di Amelio Pezzetta
Premessa
Il presente saggio è finalizzato ad analizzare le tradizioni indicate nel titolo al fine di dimostrare l’importanza culturale e religiosa che San Rinaldo riveste per la comunità fallascosana ed evidenziare, nel contempo i processi di rifunzionalizzazione e le innovazioni che si sono osservate nel corso del XX secolo e in questi primi decenni. Le notizie riportate sono state ricavate da interviste, dalla consultazione di materiale bibliografico e vari siti facebook. Per le informazioni fornite si ringraziano Laura Di Biase, Alessandro Di Luzio, Ennio Di Pietrantonio, Nicola Di Pietrantonio, Teresa Madonna, Pietro Ottobrini e Antonello Tetiviola.
Il borgo di Fallascoso
Attualmente Fallascoso è una frazione del comune di Torricella Peligna (Ch) a cui fu accorpata nel 1928. In precedenza godeva di autonomia amministrativa. Il suo centro abitato si trova sullo sperone di un’alta collina del versante destro della valle del fiume Aventino, di fronte al massiccio della Majella e all’altitudine media di 923 metri. All’epoca dell’autonomia amministrativa, la superficie comunale occupava 7,1 kmq.
La borgata è costituita da oltre un centinaio di edifici civili di cui la maggioranza è vuota o temporaneamente abitata dai proprietari che ritornano durante le ferie o qualche ricorrenza festiva. Sino alla prima metà degli anni 60 del secolo scorso la maggior parte della popolazione locale era addetta all’agricoltura, e in qualche caso anche alla pastorizia.
Fallascoso gode di una rilevante bellezza paesaggistica e panoramicità a cui contrappone l’isolamento geografico che, mentre nei secoli fu passato un fattore positivo di autodifesa che assicurò la permanenza della popolazione, nella contemporaneità si è trasformato in un elemento negativo che non assicura un adeguato tenore di vita. Infatti, ora all’isolamento è legata la lontananza dalle località turistiche, dalle importanti vie di comunicazione e dai centri di servizi e occupazionali. Quest’insieme di fattori, in aggiunta al fatto che ora la popolazione locale non accetta di praticare l’agricoltura e l’allevamento, nel complesso ritenuti poco redditizi, ha indotto i suoi abitanti ad abbandonare il paese per scegliere la via dell’emigrazione e sperare in migliori opportunità di vita e lavoro.
Dal 1861, quando la popolazione comunale residente ammontava a 683 abitanti, a Fallascoso è iniziata la parabola discendente del decremento demografico che ha portato a 633 individui nel 1881, 624 nel 1901, 547 nel 1921, 467 nel 1951, 398 nel 1961, 42 abitanti nel 2021 e circa 20-30 agli inizi del 2025. Questi numeri collocano il luogo tra i borghi italiani ad elevato rischio di totale abbandono che in base a stime recenti comprenderebbe oltre 5500 piccoli centri sparsi in tutte le regioni peninsulari.
Questo grave spopolamento, che al momento attuale sembra inarrestabile, produce le seguenti pesanti ripercussioni negative sul paesaggio, lo stile di vita e il tessuto economico-culturale: l’abbandono e il degrado territoriale, l’aumento dei rischi di dissesto idrogeologico, la riduzione dei servizi essenziali (trasporti pubblici, presidi sanitari, negozi, scuole), l’invecchiamento della popolazione presente, la perdita del dialetto, tradizioni e prodotti tipici.
Ora il borgo di Fallascoso è costituito da oltre un centinaio di edifici civili di cui la maggioranza è vuota o temporaneamente abitata dai proprietari che ritornano durante le ferie o qualche ricorrenza festiva. Le poche famiglie che coraggiosamente continuano ad abitarci vivono l’esperienza di un paese spopolato con carenza di servizi, relazioni sociali e una condizione di totale solitudine.
Fallascoso continua ad essere titolare di una sede parrocchiale eretta nella chiesa di San Nicola di Bari, un santo che in passato era molto venerato nei Comuni della valle dell’Aventino. Infatti, oltre che in tale località, furono fondate chiese parrocchiali dedicate a San Nicola anche a Lama dei Peligni, Colledimacine, Lettopalena e Taranta Peligna.
Nonostante le limitate dimensioni geografiche e la scarsa popolazione tale borgo ha una propria e importante storia che s’intreccia con le principali vicende regionali e nazionali, iniziando nel periodo romano-repubblicano quando risulta che fosse abitato da popoli di stirpe sannitica [1].
Fallascoso e il suo territorio sono stati riportati e descritti in alcuni importanti dizionari storico-geografici dei secoli passati. Uno di essi è il Dizionario Geografico Istorico-Fisico del Regno di Napoli pubblicato da Sacco nel 1796 in cui su tale località è scritto:
«Terra nella Provincia di Chieti, ed in Diocesi di Chieti situata sopra un alto colle d’aria salubre, e nella distanza di sedici miglia dalla Città d’Agnone, che si appartiene alla Famiglia Persiani, con titolo di baronìa. In essa è da osservarsi soltanto una Chiesa Parrocchiale sotto il titolo di San Nicola di Bari. Le produzioni poi del suo terreno sono grani, granidindia, legumi, frutti, e vini. La sua popolazione finalmente ascende a cinquecentottantasette sotto la cura spirituale d’un Arciprete» [2].
L’opera successiva in cui si accenna a Fallascoso è il dizionario di Giustiniani del 1802 in cui l’autore scrisse:
«Terra in provincia di Abruzzo Citeriore, compresa nella diocesi di Chieti. La medesima è posta in un colle circondato da tre monti guardando da settentrione il mare Adriatico alla distanza di miglia 18. Da Chieti è lontana miglia 30, l’aria, che vi si respira è salubre per quanto dicono gli abitanti istessi, che ascendono al numero di 560…. Il territorio confina con Montenegro, Colledimacine, e Torricella, e dà frumento, legumi, e vino. Vi è della caccia nelle parti macchiose di pochi lepri, e di colombi, e tordi. Vi si vedono ancora dei rettili velenosi. Nel 1480 si possedeva da Cola di Annicchino insieme colla terra di Bomba. Nel 1534 per ribellione di Antonio di Annicchino, e di Gio. Bernardino Riccio di Lanciano, l’Imperador Carlo V avea conceduta detta terra insieme colle altre di Penna d’ Homo, e Santapollinare a Pirro Colonna, la di cui moglie Catarina de Medici nel 1551 supplicò esso Imperadore, che per la morte del marito, era espediente vendere le dette terre in beneficio delle figlie, che avea rimaste, e le venne accordato. Nel 1594 si tassa Fabrizio Valignano per la detta terra» [3].

La pagina del manoscritto di Antinori dedicato a Fallascoso (L. A. Antinori, Corografia Storica degli Abruzzi, vol. XXXIII: 60)
In questo particolare caso l’autore riassume la storia del borgo che era quella di un un’università o comune infeudato e accenna ad alcuni baroni che lo possedettero.
