è compresa tra 60-65 anni, livello di istruzione alto, sposato con un figlio. Ha studiato ingegneria meccanica a Cagliari e ha la sua società di costruzione e montaggio metalli in Italia, dove continua ad operare; vanta un’esperienza lavorativa e di imprenditoria all’estero, ama viaggiare e scoprire il mondo. Continua a lavorare tra il Marocco e l’Italia guardando e valutando anche l’espansione della società madre in altri Paesi esteri, soprattutto in Africa. 

Carlo

Viene dal Piemonte, età compresa tra 55-60 anni, livello di istruzione medio-alto, in Italia si occupava di edilizia. Con la mente aperta di un imprenditore intelligente e esperto ha sentito il bisogno di internazionalizzare la sua impresa. Visita il Marocco spinto dalla curiosità, dopo aver sentito parlare delle sue bellezze da amici e conoscenti e dopo avere letto articoli, giornali e qualche pubblicità. In Marocco coglie subito il clima favorevole all’imprenditoria e un ambiente poistivo che permette una vita gradevole e l’opportunità di affermarsi con successo nel mercato marocchino, partecipando con la sua importante esperienza e conoscenza in questo settore allo sviluppo economico sociale del Paese. 

Simone

Originario del Friuli Venezia Giulia, la sua età è compresa tra 65-70 anni, sposato. Anche in Italia ha lavorato nel mondo del turismo. Giunto in Marocco con la moglie per le vacanze, vi è rimasto fino ad oggi per amore di questo Paese: è stata una scelta di vita: «la vita del Marocco è diversa da quella che conoscevo in Italia, una percezione del tempo tranquilla che trasmette una certa serenità, un clima tiepido per la maggior parte dell’anno e un sole che porta con sé l’ottimismo e l’allegria». All’inizio ha continuato a lavorare nel turismo e ha fatto conoscere il Marocco ai turisti e in particolare la parte meridionale a tanti italiani giunti là anche grazie a lui. Assieme alla moglie ha fondato un’agenzia di viaggio e attualmente lui possiede un bel ristorante italiano nel cuore di Marrakech. 

Samy

Italo-marocchino, nato in Francia e cresciuto in Emilia Romagna dall’età di tre anni, dove ha anche studiato. La sua età è compresa tra 40-45 anni. Separato, ha una figlia che continua a vivere in Italia con la mamma italiana. Ha iniziato gli studi di giurisprudenza a Bologna e li ha proseguiti per due anni; dopo, ha iniziato a lavorare con l’intento di continuare sempre gli studi. È stato assunto come agente commerciale in una società a Bologna. Venuto in Marocco in vacanze, prima con i genitori e dopo anche da solo, nota il cambiamento dell’economia e il livello di vita della popolazione sempre in aumento. Con la sua intelligenza e il suo fiuto imprenditoriale ha trovato il modo di portare il made in Italy (produzione e commercializzazione di porte italiane) in Marocco, dove continua a seguire la sua società viaggiando tra i due Paesi.

Luigi

Di origine lombarda, età compresa tra 45-50 anni, livello di istruzione alto, sposato con una marocchina. Appassionata di tecnologia e internet, continua a far conoscere il Marocco tramite questo strumento, con la creazione di un blog e un sito web che offre informazioni utili a quanti pensano di recarsi in Marocco, e a Marrakech in particolar modo, o solamente interessati al Marocco a livello di conoscenza e informazione. La sua è piuttosto una scelta di vita, che ha privilegiato il modo di vivere e la cultura del Paese della moglie marocchina. Con la quale lavora nella pasticceria, che produce dolci marocchini e anche quelli italiani. 

Emilio

Della Basilicata, età è tra i 35-40 anni, livello di istruzione medio-alto, non è sposato e senza figli. È il più giovane tra gli imprenditori intervistati. Intelligente, dinamico, mente aperta alle altre culture e modi di vivere, ha lavorato anche in passato all’estero, nell’azienda familiare, precisamente in Albania, prima di arrivare in Marocco. Attualmente dirige con successo la società creata nel 2001 in Marocco nella città di Agadir, con 75 dipendenti. Oltre al lavoro gli piace vivere la città e la bellezza del suo mare atlantico, le sue lunghissime spiagge e il suo clima mite per quasi tutto l’anno, curando, assieme alle relazioni affettive, le amicizie miste create in questa città. 

