Stampa Articolo

Fenesta ca lucive

Misterbianco (ph. Salvina Chetta)

Misterbianco (ph. Salvina Chetta)

di Salvina Chetta 

«Fenesta vascia ‘e padrona crudele/ Quanta suspire mm’haje fatto jettare/ Mm’arde stu core, comm’a na cannela/ Bella, quanno te sento annommenare» e ancora un’altra canzone struggente: «Fenesta cu’ ‘sta nova gelosia/ Tutta lucente de centrella d’oro/ Tu m’annasconne/ Nennella, bella mia/ Lassamela vedé, sinnò me moro».

Finestra che divide gli amanti, quelli che sapevano nell’amore l’attesa e il rifiuto. “Finestra” nelle serenate parola sineddotica: oggetto nascondente che è anche il suo contenuto nascosto. «Bonanotte fenesta verde»: oggetto personificato, a cui rivolgere pianti, saluti e sospiri d’amore: «Addio fenesta, rèstate ‘nzerrata/ ca nénna mia mo nun se po’ affacciare…/ Io cchiù nun passaraggio pe’ ‘sta strata:/ vaco a lo camposanto a passiare!».

Sambuca (ph. Salvina Chetta)

Sambuca (ph. Salvina Chetta)

San Mauro Castelverde (ph. Salvina Chetta)

San Mauro Castelverde (ph. Salvina Chetta)

Finestra che nasconde, sipario sulla via, confine ora aperto, ora chiuso, serrato, limite tra l’intimità del focolare domestico e la pubblica strada: unico varco concesso allo sguardo. Occhi guardano fuori. «Ah stu purteddu ca si grapi e chiui/ ca quannu passu iu rimeggiu ‘un havi».

Sambuca (ph. salvina Chetta)

Sambuca (ph. salvina Chetta)

Sambuca (ph. Salvina Chetta)

Sambuca (ph. Salvina Chetta)

Occhi che guardano dentro: Saro, che è  innamorato di Annitta, mette su un terzetto per la serenata: Jano, il barbiere, suona il mandolino, Nello era bravo con la fisarmonica, lui invece cantava alla finestra dell’amata «Affacciati Annitta/ duna sciatu a mo spiranza/ nun mi lassari c’affora/ comu n’aceddu dispiratu»

Sambuca (ph. Salvina Chetta)

Sambuca (ph. Salvina Chetta)

Tusa (ph. Salvina Chetta)

Tusa (ph. Salvina Chetta)

Sambuca (ph. Salvina Chetta)

Sambuca (ph. Salvina Chetta)

Nello scritto di Carlo Levi Le finestre, raccolto nell’opera Le mille patrie: Uomini, fatti, paesi d’Italia, leggiamo che «il nostro è un paese di finestre e di occhi che stanno intenti dietro le finestre, e guardano, scrutano, spiano, contemplano, si arricchiscono di immagini, si dimenticano di sé nell’atto di guardare, e brillano di simpatia per quello che vive e si muove là fuori, e si animano di vita per questa simpatia. Passa per le pupille questo continuo nutrimento, questa assimilazione del mondo, che scaccia la malattia mortale della noia, e l’avaro isolamento»

Un tempo per i vicoli le canzoni, «che sventolare, a quel tempo, di percalli da corredo e lenzuola di tela di lino (…) e che angele ragazze si spenzolavano da davanzali» Era il Cinquantuno, precisa Gesualdo Bufalino, in «un paese in figura di melagrana spaccata» (Modica) ed era d’estate. Era, insomma, tanto tempo fa.

San Mauro Castelverde (ph. Salvina Chetta)

San Mauro Castelverde (ph. Salvina Chetta)

Tusa (ph. Salvina Chetta)

Tusa (ph. Salvina Chetta)

San Mauro Castelverde (ph. Salvina Chetta)

San Mauro Castelverde (ph. Salvina Chetta)

Ventimiglia di Sicilia (ph. Salvina Chetta)

Ventimiglia di Sicilia (ph. Salvina Chetta)

Oggi nelle strade di periferia dei paesi, finestre di alluminio anodizzato color oro, il centro è disabitato: case abbandonate, strade vuote. Se ne sono andati tutti o quasi per lavoro o per troppo sognare e noi qui per queste strade visitate dalla luna.