Per quanto riguarda la cultura popolare del luogo è da far presente che quando era dominante il modello economico agro-pastorale, si era formata una caratteristica cultura contadina che faceva riferimento al ciclo agrario annuale e creava i presupposti per tipiche relazioni sociali, comportamenti, atteggiamenti e credenze, scadenze festive, valori, espressioni linguistiche, proverbi, modi di dire, etc. Ora l’abbandono delle pratiche agricole, in aggiunta allo spopolamento e agli influssi della moderna cultura di massa hanno prodotto notevoli cambiamenti dei modelli locali e in molti casi anche alla loro totale estinzione. I pochi abitanti rimasti continuano a conservare alcune tipiche abitudini, valori e modelli comportamentali-relazionali e non li abbandonano poiché li ritengono funzionali alla loro quotidianità e rappresentativi della loro identità. A questa particolare forma di tutela di valori tipici, contribuiscono con varie modalità gli emigranti che durante i periodi di ferie ritornano a Fallascoso. Essi, intenzionalmente anziché esportare gli stili di vita dei paesi d’accoglienza, ambiscono a rivedere il luogo della loro giovinezza immaginandolo più o meno identico a quello dell’epoca in cui ci abitavano, tendono a rivivere antiche emozioni, a ritrovare la possibilità di esprimersi nel gergo locale ed essere partecipi o anche organizzatori di qualche tradizionale evento collettivo.
Chi era San Rinaldo di Fallascoso
San Rinaldo era un monaco basiliano che, secondo la tradizione visse una parte della sua vita in una grotta di Fallascoso. Le sue vicende storico-agiografiche sono legate a quelle di altri sei compagni eremiti che per la tradizione popolare abruzzese sono conosciuti come i sette fratelli. Il loro culto fu approvato nel 1893 dalla Congregazione dei Riti e si radica nei luoghi in cui essi hanno lasciato le maggiori testimonianze.
La figura del santo è circondata da varie narrazioni folkloriche e mitico-leggendarie che portano a ritenere di dubbio valore storico, alcuni particolari fatti riguardanti la sua vita. In sintesi i vari racconti agiografici sono comuni nell’affermare che il personaggio in considerazione apparteneva a una comunità di monaci italogreci che negli ultimi decenni del decimo secolo visse la prima fase della vita in Calabria, in particolare nel monastero basiliano di Santa Maria di Pesaca, sito presso Taverna, una località che si trova a poca distanza da Cosenza. Quando il cenobio fu oggetto di incursioni saracene, l’abate Ilarione, San Rinaldo e altri sei monaci fuggirono e in Abruzzo raggiunsero la valle del fiume Aventino ove inizialmente si stabilirono tutti in un monastero e successivamente si separarono per scegliere ognuno una propria sede di preghiera e penitenza [4]. Tra essi, San Rinaldo scelse di condurre una vita eremitica dedicata alla meditazione e preghiera in un anfratto roccioso che si trova nelle vicinanze del borgo di Fallascoso.
Esistono versioni di questo racconto in cui si citano personaggi diversi tra i monaci basiliani che accompagnarono San Rinaldo. In particolare in uno di essi si narra che un compagno di viaggio fu Santo Stefano del Lupo che, in realtà, non poteva parteciparvi poiché visse a Carovilli (IS) intorno al 1100. In un altro racconto, invece si fa presente che uno dei sette compagni di San Rinaldo fu San Giovanni Stabile, mentre non si cita Santo Stefano. Sulla base della mancanza di omogeneità narrativa e della presenza invece di personaggi vissuti in epoche diverse è da supporre che nei racconti sulla vita di San Rinaldo siano state inserite diverse vicende più o meno fantasiose. A rinforzare i dubbi sull’origine e la vita di San Rinaldo concorrono anche Cuomo e Di Renzo che in base alle loro ricerche ipotizzano che il santo eremita visse nel territorio fallascosano tra la seconda metà del XIV secolo e la prima metà di quello successivo, confutando in questo modo la tesi che lo rimanda al X secolo [5].
Ad avviso di Tosti, dall’insolita immigrazione di questi monaci basiliani nacque la leggenda dei “sette fratelli santi” che un tempo era molto diffusa in Abruzzo [6]. Questa interessante e attendibile tesi porta ad altre congetture che tengono conto di alcune concomitanze che si riscontrano in diversi racconti leggendari su alcune figure di santi venerati a Torricella Peligna, di cui Fallascoso ora è una frazione.
A Torricella, infatti, si narra la leggenda delle Madonne delle sette sorelle che interessa una particolare figura mariana del luogo e anche San Marziale, ovvero il suo santo protettore, che in base ai racconti agiografico-popolari sarebbe uno tra sette fratelli martiri. A queste leggende si aggiunge anche il racconto della vita di San Rinaldo, che come visto era uno dei sette monaci chiamati fratelli. Sulla base di queste coincidenze numeriche e di probabili legami parentali è ipotizzabile che la vita di San Rinaldo sia stata elaborata in chiave mitico-leggendaria tenendo conto del grande significato simbolico che si attribuisce al numero sette. Non a caso nei racconti agiografici si enfatizza che viaggiò insieme a sei monaci considerati fratelli che non comprendono l’abate Ilarione.
A questo fatto sono da aggiungere vari connotati simbolico-religiosi e magici di magnificenza, forza e potenza del numero sette che si osservano in varie forme espressive della cultura torricellana. Il numero in questione è associato a formule magiche, detti popolari, narrazioni di grandi fatiche, vitalità, al settimo cielo ovvero a cose immense, le vincite in certi giochi popolari con le carte, etc. Anche nella religione cristiana il numero sette assume diversi significati simbolici (perfezione, grandezza, purezza, etc.) ed è associato ai giorni della creazione, ai doni dello Spirito Santo, al numero di anni in cui la Madonna rimase in Egitto durante la sua fuga, ai vizi capitali, ai sacramenti, agli arcangeli, ai dolori di Maria e alle beatitudini. Di conseguenza tenendo conto di tutti questi significati, associando San Rinaldo al numero sette si potenziano le sue capacità protettive e la sacralità, due importanti elementi che in passato potrebbero aver influenzato le vicende agiografiche, adattandole in modo da rinforzare la magnificenza e devozione popolare.
L’agiografia del santo eremita fallascosano è stata dunque oggetto di diversi racconti che furono pubblicati nei secoli passati e a quanto scritto non aggiungono sostanziali ed importanti novità. Ad avviso dello scrivente restano notevoli e attendibili le notizie riportate agli inizi del XVII secolo da Marafioti (1601), Nicolino (1657) e Antinori (seconda metà del XVIII secolo).
La cappella laicale, la chiesa l’eremo e la fontana di San Rinaldo
A Fallascoso sono dedicati a San Rinaldo un eremo, una cappella laicale e una chiesa rurale. La loro presenza nel luogo è dimostrativa del profondo culto e devozione locale tributato al santo eremita. L’eremo in cui secondo la tradizione popolare visse il santo è costituito da un semplice anfratto di piccole dimensioni che si trova alla base di uno sperone roccioso. La grotta ha la larghezza media di circa un metro, mentre la sua altezza si aggira attorno a 4 metri. La presenza di quest’ambito aggiunge un’importante nota di sacro al luogo in cui si trova, accresce la sua attrattività turistica e lo rende una meta di visitatori e pellegrini. Purtroppo a causa di una frana avvenuta nelle sue vicinanze, nel 1985 l’Ufficio del Genio Civile ne ha vietato l’accesso.
