Stampa Articolo

Gli studenti della lingua italiana nel mondo: un approfondimento statistico

Sede Istituto italiano di cultura a

Sede Istituto italiano di cultura a Lima (Perù)

di Monica De Pietri e Franco Pittau

La dimensione statistica, una risorsa

Aristotele, nella sua interpretazione della struttura della realtà, mise al centro la sostanza (il nucleo essenziale delle cose) circondata da diversi aspetti del suo apparire, che lui chiamò accidenti, uno dei quali era la sua dimensione quantitativa: il filosofo aggiunse che la quantità per la sua importanza era quasi la sostanza, quindi di grande rilievo.

In questo saggio abbiamo ritenuto che la dimensione quantitativa sia fondamentale nell’approfondire la diffusione della lingua italiana nel mondo, ma non abbiamo pensato affatto che sia l’unico aspetto al quale prestare attenzione. È quindi opportuno precisare che la dimensione quantitativa è solo una parte della ricchezza intrinseca alla realtà linguistica, sulla quale ci vogliamo soffermare in questa introduzione [1].

Un Paese diffonde la sua lingua non necessariamente perché la ritenga la più bella del mondo (anche se noi italiani sovente facciamo questa affermazione). Ci sembra più corretto pensare che un Paese diffonde la sua lingua perché la considera la porta d’accesso alla sua intimità, alle sue caratteristiche, al suo modo di essere. Comunque, per la lingua italiana non sono mancati degli apprezzamenti, come si legge negli studi che hanno esaminato quanto detto all’estero dai tempi di Dante ad oggi [2]. È una questione di buon gusto lasciare che siano gli altri a pronunciare tali lodi, mentre noi dobbiamo tenere presente che qualsiasi lingua estera è molto preziosa, perché per il suo tramite ci sia apre meglio alla comprensione e al dialogo con “l’altro”.

Quando si riflette sulla posizione dell’Italia nell’attuale mondo sempre più globalizzato, in cui i protagonisti sono diventati numerosi e agguerriti, non sempre si pensa che un settore, in cui l’Italia riesce a mantenere una posizione preminente, è quello linguistico, restando ancora l’italiano una delle lingue più studiate nel mondo. Probabilmente i più pensano che questa sia una materia riservata alla ristretta cerchia di professionisti specializzati, e in particolare dei linguisti, capaci di studi raffinati, ritenuti, a volte, e però privi di significative ricadute sulla loro vita reale. Una siffatta posizione è fuorviante per due motivi. Innanzi tutto, a pensarci bene, ogni parlante italiano nella sua vita quotidiana ne è un utilizzatore professionale. Sono diversi i motivi di questa affermazione, che a prima vista potrebbe apparire esagerata: è però vero che egli la usa per comunicare in famiglia, per esprimere reazioni di gioia o di disappunto, per commentare una partita di calcio o un articolo sul giornale, per fare le confidenze a un amico o dichiarare il proprio affetto alla persona amata, per impartire disposizioni al lavoro o per criticare ordini ai quali deve soggiacere e così, a e tanto da giustificare la nostra affermazione.

Una persona che parla l’italiano come madrelingua, lo parla in qualche modo professionalmente e proprio per questo tutti devono interessarsi alle sorti della propria lingua. Inoltre, siamo tutti chiamati a renderci conto che la diffusione dell’italiano influisce molto concretamente, su diversi aspetti della nostra vita collettiva: sullo sviluppo economico del Paese e quindi anche sul nostro benessere personale, sulle sorti del turismo, sul piazzamento dei nostri prodotti all’estero, sull’apprezzamento del nostro patrimonio storico-artistico e, scendendo a un livello più basso ma non meno attrattivo, sull’affezione ai nostri cibi e alla nostra arte culinaria. Parole come pizza o cappuccino, spaghetti con sugo alla bolognese, parmigiano e mozzarella, hanno attratto la fantasia dei consumatori che, quando non possono permettersi l’acquisto dei prodotti originali, si accontentano dell’italian sounding, vera croce per i nostri produttori che vi ravvedono una concorrenza sleale.

Sono tanti i fattori che hanno influito sullo sviluppo della nostra lingua, portata personalmente nei cinque continenti dai nostri numerosi emigrati. Il suo dolce suono ha fatto la fortuna della musica operistica. I grandi lavori letterari italiani sono letti all’estero da persone che le hanno voluto gustare nella lingua originale, specialmente nel caso della Divina Commedia. Nei cattolici, sparsi nelle varie parti del mondo, fa particolare impressione sentire che il papa (anche quando è straniero, come è avvenuto per gli ultimi tre pontificati) si esprima in italiano, diventato in pratica la lingua ufficiale del Vaticano.

E così molti vogliono imparare in po’ l’italiano, prima di venire in Italia per potere meglio conoscere il Paese, e anche la gente, come fecero nel passato i letterati, tra i quali Wolfgang Goethe, un grande del pensiero mondiale, che considerò la visita dell’Italia, e in particolare di Roma, il culmine del suo percorso spirituale. Oggi, al tempo del turismo di massa, più semplicemente al bar o al ristorante hanno il piacere di fare le ordinazioni in italiano.  In quel misto di Ferrari e Vespa, o Chianti e Prosecco, nelle meraviglie delle numerose città d’arte, nei nomi immortali degli artisti che le hanno nobilitate con le loro opere, negli incantevoli paesaggi e nei capolavori artistici e naturali, e a un piano più godereccio, nelle eccellenze dei nostri piatti culinari, la lingua è sempre presente con la sua funzione espressiva.

Tralasciando, quindi, per una questione di stile di ripetere che l’italiano è la lingua più bella del mondo, possiamo però dire che la nostra lingua ha conosciuto un percorso accidentato meritevole di attenzione. È derivata dal latino (quindi “di nobile lignaggio” come si sarebbe detto una volta), si è fusa con le parlate barbare portate nella penisola italica dai popoli invasori, si è spezzettata in anti dialetti adattandosi alla peculiarità delle popolazioni delle diverse regioni italiane. Tra questi dialetti, il toscano, per l’impulso di autori come Dante e Petrarca e diversi altri, è sembrato quello più adatto a diventare la lingua degli italiani e come tale conosciuto anche all’estero.

