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Giovanna Marini. Un singolare percorso fra timbri e colori delle voci tradizionali

Giovanna Marini, Givigliana, 2012

Giovanna Marini, Givigliana, 2012 (ph. Luca D’Agostino)

CIP 

di Ignazio Macchiarella

La “portavoce della canzone popolare” “decana delle cantautrici”, “pasionaria del folk e della canzone a pugno chiuso” la “Joan Baez italiana”: queste ed altre etichette si sono ascoltate e lette in occasione della scomparsa di Giovanna Marini. Etichette che, come spesso succede in casi del genere, sembrano un po’ buttate lì a caso, contribuendo poco o nulla a definire la personalità in questione, anzi talvolta creando, diciamo così, dei malintesi (per dire, su che base potrebbe fondarsi un paragone con Joan Baez?).

Senza dubbio Giovanna Marini è stata una poliedrica figura di musicista, impegnata nel secondo dopoguerra entro ambiti diversi del far musica, protagonista nel campo della composizione musicale in forme e modi decisamente diversi rispetto a quelli del mondo accademico e dei conservatori così come della popular music. In più una originale performer, dapprima decisamente impegnata nel movimento del Folk Music Revival italiano, poi, dalla metà degli anni Settanta, autrice ed esecutrice di espressioni musicali ricercate ed originali, politicamente e socialmente impegnate, sperimentando modi diversi del ‘narrare cantando’, ma anche ricercando strutture musicali originali, prima fra tutte il quartetto vocale femminile, una formazione inedita, creata nel 1976, che a lungo è stata lo strumento privilegiato per la messa in scena di gran parte delle proprie composizioni.

Ed è stata altresì, Giovanna Marini, una singolare didatta della musica, attenta ad elaborare una propria metodologia imperniata sulla trasmissione orale, la memoria visiva e corporea, contribuendo, allo stesso tempo, alla promozione di situazioni sperimentali quali quelle della Scuola Musicale del Testaccio di Roma.

Composizione, attività concertistica e didattica che nell’opera di Giovanna Marini si caratterizzano per una speciale, preminente attenzione verso timbri e colori della voce. Un aspetto, questo, sovente trascurato nelle diverse musiche dei nostri giorni, sia nell’ambito delle musiche d’arte così come nel mondo popular, espressamente ricercato da Giovanna nella vocalità della cosiddetta musica di tradizione orale. Da qui derivano infatti le sonorità riprese e sviluppate in un linguaggio espressivo peculiare che spesso mette in discussione anche le fondamenta della nostra musica a partire dalla stessa scala temperata. Un linguaggio all’opposto rispetto a quello della sua speciale formazione giovanile. 

Giovanna Marini, Sassari 2009

Giovanna Marini, Sassari 2009 (ph. Walter Colle)

Una vita “dentro la musica”

Giovanna Salviucci (il cognome Marini è quello del marito Giuseppe, noto fisico nucleare) nasce in una famiglia di musicisti d’accademia. Il padre, Giovanni Salviucci, scomparso a soli trenta anni, qualche mese dopo la nascita di Giovanna, era un affermato compositore della scuola di Alfredo Casella e Ottorino Respighi, autore di opere di rilievo del primo Novecento italiano. La madre, Ida (Iditta) Parpagliolo, insegnava armonia al Conservatorio di Santa Cecilia, compositrice e tra le prime donne in Italia a dirigere una orchestra in concerto. Giovanna, contro l’opinione della famiglia, si diploma nel 1959 in chitarra presso il conservatorio di Roma (il primo diploma in questo strumento in Italia) e si perfeziona con il celebre chitarrista spagnolo Andrès Segovia.

A Roma comincia a frequentare diversi ambienti della musica d’arte proponendo programmi concertistici per il proprio strumento che inizia ad essere apprezzato anche nei salotti borghesi (dove era stata a lungo ostracizzato in quanto ritenuto strumento popolare e “per posteggiatori” (Cifariello 1999). Durante una di tali occasioni Giovanna ricordava di aver conosciuto Pier Paolo Pasolini, un incontro in cui, per la prima volta, avrebbe saputo dell’esistenza di una musica diversa da quella appresa in conservatorio.