Andrea

Originario delle Marche, la sua età è compresa tra 60-65 anni, livello di istruzione alto. Grande viaggiatore e anima libera che ama scoprire il mondo. Ha maturato un’esperienza imprenditoriale in vari Paesi prima di giungere in Marocco, purtroppo tutte negative (in Portogallo, in Turchia e in Tunisia) ma, una volta arrivato in Marocco, vi si è stabilito da ben 27 anni: è stato un amore a prima vista, un colpo di fulmine, come dice lui. Oggi la sua società di confezioni tessili ha 300 dipendenti. Si percepisce subito che la sua presenza non è dovuta solo alla sua attività imprenditoriale ma anche al suo star bene, accompagnato dal ritmo e dalla qualità della vita che offre questa terra. Ama questo stile di vita e la sua rete amicale di autoctoni e stranieri creata nella città di Casablanca. 

Enzo

Viene dalla Lombardia. La sua età è compresa tra 50-55 anni. Livello di istruzione medio-alto. Separato, ha una figlia che sta in Italia. La sua attività di ristorazione in Lombardia andava male dall’inizio del 2008 e non era più possibile continuare: «lo Stato è un socio che non lavora ma si fa pagare alla fine dell’anno». Ha avuto una brutta esperienza personale all’inizio del suo arrivo in Marocco, ma ora ha imparato a capire e a conoscere il Paese e comincia anche ad apprezzarne diversi aspetti. 

Lorenzo

Proveniente dal Veneto, la sua età è compresa tra 60-70 anni. Livello di istruzione medio-basso. Appartiene ad una famiglia di contadini e la sua esperienza precedente era legata all’attività di famiglia. Ha già vissuto una breve esperienza come lavoratore in Germania e ha scoperto il Marocco tramite un’amica marocchina conosciuta a Padova: è stata la sua guida nella fase dell’avvio della sua attività. Ora ha un piccolo ristorante nella periferia di Casablanca: «Peccato che quella mia amica sia tornata in Italia, osserva: è bravissima e affidabile, mi sarebbe piaciuto lavorare insieme [...]».

Giandomenico

Originario della Puglia, la sua età è compresa tra 50-55 anni. Si è separato di recente dalla sua compagna rimasta in Italia. Non ha figli e viene da una famiglia che ha sempre lavorato nell’agricoltura. A lui non è mai piaciuto questo settore, cui ha sempre preferito quello della ristorazione, per il quale però non ha potuto prepararsi con lo studio. Ha lavorato in Italia in vari posti; prima come aiuto cuoco, poi come cuoco, ma sognava sempre di avere un suo ristorante, fino al giorno in cui un altro connazionale gli ha chiesto di andare con lui in Marocco per provare a mettere su un’attività di ristorazione. L’amico aveva la disponibilità economica per fare questo tentativo ma non aveva esperienza. Per sei anni ha lavorato con il suo socio, poi per vari motivi ognuno è andato per la propria strada e lui ha potuto rilevare la parte del suo socio nel ristorante 

Gilberto

Viene dal Piemonte. La sua età è compresa tra 60-65. Livello di istruzione medio-basso. Pensionato, gli è sempre piaciuto fare le vacanze a Marrakech. Conosceva il Marocco abbastanza bene già prima di stabilirvi definitivamente: «venivo a Marrakech a riscaldarmi le ossa». In Italia ha lavorato per molto tempo come dipendente in un grande albergo: «i miei figli sono cresciuti […] mi è rimasta quella voglia di vivere in questo bel Paese». Ha così deciso di aprire la sua attività nel 2003, quando ha acquistato la maison d’hôte a Marrakech, che gestisce ancora oggi.

