Introduzione
Perché nel tiepido pomeriggio dell’8 dicembre 1943, il presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt atterra a Castelvetrano, in provincia di Trapani? Cosa è venuto a fare in Sicilia? Chi deve incontrare e per quale motivo? Siamo nel pieno della seconda guerra mondiale, da alcuni mesi la Sicilia è stata occupata dagli Alleati e, ufficialmente, la motivazione della visita di Roosevelt è quella di decorare alcuni sottufficiali e ufficiali, tra i quali anche il generale Mark Clark, che si sono particolarmente distinti nelle operazioni militari.
Dopo la conferenza a Teheran e nonostante il grave pericolo corso, il Presidente deciderà all’improvviso questo volo segretissimo a Castelvetrano. Prima di tornare a Washington, vuole incontrare il suo Stato maggiore lontano da inglesi e russi, per comunicargli la decisione di un radicale cambio di strategia degli americani, decisi a scongiurare l’egemonia britannica e sovietica nel Mediterraneo e a stroncare ogni velleitario tentativo indipendentista in Sicilia ad opera del Movimento Separatista o dei monarchi italiani.
Intorno alla Conferenza di Teheran
Nel corso di tutte le guerre, i capi militari chiederanno spesso ai loro servizi segreti di elaborare piani di rapimento o di assassinio di generali o membri del governo nemico. Ma raramente dei capi nemici. Questo perché i capi di Stato o i leader politici sanno che se ordinassero un omicidio del genere, il loro nemico farebbe altrettanto con loro. I capi temono per la propria vita perché sono indispensabili, se non per le loro doti individuali, quantomeno a causa dell’influenza simbolica e psicologica che esercitano sui loro sottoposti e sulla popolazione. È noto che la morte di un capo potrebbe causare al suo gruppo la perdita di una battaglia, e forse della guerra.
Quindi vi sono serie ragioni per prendere tutte le misure di sicurezza possibili. Per questo motivo i capi di Stato e quelli militari guidano i propri eserciti in battaglia rimanendo dentro rifugi molto sicuri. La prudenza richiede anche di evitare di provocare il nemico. In genere la vita del capo nemico è un tabù. Si tratta dello stesso principio che regola l’uso dei gas velenosi e delle armi batteriologiche ed atomiche: se il nemico possiede le stesse armi, è consigliabile non adoperarle. Questo è quel che si potrebbe definire un codice morale.
Nel giugno del 1943 Adolf Hitler, un capo con un codice morale assai discutibile, chiede quale sia la possibilità concreta di assassinare Churchill, Roosevelt, Stalin e De Gaulle. La valutazione viene affidata al generale delle ϟϟ Walter Schellenberg dell’RSHA [1], VI Sezione, con il compito dello spionaggio all’estero. Egli dal 1942 segue i movimenti degli statisti Alleati, attraverso la sua rete di agenti ad Algeri, al Cairo e Casablanca, che lo tengono continuamente informato sui nomi degli amici di Roosevelt, sullo scotch preferito di Churchill e sulle abitudini di De Gaulle a Londra.
Da un esame delle possibilità e seguendo una intuizione, che per gli uomini di intelligence vale più di una fonte classificata affidabile [2], decide di affidare la missione a Winifred Oberg. Si tratta del suo agente speciale in Turchia, in quel momento in attesa di entrare in Persia per avviare l’Operazione Franz che prevede azioni di sabotaggio in tutto il territorio iraniano delle infrastrutture e dei convogli Alleati che le utilizzano. Così l’agente speciale Oberg riceve un messaggio da Berlino: da subito si occuperà della nuova Operazione Lungo salto che prevede l’attentato alla vita dei Tre Grandi. La deve preparare sulla conoscenza del territorio iraniano che ha maturato (mentre si trova in Turchia) studiando la maniera più efficace di distruggerne le ferrovie e le vie di comunicazione.
Nel luglio del 1943, in Iran sono presenti considerevoli unità Alleate. L’importanza strategica della nazione e i sentimenti filo-nazisti dei circoli politici dominanti, creano una situazione insolita per il servizio segreto americano il quale, diversamente dagli inglesi, i russi e i tedeschi, lì non ha una rete spionistica organizzata. Tutti sono al corrente del fatto che i diplomatici ed i giornalisti inglesi, russi e tedeschi sono spie, ma nonostante l’occupazione militare, l’Iran è un Paese non belligerante. Inoltre i russi e gli inglesi hanno il diritto semi-ufficiale di tenere corpi di sicurezza militare. Nel complesso, gli inglesi sono soddisfatti di ciò; i russi però, già guardano avanti e li considerano i futuri nemici. Ma soltanto dopo che Berlino sarà annientata.
Pertanto il colonnello Andrej Mikhalovits Vertinski è inviato a Teheran per riorganizzare la rete russa iraniana. Anche alla Lubjanka [3] sanno che lo spionaggio diplomatico ha ceduto il passo allo spionaggio e controspionaggio operativi basati sulle cellule d’azione. E questo non è un problema per Vertinski che lì ha parecchie centinaia di uomini ai suoi ordini. A Mosca gli hanno detto che Teheran straripa di agenti tedeschi e gli ordini sono di eliminarne il più possibile. Tuttavia siccome è tassativo mantenere una parvenza di benevola cordialità nella zona di occupazione russa, egli deve procedere con cautela e tatto. Per di più non vi è modo che gli agenti russi operino da Teheran perché in città, al di fuori delle mansioni riguardanti le misure di sicurezza svolte insieme agli inglesi in cooperazione con le autorità iraniane, i russi non possono svolgere altre attività.
Nei bassifondi delle città iraniane i pahlavan (lottatori) godono di un prestigio smisurato e di conseguenza beneficiano di una grande considerazione da parte dell’alta società. Questo perché quando c’è la necessità di mobilitare le masse iraniane, oppure qualcuno aspira a cariche politiche e quindi ha bisogno di un movimento rivoluzionario che abbia la parvenza di essere spontaneo e popolare, ci si rivolge a loro. In quel caso essi mobiliteranno i loro uomini fidati: i tsharukeshes (portatori di coltello, sicari), i gardan koflot (agitatori), i lury (mezzani) e i fokoli (accattoni). Questi formeranno la moltitudine di mendicanti e fannulloni che correrà per le strade e metterà in scena tumulti fino a quando il politico non lo vorrà o fino all’intervento decisivo della polizia.
Le cose vanno avanti così da sempre, e questa è la prima lezione che gli agenti residenti [4] a Teheran hanno imparato. Infatti i tedeschi hanno ottime relazioni sia con le alte sfere della politica iraniana sia con la malavita. Gli inglesi e ancor più gli americani in seguito, ne hanno ancora più bisogno perché non possono fidarsi delle amicizie provvisorie che hanno stretto nelle alte sfere della politica. Dunque tutte le spie a Teheran, devono servirsi dei pahlavan per organizzare il loro esercito di agenti occasionali tra la popolazione. La soluzione più ovvia per tutte è rivolgersi a Misbah Ebtehaj detto il lottatore non soltanto perché è uno tra i lottatori più popolari e sembra più intelligente degli altri, ma anche perché parla bene l’inglese e in quel momento padroneggia Teheran come un’ape operaia il suo favo. Difatti attraverso la sua organizzazione gli inglesi apprendono delle attività degli agenti tedeschi e delle adunanze illegali tenute sotto la bandiera con l’aquila stilizzata del Movimento Pan-Iraniano, i cui capi promettono l’espulsione degli Alleati occupanti, l’unione con i tedeschi e la dominazione ariana del mondo; perché i persiani sono ariani.