Il secondo ambito sacro dedicato a San Rinaldo che si rinviene a Fallascoso è una piccola chiesetta rurale a navata unica che è posta nelle vicinanze dell’eremo e conserva una statua del santo titolare in cartapesta. La sua costruzione avvenne tra il 1843 e il 1844. Una sua originale particolarità stilistico-architettonica è costituita dal campanile che è ricavato sulla rupe del vicino romitorio.
Il terzo importante ambito sacro è costituito dalla cappella laicale dedicata al santo eremita che nei secoli passati fu eretta nella chiesa parrocchiale di San Nicola [7]. Non si è a conoscenza dell’epoca esatta in cui fu fondata. La sua esistenza è accertata durante il XVIII secolo, poiché con tutto il patrimonio in dotazione e i suoi pesi è riportata nel catasto onciario di Fallascoso del 1753. Con l’atto giuridico di fondazione alla cappella furono assegnati vari tipi di beni: abitazioni, terreni agricoli, animali e diritti di credito che consentivano di riscuotere prestazioni periodiche. Detto patrimonio si arricchì grazie ai lasciti testamentari, le donazioni e le operazioni finanziarie condotte dai procuratori, ossia le persone designate alla sua amministrazione; assicurava le rendite utilizzabili per la celebrazione di messe, il decoro dell’altare e l’organizzazione della festa del santo titolare.
La fondazione della cappella è un importante indicatore che conferma la devozione per San Rinaldo esistente nei secoli passati. Inoltre la sua presenza nella chiesa parrocchiale ne rinforzava il culto, accresceva il prestigio sociale del fondatore e gli dava la possibilità di condizionare l’attività del parroco. Durante l’epoca napoleonica la sua amministrazione passò alla Commissione Comunale di Beneficienza, un organismo che fu creato in ogni Comune del Regno di Napoli. Tale decisione, senza subire sostanziali modifiche, rimase inalterata sino all’Unità d’Italia, quando l’amministrazione dei beni della cappella passò alla Congrega di Carità che a Fallascoso fu operativa dal 1870 al 1926, dopo di che fu sostituita dall’ECA (Ente Comunale d’Assistenza) con sede a Torricella Peligna.
L’ultimo bene materiale dedicato a San Rinaldo è costituito da una fontana che si trova presso la chiesa rurale e in passato le sue acque erano utilizzate dai pastori e i loro armenti. Unitamente alla chiesetta, la cappella e l’eremo sono dei riferimenti geografici indicativi di alcune aree del territorio fallascosano e pertanto sono dimostrativi che San Rinaldo è anche un simbolo evidente della toponomastica locale. Altri fatti dimostrativi che il santo eremita connota la toponomastica fallascosana sono forniti dai rogiti del passato in cui per definire i confini di qualche terreno o abitazione, spesso riportavano la seguente scritta: “Confina con i beni della Cappella di San Rinaldo”.
Le statue e i santini di San Rinaldo
Nelle chiese di Fallascoso si conservano due statue dedicate a San Rinaldo. Una di esse è in cartapesta e si trova nella chiesa rurale e l’altra è posta in una nicchia dietro l’altare maggiore della chiesa parrocchiale. Il secondo simulacro in questione è appoggiato su un piedistallo di legno, si porta in processione durante la festa e la sua data di costruzione è sconosciuta. Il santo vi è rappresentato in piedi e in altezza naturale, ha la barba, lo sguardo è rivolto verso l’alto e indossa un saio tipico dei monaci basiliani. Un’aureola di luci circonda la testa. Il braccio destro è piegato sul petto in segno di pentimento, implorazione e preghiera. Il braccio sinistro, invece è allungato verso il basso e ha la mano aperta, quasi a voler indicare che accoglie e invita a seguirlo.
San Rinaldo è rappresentato anche in vari santini che ogni devoto conserva a fini protettivi e di devozione individuale. In generale essi trasmettono l’immagine di un personaggio semplice, vestito con abiti poco sontuosi e quindi più vicino alla gente comune. In uno di essi, il santo è dipinto nell’azzurro dell’universo e sotto i suoi piedi è posto l’abitato di Fallascoso, a voler simboleggiare che dall’alto lo protegge.
Le reliquie di San Rinaldo, lo stendardo e gli ex voto
Nella chiesa parrocchiale di San Nicola si conservano alcune ossa umane che secondo la tradizione locale sarebbero appartenute a San Rinaldo. Tali reliquie non sono autenticate e con la loro presenza sono stati alimentati il culto e la devozione per il santo eremita. La prima citazione riguardante la loro esistenza risale al 1568, quando furono trascritte nella relazione della visita pastorale [8]. Nella relazione della visita pastorale del 1593 si fa presente che nella chiesa parrocchiale si conservava il teschio del santo. L’ordinario diocesano ordinò che fosse ben conservato e chiese da quando e in che modo la parrocchia acquisì la reliquia, senza ricevere risposte e precisazioni [9]. Oltre alle reliquie, nella chiesa parrocchiale si conserva uno stendardo dedicato al santo e, sino al secondo conflitto mondiale anche degli ex voto. Lo stendardo fu realizzato nel 1911 dagli emigranti fallascosani residenti a Ardmore (Pennsylvania, Stati Uniti) e poi fu donato alla parrocchia. In particolare esso fu commissionato da persone originarie di Fallascoso che erano iscritte a un’associazione operaia italiana fondata negli Stati Uniti. Tessuto in sete, sul lato anteriore è riportata l’immagine del santo e su quello posteriore le scritte riguardanti la data di fondazione e alcuni nominativi, probabilmente di coloro che economicamente contribuirono alla realizzazione. È da supporre che tale manufatto sia stato realizzato per sostituire uno più antico di cui si ha notizia della sua esistenza nel 1844.
Lo stendardo si può considerare un importante simbolo identitario che documenta l’attaccamento alle tradizioni religiose degli emigranti fallascosani che si recarono negli Stati Uniti nei primi anni del XX secolo. Esso è stato restaurato attorno agli anni 90 del secolo scorso, si trasporta in processione durante la festa e nel 2011 è stato commemorato il centenario della sua realizzazione.
Nella chiesa parrocchiale fino al Secondo conflitto mondiale si conservavano vari ex voto consistenti in oggetti d’oreficeria donati in segno di riconoscenza per qualche grazia ricevuta da San Rinaldo. Durante le vicende belliche che hanno interessato anche il borgo in esame, la loro maggior parte è andata dispersa. Essi confermano che ad avviso della popolazione, il santo eremita possedeva poteri taumaturgici, interveniva in soccorso dei suoi fedeli e quindi era un’importante fonte di speranza per tentare di alleviare i gravi disagi esistenziali.
Il patronato, le leggende e le preghiere
In un’epoca ignota San Rinaldo è stato scelto come santo patrono del borgo di Fallascoso. Poiché è un santo poco conosciuto c’è da chiedersi quali siano stati i motivi fondamentali che hanno spinto a scegliere il suo patronato.