FOTO3 Rabat

Rabat

La scelta di emigrare in Marocco per intraprendere l’attività imprenditoriale è stata dettata, per una parte degli intervistati, dai vantaggi offerti riguardo agli investimenti, dal clima favorevole all’imprenditoria e dalla vicinanza culturale e geografica del Marocco. Questi i motivi per l’internazionalizzazione delle loro imprese nel caso di 12 intervistati su 20. La presenza di altri 3 italiani intervistati è stata dettata anche dall’amore per questo Paese, che offre sole, ritmo di vita umano, cibo, cultura, colori e tante bellezze. Tutto ciò ha motivato la loro scelta di trascorrere il resto della loro vita nel Paese maghrebino. Solo in un secondo momento essi hanno pensato di inventarsi un lavoro che consentisse loro una vita dignitosa. In un caso, invece, sono stati le ragioni religiosie a determinare questa scelta, la voglia di vivere la propria fede dopo la conversione all’Islam in una terra a maggioranza musulmana, per assicurare ai figli un’educazione secondo i dettami di questa religione. Per i restanti quattro intervistati, la presenza in Marocco è dovuta ad una ricerca di opportunità di lavoro, coronata con l’attività imprenditoriale.

Nell’ambito di queste esperienze diversificate la riflessione può essere fissata su questi fattori specifici: l’internazionalizzazione, gli aspetti incentivanti, quelli da incentivare, il sostegno delle strutture e delle associazioni professionali.

L’internazionalizzazione

Con il termine internazionalizzazione si indica l’espansione dell’impresa al di fuori del proprio mercato nazionale. Essa può avvenire secondo diverse modalità. Nonostante l’importanza riconosciuta al lavoro sinergico per raggiungere gli obiettivi prefissati, e nonostante l’esistenza di promozioni, studi e informazioni da parte delle associazioni e delle società di consulenza, l’imprenditore italiano continua ancora a pensare e ad agire secondo i canoni del tradizionale “fai da te”. Il processo di internazionalizzazione, per molti intervistati, non è stato studiato né pianificato scrupolosamente, tantomeno col ricorso a consulenti esperti in materia: tale impostazione aumenta il rischio e la complessità di questo processo.

Gli esiti della nostra indagine qualitativa testimoniano che sono pochissimi i casi in cui si è utilizzato al riguardo l’opportunità offerta dalle fiere: «Io con il mio gruppo ho già avuto modo di operare in Russia e in Ucraina. In Marocco mi piace anche vivere, dopo la prima esperienza negativa fatta assieme ad un socio marocchino e altri italiani. Ho partecipato ad una fiera e da lì ho iniziato» (Matteo). «Ho già avuto delle esperienze negative in Portogallo, Turchia e Tunisia. In Marocco sono venuto con un amico ad una fiera, da lì ho deciso di restare, è stato un colpo di fulmine» (Andrea). «Prima sono venuto per vacanze, poi mi sono interessato ad una fiera e lì ho capito che era meglio tornarci per lavorare» (Giovanni Maria). «È stato un caso. Ci è pervenuta una proposta dalla Camera di commercio per partecipare a questa fiera, e siamo andati. Lì ho conosciuto un altro italiano che già ci operava, subito abbiamo trovato punti in comune e abbiamo costituito società» (Ugo).

Il resto degli intervistati, nel loro processo di internazionalizzazione, ha usato un sistema arcaico basato sull’improvvisazione, tramite il passaparola e le informazioni imprecise giunte da conoscenti e amici: un sistema pieno di rischi e completamente privo di tutela, conoscenza e garanzie che in molti casi ha portato certi imprenditori ad avventurarsi e a vivere problemi di difficile gestione e, in casi estremi, anche alla perdita del capitale. Questo viene chiamato da loro un sistema “tipicamente italiano” o “all’italiana”. «In Italia era diventato difficile lavorare: tutela per tutti tranne che per gli imprenditori. Sono andato in Romania, perché conosco molti italiani lì, ma non era molto vantaggioso. La loro mentalità e il loro modo non mi sono piaciuti. Invece in Marocco sono come eravamo noi una volta. Il cibo e il clima mi piacciono, sono arrivato tramite un amico marocchino che viveva in Italia.» (Vasco). «Diciamo che all’inizio è stata una scelta, sono venuto con un mio conoscente per curiosità, e anche perché da tempo stavo meditando un modo che mi permettesse di tornare quello di prima, quando le cose andavano bene. In Marocco ho visto una forte crescita; un “Marocco cantiere”. Ho capito subito che la mia impresa di edilizia può funzionare bene, c’erano molte difficoltà all’inizio, ma ormai ero obbligato a restare per salvare quello che avevo già investito. Oggi dico: meno male che ho resistito; la mia azienda va bene e fra un po’ aprirò un’attività per commercializzare altri prodotti. Voglio diversificare» (Carlo).