La ditta Ferguson & Co. è familiare agli ambienti spionistici inglesi, russi e tedeschi, i quali reputano conveniente che anche i colleghi americani abbiano una loro organizzazione a Teheran. Di essi però li stupiscono i metodi che giudicano piuttosto originali, quali ad esempio l’apparire sempre ubriachi e il comportarsi come bohémiens. Pensano nondimeno che gli americani sappiano quel che fanno, e se impiegano agenti così strani, avranno le loro ragioni. Forse è un diversivo per eludere la sorveglianza dei concorrenti.
Il direttore della Ditta omonima è Peter Ferguson [5]. L’uomo che l’Oss recluta per mettere in piedi una rete residente, avvantaggiandosi del fatto che nei Bazar, tra quei rari mercanti rispettabili che non sono ostili agli Alleati, gli americani godono di una popolarità maggiore degli inglesi. Tuttavia, i rispettabili mercanti non possono certo essere usati per bassi incarichi come origliare, pedinare, spiare. Così anche la Ditta necessita di un intermediario fidato, che goda di molto rispetto nell’ambiente dei lury e dei fokoli e soprattutto che sappia tenere la bocca chiusa con i concorrenti. Per Ferguson questo è un requisito indispensabile innanzitutto per motivi di serietà professionale, ma soprattutto perché a Teheran si trova in una posizione assai delicata. Infatti né l’ambasciatore americano in Iran, Louis Goethe Dreyfuss Jr. né il generale Donald H. Connolly capo del Comando Alleato del Golfo Persico sono esaltati del fatto che l’Oss ficchi il naso nelle relazioni diplomatiche irano-americane.
Il bar del Palace Hotel è il luogo favorito dagli agenti residenti a Teheran. Ѐ lì che Misbah Ebtehaj informa Ferguson degli stranieri sospetti giunti in città e sulle attività degli iraniani nazisti. Ovviamente prima che a lui lo riferisce agli inglesi, i quali con la nota meticolosità spionistica che li contraddistingue dai tempi della regina Elisabetta I, conoscono pure le attività, le abitudini e i nascondigli dei veri o presunti agenti tedeschi.
Il generale Connolly ha il suo quartier generale ad Amirabad. Per quanto detesti l’ambasciatore Dreyfuss, condivide con lui il suo orrore per ogni forma di servizio segreto. Egli dirige il Comando mettendoci tutto il suo entusiasmo per l’idea di Roosevelt di una possibile cooperazione con i russi. Ecco perché tutte le volte che si presentano degli incidenti o i frequenti casi di ubriachezza e di turbolenza da parte degli alleati sovietici, sorvola. Per lui si deve evitare qualsiasi interferenza da parte di individui di dubbia provenienza, che possa nuocere alle attività del Comando, cui è affidato l’importantissimo compito di assicurare la consegna del materiale bellico ceduto agli alleati russi con la legge Lend-Lease [6].
Il 20 luglio 1943, dopo una lunga conversazione con l’ambasciatore inglese – il quale gli manifesta tutta la sua preoccupazione per la recente attività spionistica tedesca – Dreyfuss, nonostante la sua aversione per lo spionaggio, riferisce a Washington che: «[…] paracadutisti tedeschi erano stati lanciati nei pressi di Qum e non sono stati catturati […] e vi è una totale mancanza di sicurezza e il Paese è prossimo all’anarchia».
Il presidente Roosevelt, il primo ministro Churchill e il maresciallo Stalin hanno criteri affatto diversi per dare il nome in codice alle operazioni. Il Presidente, che adora la sua famiglia e da sempre è appassionato ai problemi navali [7], si ispira a fatti riguardanti i suoi congiunti o la marina; è comunque il più fantasioso dei Tre. Il Primo ministro, sempre attento ai dettagli, attribuisce loro un significato particolare. Il più delle volte preferisce nomi tratti dalla mitologia greca, ma anche i nomi di cavalli famosi. Esclude l’uso di nomi di persone viventi: il suo, quello dei governanti, politici o generali che siano. Scarta quelli che gli suonano eccessivi o spavaldi. In proposito scrive: «Tutto ha un significato […] e un governo che lotta per raggiungere la vittoria, può essere giudicato tanto per cose minute come queste, quanto per le grandi. […] Il mondo è abbastanza grande e si possono trovare abbastanza nomi che suonino bene, senza costringere le vedove e gli orfani a scoprire che i loro mariti o padri sono stati uccisi in un’operazione chiamata Bunnyhug [8] o Aperitivo». Stalin ride dei nomi convenzionali, ma dal momento che i suoi alleati lo richiedono, sta al gioco.
Probabilmente è Churchill che sceglierà Eureka: l’esclamazione greca “Ho trovato” attribuita ad Archimede quando scoprì la legge che regola la spinta idrostatica, per l’incontro che tanto desidera Roosevelt e che, dopo una lunga trattativa con Stalin, avverrà a Teheran. In Iran il Presidente vuole che sia chiara la posizione assunta dall’America nei confronti dell’Inghilterra, con la quale vi sono ormai evidenti contrasti sulle questioni di natura politica e militare relative al conflitto in atto.
Nell’autunno del 1943 Roosevelt pensa che «[…] anche la nostra alleanza con l’Inghilterra racchiude il pericolo di dare alla Cina ed alla Russia l’impressione che noi sosteniamo la linea inglese nella politica internazionale. […] Gli Stati Uniti dovranno avere una funzione di guida […] ed usare i loro buoni uffizi sempre per conciliare, ed aiutare a risolvere le divergenze che sorgeranno tra gli altri Paesi». Queste divergenze previste da Roosevelt, riguarderanno i conflitti tra l’Inghilterra e la Russia, tra l’Inghilterra e la Cina e tra la Russia e la Cina. Ma in quel momento, in cui ha già condiviso con Hull la sua idea del Grande progetto, non immagina che le relazioni tra il suo Paese e l’Unione Sovietica diverranno il paradigma della Guerra fredda. Tant’è che quando suo figlio Elliot gli domanda: «Ci si può fidare dei russi?» egli risponde fiducioso: «Ci fidiamo di loro adesso, non è vero? Per quale ragione non dovremmo fidarci domani?» .