Il santo può considerarsi appartenente alla categoria che Niola definisce dei “Piccoli patroni” che in generale sono caratterizzati da una diffusione e funzioni taumaturgiche ristrette solo ai luoghi che li scelgono come agenti di protezione soprannaturale. Ad avviso dello studioso ogni santo appartenente a questa categoria dona «volto e corpo all’appartenenza comunitaria» e incarna «i valori dei gruppi e dei poteri sociali che adottandolo come simbolo, di fatto lo reinterpretano, lo reinventano incessantemente per adattarlo ai tempi e alle situazioni che mutano» [10]. In accordo con questa tesi e tenendo conto dei legami esistenti tra Fallascoso e San Rinaldo, si può sostenere che la sua scelta come santo protettore è un fattore che rinforza il senso identitario e sacralizza il territorio nel quale è stato un abitante reale. Ad orientare la scelta del patronato potrebbero avervi concorso anche le leggende e le credenze sui suoi poteri taumaturgici.
Nel XVII secolo Nicolino, riguardo i poteri di San Rinaldo scrisse che «la sua virtù è chiara, e illustre, principalmente in liberare gli oppressi dal maligno spirito» [11]. In base all’immaginario locale del passato San Rinaldo aveva il potere di ammansire i lupi e resuscitare le persone. A conferma di questa tesi concorre una leggenda in cui si narra che il santo eremita fece resuscitare un bambino ucciso da un lupo e poi obbligò il lupo stesso a trasportare un fascio di legna. Di tale racconto esiste un’altra versione popolare in cui, invece, si narra che il lupo dopo aver ucciso un asinello fu obbligato da San Rinaldo a trasportare la legna.
Nella valle dell’Aventino in cui Fallascoso è posto, la paura dei lupi era molto generalizzata e a superarla concorreva anche il ricorso anche ad agenti soprannaturali. Di conseguenza la credenza che il santo li ammansisse era un importante elemento che rinforzava la devozione popolare. In base ad altre credenze, San Rinaldo libera gli oppressi dal demonio, protegge gli animali domestici e gli uomini dai dolori di testa e dalle febbri.
Altre possibili delucidazioni riguardanti le qualità taumaturgiche e protettive che gli sono attribuite si ricavano dall’analisi dei testi delle preghiere, i canti e le formule d’invocazione religiosa elaborate dai fedeli fallascosani. Una preghiera che è riportata sul retro di un santino è la seguente:
«O S. Rinaldo Protettore di Fallascoso, volgi il tuo sguardo pietoso, non solo a noi, ma anche a tutti coloro che a te ricorrono. Tu che scegliesti tua dimora, in vita di penitenza e preghiera, in antro oscuro per la conquista della vita celeste, ci sia il tuo esempio sprone ad amare la povertà, la preghiera, il sacrificio. Mentre oggi ancora, dopo tanti secoli le tue preziose reliquie, ci parlano di vita beata in terra e in cielo, da te, o Santo Taumaturgo, attendiamo celesti favori e grazie per imitarti a raggiungerti nella gloria del Cielo. Amen».
In questo caso si fanno generici riferimenti alle qualità taumaturgiche del santo senza precisarne le caratteristiche. Una seconda preghiera in lingua latina ed in versi, riportata anch’essa sul retro di un vecchio santino è la seguente:
«Salve o Rinaldo vigilans / protector Fallascusii / splendor huius ecclesiae / et pastor elementissime. / Febris et doloris capitis. Morbis, ignis et contagia / tuo Sancto patrocinio / Solo fugantur nomine. / Preci tuorum excipe. / Fac illos omnis criminis / pure et clem integros / servas a morbis corporum. / Febris et dolor capitis – ut supra / Gloria Patris Filius et Spiritui Sancto / Febris et dolor capitis, ecc.».
In questa preghiera, invece si fa presente che con il patrocinio di San Rinaldo si possono scacciare: tutti i contagi, il fuoco, la febbre, i dolori alla testa e le malattie in genere. Al santo è stato eremita dedicato anche il seguente canto in versi che conferma che per l’immaginario fallascosano, San Rinaldo proteggeva dalle febbri e dai dolori:
«Sul diletto Fallascoso / o Rinaldo protettor / volgi uno sguardo tuo pietoso / te ne prego con tutto il cor. / T scegliesti la tua dimora / il tuo corpo a cruciar, / ma quell’alma già si onora da noi tutti sull’altar. / Poverissimo mantello / le tue carni ricoprì / dal cilicio e dal flagello / fosti afflitto notti e dì. / Fu tua stanza un antro scuro / vivo sasso il tuo guanciale / fu tuo letto un suolo duro / nella vita tua mortal. / Penitente alfin moristi / nella pace del Signor / e con l’alma al ciel salisti / tutto intorno di splendor. / Da quel trono glorioso / volgi uno sguardo di pietà / sul diletto Fallascoso che pregarti ognor ti sta. / Se la febbre e altri dolori / viene al corpo e ci assalì / tu ci guardi dai dolori / li vedremo presto sparir. / Tu sei scudo e sei difesa del tuo popolo fedel. / Ci aspettiamo con alta impresa / riunirci tutti in ciel. / Andiamo in ciel in compagnia / insieme al nostro protettor / fra le cetre e le armonie / loderemo il Creator. / Padre, Figlio e Spirito Santo / tre persone, un nome santo / vi adoriamo con suoni e canti / come in ciel cantar si sa».
Un’invocazione popolare espressa nel gergo fallascosano con cui nei momenti di gravi difficoltà esistenziali ci si rivolgeva al santo è la seguente: “Sande Renalde mè aiuteme” (San Rinaldo mio aiutami). L’insieme dei poteri taumaturgici attribuiti a San Rinaldo dimostrano il suo legame con le aspettative e i bisogni dell’antica comunità agro-pastorale fallascosana che in passato, quando non esistevano adeguate cure mediche, sperava di superare alcune malattie e problemi esistenziali facendo ricorso ad agenti soprannaturali.
La Società di Mutuo Soccorso San Rinaldo
Al fine di assicurarsi migliori condizioni di vita e adeguate misure assistenziali, nel 1904 gli emigranti fallascosani residenti a Filadelfia costituirono la “Società Italiana di Mutuo Soccorso di San Rinaldo”. In questa particolare occasione essi dimostrarono di aver acquisito una coscienza di classe, ovvero un modello culturale assimilato nel luogo di lavoro. Nello stesso tempo dimostrarono di conservare una loro antica tradizione poiché non dimenticarono il santo patrono del luogo d’origine e gli dedicarono un’associazione d’ispirazione cristiana che tutelava i lavoratori emigrati. La Società di Mutuo Soccorso in oggetto perseguiva le seguenti finalità: promuovere la solidarietà tra i propri iscritti; accumulare fondi da utilizzare come sussidi ai soci in caso di malattie; dopo la morte provvedere alla sepoltura dei soci e a quella delle rispettive mogli. Nel 1911 i suoi adepti commissionarono la realizzazione di uno stendardo. Oltre a questa notizia non si sa per quanti anni fu attiva, quali attività svolse negli Stati Uniti e di quali altre iniziative si rese protagonista a Fallascoso.
