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Identità riflesse: corpo e sacro tatuato

Tatoo Convention (ph. Rossana Salerno)

Palermo, Tatoo Convention (ph. Rossana Salerno)

di Rossana Salerno 

Introduzione

La decorazione del corpo, come manifestazione visibile di identità e di partecipazione ai riti di passaggio, ha attraversato secoli e culture, mantenendo un ruolo fondamentale nei processi di definizione personale e sociale. Oggi, il tatuaggio sacro non rappresenta solo un simbolo di spiritualità o di fede, ma si configura come un potente strumento di comunicazione verso l’esterno, capace di riflettere mutamenti identitari e di rispondere alle sfide sociali attuali.

Partendo dal presupposto che, nel periodo successivo alla pandemia da COVID-19, il corpo sia divenuto un mediatore tra la dimensione spirituale e quella terrena, emergono interrogativi fondamentali sulla trasformazione del concetto di sacralità e sul momento in cui esso viene trasposto sulla pelle attraverso il tatuaggio. È essenziale interrogarsi sul confine tra l’espressione autentica della fede e l’appropriazione estetica del sacro.

A partire da queste riflessioni preliminari, l’indagine sul fenomeno del “sacro tatuato” si sviluppa attraverso un’analisi etnografica condotta nel contesto della “Tattoo Convention” (2019-2022). Questi eventi hanno rappresentato un’opportunità significativa per esaminare il ruolo del tatuaggio sacro – attraverso volti e simboli religiosi – nella costruzione dell’identità individuale e collettiva.

L’espressione di sacralità nella poesia statunitense richiama una celebre affermazione del poeta Walt Whitman, il quale scriveva: “Se c’è una cosa che è sacra, questa è il corpo umano”. Questa visione sottolinea il ruolo centrale del corpo nell’esperienza del sacro, specialmente in un’epoca segnata dalla riscoperta della corporeità come spazio di significazione e trascendenza.

Tatoo Convention (ph. Rossana Salerno)

Tatoo Convention (ph. Rossana Salerno)

Etnografia di ricerca sul sacro tatuato 

Nel corso del tempo, il mio interesse si è progressivamente orientato verso l’analisi dell’interconnessione tra pratiche rituali e trasformazioni territoriali, con particolare attenzione alla religiosità popolare e alle sue modalità di sacralizzazione dello spazio.

All’interno di questa ricerca sul “sacro tatuato”, il punto di partenza è la concezione del corpo come una vera e propria cerniera tra la dimensione fisica e quella spirituale. In questo contesto, si indaga la dicotomia intrinseca tra natura e cultura: la prima è legata al ritmo ciclico delle festività e ai fenomeni stagionali, mentre la seconda si esprime attraverso gesti scanditi dal tempo rituale e dalla corporeità. Risulta dunque fondamentale richiamare brevemente ciò che la tradizione sociologica e antropologica ci ha tramandato sul concetto di sacro.

Nel panorama dei classici della sociologia della religione, Émile Durkheim distingue la religione dal sacro, considerando la prima come un’istituzione sociale con una propria struttura normativa, fondata su credenze e pratiche storicamente determinate. Il sacro, in questa prospettiva, evidenzia il carattere collettivo della religione, configurandosi come un elemento unificante della comunità.

In Inghilterra, la disciplina della “comparative religion”, sviluppatasi nell’ambito della teologia cristiana, mette in evidenza l’ambivalenza del sacro, associandolo al concetto di “mana” (Filoramo, 1994). L’antropologo Mircea Eliade (1984), invece, lo definisce come un elemento strutturale della coscienza umana, in grado di formalizzare l’esperienza del numinoso. Secondo Eliade, il sacro non si esaurisce negli oggetti o nei simboli che lo manifestano, ma rappresenta una presenza costante e universale, radicata nell’essenza stessa dell’essere umano.

In questo quadro teorico, Gregory Bateson (2008) si discosta dalle interpretazioni precedenti, descrivendo il sacro come una “dimensione integrale dell’esperienza”. Egli sostiene che il sacro sia un aspetto imprescindibile della vita e che la sua conservazione necessiti di forme di espressione simbolica, più legate all’immagine che alla comunicazione verbale.