Un incontro ricordato in varie occasioni che le avrebbe cambiato la vita. Da esso, infatti, scaturiscono le amicizie e le collaborazioni con il gruppo del Nuovo Canzoniere Italiano – tra cui vari intellettuali coevi come Roberto Leydi, Gianni Bosio, Sandra Mantovani, Diego Carpitella ma anche i musicisti tradizionali della pianura padana come Giovanna Daffini, Vittori Carpi, duo di Piadena e così via – uno dei gruppi maggiormente protagonisti nell’ambito del cosiddetto Folk Music Revival italiano (Plastino 2006).

Con il Canzoniere Giovanna stabilisce una decennale collaborazione sia come arrangiatrice e performer, partecipando tra l’altro a celebri spettacoli come il celeberrimo Bella Ciao presentato al Festival dei Due Mondi di Spoleto 1964, al centro di una lunga teoria di polemiche (Tomatis 2023) oppure Ci ragiono e canto, 1978, con regia di Dario Fo, portato in varie tournee (Ferraro 2015), nonché numerosi concerti, incisioni discografiche e così via.

Nel contempo, Giovanna inizia le prime personali ricerche sul campo, soprattutto nelle regioni meridionali, stabilendo e sviluppando subito rapporti di amicizia con diverse donne conosciute attraverso dei passaparola – come le sorelle Mariuccia e Teresa Chiriacò di Sternatìa, nella Gricia salentina. Tale attività di documentazione è orientata verso suoni, timbri, micro-intervalli, l’articolazione formale e così via. Una attenzione relativamente minore Giovanna dedica invece ai contesti esecutivi, le analogie con altri canti e repertori, gli usi e funzioni del canto e altro, tutti elementi etnomusicologici che non mancavano nei resoconti e nei materiali registrati da tutti i ricercatori del Folk Music Revival in quegli anni in tutta Italia (Plastino 2016). Giovanna ricorda come nei primi incontri con le due sorelle Chiriaco aveva l’impressione che queste cantassero sempre le “stesse cose” per sperimentare come ad ogni esecuzione il canto fosse sempre significativamente diverso nel sound, nelle sfumature espressive, nei micro elementi formali (Macchiarella 2005: 132).

Dopo una breve parentesi a Boston con il marito (che vi si era traferito per lavoro) e i figli, da cui scaturisce la ballata Vi parlo dell’America, la prima di una serie di ballate per voce e chitarra per diversi aspetti affini al talking blues, Giovanna ritorna a Roma e comincia la propria attività solista. Tale attività assume spesso la forma del recital in cui si alternano ballate e altri brani di propria composizione, con l’esecuzione di canti tradizionali sempre da lei rielaborati specialmente per quel che riguarda il sound vocale. In questo modo la Nostra artista si allontana decisamente dalla logica del cosiddetto “ricalco”, tanto dibattuta entro il Folk Music Revival italiano che tendeva per l’appunto a portare sui palcoscenici delle ripetizioni quanto più fedeli possibili degli “originali” registrati sul campo (questione molto complessa su cui, fra i documenti del tempo si può partire da Leydi 1972). 