FOTO4Gli aspetti incentivanti

Gli aspetti incentivanti di questo Paese sono tanti: la vicinanza geografica da considerare un fattore strategico, una buona qualità di vita in un clima soleggiante per quasi tutto l’anno, una quotidianità abbastanza rilassata e divertente che dà priorità alla cura del benessere fisico e psicologico e alle relazioni umane e affettive. Agli europei il cambio di valuta garantisce un elevato tenore, anche perché il Marocco è un Paese che ha un’offerta per tutte le tasche. Inoltre, c’è la crescita economica accompagnata da uno sviluppo demografico e un incremento del reddito pro capite, che permette alla popolazione un consumo in costante aumento, soprattutto al ceto sociale elevato. Al mercato dinamico che accompagna lo sviluppo veloce del Paese a tutti i livelli si unisce una politica governativa di attrazione degli investimenti e una strategia di tanti accordi con l’Ue, l’Africa e i Paesi arabi. Non va trascurato lo sforzo e l’investimento del governo marocchino nelle infrastrutture (porti, aeroporti, autostrade e rete ferroviaria) per agevolare gli spostamenti sia all’interno del Paese sia col resto del mondo.

Tutti gli imprenditori interpellati in occasione dell’indagine hanno potuto usufruire degli incentivi all’investimento in Marocco: esoneri e tasse basse secondo le indicazioni di legge e dei programmi di apertura internazionale, intrapresa dal governo marocchino in attuazione della carta degli investimenti del 1995. «Ho usufruito dell’aliquota doganale minima del 2,5% per l’importazione di attrezzature ed equipaggiamenti destinati alla mia attività di estrazione mineraria. Per i primi cinque anni non ho pagato la tassa professionale» (Vasco). L’aspetto fiscale è l’elemento che fa la differenza e spinge questi imprenditori ad operare in Marocco. «Gli esoneri e le tasse basse sono elementi che ci rendono competitivi sul mercato» (Matteo). La vicinanza geografica all’Italia e dall’Europa e l’affacciarsi sull’Atlantico e sul Mediterraneo fanno del Marocco un ponte e una piattaforma per operare in altri Paesi dell’Africa. «Siamo a tre ore di volo dall’Italia e il trasporto di merce non impiega molto tempo. La mia azienda produce qui e in Italia abbiamo una piattaforma commerciale per vendere quello che produciamo in Marocco» (Andrea). «Nella mia prima attività di impresa di distribuzione esportavamo prodotti nostri in Algeria e in Tunisia» (Matteo).

Il basso costo della manodopera è un altro fattore incentivante per le imprese italiane, non privo di qualche criticità. Secondo la testimonianza di tutti gli intervistati, si tratta di una manodopera che necessita ancora di molta formazione e di un livello più alto di specializzazione. I lavoratori sono volenterosi ma hanno bisogno di un percorso serio di professionalizzazione. Si registra anche una mancanza di tecnici altamente specializzati in quasi tutti i settori. «Alla fine preferisco pagare di più, chiamare un meccanico specializzato dall’Italia, pagandogli la trasferta, che rovinare la macchina mettendola nelle mani di uno del posto che non è specializzato e me la rovina» (Massimiliano). «Non sanno organizzarsi sul lavoro, lavorano senza metodo: l’organizzazione a livello manageriale è sconosciuta, bisogna insegnargli tutto» (Federico). «Il basso costo della mano d’opera ha costituito un elemento di grande vantaggio per la mia azienda. Ho 300 operaie, il tessile e la confezione hanno bisogno di molta manodopera. È stato quello che ha fatto la differenza per me. Certo, bisogna insegnare loro: ho la fortuna di lavorare con le donne, hanno la volontà e imparano velocemente» (Andrea). «La manodopera costa molto meno paragonata all’Europa, ma va formata. Rimane però il problema dell’approccio al lavoro. Il concetto del lavoro per i marocchini è molto diverso e l’identità della persona non passa attraverso l’attività lavorativa. È una cultura che va comunque rispettata» (Carlotta).