Ciò nonostante Churchill disapprova la simpatia di Roosevelt per Stalin. Difatti durante le ultime settimane i suoi rapporti col dittatore sovietico sono molto freddi. Prima di tutto perché qualunque sia l’argomento della corrispondenza tra i due statisti, il russo subordina ogni decisione a dopo che i due alleati anglofoni avranno predisposto il Secondo fronte. La collera di Former Naval Person [9] nei confronti di Stalin è tale che, quando il 4 agosto le truppe sovietiche occuperanno Orёl, rifiuterà sulle prime di congratularsi con lui: questa sarà la sua prima scortesia manifesta nei suoi confronti. E aggiungerà la frase: «Può darsi che Lei non l’abbia notato, ma anche nel Mediterraneo sono in corso operazioni militari di vasta portata, che hanno provocato la caduta di Mussolini». Ma quando il Primo Ministro arriva a Québec, la sua collera è sbollita e – probabilmente su richiesta di Roosevelt – invia un telegramma amichevole di congratulazioni che viene ricambiato da Uncle Joe. Di questo scambio di messaggi Churchill informa il Re: «Vostra Maestà avrà anche notato che ho ricevuto notizie dal Grande Orso [10] e che parliamo, o quanto meno, grugniamo di nuovo».
Lo stato d’animo sereno portato dalle vittorie ad Orёl e in Sicilia, non dura a lungo. La corrispondenza tra Former Naval Person e Admiral Q con Uncle Joe sarà monotona. Roosevelt continuerà a chiedere a Stalin un incontro personale, e il Maresciallo continuerà a rispondere che egli deve costantemente mantenersi in contatto con i suoi generali al fronte, dunque non è al momento disponibile a incontrarlo; e aggiungerà la consueta richiesta di aggiornamenti sull’approntamento del Secondo fronte. Nel frattempo Schellenberg continua a perfezionare l’operazione Lungo Salto, nella speranza che i crittografi addetti all’apparecchiatura anti-disturbo [11] apprendano che un incontro tra i Tre Grandi è in progetto.
Il 14 agosto 1943, incalzato dalle continue telefonate di Himmler che gli chiede dove si sarebbe incontrata la Troika, egli convoca una riunione nel suo ufficio nella Prinz Albrechtstrasse. Saranno presenti: il suo capo Kaltenbrunner [12], l’ammiraglio Walter Wilhelm Canaris, il capo dello spionaggio e controspionaggio militare (Abwehr); e George Hansen, il capo della I Sezione dell’Abwehr. L’ordine del giorno riguarderà la necessità di stendere un programma comune in attesa di conoscere il luogo dove fare entrare in azione gli agenti dell’operazione Lungo Salto. I punti salienti di questo programma sono nove. Si decide: 1) che l’Abwehr e la RSHA non collaboreranno in alcuna azione, ma si scambieranno tutte le informazioni classificate probabilmente vere ed eviteranno di intralciarsi a vicenda; 2) che da quel momento il nome convenzionale unico per l’operazione è Lungo Salto e non più Enterprise Three times Three (Impresa Tre volte Tre) per l’Abwehr e Lungo Salto per l’RSHA; 3) che se l’incontro non avverrà entro tre mesi da quella data, si riesaminerà l’opportunità di mantenere attivi gli agenti o di impiegarli per altre azioni; 4) che dalle intercettazioni non è emersa la possibilità della presenza di De Gaulle, quindi ci si deve addestrare per l’eliminazione di tre soli obiettivi; 5) che, in attesa di conoscere il luogo dell’incontro e ipotizzando che possa trovarsi in territorio russo, americano o inglese, il gruppo d’azione sarà composto da un’unica squadra di agenti che conoscano il russo o l’inglese; 7) che questi agenti non sapranno per quali azioni vengono addestrati. I punti 6) e 8) prevedono la produzione di armi speciali adatte per quel tipo di operazione e che i responsabili delle azioni saranno: “Schellenberg per la RSHA e Freytag-Loringhoven per l’Abwher”. Canaris e Kaltenbrunner riceveranno i rapporti di aggiornamento sulla preparazione dell’Operazione, che saranno poi trasmessi ad Adolf Hitler.
A fine agosto 1943 il gruppo di Grenoble della Resistenza francese informa il suo collegamento [13] a Londra sul fatto che Jean-Jacques Beguin, un ebreo fuggitivo dalla Germania, ha informazioni ritenute possibilmente vere sull’attività dei tedeschi per scoprire il luogo e la data dell’incontro tra i Tre Grandi. Ma inspiegabilmente l’Intelligence Service inglese non ne terrà conto.
In quello stesso periodo il presidente Roosevelt vorrebbe convincere Stalin a un incontro e pur di riuscirci gli propone di tenerlo in nord Africa «[…] tra il 15 novembre e il 15 dicembre. Lei (Stalin ndr) comprenderà che non mi è possibile assentarmi da Washington per più di venti giorni perché, in virtù della Costituzione, devo sottoporre i documenti al Congresso, prima di firmarli».
Poi, il 4 settembre, Admiral Q cerca di far comprendere ad Uncle Joe che Corder Hull è seriamente malato, quindi gli sarebbe gravoso recarsi a Londra o in Nord Africa per partecipare al progettato incontro preliminare dei tre ministri degli Esteri. Uncle Joe risponde «[…] per l’incontro dei nostri tre rappresentanti […] quanto al luogo propongo Mosca». E riferendosi all’incontro personale tanto sperato dal Presidente gli risponde «Sarebbe consigliabile scegliere un Paese dove tutti e tre i Paesi sono rappresentati, come l’Iran».
Da quel momento nessuno dubita che le cose andranno secondo i desideri del Maresciallo: infatti i Ministri degli Esteri si incontreranno a Mosca; i Tre Grandi a Teheran. Né Churchill si fa illusioni: senza aspettare l’approvazione del Presidente, il 25 settembre scrive a Stalin per discutere i particolari. «In quella parte del mondo, scrive al Maresciallo, il controllo Alleato non è molto stretto, dunque sarà necessario predisporre misure di sicurezza eccezionali».
Nel frattempo una brigata inglese ed una russa sarebbero state inviate a Teheran per individuare ed isolare l’area dell’aeroporto, quella della sede della Conferenza e quella delle residenze dei Tre Grandi. Stalin concorda sulle proposte tranne sull’invio delle brigate che potrebbero attirare l’attenzione delle spie tedesche, suggerendo che i Tre vengano scortati da un adeguato servizio di sicurezza personale.
