di Gian Giacomo Ortu [*]
Ho recensito il Cavaliere dei Rossomori, appena pubblicato da Einaudi, nel 1985, su «Italia contemporanea», su sollecitazione di Joyce Lussu, che lo aveva molto apprezzato. Ne rimarcavo l’originalità e singolarità nel panorama storiografico italiano per la capacità di Fiori di fondere nella ricostruzione della biografia di Lussu la perizia nell’uso delle fonti, propria dello storico, e l’empatia emotiva e mentale, propria dello scrittore.
Fiori aveva già dato prova di una capacità eccelsa di fusione del dato oggettivo, il documento, e del dato soggettivo, il vissuto, nella Vita di Antonio Gramsci, che soprattutto per questo aveva superato i confini di luogo e di tempo per acquistare connotati di universalità e classicità.
Nella recensione su «Italia contemporanea» di cui dicevo osservavo anche che, diversamente dalla biografia di Gramsci, la biografia di Lussu era incompleta, perché si arrestava alla vigilia della sua adesione al Partito socialista italiano, nel 1949. Ed era assai concisa anche la trattazione dell’attività di Lussu all’Assemblea Costituente, dove veniva in piena luce la sua profonda cultura giuridica e costituzionale, normalmente e talora capziosamente lasciata in ombra dagli storici sardi.
Nella recensione mi interrogavo sulla ragione di questo “arresto” del racconto di Fiori, che ritenevo potesse avere due ragioni: il carattere, diciamo, più ordinario e meno “drammatico”, nel senso di meno avvincente, dell’attività di Lussu socialista e senatore nell’Italia repubblicana; la mancanza pressoché totale di un background di studi sul Lussu costituente e militante socialista. Unica eccezione una raccolta di scritti del Collettivo Lussu, Essere a sinistra, pubblicata dall’Editore Mazzotta nel 1976. Era invece già copiosa la storiografia sul Lussu combattente, sardista, antifascista (prima in Giustizia e Libertà poi nel Partito Italiano d’Azione), nella quale spiccavano i lavori di Manlio Brigaglia, Salvatore Sechi e Giovanni De Luna, e poteva contare anche sugli atti di due importanti convegni, entrambi del 1980: l’uno tenuto a Cagliari, d’impostazione prevalentemente storico-politica, l’altro a Nuoro, d’impostazione prevalentemente antropologico-culturale.
Al mio rilievo sull’incompletezza della sua biografia di Lussu, Fiori rispondeva con una cortese lettera privata nella quale mi ringraziava della recensione, che aveva gradito, e mi consegnava argutamente il testimone, invitandomi a riempire io il vuoto che aveva lasciato lui. Cosa che mi accingo a fare soltanto ora, curando il V volume di Tutte le opere di Lussu.
Non dirò altro del Fiori storico e biografo perché non è questa l’occasione e occorrerebbe molto tempo per parlare, anche sommariamente, delle successive opere storico-biografiche, su Michele Schirru, Ernesto Rossi, Enrico Berlinguer, Casa Rosselli: una sorta di galleria ideale, dalla grande carica pedagogica, di eccellenze della democrazia italiana ed europea. Cui fa da contraltare negativo, ma a suo modo egualmente esemplare, la biografia del “venditore” Silvio Berlusconi. Spiace che questo patrimonio della nostra cultura democratica rischi oggi di essere oscurato dalla produzione storiografica e letteraria, diluviale ma troppo spesso vacua, degli ultimi vent’anni.
Non ho le conoscenze necessarie per trattare del Fiori giornalista (giornalista d’informazione, d’opinione e d’inchiesta), con un’intensa e notevole attività anche alla RAI. Non posso però non ricordare i suoi saggi-inchiesta sulla Sardegna, Baroni in laguna del 1961 e La società del malessere del 1968, che hanno rappresentato una sorta di propedeutica alla consapevolezza e allo studio dei problemi dell’isola per la generazione del Sessantotto e dintorni, me compreso. Baroni in laguna era un case study che focalizzava il corto circuito in atto tra una Sardegna oggetto di piani di sviluppo enfatici (e truffaldini alla luce dei risultati) e una Sardegna che non si era ancora affrancata del tutto dal feudalesimo. Era appunto il caso dei pescatori dello stagno di Santa Giusta, assoggettati a una proprietà feudale, quella dei Carta di Oristano, che l’avevano acquistata a metà Ottocento dai Vivaldi Pasqua, cui l’aveva concessa due secoli prima la Corona di Spagna.
La Società del malessere trattava del banditismo, facendo focus sulla vicenda di Graziano Mesina, che smitizzava e sottraeva alle tossiche mitologie sardo-terzomondiste, collocandola nel contesto dei problemi e drammi vissuti da Orgosolo e dalle Barbagie negli anni Cinquanta e Sessanta. Questa ricerca di Fiori rappresentava, in qualche misura, un prosieguo e aggiornamento delle inchieste su Orgosolo di Franco Cagnetta, pubblicate nei primi anni Cinquanta sulle riviste «Società» e «Nuovi argomenti», e in volume soltanto nel 1963, in edizione francese.
Dialoghi Mediterranei, n. 65, gennaio, 2024
[*] Questo testo è l’intervento alla discussione su Il cavaliere dei Rossomori di Giuseppe Fiori (ripubblicato da Laterza) che ha aperto a Cagliari il programma del “Festival Premio Emilio Lussu” organizzato dall’associazione L’Alambicco e giunto nel 2023 alla IX edizione
Gian Giacomo Ortu, già professore ordinario di Storia moderna dell’Università di Cagliari, ha insegnato nelle facoltà di Scienze Politiche e di Architettura, tenendo corsi di Storia dell’Europa, di Storia dell’economia e di Analitica storica dei luoghi. La gran parte delle sue lezioni è raccolta in undici dispense a stampa pubblicate tra il 1997 e il 2014. I suoi interessi più specifici di ricerca si sono indirizzati alla storia delle istituzioni economiche e politiche dell’Europa medioevale e moderna. Tra i numerosi studi di cui è autore: Il Parlamento del viceré Carlos de Borja, duca di Gandía (1614) (Consiglio Regionale della Sardegna, 1995), Villaggio e poteri signorili in Sardegna (Laterza, 1996), Lo Stato moderno. Profili storici (Laterza, 2001), La Sardegna dei giudici (Il Maestra- le, 2005), Genesi e produzione storica di un paesaggio. Quartu Sant’Elena (1074-1923) (Cuec, 2011), La Sardegna tra Arborea e Aragona (Il Maestrale, 2017).
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