L’approccio al lavoro lento e la carenza di specializzazione, uniti alla bassa produttività, costituiscono un problema socioeconomico e culturale superabile con certe strategie, come ha fatto Alberto nella sua grande azienda agricola che non lamenta questo svantaggio. Lo stesso ha fatto Marco nella sua piccola impresa di consulenza di design. «Ho sempre cercato la maggior produttività dei lavoratori, oltre a insegnar loro il metodo di lavorare. Bisogna motivarli, premiarli e farli guadagnare bene con tanti metodi, senza regalare niente. Io ho 206 dipendenti e funziona» (Alberto). «Ho solamente una dipendente: il suo salario è quasi come quello che potrebbe prendere in Italia. È stata una scelta vincente: lei è competente, brava e fedele» (Marco). La stabilità politica del Marocco sta giocando certamente un ruolo decisivo nella scelta di molti imprenditori: «il Paese è aperto culturalmente e l’integralismo non è accettato. La monarchia in Marocco è garante di stabilità. Ho potuto constatare in questi molti anni i progressi del Paese nel processo di democratizzazione» (Giovanni Maria). 

Fiera dell'Agricoltura a Rabat

Fiera dell’Agricoltura a Rabat

Gli aspetti da incentivare

Dall’indagine qualitativa emergono anche degli aspetti critici a livello istituzionale e di sistema, che rappresentano i punti deboli del Marocco e spesso rendono difficile operarvi: la corruzione diffusa e la burocrazia lenta e poco tecnologizzata, l’inaffidabilità dei fornitori, la mancanza di puntualità e infine il difficile accesso al credito. «Devi avere tempo per gli uffici, non esiste l’autocertificazione; è tutto cartaceo e contrassegnato da molte attese» (Federico).

Nonostante gli sforzi legislativi a tutela dei lavoratori e dell’impresa, come il codice del lavoro riformato del 2004, e nonostante la lotta del governo contro la corruzione, quest’ultima rimane un mostro che attanaglia il sistema Paese. La corruzione è molto diffusa nell’amministrazione pubblica, nella polizia, tra gli organi di controllo di sicurezza, nelle banche e a tutti i livelli. È un fenomeno che rende inefficiente tutto l’apparato amministrativo e causa ritardi, dinieghi, incoerenza nelle informazioni relative alle autorizzazioni e alle agevolazioni agli imprenditori, creando complicazioni e ritardi per il sano funzionamento delle imprese. «Ho dovuto imparare a spese mie come funziona un sistema contorto fatto di corruzione e sommerso in questo Paese. Qui tutto si paga» (Carlo). «La legge in Marocco è più semplice di quella italiana, anche come quantità: è diritto francese, ma il problema è nel funzionario marocchino» (Ugo). «Ma io conosco bene questo sistema, è come da noi, mazzette ovunque, soprattutto ai livelli alti; io mi sono abituato subito» (Vasco). «Se conosci qualcuno negli uffici pubblici, le informazioni ti raggiungono presto e anche la firma per qualche autorizzazione arriva prima […] Il bakchich regna sovrano» (Samy).

Un’altra criticità è stata rilevata specialmente nella capitale economica del Marocco, Casablanca: si tratta di mancanza di spazio da utilizzare come capannone o magazzino per il commercio o per la produzione in generale. Questo inconveniente, che poi determina il caro affitto, è un grande ostacolo alla crescita delle imprese che hanno fatto passi in avanti e hanno bisogno di allargare il proprio spazio per accrescere la produzione ed è dannoso anche nei confronti di quelle che sono all’inizio della loro attività e non hanno ancora le possibilità di acquistare a prezzi elevati. «Sono anni che sto aspettando un capannone che ospiti le mie macchine e i miei dipendenti; noi facciamo il lavoro di falegnameria che richiede molto spazio, ma non riesco ad avere uno spazio adeguato in qualche zona industriale» (Giacomo Otman). Questa mancanza ha determinato prezzi altissimi di affitto, come già accennato, mentre i posti nelle nuove zone industriali vengono distribuiti secondo un sistema di clientelismo: sono frequenti le erogazioni di favori e le corruzioni di politici o di funzionari che si occupano di questi settori. «Quando io presento la domanda secondo l’avviso pubblico, i posti ogni volta sono già assegnati-venduti a persone scelte» (Otman).