La corrispondenza dei capi di Stato alleati è classificata SECRET. Di conseguenza è inoltrata dagli organi di comunicazione Alleati con speciali misure di sicurezza. A tale scopo si usano a turno i codici dell’esercito, della marina, talvolta una combinazione dei due per lo stesso messaggio. La maggior parte degli scambi di messaggi avviene per mezzo del cosiddetto Navy-canal della marina americana. Ma la marina da guerra tedesca la tiene sotto controllo da tempo, perciò si trova in una condizione privilegiata per intercettarli e decrittarli. L’ammiraglio Canaris e la sua Abwher, hanno la priorità su questi messaggi. Questo è il motivo per cui circa alla metà di settembre del 1943, potrà informare Kaltenbrunner che Teheran sarà la sede probabile per la Conferenza. Quindi si decide un incontro a Berlino, nel quale si stabilisce che i due ufficiali di collegamento per l’operazione Lungo Salto saranno il maggiore Winifred Oberg per l’RSHA e l’ex pugile Lothar Schӧllhorn per l’Abwher. Per gli uomini del gruppo d’azione, l’operazione avrà il nome convenzionale Elephant, mentre Lungo Salto rimane in uso solo tra i capi dei servizi segreti e dei dirigenti politici. Subito dopo la riunione, Schellenberg contatta Stepa Vassiliev: un ufficiale russo bianco [14] fuggitivo durante la Rivoluzione d’Ottobre. Già agente per l’Intelligence Service britannico a Varsavia, lavora adesso per lo spionaggio tedesco. Schellenberg gli commissiona di selezionargli tra i prigionieri russi, quelli più adatti per formare una squadra russa da impiegare in un’azione rischiosa, indossando uniformi russe. Ovviamente non gli dice che lui la vorrà impiegare come supporto alla squadra principale che compirà la missione contro i Tre Grandi.
Il Ministro degli Affari interni, Lavrentij Berija, capo dell’NKGB [15], il grande servizio segreto sovietico, si è sempre opposto ai viaggi all’estero di Stalin. In effetti a quel tempo non si teme un attentato da parte dei tedeschi quanto degli inglesi. Così quando al Politburo [16] si discute se sia opportuno che Stalin incontri Roosevelt e Churchill, egli disapprova il viaggio. Ma l’accetterà quando saprà che il presidente Roosevelt è pronto a fare qualsiasi concessione politica, in cambio dell’adesione di Stalin all’incontro [17]. Nessuno in Russia riesce a comprendere completamente perché questo incontro sia così importante per il Presidente. Ciò nonostante un po’ per volta cominceranno ad ipotizzare quale sia il suo sogno: entrare nella storia come l’uomo che riuscirà a conciliare la democrazia occidentale con il comunismo sovietico.
Il Nkgb [18] non addestra i suoi uomini in tre mesi, come l’Oss. L’istruzione dei suoi agenti comincia dalla loro infanzia e dura circa vent’anni. Berija disprezza il colonnello Andrej Mikhalovits Vertinski, l’agente russo residente a Teheran, al punto che lo soprannomina Chavki [19]. Per questo lo usa per il lavoro difensivo, quale la protezione delle linee ferroviarie iraniane sulle quali passano i convogli con il materiale degli aiuti Alleati che sono diretti in Russia. Ma adesso che si presenta la necessità di proteggere la vita di Stalin, egli vuole informazioni più dettagliate dei laconici rapporti settimanali del Chavki. Perciò decide di mettergli addosso il suo agente incognito che parla inglese, olandese, tedesco e svedese quasi alla perfezione: Fabian Martiensen. Quando questi raggiungerà Vertinski, gli dirà con poco tatto che sarà necessario impostare su nuove basi l’attività della rete russa a Teheran. Per prima cosa collaborerà con l’organizzazione inglese con la quale si scambieranno le informazioni.
Così, a metà ottobre l’attività del servizio segreto sovietico in Iran avrà un cambio di marcia. Inoltre le tre grandi potenze iniziano ad organizzare misure di sicurezza di vaste proporzioni, in vista della Conferenza. Infatti in aggiunta ai servizi di sicurezza già sul posto, si decide di fare accompagnare il Primo Ministro, il Presidente e il Maresciallo dai loro servizi di scorta personali. Di conseguenza Churchill sarà scortato dalla sua ombra: W. H. Thompson; Roosevelt da Michael Relly e da un seguito di cinquanta membri del Secret service americano; Stalin dal generale Dimitri Vasilevich Arkadiev, Commissario della Sicurezza di Stato, che Reilly soprannomina Artikov. In più la scorta del Maresciallo sarà composta da un contingente di tremila uomini. L’intera operazione verrà diretta dal generale Ivan Abramov, responsabile dell’Area del Medio Oriente, e da Berija che si trasferirà a Teheran ma non sarà mai visto. Inoltre in quei giorni giunge a Teheran Sergej Nikiforovič Kruglov, il capo del Servizio di sicurezza. Il suo compito è quello di attuare una operazione di sicurezza preventiva che prevede l’eliminazione degli agenti tedeschi nella città, così come l’arresto di molti iraniani, polacchi ed ebrei dal cognome che suona tedesco.
La polizia iraniana lascerà fare ai russi, così come ha fatto in agosto nei confronti degli inglesi, quando eliminano – con il consenso degli americani – la Quinta colonna [20] composta da agenti tedeschi ed esponenti politici iraniani filo-nazisti. Nel frattempo a Berlino continua la preparazione dell’Operazione Lungo Salto ed Himmler, Kaltenbrunner e Schellenberg valutano altre possibilità d’azione come un eventuale bombardamento a tappeto di Teheran con squadriglie che potrebbero decollare dalla Crimea; oppure trasportare con sommergibili degli agenti fino al Golfo Persico; o infine organizzare un colpo di stato da parte dei nazisti iraniani al momento della Conferenza.
Alla fine di ottobre, Himmler riceve la conferma che i Tre Grandi si incontreranno a Teheran nella seconda metà di novembre. Ancora una volta il merito dell’informazione non proviene da un super agente [21] bensì dal domestico di Sir Hughes Knatchbull-Hugessen, inviato straordinario e Ministro Plenipotenziario inglese ad Ankara. Infatti Elyesa Bazna [22], soprannominato Cicero per la sua loquacità, approfitta del fatto che l’ambasciatore abbia lasciato in giro le chiavi della sua cassaforte, per fotografarne i documenti là contenuti. Pensando che i segreti in essi racchiusi gli renderanno molto denaro, li porta alla delegazione tedesca ad Ankara. Da lì, tramite l’ambasciatore tedesco von Papen, che fa la scoperta del periodo e del luogo della Conferenza, raggiungono la scrivania di Kaltenbrunner.
All’inizio di novembre i commandos tedeschi stanno imparando il persiano; Churchill e Stalin stanno già trattando i particolari dell’incontro e gli uomini di Berija stanno ripulendo Teheran. Invece il presidente Roosevelt tenta ancora in tutti i modi di convincere Stalin a incontrarsi altrove perché «Teheran è lontana». Anche a Mosca, Cordell Hull cerca di convincere personalmente il Maresciallo ad arrivare almeno per un giorno a Basra nel Golfo Persico. Ma è irremovibile. Molotov [23] spiega a Hull che in base a un accordo con gli inglesi, i russi non hanno diritto di inviare truppe a sud di Teheran, perciò sarebbe impossibile garantire la sicurezza di Stalin in quell’area geografica.