Giovanna Marini

Giovanna Marini

Una carriera da solista 

Nel 1974 Giovanna è a Roma fra i fondatori della Scuola di Musica Popolare del Testaccio, insieme con i jazzisti Giancarlo Schiaffini, Eugenio Colombo ed altri. Per gli allievi e gli insegnanti di tale scuola compone diversi brani, riprendendo e rielaborando alcuni impianti formali della storia della musica d’accademia (per esempio la struttura dell’oratorio, della cantata, del poema sinfonico) per dar vita a costruzioni originali, caratterizzate da insoliti, spesso sorprendenti, mescolamenti fra linguaggi musicali diversi, sempre con una grande cura per il colore del suono. Per esempio, il magnifico Requiem. Cantata delle cinque stanze, in otto parti per un amplissimo organico comprendente soprano, tenore, basso lirico, più coro misto di tradizione d’arte, cinque solisti e un coro della Scuola di Musica Popolare del Testaccio e un gruppo di canto a Tenore di Orgosolo e la partecipazione del poeta Peppino Marotto dello stesso paese sardo, e quindi una sezione di ottoni, percussioni e sei contrabassi, più violino, violoncello e fagotto. Un’opera in italiano, latino e sardo che propone un simbolico viaggio salvifico per fuggire al terrore del vivere quotidiano, con prima assoluta a Parigi nel 1986. A questa seguono colonne sonore per film (tra cui quasi tutte le pellicole di Citto Maselli), musiche di scena (come I Turcs tal Friul di Pier Paolo Pasolini e altri lavori teatrali diretti da Elio De’ Capitani), e così via.

Dalla fine degli anni Settanta, Giovanna viene frequentemente chiamata, come performer e anche come compositrice, in Francia dove riceve sempre più commissioni di musiche di scena per il teatro, sempre accolte con significativo successo di critica e di pubblico. La vertiginosa attività di Giovanna include, dal 1991 al 2000, un decennio di insegnamento Ethnomusicologie appliquée presso l’Università Paris VIII-Saint Denis. Un insegnamento specifico che non ha equivalenti in Italia (almeno finora) che offre la possibilità di studiare nella pratica espressioni musicali di altre culture – nel caso di Giovanna le vocalità del canto contadino del sud Italia, accolte con estremo interesse dagli studenti (per quel che contano i numeri in questo caso, il primo anno gli studenti sono 8, più di 120 l’ultimo anno).

Marini e il Gruppo vocale

Marini e il Gruppo vocale

Sul versante della composizione e performance, dal 1976 comincia a mettere a punto la creazione del quartetto vocale femminile, formazione musicale per vari aspetti originale, musicalmente alquanto duttile con cui avvia un progressivo approfondimento delle peculiari possibilità espressive delle voci acquisite da uomini e donne conosciuti/e “su campo”. Per il quartetto Giovanna sperimenta una sorta di cantata (lontanamente riprendendo la forma barocca con alternanza recitativo/aria), pensata in forma di cicli di brani polifonici inframmezzati da narrazioni recitate dall’autrice che accompagna alla chitarra, evocando nei modi e nella sostanza la figura del cantastorie ed echeggiando sovente la formula musicale base proposta da Giuseppe Miriello da Matera. Ciascuna cantata dura mediamente una quindicina di minuti. Dalle prime cantate con testo in francese (Cantate de tous les jours) ad oggi Giovanna ha all’attivo una notevole quantità di opere che trattano vari temi della vita sociale e politica dei nostri giorni, eventi drammatici (l’emigrazione dal sud, l’immigrazione africana e il caso del sindaco di Riace Mimmo Lucano), rievocazioni di eventi cruciali della storia italiana del “Secolo breve” (il massacro delle fosse Ardeatine, la strage di Ustica) ma anche questioni di poesia musicale come nel caso di Si bemolle o dell’ineffabile incertezza del non temperato (CD Nota, Udine 1999) incentrata su una efficace rappresentazione della ricchezza delle emozioni suscitate da colori e timbri delle voci tradizionali.

All’inizio del 2006 Giovanna dedica una speciale attenzione alla messa in musica di poesie di Pier Paolo Pasolini, tra cui la raccolta giovanile Le ceneri di Gramsci. Si tratta di un lavoro – accuratamente pubblicato dalle edizioni Nota di Udine – che costituisce un ulteriore testimonianza del particolare rapporto tra i due intellettuali, entro cui si colloca anche, drammaticamente, il Lamento per la morte di Pasolini, forse il brano più famoso di Giovanna, datato 1979 ma più volte rivisitato in seguito.