L’aspetto più importante per il rilancio di ogni impresa è l’accesso al credito, ma in Marocco questo punto purtroppo fa parte degli svantaggi che affrontano gli imprenditori stranieri e autoctoni. Certi imprenditori italiani, mal informati, scambiano le agevolazioni per facile accesso al credito e al loro arrivo scoprono che il sistema bancario è molto rigido. «Sono rimasto sorpreso davanti a tutto quello che mi hanno chiesto. Mi dicevano che in Marocco ti offrono tanto [...]. È peggio dell’Italia, non era possibile; poi mi sono arrangiato da solo […] » (Enzo). Un’impresa appena costituita, se non ha delle garanzie molto solide, non ha chance di accesso al credito. Questo punto rimane un grosso ostacolo davanti a tante idee imprenditoriali valide e fattibili. Sembra quasi che l’accesso al credito bancario si basi più sulla disponibilità economica del soggetto che sulla sua capacità imprenditoriale. Gli stessi rapporti tra fornitori e clienti sono contrassegnati da un certo fatalismo, che rende le relazioni economiche spesso difficili e a volte conflittuali. La mancanza di puntualità e di affidabilità è un ostacolo che per molti è insuperabile. «Quando un marocchino dice inshallah sai che sei sospeso in aria. Non c’è nulla di concreto, mentre un’impresa ha bisogno di risposte concrete e puntuali» (Andrea).

FOTO6Il sostegno di istituzioni e associazioni

Storicamente l’Italia è un paese amico del Marocco. Non ci sono antagonismi dovuti ad un passato coloniale o conflitti importanti. Il made in Italy gode di un grande apprezzamento da parte dei marocchini, dovuto anche alla qualità, rifinitura e bellezza dei prodotti. Ciononostante, l’imprenditoria italiana in Marocco soffre della forte concorrenza e competitività della Francia e della Spagna; un aspetto, questo, accentuato dalla mancanza di un cosiddetto “sistema Paese,” che penalizza l’impresa italiana, contrariamente alle vicine concorrenti che assicurano l’appoggio delle loro istituzioni, oltre a essere già forti in Marocco per ragioni storiche e culturali. D’altro canto, la propensione degli imprenditori italiani ad agire in modo autoreferenziale, come si è posto in evidenza in questa indagine, non li aiuta a coltivare rapporti strutturati con le associazioni e le società di consulenza che operano sia in Marocco sia in Italia: continuano ad agire da soli senza mai costituire rete.

Garantire il sostegno alle Piccole e Medie Imprese (PMI) italiane in Marocco resta l’unica strada percorribile per rafforzare l’imprenditoria e aiutarla ad essere competitiva nei confronti degli altri Paesi. Non è un caso che la Francia e la Spagna, grazie a questo tipo di sostegno, riescano ad emergere e ad affermarsi nel mercato marocchino. «Le nostre istituzioni ogni tanto organizzano delle fiere, degli “incontri B to B”, ma ciò non basta. È l’accompagnamento dopo questa fase che ci serve, ed è quello che facciamo noi con le nostre forze, da soli. Spesso non è facile ed espone l’impresa ancora fragile a molti rischi» (Matteo).

L’assenza delle istituzioni italiane, la mancanza di accompagnamento concreto soprattutto nelle fasi che seguono lo start up, la debolezza nella promozione e appoggio in tutte le fasi dell’attività rendono il percorso dell’internazionalizzazione delle imprese difficoltoso e a volte senza successo. Il Marocco attualmente conosce una forte crescita economica ed è un mercato di grandi opportunità, ma nonostante ciò l’Italia continua ad avere un potenziale poco valorizzato. «Sono completamente assenti, non rispondono neanche al telefono, dobbiamo risolvere i problemi da soli e come ci capita. È lì che ci perdiamo» (Massimiliano). «L’Italia politicamente non ha un peso in Marocco, non è considerata come la Francia [...]. Quando penso a tutte le cose che non funzionano in Italia, mi accontento e mi arrangio da solo» (Emilio).