Da quel momento tra i due capi di Stato intercorrerà un dialogo tra sordi che si protrarrà sino al 5 novembre quando Uncle Joe scriverà ad Admiral Q: «Non posso non prendere in considerazione gli argomenti da lei addotti, in riferimento ai motivi che le impediscono di recarsi a Teheran. Naturalmente, la decisione di venire o meno a Teheran dipende interamente da lei». L’8 novembre il Presidente risponderà: «[…] Ho deciso di recarmi a Teheran e ciò mi rende molto felice». Il 12 novembre del 1943 il Primo Ministro salpa da Plymouth a bordo della Renown [24] che alcuni giorni dopo raggiungerà Malta dove il servizio di sicurezza britannico ha predisposto misure straordinarie per non fare trapelare la sua presenza nell’isola. Egli è impaziente di raggiungere il Cairo per parlare con Roosevelt prima della conferenza a Teheran, perché vuole conoscere in anticipo su quali punti Admiral Q sarà disposto a cedere con Stalin.
Nella notte il Presidente si imbarca sulla più moderna unità della Marina americana, la Iowa [25] in direzione dell’Africa. Il suo buon umore non è turbato neanche dalla notizia trasmessagli dalla Casa Bianca che lo informa che Molotov non verrà al Cairo. Roosevelt sa benissimo che il motivo è collegato alla presenza di Ciang Kai-scek. Dal momento che la Russia non è in guerra contro il Giappone, teme che l’Imperatore possa considerare una provocazione il fatto che Molotov partecipi ai colloqui al Cairo.
Il 20 novembre la Iowa entra nelle acque algerine in incognito, perché nessuno è stato informato del suo arrivo per motivi di sicurezza. Infatti Michael Relly [26], che comanda la guardia del corpo del Presidente, si trova ad Orano già dal mese prima, dove ha predisposto severissime misure per garantire l’incolumità di Roosevelt. Sino al punto che per fare venire il figlio del Presidente, Elliot, che si trova in servizio in Italia, gli ha inviato un messaggio che lo invita a recarsi immediatamente ad Orano «per incontrare un’importante personalità»[27].
Anche le persone al seguito di Roosevelt pensano che il Cairo sia un luogo particolarmente pericoloso. Di conseguenza il Segretario alla Guerra Henry Stimson insiste perché sia scelto un luogo alternativo, dicendo che «Dopo aver attentamente considerato la pubblicità suscitata ed i possibili pericoli che essa comporta, riassumo la situazione come segue: se io fossi un comandante d’aviazione ed avessi il controllo di 90 o 100 JU 88 [28], e mi fossero giunti i comunicati stampa su un bersaglio ben determinato e di importanza unica, alla portata delle mie basi aeree avanzate (tali comunicati possono probabilmente essere confermati dalla conoscenza degli spostamenti navali), butterei nell’azione tutti gli aeroplani, con la prospettiva di un simile colpo. Data la situazione, ritengo che la più elementare prudenza suggerisca una zona diversa».
Churchill per rassicurare Roosevelt, lo informa che al Cairo per la loro protezione vi sono cinque squadriglie dei temutissimi caccia inglesi Spitfire e tre di Hurricane, nonché una squadriglia di Night Fighter, 102 cannoni, tre battaglioni di fanteria, uno squadrone corazzato. Infine il 21 novembre gli invia un messaggio più conciso: «Formal Naval Person ad Admiral Q, urgentissimo e segretissimo. Legga San Giovanni, 14,1-4».
Roosevelt conosce le abitudini del suo alleato, quindi tiene una Bibbia a portata di mano. Legge: «1- Il vostro cuore non sia turbato; credete in Dio e credete anche in me. 2- Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, ve lo avrei detto; io vado a prepararvi un posto. 3- E quando sarò andato e vi avrò preparato il posto, ritornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io siate anche voi. 4- Voi sapete dove io vado e conoscete anche la via».
Il 22 novembre il Boeing C-54 Skymaster presidenziale [29] atterra al Cairo dove il Presidente incontrerà Churchill e Ciang Kai-sceck. Contemporaneamente a Berlino Himmler è soddisfatto, per due motivi. Il primo è che come stabilito da Schellenberg, Kaltenbrunner, Canaris e Freytag Loringhoven, l’Ora zero dell’operazione Lungo Salto scatterà quando Formal Naval Person e Admiral Q saranno entrambi al Cairo. Il secondo è che la maggior parte dei componenti della squadra di fuoco che entrerà in azione a Teheran, si trova già in Crimea.
Il generale Patrick J. Hurley, delegato personale del Presidente è a Teheran da qualche giorno, assieme al capo del servizio di sicurezza Michael Mike Reilly, per controllare le misure predisposte. Il problema principale è la sicurezza della residenza del Presidente, perché a differenza della Legazione inglese e dell’ambasciata russa che sono vicine tra loro, la Legazione americana è distante. Questo comporta un rischio maggiore durante gli spostamenti. Sia Churchill sia Stalin gli offriranno la loro ospitalità, ma Roosevelt sarà contrario ad accettare l’invito britannico perché teme che Stalin possa sospettare che tutto ciò sia una tattica per fare in modo che i due Alleati possano accordarsi nel corso degli incontri [30]. L’invito russo poi è da respingere per ovvi motivi di politica estera ed interna, quale ad esempio il consenso dell’elettorato alle prossime votazioni presidenziali. Il Presidente ha dato istruzione ad Hurley di rifiutare tassativamente l’offerta.
Mentre si trova al Cairo, Roosevelt viene informato da Guy Spaman [31], l’agente in seconda del suo servizio di sicurezza, che Reilly fa sapere che «[…] la Legazione degli Stati Uniti a Teheran risponde alle esigenze, e dista solo un miglio dalla Legazione inglese e dall’ambasciata russa, che sono adiacenti. Il percorso non presenta problemi di sicurezza». Come ulteriore misura di sicurezza, già dal 20 novembre i confini iraniani sono stati chiusi e lo saranno per tutta la durata della Conferenza. A parte i trasporti indispensabili di cibo, ogni altro trasporto ferroviario o su altro mezzo per Teheran è sospeso. Così come il traffico aereo ad esclusione dei velivoli Alleati. Pure le comunicazioni postali, telegrafiche e telefoniche con gli altri Paesi saranno sospese. Per questo motivo un gruppo d’azione composto da sei paracadutisti tedeschi si lancerà nei pressi di Qom, e un gruppo di otto uomini in uniformi russe si paracaduterà nella zona di Qazvin. Essi si aggiungeranno all’altra sessantina di militari già atterrati nella stessa area.
A Mosca il Direttore degli Incarichi speciali Pavel Sudoplatov, il capo della Brigata speciale [32], sta accertando se sia vera l’informazione di un suo agente a Berlino. Pare che Otto Skorzeny, il capo delle operazioni speciali delle ϟϟ che ha diretto la liberazione di Benito Mussolini sul Gran Sasso, stia «[…] addestrando il commando che avrebbe dovuto attaccare l’ambasciata degli Stati Uniti a Teheran, dove il primo ‘summit’ fra americani, britannici e sovietici avrebbe dovuto avere luogo». Nel momento in cui accerta che Skorzeny si muove frequentemente lungo il confine con l’Iran, organizza una squadra segreta comunista, con l’ordine di individuare il gruppo di fuoco tedesco ed attendere istruzioni per annientarlo al momento opportuno. Quando la squadra verifica la presenza dei paracadutisti tedeschi, prima di arrestarli trasmette un messaggio a Sudoplatov per informarlo che «A Teheran, stavano preparandosi a compiere la missione di assassinio politico».