In tutto questo noi troviamo degli aspetti di grande interesse, che i linguisti potrebbero illustrare, incantandoci con la loro cultura. A noi, che a un livello molto più basso vogliamo parlare della diffusione quantitativa dell’italiano nel mondo, viene solo da esprimere il disappunto per il fatto che nelle scuole secondarie, anche quando si frequenta il liceo classico, non sempre si impara bene la lingua di Dante, magari esprimendosi più correttamente in inglese. Ora, se oggi rappresenta un grande vantaggio parlare bene l’inglese, è mortificante constatare come spesso si zoppichi nel parlare e nello scrivere l’italiano che, una volta conosciute le regole e le numerose eccezioni, consente di esprimersi con stile piacevole e raffinato.

All’estero non manca chi ha intuito le virtù intrinseche dell’italiano, se è vero che ogni anno lo studia qualche milione di persone: è su questo aspetto ci vogliamo soffermare, sperando che ci venga perdonato un pizzico d’orgoglio, con un’attenzione più rigorosamente concentrata sui dati statistici, sul loro grado di attendibilità e sul rigore con il quale vanno commentati.

product_pagesLa graduatoria delle lingue più studiate al mondo come lingue straniere

Se ci riferiamo a Paesi popolosi come la Cina, o l’India, è evidente che le loro lingue ufficiali sono obbligatoriamente studiate da centinaia di milioni di persone che vi risiedono. La Fondazione Ethnologue [3] ha iniziato a studiare già prima della Seconda guerra mondiale il numero delle lingue esistenti nel mondo, il numero di quelli che le parlano, e anche le lingue che si estinguono: queste sono centinaia ogni anno, appartenenti a etnie poco numerose, che col tempo si sono estinte dopo aver resistito per millenni. Sono i misteri della storia, in cui tutto è in movimento. Il pericolo di estinzione dell’italiano è stato paventato anche in Italia, precisando che questo potrebbe forse avvenire per l’imperversare degli anglicismi.

Da una parte è vero che talvolta, parlando tra italiani, si ha a che fare con interlocutori che ricorrono a un fraseggiare continuamente infarcito di parole inglesi, il che provoca uno strano effetto, talvolta financo imbarazzante, perché induce a pensare che chi ci sta davanti non conosca abbastanza il vocabolario italiano, oppure, pur conoscendo i termini italiani non li utilizzi per far capire la sua bravura nella lingua inglese. Comunque per l’italiano, secondo gli studi fatti, la sopravvivenza è assicurata di qui a un secolo, per cui vale la pena di impararlo bene.

La nostra riflessione, però, si è concentrata sul numero di quelli che studiano l’Italiano come lingua straniera, in aggiunta alla propria madre lingua. È di per sé difficile elaborare una graduatoria delle lingue che si parlano a livello nazionale, anche ricorrendo a sistemi raffinati che consentono di completare i dati degli archivi esistenti (ad esempio di quelli del sistema scolastico), con indagini a campione e stime sulle realtà, per le quali non vi sono archivi amministrativi veri e propri.

L’italiano, già formalmente lingua ufficiale nel Regno d’Italia, ha stentato moltissimo a propagarsi sull’intero territorio nazionale, andando oltre la ristretta cerchia delle persone colte per raggiungere anche i ceti più popolari, e prevalendo finalmente sull’utilizzo dei dialetti. Ha influito molto a questo riguardo l’ampliamento degli anni dell’istruzione dell’obbligo e la diffusione generalizzata, a partire dal 1954, delle trasmissioni televisive, che hanno esercitato un impatto veramente dirompente.

Accertare però quanto una lingua sia diffusa in tutti i Paesi del mondo è molto più difficile. Ad essersi impegnato per qualche decennio in questo difficile compito è stato il sociolinguista tedesco Ulrich Ammon, scomparso nel 2019. Egli fu un meticoloso raccoglitore di ogni ricerca empirica, oltre che delle statistiche ufficiali, attento in particolare alla diffusione della lingua tedesca, ma confrontandone i dati con quelli riguardanti le altre lingue, e quindi apportando informazioni molto utili anche per la lingua italiana. Ammon, oltre a centinaia di articoli, scrisse un libro sulla diffusione della lingua tedesca nel mondo nel 1990, e poi, quasi con lo stesso titolo, ne pubblicò un altro nel 2015 [4], soffermandosi sui diversi ambiti nei quali una lingua può essere utilizzata, includendovi anche i moderni social.

La sua opera del 2015, di oltre mille pagine, riporta una tabella che ancora oggi viene presa come riferimento da cui partire. In essa l’italiano figura al sesto posto come lingua più studiata dopo l’inglese, il francese, il cinese, lo spagnolo e il tedesco. Pur trattandosi di un esperto autorevole, era necessario analizzare nei dettagli i criteri da lui seguiti nella composizione della tabella, e non trovando al riguardo alcuna bibliografia in Italia, abbiamo finalmente individuato verso la fine della sua voluminosa pubblicazione del 2015 alcune pagine dedicate alla metodologia. Abbiamo potuto constatare che l’autore aveva stilato un’analoga graduatoria delle lingue più studiate già nel 2010, nella quale l’italiano figurava al quinto posto, perché ancora non era andato affermandosi il cinese, trainato dalla portentosa affermazione commerciale di quel Paese.

L’analisi condotta ci induce a fare delle precisazioni. Innanzi tutto bisogna sottolineare che la graduatoria del prof. Ammon risulta impostata su una solida documentazione, nonostante in Italia già dall’inizio di questo secolo si continui a ripetere che l’italiano è la quarta lingua più studiata nel mondo; anche più recentemente lo fece il ministro degli affari esteri Moavero Milanesi agli Stati generali sulla diffusione dell’italiano nel mondo nel 2018, lo hanno ripetuto ricercatori e giornalisti, e così ha fatto da ultimo anche il Ministro dell’istruzione e del merito durante l’evento conclusivo delle Giornate della formazione italiana nel mondo nel 2022: in tale occasione Giuseppe Valditara si dichiarò orgoglioso di constatare la collocazione dell’italiano come quarta lingua più studiata nel mondo, e ribadì questa sua posizione su twitter [5].

È pienamente giustificato l’orgoglio per la nostra lingua, che però non detiene quella posizione ma si colloca un po’ più in basso. È incontrovertibile che l’inglese sia al primo posto, essendo diventato la lingua franca a livello globale. Il francese, lingua di grande cultura e fino a poco tempo fa anche della diplomazia, è al secondo posto. Abbiamo già visto che il cinese si è andato affermandosi impetuosamente. L’unica possibilità di vedere l’italiano al quarto posto si avrebbe solo se la sua diffusione fosse più consistente di quella riguardante lo spagnolo e il tedesco. Ma questa ipotesi non si può sostenere, adducendo delle prove. Lo spagnolo, parlato in una grande area come il Sud America e anche molto noto negli Stati Uniti, sta andando avanti benissimo, anche in Europa. Analogamente, il tedesco, una lingua legata alle scienze e a una grande realtà imprenditoriale, conosce in molti Paesi una tradizionale affermazione.