Mentre le associazioni e le società cercano di colmare il vuoto lasciato dalle istituzioni e dell’assenza di un “sistema Paese”, permane la sfiducia della maggior parte degli imprenditori nei loro confronti, anche perché si continua, sempre e con ostinazione, a seguire il metodo preferito: il “fai da te”. “Io ho provato all’inizio, sono nullafacenti, lo fanno per il loro interesse. Preferisco fare da solo» (Lorenzo). «Non ho mai provato, ma sento che non fanno niente. Solamente qualche cena quando cambiano il Console, ma non è quello che ci serve» (Emilio).

Invece a Marrakech, la stessa esperienza di associazionismo ha raggiunto un certo successo, perché i membri e il presidente sono più coesi e l’informazione riesce a raggiungere la maggior parte degli interessati. Essendo la maggioranza imprenditori, l’associazione a livello informativo è molto attiva; si è creato un rapporto di fiducia e di scambio che riesce ad essere positivo nel complesso. L’associazione però lamenta a sua volta l’assenza del sostegno delle istituzioni e la mancanza del lavoro in sinergia. «Noi ci vediamo spesso anche per lo scambio di qualche favore e così si riesce sempre a scambiare informazioni e a chiedere consiglio» (Simone). «Il presidente del circolo è una persona attiva, si impegnato per la scuola, per i rapporti con il Console a Casablanca e per tutte le informazioni che ci possono essere utili, spesso però e difficile mettere tutti insieme, preferiscono stare ognuno per conto proprio» (Luigi).

FOTO7Conclusioni

A ben considerare, non sono poche le contraddizioni presenti in Marocco: si oscilla tra i vantaggi offerti dal governo marocchino in termini di incentivi, esoneri o tasse basse da un lato, e la burocrazia lenta e complicata per la diffusione della corruzione e il clientelismo dall’altro; tra una manodopera che come costi è ancora lontana dagli standard retributivi europei ma poco qualificata e poco produttiva. Tutto ciò in un contesto che offre una qualità di vita apprezzabile, rilassata e un tenore abbastanza elevato. Per queste ragioni tutti gli intervistati concordano nel ritenere il risultato finale positivo, sia dell’attività imprenditoriale che di quello personale, al punto che le prospettive per il futuro sono per tutti quelle di restare in Marocco e di continuare ad investire e a lavorare finché permangono le opportunità. «Io qui ho tanti vantaggi che non potrò mai avere in Italia con lo stesso reddito; ho una collaboratrice familiare che mi rende la vita comoda, ho un guardiano del palazzo che mi aiuta in varie vicende e ho un clima e un ambiente di vita sano, allegro e tranquillo; tutto ciò mi aiuta a lavorare bene ma soprattutto a vivere bene» (Emilio). «Famiglia e lavoro, tutto in Marocco e fino ad ora tutto bene. Resto qui, chiaramente» (Alberto).

Per alcuni intervistati, la cui presenza in Marocco era soprattutto dovuta alla loro scelta di quello stile e modo di vita, è chiaro che la soddisfazione è riconducibile a questo motivo più che alla gratificazione economica, che è comunque presente e positiva. «Bisogna considerare tutto, è come quando si prepara un piatto, si mettono tutti gli ingredienti in un tegame e il risultato è quello che conta. Se siamo qui, c’è un tornaconto» (Andrea).

È vitale che il governo continui il contrasto e la prevenzione della corruzione, elaborando una strategia per sensibilizzare e rendere partecipe la società civile in questa lotta, nell’interesse di un’economia sana e competitiva e di uno sviluppo sociale adeguato. Nonostante lo sforzo compiuto dal governo marocchino nella promozione delle PMI nazionali e straniere, permangono le difficoltà di accesso al credito, che ostacolano la loro crescita e limitano la loro capacità di contribuire allo sviluppo e all’innovazione del Paese. In questa prospettiva è necessario che il governo elabori una politica del credito diversa da quella attuale, che sia aperta alle PMI e non basata solamente su garanzie che spesso una giovane impresa non può avere: una politica creditizia che valuti adeguatamente la reale salute dell’azienda e la sua credibilità