A questo punto l’ambasciata russa informa il Comando militare britannico del fatto che «[…] i russi avevano catturato molti paracadutisti». Dall’interrogatorio di questi prigionieri, i russi apprendono che da qualche parte a Teheran vi è una “mezza dozzina” di paracadutisti [33] che sono sfuggiti alla cattura. Gli inglesi passano l’informazione a Michael Reilly che si mette subito in contatto con il direttore della Ferguson & Co. perché li scovi.
Il funzionario inglese Percy Downward [34], è soddisfatto perché i suoi agenti hanno individuato una casa dove si sono rifugiati alcuni dei tedeschi scampati alla cattura. Adesso sta pensando che se li arrestasse, a Berlino metterebbero in allarme gli altri paracadutisti eventualmente scampati. Compresa quella mezza dozzina. Butta giù quel poco scotch che c’è nel fondo del bicchiere, e decide di aspettare. Nelle ore successive arrivano a Teheran piccoli gruppi di altri tedeschi che trovano rifugio presso iraniani amici.
Anche Ferguson ha individuato quella casa. Quando lo verrà a sapere, la cosa non fa piacere a Downward perché non si fida di quell’agente dell’Oss quasi sempre ubriaco. Ma una volta messo di fronte all’evidenza, suo malgrado acconsente che i cow boy partecipino alla sorveglianza. Il problema per i due è accertare se i tedeschi lì dentro, e quelli chissà dove nella città, hanno informazioni sull’arrivo dei Tre Grandi, sulle loro residenze e i loro movimenti.
Dal canto suo Reilly è molto preoccupato e si domanda cosa fare col Presidente. In proposito scriverà: «Non mi sentivo affatto di mandarlo in giro per le strade affollate di Teheran. Anche in condizioni normali, il mio lavoro era tutt’altro che facile, ma con sei nazisti da qualche parte, era un vero incubo. Potevamo schierare soldati lungo tutto il percorso, ma una mezza dozzina di fanatici che avevano il coraggio di gettarsi da un aeroplano potevano molto probabilmente studiare un sistema per raggiungere il loro scopo. Ed era logico supporre che se erano i parà nazisti a sparare, un colpo sarebbe stato sufficiente».
Il 27 novembre alle 15 ora locale, lo C54 Skymaster atterra al campo d’aviazione russo a Gale Morghe. Per mantenere quanto possibile l’incognita, Roosevelt è ricevuto soltanto dal capo del Comando del Golfo Persico, Connoly, che lo accompagna alla Legazione americana su di un’automobile militare di servizio. Lì lo attendono l’ambasciatore Louis Dreyfus Jr. e il generale Patrick Hurley. Gli agenti del Secret service che lo proteggeranno sono: Michael F. Reilly*[35], Guy H. Spaman*, James J. Rowley*, Charles W. Fredericks*, Vernon Spicer, Robert Holmes, Neil A. Shannon, W. K. Deckard, Robert Hastings, Walter Haman, James M. Beary, Gerald Behn*, Frank B. Wood, Roy Kellerman.
Il 28 novembre, alle ore 15 due vetture escono dalla Legazione americana in direzione dell’ambasciata russa. La prima è l’auto presidenziale che percorre un tragitto sorvegliato da soldati disposti a ranghi serrati, ed è scortata da jeep armate di cannoncino. La seconda esce dalla porta secondaria e raggiunge senza essere notata, l’ambasciata sovietica seguendo un altro percorso. Nella prima ci sono Harry Hopkins*, l’ammiraglio William D. Leahy e il maggiore John Boettiger*[36]. Nell’altra c’è il Presidente con l’agente Robert Bob Holmes. L’ambasciatore russo accoglie Roosevelt con molta cortesia e lo fa alloggiare, assieme al suo seguito, nell’edificio principale [37] dove i tecnici di Arkadiev collocano una quantità tale di microspie, che non vi è angolo in cui il Presidente non sarà ascoltato. In quell’occasione il Presidente ed il suo seguito apprendono che, differentemente da lui e da Churchill, Stalin non ha fatto venire a Teheran i suoi consiglieri militari, ma soltanto il Commissario per gli Esteri Kliment E. Vorošilov e gli interpreti. Una mossa astuta per evitare che i suoi interlocutori possano farsi aggiornare sulla situazione militare russa.
Alle 15,15 Stalin entra nella stanza del Presidente, accompagnato dal suo interprete Pavlov. I due capi di Stato converseranno per più di mezz’ora. Alla fine dell’incontro, Roosevelt si mostrerà fiero «[…] come un ragazzo che era riuscito a stringere la mano al suo idolo, il suo giocatore di baseball preferito», racconta suo figlio Elliot. Alle 14,00 inizia la prima riunione plenaria. Per prima cosa, il Presidente dà il benvenuto ai «[…] nuovi membri nel cerchio della famiglia». Il Primo Ministro dichiarò che in quel momento c’era la maggiore concentrazione di potere che il mondo avesse mai visto e aggiunse: «Nelle nostre mani vi è la possibilità di abbreviare la guerra, la certezza anche maggiore della vittoria, ma soprattutto la sicurezza assoluta che il futuro sereno del genere umano dipende da noi».
Gli argomenti principali esamineranno: l’apertura del Secondo fronte; l’operazione Overlord; le condizioni di resa dell’Italia e l’eventualità di continuare i bombardamenti notturni sull’Italia; quindi la dichiarazione di Roma Città aperta per evitare gli scontri tra le truppe tedesche uscenti e quelle Alleate entranti. Quella sera i cuochi filippini di Roosevelt, che dalle 16 lavorano con la loro batteria da cucina personale all’interno dell’ambasciata, preparano un “ottima” cena che contribuisce a mantenere l’atmosfera distesa mentre si discute del futuro della Germania.
In quelle ore entrano a Teheran i sei paracadutisti tedeschi. Sono guidati da uno dei più influenti uomini politici Qash Qai [38] Gorechi, il quale «[…] aveva vissuto in Germania per tre anni, aveva imparato il tedesco, e a differenza dei capi tribù tradizionali, […] egli non desiderava soltanto l’indipendenza della propria tribù, ma vedeva il futuro dell’Iran in una specie di federazione fascista composta dai movimenti iraniani di estrema destra». Egli si reca dai politici suoi amici in città, i quali gli confermano la presenza dei Tre Grandi e lo informano sulle misure di sicurezza attorno alle Legazioni americana, inglese ed all’ambasciata russa. Inoltre gli danno gli indirizzi di case sicure dove rifugiarsi e lo mettono in guardia sui movimenti degli agenti di Downward e Ferguson.