Sembra, quindi, fondato che Ammon abbia attribuito all’italiano il sesto posto, peraltro da non ritenere così stabilizzato: ad esempio negli Stati Uniti secondo la “Modern Language Association” siamo stati superati dal giapponese, ma anche il russo, l’arabo e il turco tendono ad espandersi. Sul numero degli studenti attribuiti dal prof. Ammon alle diverse lingue insorgono delle perplessità perché le fonti citate non sempre risultano abbastanza solide e manca una loro analisi critica. Ad esempio, per l’Italia Ammon riporta i dati comunicati da due addetti culturali dell’Ambasciata italiana a Berlino: in realtà nel 2015 gli studenti dell’italiano nel mondo erano circa 2.200.000, secondo la stessa comunicazione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sulla base della sua indagine periodica [6].

Questa nostra presa di posizione critica ci porta a fare un’altra importante precisazione, I dati sono credibili quando sono desunti da statistiche amministrative: ad esempio il numero degli studenti che hanno scelto quella lingua nei vari gradi di scuola o nelle università. Per la lingua inglese il calcolo è più facile perché il suo studio è imposto come obbligatorio, mentre le altre lingue generalmente sono studiate come seconda o terza lingua estera. Bisogna infine, soffermarsi su un altro chiarimento. Chi studia le lingue estere nelle scuole private, o le studia per suo conto, sfugge a queste rilevazioni ufficiali ma, con interessanti metodologie innovative, rese possibili da internet, si riesce a ipotizzare approssimativamente il numero degli studenti per le lingue più importanti e tanto basta per avere un’idea di come vanno le cose.

In conclusione, in un mercato linguistico diventato più globale, se riuscissimo a mantenere il sesto posto tra le lingue più studiate, sarebbe molto soddisfacente, ma la situazione sarebbe ancora accettabile se, pur arretrando un po’ in graduatoria (ipotesi non auspicabile ma realistica), riuscissimo a far apprezzare l’italiano e a diffonderne l’apprendimento in una maniera più rispondente a un mondo che è cambiato. Sul numero di chi studia l’italiano sono più credibili le indagini condotte in Italia, da ultimo secondo una metodologia quanto mai interessante, seppure ancora non perfetta, del Maeci, che merita di essere attentamente analizzata.

immagine1Un breve prospetto delle indagini condotte in Italia sullo studio dell’italiano nel mondo [7]

Dopo avere riferito sulla individuazione delle lingue estere più studiate nel mondo, ritorniamo al contesto italiano. Alla fine della Seconda guerra mondiale, il Paese distrutto inizialmente non lasciò lo spazio né le risorse per potersi occupare anche della diffusione della lingua italiana all’estero. Ben presto, però, il prodigioso sviluppo registrato dalla seconda metà degli anni Cinquanta fino agli anni Sessanta, fece parlare di un miracolo economico italiano, e i prodotti nazionali, di piacevole forma e disponibili a prezzi competitivi, si diffusero in tutto il mondo. Fu unanime anche l’apprezzamento nei confronti delle opere del cinema italiano, in particolare verso i registi del genere neorealista, da cui derivò una specifica attenzione anche alla lingua.

Iniziarono ad essere fondati, o riaperti gli Istituti Italiani di Cultura all’estero (alcune di queste strutture infatti erano state già funzionanti con altro nome nel periodo prebellico), dediti proprio alla promozione della lingua e della cultura italiane nel mondo. Naturalmente la promettente diffusione dell’Italiano non poteva non attirare l’interesse delle istituzioni e dei ricercatori. Le indagini, che si iniziarono a condurre, intendevano conoscere il numero degli studenti, le loro motivazioni, i metodi d’insegnamento, la posizione dell’italiano rispetto alle altre lingue e le strategie di potenziamento delle opportunità linguistiche, anche tramite la stipula di accordi bilaterali con i governi dei vari Paesi.

Inizialmente la categoria che riscosse maggiore attenzione fu quella degli italiani emigrati e dei loro figli, che non solo erano numerosi ma continuavano ad aumentare. Questa categoria di utenti rimase importante anche successivamente, ma col tempo non si configurò più come quella più numerosa. Ben presto ad essa si affiancarono gli autoctoni dei diversi Paesi, interessati all’apprendimento dell’italiano per motivi di natura personale, culturale, turistica, economica, lavorativa e spesso affettiva, a seguito dell’apparentamento con cittadini italiani.

La prima indagine sistematica sulla diffusione dell’italiano fuori dall’Italia fu quella realizzata nel 1979 dal Ministero degli affari esteri (MAE), che permise di identificare per la prima volta il fenomeno e le sue prime proporzioni. Merita poi di essere ricordata l’indagine condotta da Ignazio Baldelli nel 1987, apparsa col titolo La lingua italiana nel mondo e commissionata dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana. Questa ricerca si soffermò sulle motivazioni che stavano alla base della decisione di studiare la nostra lingua, facilmente intuibili tra le persone di origine italiana e diversificate tra gli altri soggetti. In quel periodo, tra chi apprendeva l’italiano all’estero, a prevalere, come genere erano le donne, e come categoria gli studenti [8].

immagine2Negli anni Duemila il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI) è stato il principale protagonista nelle indagini sullo studio dell’italiano all’estero, prima con affidamento dell’incarico all’esterno, e poi conducendole direttamente con il proprio personale, organizzando anche due importanti iniziative di supporto: la Settimana della lingua italiana nel mondo, inaugurata nel 2001 con cadenza annuale, e gli Stati generali dell’italiano nel mondo, istituita nel 2014 con cadenza biennale.

Per quanto riguarda specificamente le indagini portate avanti, agli inizi del Duemila, il Maeci conferì l’incarico al linguista Tullio De Mauro, coadiuvato da diversi esperti, di approfondire, facendo perno sugli Istituti Italiani di Cultura, la conoscenza delle categorie di persone che all’estero studiavano l’italiano, precisandone anche le motivazioni. I risultati furono raccolti in un libro conosciuto come Italiano 2000, che contribuì all’affermazione di un nuovo orientamento nello studio della materia [9]. Si constatò l’aumento dell’interesse nell’apprendimento dell’italiano, specialmente nei Paesi legati all’Italia da accordi commerciali, attestando così il collegamento tra espansione linguistica e rapporti economici. Ricorrevano di frequente tra gli studenti le motivazioni legate al tempo libero (32,8%), ai motivi personali (25,8%) e al lavoro (22.4%).