Nel 2021, in occasione del centenario della nascita del Partito Comunista Italiano, Giovanna allestisce “Il Partito”, mise en scene tratto da una partitura di Fausto Amedei e ispirato ad un testo di Camilla Ravera, destinato all’esecuzione del coro di Musica del Testaccio. Altri progetti musicali sono rimasti incompiuti al momento della scomparsa – ma non mancheranno presto di esser noti. In parallelo con la composizione e la performance Giovanna continuava ad alimentare le relazioni con le “sue” musiciste tradizionali, non mancando di andarle a trovare quando possibile e aumentando la serie di relazioni su campo specialmente nel sud e nelle due isole maggiori – questione su cui sono stati realizzati diversi documentari (per esempio Ronchini 2001).

Festival del canto spontaneoL’eredità di Giovanna

Una figura poliedrica come Giovanna Marini lascia una complessa eredità musicale e umana. Una eredità di fonti documentarie insieme con la memoria della sua musicalità intesa come capacità di fare e dare senso alla musica, di una speciale qualità nei rapporti interpersonali che era la qualità del suo fare e vivere la musica. Alquanto numerosi sono le/gli allievi a Roma, a Parigi, in tante città italiane, francesi e di varie altre città europee. Studenti/esse che in larga parte non si limitavano a frequentare i corsi a Saint-Denis o del Testaccio per la durata prevista, ma che per anni hanno continuato a seguire i suoi insegnamenti orali, a partecipare ai tanti seminari e stage che Giovanna con molta generosità teneva sovente negli stessi posti dove portava sul palcoscenico la sua musica. D’altra parte, v’è una gran mole di incisioni sonore, partiture, testimonianze scritte e documenti d’altra natura che da qualche anno l’editore Valter Colle (edizioni Nota, Udine) ha cominciato a catalogare, digitalizzare e in parte anche a riprodurre per la stampa, un progetto avviato con l’avallo della stessa Giovanna Marini che sarà di fondamentale importanza per approfondirne la conoscenza. 

Dialoghi Mediterranei, n. 68, luglio 2024 
Riferimenti bibliografici
Cesare Bermani, Giovanni Cifariello, Alvaro Company. La chitarra classica in Italia nel secondo Novecento, Lim Lucca, 1999.
Mimmo Ferraro, 2005 Roberto Leydi, 1972, Il folk music Revival, Palermo, Flaccovio
Ignazio Macchiarella, 2005, Giovanna Marini. Compositrice, interprete, didatta, Nota, Udine
Goffredo Plastino, a cura di, 2016, La musica folk. Storie, protagonisti e documenti del revival in Italia, Il Saggiatore, Milano
Jacopo Tomatis, Bella Ciao, 2024, Milano, Il Saggiatore

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Ignazio Macchiarella, professore Ordinario di Etnomusicologia presso l’Università di Cagliari e vice-direttore del Dipartimento di Lettere, Lingue e Beni Culturali. Attualmente segretario generale dell’European Seminary on Ethnomusicology (Esem); è stato vice-presidente dello Study Group on Multipart Music dell’International Council for Traditional Music (Ictm/Unesco) e presidente del comitato italiano dell’ICTM/Unesco. Fra i temi trattati nei suoi lavori: lo studio delle multipart music come mode of musical thinking, expressive behaviour and sound; i rapporti fra musica e religione/musica e rito; l’analisi formale delle espressioni musicali trasmesse oralmente. Si è occupato anche di ricerche sulle fonti storiche delle musiche di tradizione orale in Italia. Ha ed ha avuto incarichi e responsabilità di ricerca nell’ambito di programmi di ricerca nazionali e internazionali. Ha partecipato a numerosi convegni scientifici in Italia, negli Stati Uniti, in Cina, Francia, Inghilterra, Portogallo, Austria, Spagna, Estonia, Lettonia e altrove. Ha all’attivo più di 150 centocinquanta pubblicazioni fra monografie, saggi su riviste specializzate, volumi collettivi ed opere multimediali (compresi lavori in inglese, francese, tedesco, spagnolo).

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