Quindi Gorechi consiglia al comandante del gruppo tedesco di non tentare di mettersi in contatto con gli altri paracadutisti possibilmente arrivati a Teheran, e di portare a termine autonomamente la missione. Per eseguire l’operazione i suoi amici iraniani del movimento filo-nazista gli procureranno rifugio, denaro, armi ed eventuali lottatori disposti ad assisterli. Infatti quella stessa notte tali amici fanno incontrare Gorechi, e il comandante della mezza dozzina, con Misbah Ebetehaj per esporgli il piano d’azione e i bersagli designati.
Dopo averli ascoltati, il lottatore pensa istintivamente che non li aiuterà. Già da un po’ tiene d’occhio la grande quantità di rifornimenti Alleati che transitano per l’Iran assieme alle guarnigioni inglesi e russe. Questo lo ha convinto del fatto che presto gli americani, gli inglesi e i russi metteranno al tappeto Hitler e le sue armate. Poi la sua prudenza gli suggerisce di non dire nulla, limitandosi a domandare perché non cerchino di mettersi in contatto con gli altri paracadutisti tedeschi che ci sono a Teheran. I due gli spiegano il motivo, ed Ebetehaj prende tempo e rinvia all’indomani. Quella notte stenterà a prendere sonno pensando a come si dovrà comportare con gli inglesi e gli americani. La soluzione arriverà all’improvviso: tutte le spie Alleate dalle quali prende denaro gli sarebbero grate se gli consegnasse quella mezza dozzina di sicari. Ma quello che sino a quel momento lo paga di più è Ferguson. Quindi lo dirà a lui. Quella riflessione gli farà l’effetto di un sonnifero.
Il secondo giorno della conferenza, il 29 novembre, alle 14,45 Roosevelt ha un incontro informale con Stalin che è accompagnato dal ministro Molotov. Alle 15,30 Churchill consegna al Maresciallo la Spada di Stalingrado: la spada dell’Onore fatta dagli artigiani inglesi. La lama porta l’iscrizione: “Ai cittadini di Stalingrado dal cuore di acciaio, un dono del Re Giorgio VI in pegno dell’omaggio del popolo inglese”[39]. Stalin ringrazia commosso “A nome dei cittadini di Stalingrado” e passa la spada a Roosevelt. I Tre si spostano nel portico per farsi immortalare nella famosissima immagine in cui si trovano in cima alla scalinata.
Alle 16 i tre statisti prendono posto al tavolo della conferenza allestito dentro il salone principale dell’edificio. Questa riunione, influenzata dall’incontro tra Roosevelt e Stalin del giorno precedente, avrà conseguenze di vasta portata per il futuro del mondo. Il soggetto principale è l’Operazione Overlord. Il Maresciallo domanda chi dirigerà l’Operazione perché: «[…] non riusciva a credere nel Secondo fronte, fino a che l’uomo che lo avrebbe comandato, non fosse stato nominato». Churchill interferisce chiedendo che si consideri anche la possibilità che gli anglo-americani intervengano non soltanto in Francia ma anche nei Balcani [40]. Stalin sa bene che il Primo Ministro mira ad avere basi oltre che in Italia anche nelle isole greche, da dove vorrebbe fare decollare gli aerei per operazioni di vasta portata sui Balcani che così cadrebbero sotto l’influenza anglo-americana o tuttalpiù anglo-russa-americana. Roosevelt si infastidisce. Possibilmente perché quell’intervento gli conferma quello che i suoi consiglieri gli ripetono da qualche tempo: che gli inglesi progettassero di trasformare l’Europa centrale ed orientale in colonie britanniche. Quindi prende la parola e dichiara che in quell’occasione: «[…] non si doveva spostare l’attenzione dagli sbarchi in Francia ad altri argomenti», raccogliendo l’approvazione del Maresciallo e la rabbia del Primo Ministro.
Tra gli altri argomenti vi saranno: la sorte dell’Albania, della Bulgaria, della Romania, dell’Ungheria, della Cecoslovacchia e della Polonia. Al termine della riunione, la delegazione inglese lascia la sala in uno stato d’animo irato e deluso al punto che Churchill ed i suoi collaboratori prendono in considerazione la possibilità di abbandonare la conferenza e lasciare Teheran. Ma oggettivamente non può farlo, perché comunque gli inglesi sono impegnati a combattere i tedeschi assieme ai loro alleati. Di conseguenza «Giunse di cattivo umore al pranzo offerto da Stalin. Quello era il primo pranzo dato dai russi. […] Giorni e giorni prima della conferenza, enormi quantità di cibo e di liquori erano giunte da Mosca. […] Il pranzo era stato predisposto con le stesse misure di sicurezza osservate al Cremlino in circostanze analoghe. Una squadra speciale di sette uomini della Nkgb era di guardia in cucina e […] assaggiava anche ogni piatto prima che fosse portato a tavola».
Così come ha deciso, Ebtehaj rivela a Ferguson che la mezza dozzina tedesca si trova da qualche parte in città all’insaputa degli inglesi. Poi gli chiede 20 mila dollari per la consegna. Inoltre gli assicura che aspetterà sino alla sera del 29 novembre, prima di passare l’offerta a Downward. Nel frattempo questi attende istruzioni da Londra sul da farsi con i paracadutisti dentro l’appartamento sorvegliato. La risposta arriva dopo circa un’ora: l’Intelligence service britannico opererà congiuntamente con l’Oss; quindi bisogna che si metta in contatto con Ferguson e che li arrestino quando lo riterranno opportuno. Come supporto alla squadra di agenti anglo-americani verranno messi a disposizione «[…] venti agenti inglesi e centocinquanta uomini della polizia militare che […] in caso di necessità, sarebbero dovuti intervenire immediatamente».
Il 30 novembre a mezzogiorno Roosevelt incontra lo Shah Mohammed Reza Pahlevi, insieme al suo Primo Ministro Saheily, il Ministro per gli Affari Esteri Saed, e il Ministro della Corte Imperiale Hossein Ala. Poi raggiunge la Legazione inglese dove i Tre Grandi pranzano insieme. Segue la riunione nella quale si fissa al 1° maggio del 1944 la data dello sbarco sulle coste francesi. Segue la cena di festeggiamento del 69° compleanno di Churchill. In un clima festoso, molto diverso da quello del giorno precedente, si susseguiranno una serie di brindisi alla russa [41], e Frank Sawyer, il domestico personale di Churchill, si occuperà di riempire i bicchieri.
Fuori dalla Legazione però, il clima non è altrettanto disteso perché gli agenti inglesi e americani sanno dove alloggiano i tedeschi, che tengono sotto controllo con un piccolo esercito. Ma non sanno dove sia la mezza dozzina tenuta in consegna da Misbah Ebtehaj. Ovviamente i due agenti Alleati non ne fanno parola con gli agenti russi loro alleati. Pertanto non rimane altro che aspettare che si faccia vivo il Lottatore. Quando a mezzanotte Roosevelt e Stalin lasciano la Legazione, è tutto apparentemente tranquillo.