Il procedimento di scelta delle lingue, che l’indagine ricostruì, era così caratterizzato: partendo dall’inglese, di gran lunga la lingua più studiata e spesso obbligatoria, al secondo posto la scelta avveniva tra queste tre lingue: francese, spagnolo e tedesco, con la ricorrente prevalenza del francese. Quindi, tra i soggetti interessati ad apprendere ancora lo studio di ulteriori lingue, la scelta cadeva (nell’ordine) tra lo spagnolo e il tedesco. Solo nel ristretto ambito delle persone motivate a studiare ancora una quarta lingua, dopo averne apprese già tre, quella maggiormente preferita era l’italiano. Pertanto, a quel punto, preso atto del primo posto incontrastato dell’inglese come lingua più studiata, e del francese, dello spagnolo e del tedesco che seguivano nell’ordine delle preferenze, l’italiano si collocava al quinto posto. Come prima ricordato, a un risultato simile pervenne anche la ricerca Ammon nella sua prima graduatoria pubblicata nel 2010, mentre successivamente egli tenne conto dell’affermazione del cinese, inseritosi subito dopo il francese, per cui l’italiano fu indicato al sesto posto.

La ricerca Italiano 2000 contribuì a porre in evidenza le priorità all’estero nella scelta delle lingue straniere da studiare. Venne anche richiamata l’attenzione sul fatto che il significativo aumento degli studenti della nostra lingua doveva esserne considerato ormai un fenomeno da affrontare nell’ambito del mercato globale delle lingue, diventato sempre più concorrenziale, da cui derivava uno stringente impegno a individuare per tempo i punti più deboli da sostenere, e a perfezionare le strategie d’intervento, superando la propensione a considerare che l’andamento avrebbe continuato a essere soddisfacente come nel passato.

Italiano 2010 fu il titolo dell’indagine successivamente affidata dal Maeci agli esperti Claudio Giovanardi e Pietro Trifone, anch’essi chiamati a basarsi sugli Istituti Italiani di Cultura. I risultati dell’indagine furono inseriti dagli autori nel loro volume L’italiano nel mondo [10]. Sulle opzioni prioritarie nella scelta delle lingue estere da studiare fu constatata la persistenza di quanto emerso nella precedente indagine. Nella graduatoria delle lingue più studiate l’italiano era al quinto posto dopo l’inglese, il francese, lo spagnolo e il tedesco. Eppure, proprio in questo periodo, sui media e talvolta anche a livello istituzionale, circolò ripetutamente l’affermazione che l’italiano fosse la quarta lingua più studiata nel mondo.

immagine3Questa indagine, pur in continuità con quella presentata nel volume Italiano 2000, introdusse delle novità per il fatto di avere coinvolto i lettorati d’italiano e, questa volta parteciparono tutti gli IIC (circa novanta mentre furono solo 75 nell’indagine precedente). I punti salienti emersi furono i seguenti: un generale costante aumento della domanda di corsi di italiano: il posizionamento ‘di tutto rispetto’ della nostra lingua come quinta tra quelle più studiate e la forte attrazione esercitata dalla ricchezza culturale del nostro Paese. In cima alla lista delle motivazioni degli studenti si impose il «tempo libero e interessi vari» (56%), ritenuto una conferma dell’immagine tradizionale della lingua italiana come lingua di cultura. Seguirono questi altre motivazioni: «studio» (21%), «lavoro» (13%) e d «motivi personali e familiari» (10%).

Il prof. Trifone, in una intervista rilasciata durante una sua permanenza negli Stati Uniti, constatato che in quel Paese l’italiano secondo l’indagine della “Modern Language Association” era la quarta lingua straniera più studiata, affermò che questo equivaleva alla quinta posizione in tutti gli altri Paesi (come rilevato, per l’appunto, in Italiano 2010), data la generale e incontrastata preminenza dell’inglese nei Paesi non anglofoni [11]. Gli autori precisarono che l’italiano in quel periodo non era, in nessun Paese, la prima lingua straniera studiata, mentre aveva ottenuto il secondo posto in cinque Paesi: in Austria, Malta, e in Romania, per quanto riguarda l’Europa, in Argentina (alla pari con il francese) e in Australia (di nuovo alla pari con il francese),

La prima indagine direttamente condotta dal MAECI nel 2014 [12], resa periodica a partire da quell’anno, permise di procedere a una puntuale quantificazione degli studenti, e a interessanti confronti tra le diverse aree geografiche e i diversi Paesi. Molto opportunamente presentava distintamente le diverse categorie delle strutture per l’insegnamento e dei relativi studenti. Si trattava di aspetti di grande importanza, che verranno ripresi nel successivo paragrafo, mentre qui ci limitiamo ad affermare che gli studenti rilevati nell’anno accademico 2012-2013 furono 1.522.184. Questo risultato, presentato agli Stati Generali del 2014, e quelli successivi, comunicati agli Stati Generali del 2016 e del 2018, che rilevando un notevole incremento superavano i 2.000.000, favorirono anche un aumento delle espressioni di soddisfazione e di confidenza nel futuro.

Italiano 2020 [13] fu la successiva grande indagine, che si distinse dalle ricerche prima citate non solo per essere stata condotta autonomamente senza un incarico del Maeci, ma anche per la sua perplessità rispetto al diffuso ottimismo con cui fino ad allora si era guardato alle prospettive di ulteriore diffusione dell’italiano. Si trattò di una impegnativa ricerca, basata su 153 osservatori privilegiati  (insegnanti ma anche imprenditori, funzionari, intellettuali e altre figure direttamente o indirettamente coinvolte nel settore) diffusi in tutto il mondo, le cui osservazioni furono elaborate e completate da Massimo Vedovelli e altri esperti dell’Università per stranieri di Siena, coadiuvati da Benedetto Coccia dell’Istituto di Studi politici S. Pio V, patrocinatore della ricerca, ideata da Tullio De Mauro, che, purtroppo, venne poi a mancare nelle sue fasi iniziali.