Dall’indagine infine si evince che le imprese di piccole dimensioni hanno più difficoltà a intraprendere questo percorso: difficoltà dovute a carenze finanziarie che non permettono l’accesso all’informazione e all’individuazione di strategie promozionali e innovative e ad una conoscenza soddisfacente. È auspicabile che le PMI e gli imprenditori affrontino l’internazionalizzazione in modo strutturato e non opportunistico, riponendo la propria fiducia negli organi competenti e negli esperti e consulenti del settore, poiché si tratta di una esperienza da condurre con metodologie specifiche, adatte al Paese in cui si vuole operare. Come valore aggiunto, le PMI italiane operanti in Marocco possono offrire molto, soprattutto in termini di know-how, trasferimento di tecnologia, e made in Italy associato a qualità e affidabilità. Ma non mancano gli aspetti negativi. È vero che le opinioni e i percorsi imprenditoriali di pochi imprenditori non possono rappresentare la totale realtà dell’imprenditoria italiana in Marocco, ma si sono rivelati comunque di grande utilità poiché contengono delle conferme ad alcune ipotesi e offrono lo spunto per diverse precisazioni.

La scelta del Marocco è stata dettata per molti imprenditori dalla crisi iniziata poco prima del 2008, dalla forte tassazione e dalla mancanza di finanziamento che caratterizza il sistema produttivo italiano. È stata promossa altresì dal bisogno di ampliare le produzioni, di accedere ad un mercato nuovo e di riacquistare la competitività, attratti dalla politica economica e dal clima favorevole del Marocco. Non mancano però imprenditori che si sono trovati lì per caso o per scelta di vita e che in seguito hanno messo a frutto quella cultura italiana dell’impresa, scegliendo di internazionalizzare o di avviare l’impresa sul posto. Purtroppo, in larga misura, l’imprenditore italiano continua ancora a pensare e ad agire secondo i canoni del tradizionale fai-da-te. Mancano una conoscenza d’insieme, la formazione, l’accesso alle nuove tecnologie, la conoscenza delle lingue straniere da parte degli operatori che intendono operare fuori dall’Italia; manca anche la fiducia dell’imprenditore italiano nelle istituzioni, nelle associazioni di categoria, nelle consulenze: l’internazionalizzazione va affrontata in modo strutturato. Gli imprenditori sono chiamati a fare la loro parte e così anche le istituzioni italiane. Altrettanto va detto per il governo marocchino, sia nei confronti delle piccole e medie imprese locali, sia nei confronti delle imprese insediatesi sul posto. L’emigrazione imprenditoriale resta comunque, nonostante i limiti riscontrati, una realtà positiva per i due Paesi e per i singoli protagonisti, non solo sul versante imprenditoriale ma su diversi altri profili, non ultimo quello culturale, contribuendo all’incontro e allo scambio tra i popoli del Mediterraneo.

Dialoghi Mediterranei, n.22, novembre 2016
Note
[1] L’autrice ringrazia Giuseppe Bea e Franco Pittau per la consulenza prestata durante la sua ricerca.
[2] IDOS, La comunità marocchina in Italia. Un ponte sul Mediterraneo/La communauté marocchine en Italie. Un pont sur la Méditerranée, edizioni Idos, Roma, 2013.
[3] Frusciante, Alessandra, et alii,  Il ponte sul Mediterraneo. Le relazioni fra l’Italia ei paesi arabi rivieraschi (1989-2009), editrice Apes, Roma, 2011.
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Fatiha Mamhoud, marocchina di Agadir, in Italia dal 1997, laureata in Giurisprudenza presso l’università Kadi Ayad di Marrakech, ha perfezionato la sua preparazione conseguendo, presso l’università di Roma Tor Vergata, con il massimo dei voti il diploma di Master di secondo livello (MEDUM – Master in economia, diritto e Intercultura delle migrazioni). È attiva in Sardegna, da molti anni, come mediatrice culturale nella provincia di Carbonia-Iglesias. Avendo acquisito anche la cittadinanza italiana, si sente molto legata ai due Paesi (quello di origine e quello di adozione) così da approfondire lo studio sugli aspetti che legano le due sponde: uno di questi è l’imprenditoria.

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