La festa di San Rinaldo dalle origini alla contemporaneità
La prima notizia storica riguardante la festa del santo risale al 1657 ed è riportata da Nicolino che su tale argomento scrisse: «Viene la sua festa alli 28. di Agosto, la quale con molta solennità si celebra da quella università» [12]. Ciò che colpisce in questa notizia è la data della festa che fu fissata al 28 agosto, un giorno che non coincide con quello in cui si presume che San Rinaldo morì. Questa data di celebrazione porta a pensare che inizialmente la festa fu organizzata al fine di ringraziare il santo per l’avvenuto raccolto e propiziare una buona riuscita di quelli futuri (la vendemmia e la raccolta dell’ulivo). In questo senso non è da escludere che essa sostituì qualche antico rito pagano con le stesse finalità e che la comunità fallascosana trasferì a San Rinaldo le funzioni protettive e propiziatorie di una buona annata agricola che erano attribuite a una divinità arcaica.
Circa cento anni dopo, ovvero nel Catasto Onciario del 1753 si fece presente che durante la festa di San Rinaldo, l’omonima cappella spese sei ducati, mentre l’Università di Fallascoso spese 12 ducati e corrispose all’arciprete la somma di 78 carlini [13]. Nella prima metà del XIX secolo, la festa era preceduta da una novena di preghiere. Dalla relazione della visita pastorale del 1841 citata da Cuomo e Di Renzo, risulta che la festa si celebrava con le offerte dei fedeli e si recitava un’orazione panegirica in onore del Santo [14].
Nel 1844 la festa fu organizzata il 29 agosto e la processione si svolse con un percorso d’andata e ritorno dalla chiesa parrocchiale di San Nicola alla chiesa rurale di San Rinaldo posta presso l’eremo. Essa ebbe le seguenti caratteristiche: fu aperta da una persona che portava uno stendardo; seguivano altre persone con tamburi e una banda musicale; dietro la banda erano poste dodici persone vestite con camice e rocchetto rosso che portavano candele accese; chiudevano la processione vari sacerdoti posti sotto un baldacchino, tra cui uno che portava un’urna contenente il teschio del santo; giunti alla chiesa rurale un sacerdote celebrò la messa, benedisse il nuovo altare, posò l’urna con la reliquia sulla nicchia dell’altare e durante l’omelia ricordò la santità del luogo, al termine della messa, la processione si riavviò verso la chiesa parrocchiale [15]. Cuomo e Di Renzo hanno scritto nel loro volume che nel 1845 l’economo della chiesa parrocchiale scrisse al vescovo chiedendogli di approvare una preghiera su San Rinaldo da recitare durante la novena che precedeva la festa [16].
A partire dai primi decenni del XX secolo è nata una consuetudine che è ancora attuale in cui si chiede ai lavoratori emigrati di contribuire all’organizzazione della festa con proprie rimesse in denaro. Altri contributi si ottenevano dagli abitanti locali che per devozione donavano moneta contante e prodotti agricoli, piccoli animali o cibarie che poi si vendevano all’asta.
Ad avviso di Micati, un tempo (probabilmente nella prima metà del XX secolo), il 7 maggio e il 28 agosto, i fallascosani si recavano all’eremo e organizzavano una festa nel vicino pianoro. In seguito questa tradizione fu abolita dopo la morte di una persona precipitata da una rupe [17]. In un periodo imprecisato del XX secolo, la festa di San Rinaldo iniziò ad essere preceduta ed abbinata alla festa di Santa Filomena, una comprotettrice di Fallascoso che attorno agli anni 90 in questa sua funzione fu sostituita dalla Madonna dei Miracoli. Altrettanto imprecisato è l’anno in cui si è diffusa la tradizione della conocchia consistente in un trabiccolo in legno che si trasporta lungo le strade del paese e su cui ogni persona deposita la propria offerta (denaro, frutta, dolci, pasta, etc.). Successivamente durante una delle serate festive, gli oggetti donati si vendono per finanziare la festa. In un passato non molto lontano, era frequente che durante le aste, l’offerente cercasse di comprare il proprio oggetto donato.
Quando la maggioranza della popolazione fallascosana era addetta all’agricoltura, l’offerta alla conocchia era una forma di ringraziamento simbolico a San Rinaldo per aver favorito un buon raccolto.
Sino agli anni ‘50-60 del secolo scorso, alla festa partecipavano anche comitive di pellegrini che partivano a piedi dai paesi vicini, arrivavano alla chiesa parrocchiale di San Nicola, rendevano omaggio al santo eremita e assistevano a tutti gli eventi festivi programmati. Durante la notte alcune comitive riprendevano la via del ritorno alle proprie abitazioni. Altre, invece dormivano all’interno della chiesa rurale e ripartivano con le prime luci dell’alba. Negli anni successivi il faticoso viaggio di pellegrinaggio a piedi è stato sostituito da quello più comodo in automobile e da soggetti che alla volontà di vivere una propria dimensione di contemplazione religiosa hanno aggiunto la ricerca di momenti di divertimento e d’evasione.
Durante il XX secolo, il programma festivo ha subìto dei mutamenti che riguardano essenzialmente la parte ricreativa serale, mentre hanno continuato ad essere rispettate senza modifiche: la data di celebrazione festiva, l’apertura e chiusura della festa con i fuochi artificiali e l’ora di organizzazione della processione religiosa. Per quanto riguarda la parte ricreativa serale, si può essenzialmente dire che: sino al Secondo conflitto mondiale, generalmente, si esibiva nella piazza del paese un complesso bandistico che proponeva un repertorio di musica classica; a partire dagli anni ‘50-60 è iniziata l’esibizione serale di cori folkloristici abruzzesi, complessi e orchestre di musica leggera che hanno proposto canti popolari regionali, canzoni alla moda diffuse dai programmi televisivi dell’epoca e in diversi casi anche coinvolgenti balli lisci.
Negli anni ‘80-90, la Festa di San Rinaldo è stata inserita nel programma degli eventi della cosiddetta “Estate Torricelliana” che è curata dall’Amministrazione comunale, varie associazioni ed è finalizzata a valorizzare le risorse locali per migliorare l’offerta turistica. Nel corso di questi primi decenni del XXI secolo la festa ha continuato a conservare la sua tradizionale data di celebrazione, i fuochi d’artificio, l’uso della conocchia, restando un importante evento che favorisce il richiamo turistico, il ritorno degli emigranti e il rifiorire della vita sociale di Fallascoso. Qualcuna tra queste consuetudini ha tuttavia modificato i suoi simbolismi e funzioni. In particolare le offerte alla conocchia ora non si fanno per ingraziare San Rinaldo per la bontà del raccolto ma per qualche possibile grazia ricevuta, per esprimere la propria devozione, per sentirsi partecipi e coinvolti nella buona riuscita di un evento festivo locale.