Questa ricerca non trascurò la dimensione quantitativa e, anzi, fornì dettagli sulla collocazione in graduatoria dell’italiano in diversi Paesi del mondo, come si può rilevare nell’interessante tabella qui riportata:

Il posto in graduatoria dell’italiano in diversi paesi del mondo rilevato da Italiano 2020

Paese Lingue studiate

Posizione

Albania Inglese – Italiano – Francese – Tedesco

2°/3°

Argentina Inglese – Italiano –Tedesco – Francese –Portoghese

2°/3°

Australia Spagnolo – Italiano – Francese – Giapponese – Cinese – Greco

2°/3°

Austria Inglese – Spagnolo –Russo – Italiano – Francese 2°/(Tirolo)4°
Belgio Francese – Inglese – Tedesco – Spagnolo – Italiano

4°/5°

Brasile Inglese – Francese – Spagnolo – Italiano – Tedesco – Cinese – Coreano

Bulgaria Inglese – Spagnolo – Francese – Tedesco – Russo – Danese – Italiano

6°/7°

Camerun Spagnolo – Tedesco – Arabo – Italiano – Cinese – Latino

3°/4°

Canada Spagnolo – American Sign Language – Tedesco –Italiano – Cinese

3°/4°

Cile Inglese – Tedesco – Francese – Italiano –Giapponese

3°/4°

Cina Inglese – Spagnolo – Francese – Portoghese – Giapponese – Coreano – Italiano

6°/7°

Ecuador Inglese – Francese – Italiano – Cinese – Giapponese

Egitto Inglese – Francese – Tedesco – Spagnolo – Italiano – Cinese – Giapponese – Russo – Coreano

4°/5°

Etiopia Inglese – Francese – Tedesco – Spagnolo – Arabo – Italiano – Portoghese – Coreano – Cinese – Greco moderno – Persiano

5° / 6°

Finlandia Inglese – Russo – Tedesco – Francese – Spagnolo – Italiano – Portoghese –Cinese

Francia Inglese – Spagnolo – Tedesco – Italiano – Cinese – Arabo – Giapponese – Russo

3°/4°

Gabon Inglese – Spagnolo – Tedesco – Arabo – Italiano

Germania Inglese – Spagnolo – Francese –Italiano – Russo

3°/4°

Giappone Inglese – Cinese – Francese – Tedesco – Coreano – Spagnolo – Russo – Italiano

Giordania Inglese – Spagnolo – Francese – Italiano

Gran Bretagna Francese – Spagnolo – Tedesco – Italiano – Cinese – Giapponese

Grecia Inglese – Tedesco – Francese – Italiano – Spagnolo – Russo

3°/4°

India Inglese – Tedesco – Francese – Italiano – Spagnolo

4°/5°

Iran Inglese – Francese – Tedesco – Spagnolo – Italiano – Giapponese – Portoghese

4°/5°

Macedonia Inglese – Francese – Tedesco – Italiano –Spagnolo – Russo

4°/5°

Malta Inglese – Italiano – Tedesco – Spagnolo – Francese

Marocco Francese – Inglese – Italiano –Tedesco –Spagnolo

3°/4°

Messico Inglese – Francese – Italiano – Tedesco – Portoghese – Cinese – Giapponese – Russo

3°/4°

Norvegia Inglese – Spagnolo – Francese – Tedesco – Italiano

4°/5°

Nuova Zelanda Spagnolo – Francese – Tedesco – Cinese – Italiano – Giapponese – Hindi

5°/6°

Romania Inglese – Francese – Tedesco – Spagnolo – Italiano

4°/5°

Russia Inglese – Tedesco – Spagnolo – Italiano

3°/4°

Senegal Inglese – Spagnolo – Arabo – Portoghese – Tedesco – Italiano – Russo – Cinese

Serbia Inglese – Spagnolo – Italiano –Tedesco – Turco

2°/3°

Spagna Inglese – Francese – Tedesco – Italiano – Portoghese – Arabo

3°/4°

Sudafrica Spagnolo – Francese – Tedesco – Portoghese – Italiano

Svezia Inglese – Spagnolo – Francese – Tedesco – Cinese – Italiano – Russo – Giapponese

6°/7°

Svizzera Inglese – Spagnolo – Lingue slave – Cinese – Italiano (area non italofona)

5°/6°

Olanda Inglese – Francese – Tedesco – Spagnolo – Italiano – Arabo

5°/6°

Perù Inglese – Francese – Portoghese – Italiano – Tedesco

3°/4°

Polonia Inglese – Russo – Tedesco – Francese – Spagnolo – Italiano – Cinese

Tunisia Francese – Inglese – Tedesco – Spagnolo – Italiano –Turco

4°/5°

Turchia Inglese – Tedesco – Spagnolo – Italiano – Francese

4°/5°

La preoccupazione maggiore della ricerca Italiano 2020 era rivolta all’approfondimento delle tendenze emergenti nella scelta delle lingue estere da studiare, che vedevano l’italiano faticare non poco nel mantenimento delle posizioni raggiunte, con la conseguente necessità di ricorrere a strategie innovative, sia organizzative che didattiche. Ciò portò i ricercatori a dedicare grande attenzione al Maeci, alle sue strutture, all’associazionismo, ai fondi necessari, senza indulgere a un facile ottimismo, ma al contrario si sottolineò che l’Italia ancora non riusciva a superare gli effetti negativi della crisi economica del 2008-2009, che aveva ridotto anche la disponibilità allo studio delle lingue. Non esplicavano più l’efficacia di una volta fattori importanti, come il fatto di essere eredi di una grande tradizione culturale, di avere consistenti comunità italiane insediate all’estero e di poter contare sula forte attrattiva dei prodotti made in Italy, a fronte di situazioni stagnanti o regressive.

L’indagine concluse che si era di fronte alla carenza di nuove idee progettuali e a una debolezza organizzativa: comunque, la conclusione non era finalizzata a creare uno stato di depressione, bensì a stimolare uno spirito di ripresa, portando la diffusione della lingua italiana su binari più confacenti alla realtà contemporanea.

immagine4Le Indagini Statistiche del Maeci

 Come poc’anzi accennato, dal 2014 il Maeci si è dedicato autonomamente ad indagare la diffusione della lingua italiana nel mondo. Tali indagini statistiche, con la loro divulgazione pubblica, sono risultate molto importanti per ampiezza e organicità, sono state largamente apprezzate e hanno avuto una periodicità annuale e i suoi risultati sono stati commentati in maniera più approfondita agli Stati generali della diffusione dell’italiano, il primo tenutosi proprio nel 2014.