«Fenesta ca lucive e mo nun luce»: muore l’ultimo vecchio, processione di nipoti a vuotare la casa, catenacci alle finestre dopo che passa l’anima. Passa il tempo e col tempo i piccioni. Per i paesi, così, finestre chiuse o sprangate dal vento alla notte, stanze abitate da piante selvatiche, lucertole, gufi e roditori.

Sambuca (ph. Salvina Chetta)

Sambuca (ph. Salvina Chetta)

«Mi sono fermato a guardare qualche interno oltre i vetri di finestre impolverate, così che la luce domata arrivava a illuminare ambienti come se l’aria fosse un pallido latte sporco. Vedevo mobili sgangherati e anche spazi chiusi da pareti vuote a proteggere magari un tavolone di legno azzurro, sbiadito dal tempo e dalle mani sudate. Stavo godendo perché ho sempre voglia di tinte prodotte dalla miseria e dal tempo».

Misterbianco (ph. Salvina Chetta)

Misterbianco (ph. Salvina Chetta)

Godrano (ph. Salvina Chetta)

Godrano (ph. Salvina Chetta)

Sambuca (ph. Salvina Chetta)

Sambuca (ph. Salvina Chetta)

Non giriamo per i paesi per nostalgia di un passato che neppure abbiamo conosciuto, non siamo melanconici o forse sì, ma non in questo caso; ci interessa nelle strade «la comunione dei vivi coi morti», sentire con lo sguardo che qualcuno e più di uno, una fila di uomini e di donne ci ha preceduto: c’è qualcuno che ci trascende, non siamo i padroni della storia. È per questo metterci in comunione coi morti che ne dobbiamo avere cura.

Una finestra contiene il suo passato come le linee della mano. Voglio difenderla questa finestra, questa finestra non è niente, è un’umile cosa: povero legno e colore sbiadito dal tempo, mano di povero artigiano.

San Mauro Castelverde (ph. Salvina Chetta)

San Mauro Castelverde (ph. Salvina Chetta)

Non un’opera d’arte, una tela di una chiesa: «voglio difendere qualcosa che non è sanzionato, che non è codificato che nessuno difende», che è opera di uomini senza nome.

Se guardi una finestra rotta di un paese che si svuota, una domenica pomeriggio, e le fai visita come a una vecchia zia, pare pure che viva del tuo guardare. «Quando mi sono accorto che la mia ombra era piena di conforto per quei muri sono passato a imprimerla per qualche momento anche su tutte le piccole rovine». C’è nessuno qui? Non c’è proprio nessuno? 

Dialoghi Mediterranei, n. 65, gennaio 2024 
Riferimenti bibliografici 
G. Bufalino, Argo il cieco, Bompiani, Milano 2001; I. Calvino, Le città invisibili, Einaudi, Torino 1977; T. Guerra, Una foglia contro i fulmini, Maggioli editore, Rimini 2006; C. Levi, Le mille patrie, Donzelli, Roma 2015; T. Montanari, Se amore guarda, Einaudi, Torino 2023; G. M. Piscopo e C. Mazza (a cura), Serenate al chiaro di luna, ovvero la notturna in Sicilia, Nuova Ipsa, Palermo 2011; R. Scotellaro, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2004.
 ___________________________________________________________________________
Salvina Chetta, vive a Mezzojuso (PA). Si è laureata in Lettere moderne ed è insegnante di Sostegno nella scuola primaria. Ha fatto parte della Compagnia del Teatro del Baglio di Villafrati (PA). È appassionata di fotografia e ha pubblicato alcuni saggi sull’emigrazione siciliana in Tunisia. Per la rivista “Nuova Busambra” ha curato la rubrica “Nìvura simenza” sulle scritture popolari.

______________________________________________________________

 
Print Friendly and PDF
Questa voce è stata pubblicata in Cultura, Immagini. Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>