Alle caratteristiche festive di vecchia data precedentemente elencate sono da aggiungere le novità costituite dall’inserimento nel programma di vari eventi ricreativi e d’evasione collettiva. Nel 2005, il 29 agosto, dopo le esibizioni musicali serali e i fuochi d’artificio è stata organizzata un’allegra spaghettata notturna accompagnata da canti improvvisati e battute scherzose. Nel 2010, dal racconto della festa fatto da Salvatore, si è osservato che alla tradizionale ricorrenza del 28 agosto si sono aggiunte altre giornate d’evasione con nuovi eventi di divertimento collettivo [18]. Infatti, le celebrazioni hanno allungato la durata poiché sono iniziate il 26 agosto con un karaoke molto partecipato e sono proseguite sino al giorno 28.
Nel secondo giorno festivo si è celebrata la festa e processione della Madonna dei Miracoli, la comprotettrice di Fallascoso. Durante il pomeriggio un gruppo di persone con adulti e bambini accompagnati da suonatori di chitarre e fisarmoniche, ha girato per le viuzze del paese con la conocchia al fine di raccogliere i doni da vendere durante un’asta serale. Inoltre il proprietario di un’azienda agricola ha offerto un maialino da utilizzare in un gioco popolare chiamato “indovina il peso” in cui i partecipanti scommettevano per indovinare l’esatto peso dell’animale in questione [19]. Al gioco con il maialino è seguita un’accesa partita di calcio tra scapoli ed ammogliati che ha visto la vittoria degli scapoli seguita da grandi festeggiamenti e momenti di euforica allegria.
Il 28 agosto, in mattinata un complesso bandistico ha dato la sveglia suonando allegre marcette e canzoni popolari per le vie di Fallascoso. Qualche ora dopo la banda ha attinto al proprio repertorio sacro, ha suonato inni religiosi e ha accompagnato la processione per le vie del borgo che ha visto riaperte numerose abitazioni che nel resto dell’anno sono vuote. Durante la serata c’è stata l’esibizione di un gruppo musicale che ha proposto al numeroso pubblico presente l’ascolto di canzoni popolari abruzzesi. La festa si è conclusa dopo la mezzanotte con il brillamento dei fuochi artificiali.
Nel 2011, la festa si è svolta nelle giornate del 27 e 28 agosto e in quest’occasione è avvenuta la commemorazione del centenario dello stendardo di San Rinaldo donato dagli emigranti fallascosani negli Stati Uniti. Dopo le esibizioni musicali e i fuochi d’artificio si è organizzato un evento definito “dopo San Rinaldo” consistente in una spaghettata notturna in piazza accompagnata da canti popolari, battute e giochi scherzosi che si sono protratti sino alle ore piccole.
Nel 2019 la processione, come al solito si è svolta per le vie del borgo ed è stata aperta da un ragazzo che ha trasportato un crocifisso in legno e da una banda che intonava inni sacri. Il seguito era costituito da uomini e donne disposti su due file, quattro giovani che trasportavano lo stendardo donato dagli emigranti statunitensi, il parroco, la statua del santo portata a spalla da quattro uomini e dietro di essa, alcune pubbliche autorità e i membri del comitato feste.
Nel 2021, nel rispetto delle direttive anti-covid della curia diocesana, la festa di San Rinaldo non è stata organizzata. Nonostante questo, nel luogo sono state organizzate varie iniziative utili ad animare il paese durante il mese di ferie e di ritorno degli emigranti. In particolare il giorno 27 c’è stata l’inaugurazione di una targa a ricordo dei partigiani locali che hanno combattuto durante il Secondo conflitto mondiale e l’esibizione di un coro misto di musica polifonica. Dal 2021 al 2024 non si sono registrate altre sostanziali novità.
Le altre iniziative della contemporaneità dedicate a San Rinaldo
Negli ultimi due decenni, alla festa si sono aggiunte altre iniziative dedicate a San Rinaldo che nel complesso valorizzano il territorio ed incentivano il turismo. Una di esse è stata organizzata per la prima volta il 10 agosto 2009 dall’AVIS torricellana allo scopo di far acquisire all’associazione stessa una maggiore visibilità presso la popolazione e nello stesso tempo riscoprire il territorio facendo conoscere i luoghi attraversati. Essa è consistita in una passeggiata ecologico-naturalistica della lunghezza complessiva di circa 10 km che partita da Torricella Peligna è proseguita in direzione dell’eremo di San Rinaldo ove si è conclusa [20]. Questa escursione si è ripetuta senza interruzioni negli anni successivi e ora si può considerare un appuntamento fisso dell’estate torricellano-fallascosana. Nel 2012 è stata organizzata il 26 agosto e ha preceduto di pochi giorni la festa di San Rinaldo [21].
Un’altra importante iniziativa sorta recentemente, è stata opera dell’Associazione culturale San Rinaldo di Fallascoso che è stata fondata il 4 agosto 2019 da otto persone di cui due nate all’estero (Australia e Belgio) ed ha aperto anche un proprio sito facebook. Le sue finalità sono riportate nello statuto in cui a tal proposito fa presente:
«L’Associazione non ha fini di lucro ed è apolitica e apartitica, opera nel settore della tutela e promozione del territorio nei suoi aspetti culturali, storico-artistici, turistici, naturalistici e ambientali, perseguendo le seguenti finalità: – Organizzare eventi quali incontri teatrali, musicali, letterari, mostre di pittura, scultura e fotografia, convegni e dibattiti, serate enogastronomiche, seminari e tavole rotonde, proiezione di film e documentari, concerti; – Promuovere il territorio, valorizzandone le persone, il patrimonio culturale e ambientale, i prodotti tipici; – Far emergere e diffondere la conoscenza delle peculiarità paesaggistiche, artistiche e produttive locali, incentivando il turismo culturale; – Sensibilizzare ed educare alla cura e al rispetto dei beni d’interesse artistico, storico, naturalistico e ambientale, rafforzando il senso di appartenenza e di consapevolezza della popolazione; – Migliorare la fruizione del patrimonio di cultura e ambienta locale, promuovendo momenti di aggregazione sociale finalizzati a far conoscere e apprezzare le ricchezze del territorio; – Creare legami, collaborazioni e sinergie con enti pubblici e privati al fine di far dialogare e valorizzare i molteplici attori della scena culturale locale; – Coinvolgere le attività produttive, economiche e imprenditoriali, mettendone in luce il ruolo fondamentale nella promozione e nella tutela del territorio; – Favorire il benessere delle comunità locali attraverso la valorizzazione condivisa e partecipata dell’identità culturale e ambientale, vissuta come elemento fondante di ogni attività sociale ed economica».
Il 26-08-2019, pochi giorni dopo la fondazione, l’associazione ha organizzato un convegno dal titolo: “San Rinaldo, il Santo che scelse Fallascoso. L’eremitismo nella valle dell’Aventino”. Durante il suo svolgimento, i relatori invitati hanno sviluppato i seguenti argomenti: i monaci basiliani nella Valle dell’Aventino, il turismo sostenibile e nuovi sviluppi degli antichi culti; le vicende di San Nicola Greco; gli aspetti tipologici dei romitori abruzzesi; il cibo dei santi; l’alimentazione del X secolo nella Valle dell’Aventino. L’evento si è concluso con una “cena medioevale”. Come si può capire dagli argomenti trattati, nel corso del convegno le conoscenze su San Rinaldo e la sua epoca sono state riprese e riconsiderate alla luce dei recenti studi. Inoltre si è cercato di elaborare alcune possibili vie da seguire per legare tali aspetti a uno sviluppo del turismo locale.