In queste indagini, il censimento degli studenti della lingua italiana nel mondo è il risultato di un notevole lavoro del Maeci, svolto a livello centrale e periferico, attraverso il coinvolgimento di diverse strutture facenti capo al Ministero stesso  o ad esso collegate: ambasciate, consolati, istituti italiani di cultura, scuole italiane statali e paritarie, sezioni italiane presso scuole straniere, scuole europee, lettorati italiani presso università estere, comitati Dante Alighieri e altri enti gestori dei corsi d’italiano sostenuti con contributi ministeriali.

Inoltre, vengono rilevate le persone che studiano l’italiano nelle scuole locali pubbliche (e anche in quelle private equiparate), sia nelle scuole elementari che nelle secondarie, come anche presso le università. I dati del sistema scolastico e accademico pubblico locale sono forniti dalle autorità dei rispettivi Paesi a seguito di appositi accordi diplomatici. I dati così raccolti da tutti questi enti “strutturati”, sono integrati, per quanto possibile, con quelli forniti da altre realtà che si occupano dell’insegnamento dell’italiano in loco: associazioni culturali, scuole private locali di lingue, scuole popolari, università della terza età e strutture similari, che non fanno parte del sistema d’insegnamento scolastico nazionale, non sono tenuti a comunicare i dati e sono di difficile ricognizione.

Per quanto riguarda la metodologia seguita nella raccolta dei dati, il Maeci utilizza schede e questionari, che consentono di reperire anche altre informazioni oltre il mero dato numerico, con lo scopo di permettere un’analisi qualitativa oltre che quantitativa. Le statistiche prodotte, in generale, prendono in considerazione l’anno scolastico/accademico precedente, a cavallo di due annualità. Alcuni dati, come per gli istituti italiani di cultura, invece, fanno riferimento all’anno solare precedente rispetto alla pubblicazione dei rapporti.

Nel corso delle varie edizioni annuali, il ministero ha apportato di continuo delle modifiche, sia nella raccolta dei dati, ampliando le fonti, sia negli strumenti di rilevazione, sia nella loro trasmissione al Ministero per le elaborazioni e sia anche nelle stesse elaborazioni. È facilmente comprensibile la complessità e l’impegno sottostante a questo genere di indagini. È anche immaginabile che, per la disparità delle fonti utilizzate e per la mancanza di una perfetta regolarità nella fornitura dei dati, specie rispetto alle tempistiche necessarie, risulti talvolta problematico mantenere un’uniformità e una completezza degli stessi, aspetti sui quali peraltro anche il Maeci ha ripetutamente richiamato l’attenzione. Nel corso del tempo, nella ricerca di un miglioramento metodologico, il Ministero ha cercato di affinare i criteri per l’aggregazione dei dati ottenuti e, soprattutto per cercare di evitare duplicazioni nei conteggi, ha identificato le Ambasciate come collettore principale per la raccolta dei dati nei Paesi di riferimento.

Le Indagini sono state rese note in maniera completa, con le varie disaggregazioni, solamente fino al 2019, con la pubblicazione dell’ultimo rapporto integrale disponibile, riferito all’annualità 2017/2018. Nel corso degli ultimi Stati generali nel 2021 (quando si è potuta tenere la prevista edizione del 2020, rimandata per via della pandemia Covid19), le statistiche sono state comunicate solo in forma sintetica, con numeri complessivi per le grandi aree geografiche.  Dopodiché, anche l’organizzazione degli Stati generali sulla diffusione dell’italiano nel mondo ha subìto una “pausa”; infatti, nel 2023 non si sono svolti i previsti Stati Generali della diffusione della lingua italiana all’estero, bensì gli Stati Generali della diplomazia culturale, dove non è stato rilasciato alcun dato in merito agli studenti d’italiano.

Guardando sommariamente i dati totali degli studenti della lingua italiana nel mondo nelle varie edizioni delle indagini Maeci [14], che riportiamo schematicamente nella griglia sottostante, si rileva un andamento molto positivo nei primi anni, partendo dai 1.522.184 studenti per l’anno scolastico 2012-13 (rapporto 2014), raggiungendo l’apice di 2.233.373 nell’anno scolastico 2014-15 (rapporto 2016), per poi diminuire l’anno successivo a 2.065.787 (rapporto 2017), e arrivando all’ultimo dato totale disponibile di 2.060.000 per l’anno scolastico 2019-20 (comunicazione del 2021).

Studenti della lingua italiana nel mondo (dati Maeci)

Studenti 2012-13 (2014)

Studenti 2013-14 (2015)

Studenti 2014-15 (2016)

Studenti 2015-16 (2017)

Studenti 2016-17 (2018)

Studenti 2017-18 (2019)

Studenti 2019-20 (2021)

1.522.184

1.761.436

2.233.373

2.065.787

2.145.093

2.119.401

2.060.000

Si nota quindi, pur con dati altalenanti, una chiara tendenza negativa nelle indagini degli ultimi anni, dove sono comunque censiti più di due milioni di studenti di italiano nel mondo; una cifra, in ogni modo, notevole e importante, e che rileva un incremento di circa il 35% rispetto alla prima rilevazione del 2014. Merita ricordare che alcuni dati sull’insegnamento dell’Italiano all’estero si ritrovano negli Annuari Statistici [15] del Maeci, pubblicazioni annuali che ineriscono a tutta l’attività ministeriale, e talvolta nelle relazioni al Parlamento, che devono essere presentate annualmente dal Ministero [16]. Tale documentazione, pur molto utile e interessante, non risulta però completa e esaustiva come i rapporti specifici sulla diffusione dell’Italiano nel mondo presentati fino al 2019; infatti gli annuari riportano solamente le attività finanziate direttamente dal Ministero (come per gli Istituti italiani di cultura, i lettorati e le scuole italiane all’estero), rimanendo così escluse tutte le attività d’insegnamento della nostra lingua nei contesti di apprendimento autonomi, cioè non sostenuti direttamente dal Maeci (come le scuole pubbliche locali e le numerose diverse realtà d’insegnamento in loco), che, invece, risultano spesso maggioritarie, superando il 50% del numero complessivo degli studenti nei vari Paesi. Non si può quindi che auspicare una ripresa della raccolta e della condivisione pubblica dell’indagini Maeci sulla diffusione dell’italiano nel mondo.

immagine6L’Italia nel mondo con la sua lingua – 2025 [17]

Chiuso definitivamente il periodo della pandemia, è stata condotta un’altra impegnativa indagine, ancora una volta promossa dall’Istituto di studi politici S. Pio V, molto debitrice agli studi curati in precedenza, e fortemente originale nell’ambito di approfondimento prescelto: un’accurata attenzione alla dimensione quantitativa, che se non affrontata con il dovuto impegno può portare a impostazioni fuorvianti, per poi entrare nel merito nella complessità dei vari aspetti, da quelli storici e sociali, a quelli culturali e programmatici, che si intrecciano nella diffusione all’estero della lingua e della cultura italiane.