Tatoo Convention (ph. Rossana Salerno)

Tatoo Convention (ph. Rossana Salerno)

Proprio all’interno di questa prospettiva, il legame tra immagine e sacro costituisce il fulcro della presente ricerca. Bateson sottolinea che il sacro non deve essere esplicitamente comunicato per preservarne l’integrità: «La comunicazione è indesiderabile, non perché faccia paura, ma perché in qualche modo altererebbe la natura delle idee» (Bateson, 2008: 225). Attraverso il corpo e la sua interazione con il mondo, si generano strutture che accumulano e conservano ricordi individuali e memorie collettive, esperienze e conoscenze, dando forma al rapporto tra sacralità e rappresentazione.

La metodologia adottata per questa indagine – di cui qui si da una breve sintesi – si basa su un approccio qualitativo ed etnografico. Attraverso interviste ai tatuatori e questionari online somministrati ai “clienti” (i tatuati), è emerso che il tatuaggio sacro è percepito come una marcatura simbolica del passaggio da una fase della vita a un’altra, incarnando significati sia personali che collettivi in un panorama culturale in continua trasformazione.

L’analisi è stata condotta mediante l’utilizzo del software NVivo, uno strumento per l’analisi qualitativa che ha permesso di approfondire la dimensione simbolica e sociale del tatuaggio sacro. Ciò ha evidenziato il ruolo attivo del tatuaggio nel processo di costruzione identitaria e nelle dinamiche di appartenenza culturale. Questo studio, dunque, propone nuove prospettive sulla relazione tra spiritualità, corpo e identità nella società contemporanea.

In un contesto fortemente consumistico, la devozione religiosa sembra trasferirsi sugli oggetti di consumo. Un esempio emblematico è quello della collana-rosario, che da simbolo sacro si trasforma in un accessorio alla moda, ridefinendo così il confine tra sacralità e estetica nel vivere quotidiano.

Tatoo Convention (ph. Rossana Salerno)

Tatoo Convention (ph. Rossana Salerno)

L’analisi del tatuaggio sacro evidenzia come la sacralità, lungi dall’essere un concetto statico, sia soggetta a continue trasformazioni, adattandosi alle dinamiche culturali e ai mutamenti sociali. La questione dell’appropriazione dei simboli religiosi da parte della moda e del consumo solleva interrogativi profondi sul confine tra sacralizzazione e dissacrazione, mettendo in discussione il valore simbolico di oggetti e pratiche tradizionalmente legate alla sfera del sacro. Fino a che punto un simbolo può essere reinterpretato senza perderne il significato o il significante iniziale?

Se in passato lo stile di vita era considerato un riflesso diretto della stratificazione socio-economica, oggi esso si configura come un progetto identitario attivo, in cui l’individuo utilizza scelte estetiche e simboliche per esprimere la propria unicità. In questo contesto, il tatuaggio sacro diventa una pratica che va oltre la semplice decorazione corporea: esso rappresenta un ponte tra il vissuto personale e la dimensione spirituale, un segno tangibile di fede, memoria e trasformazione.

La pandemia ha intensificato questa dinamica, portando molte persone a riflettere sul senso della vita e sulla propria identità spirituale. Il tatuaggio, già interpretato come forma d’arte e comunicazione non verbale, si è caricato di nuovi significati, diventando un medium attraverso cui narrare esperienze, paure e speranze. Il sacro, inscritto sulla pelle, non si esaurisce nella dimensione individuale ma si espande attraverso le piattaforme digitali, dove la condivisione di immagini e storie trasforma il tatuaggio in un fenomeno collettivo.

cdb4d14e-406c-4c89-b0c0-64cb3cbbd069Conclusioni

Il tatuaggio sacro si configura come una pratica in cui identità, spiritualità e corporeità si intrecciano, trasformando la pelle in un luogo di narrazione e significazione. Non si tratta di una semplice decorazione, ma di un segno che racchiude esperienze di vita, credenze personali e appartenenza culturale. Attraverso la ricerca qualitativa, è emerso come il tatuaggio sacro rappresenti un medium attraverso il quale l’individuo costruisce e comunica la propria identità, sia nella dimensione personale che in quella collettiva.