Il 18 agosto 2020 l’associazione ha organizzato la pulizia dell’eremo, della cappella e della fontana di San Rinaldo. Quattro giorni dopo ha organizzato un nuovo convegno che in questo caso aveva la funzione di ricordare la Brigata Majella e i partigiani di Fallascoso che hanno partecipato al Secondo conflitto mondiale. Il 24 agosto del 2022 l’Associazione ha rinnovato la collaborazione con la sezione comunale dell’AVIS e insieme hanno organizzato la passeggiata ecologica con partenza dal municipio di Torricella Peligna e arrivo all’eremo. Altrettanto è avvenuto il 24 agosto del 2024.
Nel corso del 2024, il 18 e 19 agosto sono state organizzate due giornate di festa dedicate al dolce abruzzese. Questo evento è una novità assoluta del programma festivo fallascosano e torricellano che non ha alcun riscontro storico nel calendario locale. Trova la sua legittimazione nella volontà di accentuare la performance e spettacolarità degli eventi estivi fornendo più occasioni di divertimento popolare utili a incrementare il flusso turistico.
Un’altra nuova iniziativa che ha interessato Fallascoso è stato l’inserimento della visita all’eremo di San Rinaldo in una tappa di un percorso turistico spirituale e naturalistico da fare a piedi che è stato presentato il 9 agosto 2024. Definito “il Cammino dei Santi Italo-Grechi”, raggiunge la lunghezza di circa 110 km, si sviluppa lungo antiche mulattiere, è diviso in otto tappe e tocca tutti i Comuni legati alla presenza dei monaci di rito greco giunti dalla Calabria all’Abruzzo alla fine del X secolo. Questa scelta contribuisce ad accrescere l’importanza che San Rinaldo riveste per la comunità locale e gli attribuisce nuovi significati simbolici consistenti nella sua associazione a fatti storici, turistico-paesaggistici e identitari.
Da oltre un decennio le immagini di Fallascoso e della festa di San Rinaldo sono messe in rete su Instagram, You Tube e vari siti privati facebook di singole persone e di pubblici gruppi tra cui quelli denominati “Visit Torricella Peligna”, “Torricella Peligna Community”, “Ariccunde, ariccunde”, “Sei di Torricella Peligna se”, Fallascoso city; “San Rinaldo” e “Associazione San Rinaldo”. Questi gruppi nel complesso annoverano un numero d’iscritti e follower che a fine gennaio del 2025 era compreso tra il valore minimo di 555 e quello massimo di 6215.
Nei siti succitati, generalmente si avviano discussioni, si mantengono vive alcune relazioni sociali e si pubblicano immagini e foto che riguardano personaggi ed eventi locali. La loro immissione in rete delocalizza i fatti locali, li mette a disposizione di un pubblico che potenzialmente può raggiungere tutti i continenti della terra e modifica alcuni atteggiamenti, come ha fatto presente Boccia Artieri che su quest’aspetto ha scritto: «Le tecnologie di connessione modificano il modo di pensare e di pensarci nella relazione con gli altri e con il mondo» [22].
Con l’immissione in rete San Rinaldo diventa un emblema di una realtà immaginaria creata dai mezzi tecnologici. A sua volta il borgo di Fallascoso afferma la sua presenza nel mondo, si arricchisce di abitanti virtuali e con le sue tradizioni e cultura entra a far parte del villaggio globale senza perdere la sua particolare identità. In questo villaggio, il borgo in esame, insieme ai suoi abitanti reali e virtuali, perde i suoi confini di recinto culturalmente chiuso e si apre al mondo, con la conseguente possibilità di acquisire nuovi modelli e stili di vita che modificano quelli esistenti e li adeguano al modo di vivere della contemporaneità. Quindi si può dire che attraverso internet e, in particolare facebook, si può produrre un duplice effetto con aspetti apparentemente contrastanti: l’affermazione della propria identità e cultura e nello stesso tempo anche l’accettazione di modelli altrui che portano a nuove tradizioni, abitudini e stili di vita.
Un altro effetto che si produce con la pubblicazione nei siti facebook delle immagini della festa è il seguente: la festa diventa un prodotto del folklore cibernetico e della cultura globalizzata che non muore dopo la sua conclusione, è sempre permanente e disponibile per essere visualizzato in qualsiasi momento della giornata da semplici curiosi, persone interessate alle vicende etnografiche, etc. Queste immagini e discussioni nei siti facebook sono visionate anche dagli emigranti e dai loro discendenti che in questo modo, nonostante le distanze geografiche, partecipano emotivamente agli eventi del luogo d’origine, rinsaldano le radici e rivivono antiche emozioni.
Come visto, nel nome di San Rinaldo si fondò una Società di Mutuo Soccorso, è nata un’associazione culturale, si costruiscono stendardi, si scrivono preghiere e inni religiosi, si aprono siti facebook, si ritorna in paese durante le ferie estive, si organizzano feste religiose, convegni e marce ecologico-naturalistiche. Questi fatti dimostrano che il santo eremita è un importante emblema civile e religioso che la comunità fallascosana continua a venerare, riplasmandolo con l’assegnazione di nuove funzioni e riadattandolo ai vari bisogni che di volta in volta emergono. Ora, in particolare San Rinaldo è considerato un importante simbolo immateriale d’identità territoriale, d’integrazione comunitaria e di vita attiva che contribuisce a promuovere il paese e ad alimentare l’etica della restanza, una particolare dimensione esistenziale che è stata definita da Teti (2004, 2011, 2022) nei suoi studi sui comuni calabresi lacerati dall’emigrazione. In particolare la restanza è un atteggiamento attivo che contraddistingue chi non emigra, prende in custodia il proprio luogo di appartenenza, si fa carico d’iniziative utili a dargli un nuovo volto e lo rende più vivibile [23]. A questa tipica dimensione partecipano le poche famiglie fallascosane che hanno deciso di continuare a vivere nel paese e tutti coloro che pur abitando in altri luoghi, organizzano iniziative che valorizzano il borgo in considerazione.
Tornando all’analisi delle nuove funzioni e simbologie, si osserva che esse sono particolarmente evidenti nell’articolazione della festa che, come visto, a Fallascoso continua ad organizzarsi lasciando immutata la data di celebrazione. Tuttavia è da rilevare che la conservazione della scadenza calendariale non è accompagnata da un’analoga conservazione di funzioni e simbologie. In passato, quando la comunità locale era più numerosa ed in maggioranza era addetta all’agricoltura, la festa di San Rinaldo si collocava in un particolare momento del ciclo agrario in cui si era concluso il raccolto estivo del grano ed avveniva il ringraziamento simbolico al santo per il suo esito, la propiziazione di un favorevole divenire e il distacco temporaneo e trasgressivo da una quotidianità di pesante lavoro nei campi.