L’Italia nel mondo attraverso la sua lingua, partendo dal contesto linguistico a livello internazionale, riferito alle lingue più parlate e a quelle più studiate, passa allo scenario italiano (spaziando dalla storia della diffusione della lingua nazionale tra gli italiani all’attuale diffusione tra gli immigrati), per proseguire con la sua diffusione all’estero, attraverso l’esame dei fattori che la favoriscono, conducendo analisi dettagliate su una molteplicità di Paesi (circa 80), presi in considerazione non en passant ma con un approccio monografico.

Un ulteriore aspetto caratteristico della ricerca L’Italia nel mondo attraverso la sua lingua è consistito nel dedicare una grande attenzione ai dati statistici delle ricerche che l’hanno preceduta, e alle quali si è accennato più sopra, riprendendone e analizzandone le peculiarità principali e i risultati più interessanti.  È palese l’intento di offrire con quest’ultima ampia ricerca una mappa particolareggiata dell’italicità linguistica su scala mondiale, ripercorrendone anche le diverse tappe pregresse e intrecciando la mera dimensione numerica con aspetti storici, sociali, culturali, religiosi ed economici.

L’ottica scelta per gli approfondimenti non è stata quella meramente linguistica o didattica, ma quella interculturale, caratteristica che in qualche misura riguarda tutti quelli che si occupano del mercato globale delle lingue, ma non in una dimensione predominante, qui invece ampiamente riscontrabile. Richiamiamo l’attenzione sulla variegata composizione dei curatori, dei redattori e degli intervistati, messi insieme attraverso collegamenti attuati nei vari continenti, non mancando di connettersi a referenti accademici e anche cercando di dare voce alla molteplice ricchezza esperienziale.

Va precisato che il progetto di ricerca dell’Istituto di studi politici S. Pio V ha coinvolto un ambito strettamente interculturale, facendo perno su una piccola associazione di immigrati (Suamox), coadiuvata da una analoga (associazione Kel’lam), entrambi operanti nel settore della mediazione interculturale, collegate con i protagonisti del grande progetto “Forum per l’intercultura”, che per oltre due decenni (a cavallo dei due secoli) ha operato nella capitale con una straordinaria intensità e efficacia. I coordinatori del gruppo redazionale sono anche impegnati nel settore del volontariato linguistico. Sono poi stati sollecitati a collaborare con i loro scritti ricercatori e operatori che vantano un’approfondita conoscenza dell’emigrazione italiana nel mondo e dell’immigrazione straniera in Italia.

Il mondo interculturale è una realtà corale, e tale è stata anche la redazione di questa indagine, che ha coinvolto quasi un centinaio di persone appartenenti non solo al mondo formalmente legato alla ricerca (università e centri studi), ma anche ad associazioni e a diverse altre strutture del mondo sociale. Molteplici sono stati i contributi sollecitati nei diversi ambiti ai rappresentanti del volontariato, giornalisti, giovani persone uscite da corsi di studio e desiderose di misurare le loro forze e portare le loro idee, persone immigrate in Italia, da quelli di successo a quelli adattatasi a lavorare come collaboratori domestici, e così via.

 Molto importante è, quindi, questa coralità interculturale che la ricerca, nella sua conclusione, lascia intendere come indispensabile per poter avere anche nel futuro un posto di riguardo nel mercato globale delle lingue. Indubbiamente servono maggiori risorse, strategie più raffinate, funzionari sempre più capaci di cogliere con tempestività le opportunità, ma serve anche una partecipazione che porti a considerare come protagonisti gli italiani e gli stranieri residenti in Italia, gli italiani e i loro discendenti residenti all’estero, i parenti e i conoscenti degli immigrati residenti nei loro paesi. L’Italia non ha le risorse finanziarie da investire per superare gli altri paesi nel settore, e, così conclude la ricerca, potrebbe rifarsi collegandosi meglio con queste importanti risorse umane e potenziali cooperatori: una tesi suggestiva che meriterebbe di essere discussa seriamente.

immagine5Conclusioni: per una strategia capace di un coinvolgimento corale

A nostro avviso i commenti statistici devono essere semplici ma sostanziali e contestualizzati. È indispensabile rendersi conto che i dati isolati, anche se recenti, presentano la situazione in maniera incompleta e per rimediare a questa parzialità bisogna collegarli con quanto è avvenuto nel passato e proiettarli nel futuro, ipotizzando i possibili cambiamenti, tenendo conto dei vari condizionamenti in grado di influire e adoperandosi per contrastare quelli negativi.

Quando si cerca di interpretare i dati sulla diffusione dell’italiano non bisognerebbe mai dimenticare che sulla scelta di studiare una lingua straniera influiscono diversi fattori: il costo del corso, la vicinanza della sede, la collocazione della rispettiva comunità nell’immaginario collettivo e l’interesse culturale che ne deriva, la spendibilità della lingua in ambito lavorativo e molto spesso anche i rapporti affettivi.

Le strategie organizzative della nostra diplomazia culturale, così come giustamente si preoccupano di un continuo aggiornamento didattico degli insegnanti, indispensabile affinché non si inceppi la trasmissione linguistica, dovrebbero aggiornare continuamente la loro comprensione antropologica degli studenti di quel Paese, di quella regione e di quella determinata città.  Influiscono sulle loro scelte diversi fattori: a livello più alto la geopolitica e l’immagine che l’Italia  alimenta di sé stessa in quella parte del mondo e, a un livello più esistenzialmente legato ai potenziali studenti, tanti condizionamenti tutt’altro che trascurabili, come poc’anzi accennato: i costi, la vicinanza della sede dei corsi, l’attrattività del siti promozionali, gli eventi correlati, la simpatia riscossa dalla locale comunità italiana, l’interesse culturale o professionale che ne può derivare, il legame con ambiti di grande traino (l’arte, la musica, la cucina, il turismo e così via), e anche la specifica valenza per i residenti di origine italiana.

