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di Eugenio Grosso
Da inizio maggio 2021, le proteste seguite agli sgomberi e successive occupazioni nel quartiere di Sheik Jarrah, Gerusalemme est, territori palestinesi occupati, sono diventate l’ennesimo pretesto, per il governo israeliano dell’ex Primo ministro Bibi-Benjamin Netanyahu, per una repressione del dissenso palestinese. L’escalation è stata rapida e sproporzionata, come lo sono le forze in campo.
Gli abitanti del quartiere occupato dalle forze israeliane – ma territorio palestinese secondo il diritto internazionale – hanno dimostrato pacificamente mentre le loro case venivano assegnate a coloni provenienti dagli Stati Uniti, che nulla avevano avuto a che fare con quella striscia di Medio Oriente fino ad allora.
Dopo pochi giorni le forze di sicurezza israeliane hanno invaso la spianata delle moschee, Al Aqsa, il terzo luogo sacro dell’Islam, durante la preghiera del venerdì, nel mese santo del Ramadan. Sono stati sparati lacrimogeni e proiettili di metallo ricoperti di gomma sui fedeli in preghiera.
Chi ha potuto è scappato, chi non ci è riuscito si è rifugiato all’interno della moschea, non è servito a nulla. I soldati hanno violato il tempio, il cui accesso è permesso solo ai musulmani, calpestando con i loro scarponi i tappeti di preghiera. Altri proiettili di gomma e altri lacrimogeni sono stati esplosi all’interno del luogo di culto.
C’erano tutti gli ingredienti e, a quel punto, è arrivata la risposta di Hamas da Gaza: la pioggia di razzi che si è estesa fino a zone del Paese non raggiunte prima, da nord a sud.
Iron Dome, il sistema anti-missile israeliano, composto di 9 batterie da 50 milioni di dollari l’una, è entrato in azione neutralizzando quasi il 90% dei lanci provenienti dalla Striscia. La violenza è esplosa in tutto il Paese: linciaggi e aggressioni si sono moltiplicati, le strade sono diventate improvvisamente pericolose, la guerra civile, seppur per pochi giorni, è diventata una prospettiva reale.
Il numero dei morti è stato altissimo, ma, ancora una volta, terribilmente sproporzionato: 13 persone sono state uccise in Israele, compresi 2 bambini, 256 nella Striscia di Gaza, di cui 66 bambini.
Recentemente Bibi Netanyahu è stato sostituito, dopo 12 anni alla guida del Paese, da Naftali Bennett, 49 anni, nuovo Primo ministro. Ciononostante i bombardamenti verso la Striscia sono ripresi dopo il lancio, da parte palestinese, di palloni incendiari.
I tetti di Gerusalemme collegano quasi l’intera Città Vecchia. Questi luoghi, un tempo utilizzati come passaggio sicuro per spostarsi liberamente da un angolo all’altro della città, sono oggi uno spazio neutro dove le comunità spesso separate si incontrano.
Qui, ebrei chassidici passano accanto ad adolescenti palestinesi che praticano parkour o giocano a calcio, turisti e gruppi di soldati siedono fianco a fianco mentre gatti randagi fanno le fusa tra le loro gambe. I fotografi li usano come sfondo perfetto per i loro shooting e gli amanti trovano un raro momento di intimità fuori dal caos del bazar.
I tetti di Gerusalemme, di solito, sono una porta per un altro mondo, un luogo dove la politica e le separazioni temporaneamente si congelano davanti alla bellezza senza tempo della città.
Durante questo periodo di forti tensioni e violenze persino quel luogo ha perso il suo status di territorio neutrale di coesistenza. Come dice il personaggio di una storia di SY Agnon, «La casa tocca la casa e il tetto tocca il tetto. Una persona può passare da un capo all’altro di Gerusalemme per i tetti, come una città costruita collegata tra loro, ha detto Avigdor, alludendo ai Salmi, sospirando profondamente. Gerusalemme è collegata dalle sue case e divisa dai suoi abitanti».
Dialoghi Mediterranei, n. 50, luglio 2021
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Eugenio Grosso, fotogiornalista italiano che si occupa di temi sociali e di conflitto. Nel 2015 ha realizzato diversi servizi nei Balcani e in Nord Europa seguendo le rotte dei migranti attraverso Grecia, Macedonia, Serbia, Ungheria e infine Francia. Tra il 2016 e il 2017 ha vissuto in Iraq durante la campagna per liberare la città di Mosul dall’occupazione di ISIS. Nel 2018 ha pubblicato un libro fotografico sulla sua esperienza di quel periodo.
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