La festa della contemporaneità, invece s’ingloba nei riti feriali di conclusione di un ciclo che non è quello agrario ma dell’industria e dei servizi in cui ci si riposa per recuperare forze ed energie e prepararsi a un nuovo anno di lavoro. In questa nuova dimensione la festa conserva i suoi caratteri di trasgressività poiché per il tempo della sua durata, crea un mondo effimero, mitico e alla rovescia caratterizzato dalla coesione sociale, l’astensione dal lavoro, i maggiori consumi, l’abbondanza alimentare, l’allegria spensierata e la partecipazione collettiva a riti civili e religiosi. A questi caratteri trasgressivi dalla quotidianità, la festa di San Rinaldo ha aggiunto altre funzioni e valori comunitari poiché ora è rievocativa, celebrativa dell’identità culturale e territoriale; è un momento di riscoperta del luogo che incentiva il turismo e recupera o crea nuovi spazi di relazioni interpersonali.
Come visto, la festa è stata inserita nel programma di manifestazioni della “Estate Torricellana” che è caratterizzata dalla prevalenza di eventi di natura laica, a dimostrazione che si è ridotta la centralità della religione nella vita pubblica e nello stesso tempo una certa sacralità è stata trasferita dai santi ai personaggi dello spettacolo, dello sport e della politica.
In conclusione si può dire che la festa continua a organizzarsi poiché: la devozione a San Rinaldo non è venuta meno; è inserita nell’ambito delle programmazioni vacanziere del mese d’agosto; l’uomo continua a essere impotente contro la morte e la precarietà esistenziale che genera la volontà di chiedere aiuto e soccorso alle forze soprannaturali; la festa stessa è diventata un importante bene del patrimonio culturale immateriale delle comunità torricellana e fallascosana che favorisce l’attività ricreativa, varie forme di socialità, la conservazione della memoria locale e l’identità territoriale.
L’ultima osservazione è riservata agli emigranti che ritornano e partecipano alla festa e alla processione. In questo modo essi esprimono una devozione mai sopita e una religiosità laica basata sull’attaccamento alle radici e l’appartenenza comunitaria. Con l’atto di partecipazione all’evento religioso sembra che ognuno di essi voglia dire ai pochi rimasti: «Sono sempre uno di voi, non vi ho dimenticato, partecipo a questo evento poiché mi appartiene e desidero che Fallascoso continui a vivere».
Dialoghi Mediterranei, n. 72, marzo 2025
Note
[1] Le vicende storiche di Fallascoso sono riportate nel seguente volume: Cuomo L. e Di Renzo A., Fallascoso borgo d’altura. Indagini storico-paesaggistiche, Bibliografica, Castelfrentano (Ch), 2021. Da tale saggio sono state ricavate gran parte delle notizie storiche riportate in questa sede.
[2] Sacco F., Dizionario Geografico. Istorico-Fisico del Regno di Napoli, vol II, Tip. Vincenzo Flauto, Na, 1796: 21.
[3] Giustiniani L., Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, tomo IV, Napoli, 1802: 251-252.
[4] Gli altri confratelli che, guidati dall’abate Ilarione accompagnarono San Rinaldo nell’avventuroso viaggio verso l’Abruzzo furono: San Falco di Palena, San Nicola Greco di Guardiagrele, San Franco di Francavilla al Mare, Sant’Orante di Ortucchio, San Giovanni eremita di Rosello e San Giovanni Stabile di Fara San Martino. In un’altra versione del racconto si fa presente che al viaggio partecipò Santo Stefano del Lupo mentre non si cita San Giovanni Stabile.
[5] Cuomo L. e Di Renzo A., Fallascoso borgo d’altura. Indagini storico-paesaggistiche, op. cit: 207.
[6] Tosti L., San Rinaldo, Biblioteca Sanctorum, Città Nuova Editrice, vol. V, Roma, 1965: 1252.
[7] Per cappella laicale s’intende un altare dedicato a un Santo che di solito è posto sulla navata laterale di una chiesa. La denominazione “laicale” indica che è di proprietà privata e non appartiene al patrimonio ecclesiastico. Nel Regno di Napoli, durante l’ancien regime la loro fondazione fu abbastanza frequente ed avveniva per opera delle autorità amministrative dei Comuni, delle confraternite, altre associazioni e dei membri delle famiglie benestanti aristocratiche e borghesi. Esse si finanziavano con le donazioni e i lasciti.
[8] Liberatoscioli G., L’Arcidiocesi di Chieti-Vasto. Quadro storico, amministrativo, pastorale, Tinari, Villamagna (Ch), 2000: 265.
[9] Cuomo L. e Di Renzo A., Fallascoso borgo d’altura. Indagini storico-paesaggistiche, op. cit: 135.
[10] Niola M., I santi patroni, Il Mulino, Bologna, 2007: 147.
[11] Nicolino G., Historia della Città di Chieti Metropoli delle Tre Province d’Abruzzo, Napoli, 1657: 120.
[12] Nicolino G., Historia della Città di Chieti, op. cit: 120.
[13] Cuomo L. e Di Renzo A., Fallascoso borgo d’altura. Indagini storico-paesaggistiche, op. cit: 95 e 140.
[14] ivi: 17
[15] Ivi:. 204.
[16] Ivi: 205.
[17] Micati E., Eremi e luoghi di culto rupestri della Majella e del Morrone, Carsa ed, Pescara, 1990: 125.
[18] Salvatore P., Feste a Fallascoso, Chi ‘ssi dicie? n. 17, 2010: 33.
[19] Nel corso di un’altra festa, durante il gioco si doveva indovinare il peso di un prosciutto.
[20] Teti P., La Passeggiata ecologica all’Eremo di San Rinaldo a Fallascoso organizzata dall’AVIS giovani di Torricella-Pennadomo, Chi ‘ssi dicie? n. 7, 2009: 15.
[21] Tetiviola P., Le passeggiate religiose, Chi ‘ssi dicie? n. 26, 2012: 32.
[22] Boccia Artieri, G., (a cura), Gli effetti sociali del web. Forme della comunicazione e metodologie della ricerca on line, Franco Angeli, Milano, 2015: 11.
[23] Galati M.T., La Restanza. Intervista all’antropologo Vito Teti, Conquiste del Lavoro, 25 maggio 2012.
Riferimenti bibliografici
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ISTAT Istituto Centrale di Statistica (a cura), Censimento della popolazione del Regno d’Italia XIV. Abruzzi e Molise, Stabilimento Poligrafico per l’Amministrazione dello Stato, Roma, 1927: 33.
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Teti, V., La restanza, Einaudi, Torino, 1922.
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Amelio Pezzetta, laureato in filosofia all’Università di Trieste, è insegnante di Scuola Media in quiescenza. I suoi interessi principali sono la storia locale e le tradizioni popolari dei Comuni della Valle dell’Aventino (Prov. di Chieti, Abruzzo). Ha collaborato e collabora tuttora con varie riviste del settore tra cui: Aequa, Dada, L’Universo, Palaver, Rivista di Etnografia, Rivista Abruzzese e Utriculus e Valle del Sagittario.
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