In un tempo caratterizzato da una progressiva fluidità degli stili di vita, il tatuaggio sacro assume un ruolo sempre più centrale nella definizione del sé. Se in passato l’identità era strettamente legata alla posizione sociale e alle tradizioni religiose istituzionalizzate, oggi essa si costruisce in modo più dinamico, attraverso scelte estetiche e simboliche che riflettono valori, esperienze e aspirazioni. Il tatuaggio sacro, in questo senso, diventa uno strumento di agency individuale, un mezzo per riappropriarsi del sacro e renderlo parte integrante del proprio vissuto.

La ricerca qualitativa ha permesso di evidenziare come il tatuaggio sacro si inserisca all’interno di un processo più ampio di ri-significazione del “sacro addosso (Salerno R., 2025) e della religiosità nella società contemporanea. Lontano dall’essere un fenomeno meramente estetico, esso si configura come una pratica di sacralizzazione del corpo, in cui il confine tra fede e arte diventa sempre più sfumato. Se +è vero che il consumismo tende a trasformare i simboli religiosi in oggetti di moda, il tatuaggio sacro rappresenta una forma di resistenza e autenticità, una scelta consapevole di esprimere il proprio rapporto con il trascendente in modo intimo e personale.

Allo stesso tempo, la crescente diffusione del tatuaggio sacro solleva interrogativi sulla sua funzione sociale e culturale. La sua presenza nelle piattaforme digitali ha reso questa pratica non solo un’esperienza individuale, ma anche un fenomeno collettivo, amplificato dalla condivisione online. La mediatizzazione del sacro attraverso il corpo tatuato suggerisce nuove prospettive di studio sulle dinamiche della spiritualità contemporanea e sulla continua evoluzione del rapporto tra simboli religiosi, identità personale e appartenenza comunitaria.

In definitiva, il tatuaggio sacro si rivela un elemento chiave nella ridefinizione del legame tra corpo, fede e identità nell’era moderna. Esso testimonia la necessità, sempre più sentita, di trovare nuove forme di espressione del sacro in un mondo attraversato da mutamenti culturali e sociali profondi. La pelle diventa così un archivio vivente di esperienze e significati, un luogo in cui il sacro si incide in modo permanente, rimanendo impresso non solo nel corpo ma anche nella memoria collettiva. 

Dialoghi Mediterranei, n.72, marzo 2025 
Riferimenti bibliografici
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Filoramo G., Le vie del Sacro, Einaudi, Torino, 1994.
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Salerno R., (2025) “Il sacro tatuato” in Dalla spiritualità alle spiritualità, a cura di Giordan G., Palmisano S., Piraino F., Carocci editore – Roma.

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Rossana Salerno, ha studiato presso la Facoltà di Sociologia dell’Università degli studi di Trento, si laurea in Sociologia Territorio ed Ambiente nel settembre 2008. Prosegue i suoi studi con il Master I in Comunicazione, Educazione ed Interpretazione Ambientale presso il Dipartimento Ethos e Dismot dell’Università degli studi di Palermo. Nel 2010 vince il Dottorato di Ricerca in Sociologia, seguita dal prof. Salvatore Abbruzzese nello svolgimento delle attività di ricerca, presso la Libera Università “Kore” degli studi di Enna. Nel 2013 diviene membro di diverse associazioni accademiche nazionali ed internazionali e nel 2014 consegue il Dottorato di Ricerca in Sociologia dell’Innovazione e dello Sviluppo. Nel 2016 si specializza con il master universitario internazionale di II livello in Sociologia – teoria, metodologia e ricerca – interuniversitario Roma tre, La Sapienza di Roma e Tor Vergata sotto la tutela direttiva del prof. Roberto Cipriani. Nel 2017 è impegnata come “Researcher” in Francia in partenariato con A.R.S – Università di Lille2 (France) e Università Kore degli studi di Enna. Ad oggi è autrice di testi ed articoli sulla Sociologia della Religione, del Territorio e dell’Ambiente. Nel 2023 riceve da parte della Scuola di Medicina e Chirurgia di Palermo con sede presso il Policlinico Universitario “Paolo Giaccone” un incarico a contratto di docenza in Sociologia dei processi culturali e comunicativi in ambito lavorativo.

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