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Etnia tamil e identità pluri-religiosa, tra Sri Lanka e Sicilia

santa rosalia

Santa Rosalia accanto al dio induista Gan in un ristorante tamil di Palermo

 di  Lorenzo Mercurio

Com’è noto, alla luce degli avvenimenti storici più o meno recenti che hanno interessato le regioni indiane, mentre tra i cingalesi prevale in maniera abbastanza netta l’adesione alla religione buddhista, gli individui di etnia tamil non condividono tout court la stessa fede religiosa. Infatti, quelle cui si affidano gli appartenenti alle diverse comunità tamil del mondo sono principalmente Induismo, Cristianesimo (cattolico apostolico romano e non) e Islām. La fede induista ha, tra i tamil, un’adesione nettamente più ampia, ed è considerata la religione ‘dei padri’, sia dagli stessi induisti tamil che dai tamil professanti altre religioni.

Prendendo in esame l’àmbito cristiano-cattolico e quello induista della popolazione sud-asiatica presente sul territorio della città di Palermo si è notato, dalle ricognizioni effettuate durante le manifestazioni rituali che hanno coinvolto l’intera comunità tamil, che per nulla evidenti sono state le partecipazioni dei rappresentanti tamil di religione musulmana, come se, nel capoluogo siciliano almeno, l’elemento musulmano tamil non avesse l’importanza ed il consenso che le altre due religioni riscuotono in percentuale.

Più gruppi in una sola comunità, più entità, più rami in un unico albero, rendono maggiormente evidente il carattere identitario per il tramite di segni comuni, compresi universalmente dagli elementi dell’unica grande ‘famiglia’ Tamil. In qualche modo esemplificativo della ‘comunione’ tra le differenti religioni professate dai tamil del mondo, potrebbe essere il fatto di cui ha parlato RadioVaticana.org, secondo cui gruppi di cristiani e musulmani avrebbero organizzato insieme un momento di preghiera contro la decisione del governo di Colombo di installare una centrale elettrica a carbone nel territorio di Talawila (cfr. radiovaticana.org.). L’episodio è abbastanza indicativo di come un popolo come quello tamil rimanga tale nonostante lo caratterizzi l’eterogeneità religiosa, e un tale concetto appare ancor più rilevante alla luce dei luoghi comuni ‘occidentali’, secondo cui debba esservi quasi necessariamente conflitto tra differenti professioni di fede, a maggior ragione se le religioni di cui si parla sono Cristianesimo ed Islām.

In riferimento alla situazione palermitana, dalla ricerca attuata sui gruppi di immigrati cattolici e induisti, l’intersezione simbolica tra le due religioni appare decisamente palese. Il tamil cristiano condivide le stesse ‘radici’ culturali con chi come l’induista non ha rinunciato a nessun punto che chiarisca il proprio statuto di tamil. Chi è cristiano, anche se da diverse generazioni, rinuncia implicitamente a una parte dello status identitario tamil, pur partecipando a cerimonie, balli religiosi e altri tipi d’incontri induisti. Il tamil cristiano, infatti, crede religiosamente a un’entità differente dalla Trimurti nella quale, però, continua a rispecchiarsi culturalmente e ritualmente, motivo per cui il suo essere tamil appare e viene considerato invariato dal resto degli elementi della comunità, tenendo anche presente che per l’induista la religione è considerata come «un insieme di norme, valide sia sul piano cosmico sia su quello individuale, eterne, immutabili e da sempre immutate, che indipendentemente dalla fede professata, vanno accettate, preservate e tramandate» (Pellegrini, 1994: 30).

È proprio l’induismo tamil, la sua simbologia, la sua carica fondante che fa fortemente percepire la sua influenza all’interno del cerimoniale cattolico tamil, tenendo così sempre collegati i fedeli cristiani a ciò che è il cardine identitario comune riconosciuto e tramandato, dato che, nel passaggio dalla religione induista a quella cristiana, «in nessuno dei casi è lecito parlare di conversione come di un semplice e meccanico trasferimento di un credo in chi ne era privo, e di una supina accettazione, da parte di quest’ultimo, di una religione estranea. Sempre si dà un complesso fenomeno di contatto» (Lanternari, 1967: 261) che implica legami molto forti tra la vecchia e la nuova religione in cui la vecchia funge da fondamenta per la nuova. Non si tratta probabilmente di ‘sincretismo’ (cfr. Burgio, 2007:100-102), ma di un sostrato culturale comune che non viene misconosciuto nonostante le differenze di culto: si tratta di «un rispetto profondo dell’essenza del messaggio induista» (ivi: 105), rispetto che viene portato in quanto la tradizione induista è ancora a tutti gli effetti parte della tradizione tamil, a prescindere dalla fede religiosa. In questo senso, vale la pena osservare che l’Induismo stesso guarda al Cristianesimo come a «una delle sue possibili forme, [come] uno dei suoi sentieri» (ibidem), mentre per i cattolici tamil non appare per nulla fuori dal comune entrare nei templi induisti o tenere accanto, in casa o nei propri negozi, immagini di santi come Rosalia da Palermo e di dèi come Ganeś.

A guardar bene, il conflitto decennale che in Sri Lanka divide i Tamil dai Cingalesi avviene tra una comunità religiosamente eterogenea e minoritaria (i primi), che si ribella ai tentativi di repressione di un’altra comunità religiosa piuttosto omogenea e maggioritaria (i secondi). L’unità tra chi s’identifica all’interno dell’etnia tamil permette di poter contare su una formidabile quantità di sostenitori. Ma oltre al conflitto tra due differenti gruppi etnici, siamo in presenza di una situazione in cui una comunità multireligiosa fronteggia una comunità ‘altra’, impegnata nella repressione di fedi differenti dalla propria, ovvero dal Buddhismo. Questo assunto sembra trovare solo una conferma nella recente notizia, tratta dal sito web Evangelici.net, che «nello Sri Lanka movimenti d’opinione si stanno impegnando per chiedere un emendamento costituzionale che renda il Buddismo la religione di Stato nell’isola», e che «la proposta [...] vede parti che risultano estremamente restrittive per i cristiani: la costituzione prevede che chi si trova al governo protegga e sostenga la religione buddista. In un articolo della nuova legislazione, verrebbe proibita l’evangelizzazione di altre “forme di adorazione” tra i buddisti» (evangelici.net). Si parla dunque di qualcosa che somiglia molto a un conflitto etnico-religioso ma che risulta piuttosto essere la conseguenza di una divisione di ben altra matrice, in cui l’elemento religioso tamil non è di fatto motivo di divisione interna al gruppo tamil, tant’è che i componenti rimangono uniti in nome di un’unica etnia contro un’etnia ‘altra’, che la minaccerebbe seriamente.

Dialoghi Mediterranei, n.5, gennaio 2014
Riferimenti bibliografici

Burgio G., La diaspora interculturale, Ed. ETS, Pisa, 2007

Lanternari V., Occidente e terzo mondo, Dedalo, Bari, 1967

Pellegrini A., Il sanscrito e le antiche lingue indoeuropee, in “Etnostoria” 1994, n.1: 23-33

www.evangelici.net, Sri Lanka, il buddismo proposto come religione di Stato (www.evangelici.net/notizie/1128422384.html), 4/10/2007.

www.radiovaticana.org, In Sri Lanka, cristiani e musulmani pregano insieme contro la costruzione di una centrale energetica a carbone,(http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=171017), 1/12/2007

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