È tutt’altro che infondato ritenere che l’impegno per la diffusione dell’italiano, se svolto secondo ampie vedute, equivalga a un’efficace scuola di formazione geopolitica, così come viene sostenuto nella ricerca L’Italia nel mondo attraverso la sua lingua. Vi si aggiungono anche alcune altre considerazioni quanto mai pertinenti. Evitiamo di ripetere che l’italiano è la lingua più bella del mondo, perché così dicendo ci mettiamo su un piano comparativo che non porta a conclusioni univoche e che solitamente urta l’interlocutore, il quale starebbe meglio se ci sentisse parlare di una lingua che amiamo, e che tanti fattori di valore hanno reso grande. Evitiamo, quindi, la comparazione, equiparabile a un rigurgito di nazionalismo. Ma più di tutto, ricordiamoci che ciascuno di noi usa la lingua professionalmente (non importano i livelli di conoscenza e di raffinatezza) e proprio per questo motivo ciascuno di noi si deve sentire chiamato a diffonderla; pochi potranno farlo all’estero, ma molti lo possono fare in Italia, già adesso un Paese fortemente cosmopolita.

Dialoghi Mediterranei, n. 72, marzo 2025
Note
[1] Abbiamo avuto l’opportunità di partecipare all’estesa ricerca che l’Associazione Suamox ha condotto per l’Istituto di studi politici S. Pio V “L’talia nel mondo attraverso la sua lingua” (in corso di pubblicazione), dalla quale traiamo qualche spunto.
[2] https://www.viacialdini.it/cultura/storia-della-lingua-italiana
[3] https://www.ethnologue.com/
[4] U. Ammon, Die Stellung der deutschen Sprache in der Welt, De Gruyter, Berlino 2015
[5] https://x.com/G_Valditara/status/1593278940352856064?mx=2
[6] https://www.esteri.it/mae/resource/doc/2016/10/libro_bianco_stati_generali_2016.pdf
[7] M. Vedovelli nel volume Italiano 2020: lingua nel mondo globale. Le rose che non colsi…, B. Coccia (a cura di), Apes, Roma 2020, ha curato un efficace quadro d’insieme delle più importanti indagini condotte, delineandone i principali risultati.
[8] I. Baldelli (a cura di), La lingua italiana nel mondo. Indagine sulle motivazioni allo studio dell’italiano, Istituto della Enciclopedia Italiana. Roma 1987.
[9] T. De Mauro, M. Vedovelli (a cura di), Italiano 2000.I pubblici e le motivazioni dell’italiano diffuso fra stranieri, Bulzoni, Roma 2003; si veda anche https://www.studocu.com/it/document/universita-degli-studi-di-napoli-federico-ii/sociolinguistica-italiana/la-diffusione-della-lingua-italiana-secondo-tullio-de-mauro/16541063
[10] C. Giovanardi, P. Trifone, L’italiano nel mondo, Carocci, Roma 2012. E Id. L’inchiesta Italiano 2010. Anteprima di alcuni risultati, in Italiano LinguaDue” n. 2, 2010: 149-153; https//riviste.unimi.it/index.php/promoitals/article/view/827
[11] Per l’intervista del prof. Turone cfr: https://lavocedinewyork.com/arts/lingua-italiana/2019/03/10/lo-stato-della-lingua-italiana-nel-mondo-la-verita-solo-e-nientaltro-che-la-verita, e https://www.9colonne.it/389623/unindagine-per-capire-la-crisi-dell-italiano-nel-mondo
[12] MAECI, L’italiano nel mondo che cambia, libro bianco degli Stati generali della lingua italiana nel mondo (Firenze, 21-22 ottobre 2014), in https://www.comunitaitalofona.org/wp-content/uploads/2014/10/2014italiano_nel_mondo_che_cambia.pdf;
[13] Italiano 2020: lingua nel mondo globale, op. cit.
[14] Indagini Maeci sulla diffusione dell’italiano nel mondo disponibili (feb 2025), in ordine crescente, agli indirizzi web: 
- https://www.comunitaitalofona.org/wp-content/uploads/2014/10/2014italiano_nel_mondo_che_cambia.pdf;
- https://www.esteri.it/mae/resource/doc/2015/10/riparliamone.pdf;
- https://www.esteri.it/mae/resource/doc/2016/10/libro_bianco_stati_generali_2016.pdf;
- https://www.esteri.it/mae/resource/doc/2017/10/libro_bianco_2017.pdf;
- https://www.esteri.it/mae/resource/doc/2018/10/rapporto_2018_LI.pdf
- https://www.cgieonline.it/wp-content/uploads/2019/11/Rapporto-diffusione-italiano-2019.pdf
Per i dati del 2019/2020 presentati agli Stati Generali della Lingua Italiana del 2021 si veda: https://www.comunitaitalofona.org/notizie/studenti-e-istituti-di-italiano-nel-mondo-alcuni-dati-dagli-stati-generali-della-lingua-italiana-nel-mondo/
[15] Cfr. Archivio digitale dell’annuario statistico Maeci, in https://www.esteri.it/it/sala_stampa/pubblicazioni-e-book/archivio_annuario/
[16] Art. 3, Legge n. 401 del 1990 “Riforma degli istituti italiani di cultura e interventi per la promozione della cultura e della lingua italiana all’estero”.
[17] B. Coccia, K. Peric, F. Pittau (a cura di), L’Italia nel mondo con la sua lingua, in corso di pubblicazione.
__________________________________________________________________________________

Monica De Pietri, laureata in Scienze Politiche all’Università “La Sapienza” di Roma, vanta una lunga esperienza nell’ambito della cooperazione internazionale in diversi Paesi in Africa, Asia e Brasile, per la gestione di progetti e programmi umanitari e di sviluppo. È interessata allo studio dei fenomeni migratori; attualmente frequenta il Master di II livello in Economia, Diritto ed Intercultura delle Migrazioni presso l’Università di Roma Tor Vergata.


Franco Pittau, dottorato in filosofia, è studioso del fenomeno migratorio fin dagli anni ‘70, quando condusse un’esperienza sul campo, in Belgio e in Germania, impegnandosi nella tutela giuridica degli emigrati italiani. È stato l’ideatore del Dossier Statistico Immigrazione, il primo annuario del genere realizzato in Italia. Già responsabile del Centro studi e ricerche IDOS (Immigrazione Dossier Statistico), continua la sua collaborazione come Presidente onorario. È membro del Comitato organizzatore del Master in Economia Diritto Interculture Migrazioni (MEDIM) presso l’università di Roma Tor Vergata e scrive su riviste specialistiche sui temi dell’emigrazione e dell’immigrazione.
__________________________________________________________________________________

 

 

Print Friendly and PDF
Questa voce è stata pubblicata in Cultura, Società. Contrassegna il permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>