A Berlino Himmler, Schellenberg e Kaltenbrunner sono sempre più nervosi. Gli agenti tedeschi a Teheran, che hanno confermato la presenza dei tre statisti in città, non hanno ancora fornito uno straccio d’informazione sui paracadutisti lì presenti scampati agli arresti nei giorni precedenti. Tanto meno sanno della mezza dozzina e della loro guida Quash Qai. Ebtehaj chiede a Ferguson di mostrargli il denaro, prima di fornirgli l’indirizzo della casa dove si trova la mezza dozzina che tutti cercano. Lui pensa che suo fratello, assieme ai suoi uomini, ha già arrestato i sei uomini. In effetti egli riuscirà ad immobilizzare i cinque tedeschi, ma non Gorechi che si assenta per raccogliere informazioni. Quando ritornerà nell’appartamento, riuscirà ad uccidere il fratello del Lottatore ed i suoi collaboratori. Così la mezza dozzina riprende tutte le armi, specialmente le granate tipo Gammon [42] con le quali porteranno a termine l’attentato nel caso con un’azione suicida.
Qualche ora dopo Downward decide di passare all’azione. Ma prima di arrestare i tedeschi che tengono sotto controllo, fa arrestare Ferguson perché non vuole che gli crei problemi con qualcuno dei suoi colpi di testa. Così mentre i Tre Grandi dormono, la polizia militare inglese ed americana inizia un’azione combinata di ampio raggio. Nel frattempo Gorechi raggiunge un suo amico fidatissimo, un ufficiale di polizia membro del movimento filo-nazista, che gli dà ospitalità insieme ai cinque tedeschi. Da lui apprendono che l’area in cui si trovano l’ambasciata sovietica e la Legazione britannica è impenetrabile, perché è sorvegliata dagli uomini della Nkgb, dai soldati britannici e dai carri armati. Concordano dunque che l’unico modo per uccidere gli statisti sarà farli saltare in aria con azioni suicide, quando lasceranno l’Ambasciata e le Legazioni per recarsi in aeroporto.
L’inconveniente di questo piano è che saranno tre azioni separate nei luoghi e nel tempo. Ma se anche una sola riuscirà, il risultato gioverà alla vittoria del Reich. Così decidono che formeranno tre gruppi di due uomini ciascuno. Siccome dovranno correre incontro alle vetture dei capi di stato, la loro dotazione individuale sarà leggera: la pistola e tre Gammon; una in ogni tasca ed una al collo. In questo modo l’esplosione sarà potente.
In più l’ufficiale di polizia li informa che gli organi di sicurezza Alleati, non permettono alle autorità iraniane di collaborare all’incolumità dei Tre; ma da quando lo Shah ha incontrato Roosevelt, vengono messe al corrente dei loro spostamenti. Quindi quando egli riceverà l’ordine di prepararsi per “particolari misure di sicurezza”, gli dirà quali saranno le zone che dovrà circoscrivere. Per questo occorreranno degli osservatori in quelle zone, sino a quando i tre gruppi suicidi non entreranno in azione.
Gorechi e i parà tedeschi non sospettano che a tradirli sia stato Misbah Ebtehaj. Tant’è che decidono che il mattino seguente cercheranno di mettersi in contatto con lui per chiedergli che gli fornisca alcuni dei suoi lury e fokoli più fidati, da disporre come osservatori per annunciare in tempo l’arrivo delle automobili su cui viaggeranno i capi di Stato. Nel frattempo il servizio meteorologico militare statunitense informa i collaboratori del Presidente del fatto che le previsioni sono avverse alla sua permanenza a Teheran prevista sino al 3 dicembre. Pertanto se Admiral Q non partirà entro il giorno 2, rimarrà a lungo in Iran.
All’alba dell’1 dicembre si decide che quello sarà l’ultimo giorno della Conferenza. Alle 12 si aprono i dibattiti. Prima si parla della titubanza della Turchia ad entrare in guerra al loro fianco e soprattutto a concedere delle basi aeree. Poi del destino della Finlandia. Quindi Roosevelt propone di fare la pausa per il pranzo e di riprendere alle 18. Questa è la sua mossa per incontrare Stalin, senza la presenza di Churchill. Vuole sottoporgli una questione che gli sta particolarmente a cuore [43]. Il colloquio inizia dopo le 16. Roosevelt è preoccupato per le prossime elezioni alla presidenza. Egli punta anche sull’elettorato dei circa sette milioni di polacchi che vivono in America, pertanto chiede a Stalin: «[…] di non essere costretto, almeno per il momento, ad accettare pubblicamente accordi su questioni territoriali in Polonia che potrebbero turbare quegli elettori». Il Maresciallo gli risponde che comprende ma non gli fa nessuna promessa concreta.
Alle 18 inizia l’ultima riunione plenaria con due argomenti: il futuro della Polonia e quello della Germania. Su quest’ultima Stalin non ha dubbi: la si deve suddividere in un centinaio di piccoli Stati in modo che non sarà più un pericolo per il mondo intero. Churchill si oppone. Roosevelt invece appoggia la tesi. Allora Il Primo Ministro passa all’argomento dei confini della Polonia, sul quale i due Grandi si trovano subito in disaccordo. Dopo ripetuti diverbi, forse concepiti ad arte dal Maresciallo per stuzzicare l’irascibilità del Primo Ministro, Stalin valuta che le richieste dei suoi alleati sulla Polonia «[…] contenevano una buona dose d’ingenuità, perché i rapporti di forza all’interno del governo polacco sarebbero dipesi da strutture di potere che ricevevano il sostegno dell’Armata Rossa». Così sia per ingraziarsi l’apprezzamento di Churchill sia per guadagnarsi l’obbligo di Roosevelt, che l’avrebbe interpretato come un sì alla sua richiesta nel colloquio privato, da astuto giocatore risponde: «[…] in tono conciliante che l’amicizia con la Polonia era più importante per l’Unione Sovietica, che per qualsiasi altro Paese».
Una volta arrestati i tedeschi, Downward riceve l’ordine di rilasciare Ferguson, prima di mettersi alla ricerca della mezza dozzina ancora in giro. L’americano non perde un attimo: fare vedere a quell’inglese di che pasta sono fatti lui e i suoi uomini dell’Oss. Perciò andrà da Misbah Ebtehaj per chiedergli di fargli da scout nella caccia a quei sicari tedeschi in giro per Teheran. Quando il Lottatore lo vede spuntare a casa sua e ascolta le sue richieste, ha la sensazione che quella sia la risposta del dio Mithra ai suoi dubbi sul da farsi con Gorechi e sui cinque nazisti. Il messaggio divino è chiaro: lui non deve fare altro che assistere il bene – Ferguson – contro il maligno nazista.
Alle 20,30 all’ambasciata sovietica incomincia la cena di gala. L’umore dei Tre Grandi si è rasserenato e nessuno dei presenti vuole turbare quell’atmosfera amichevole. Per tutta la cena il tono delle conversazioni sarà gaio e piacevole. Quando si giunge al termine, prima del commiato, occorre accordarsi sul comunicato ufficiale di chiusura. I Tre decidono che questo verrà reso noto soltanto dopo che Roosevelt e Churchill lasceranno l’Egitto [44] per rientrare a Washington D.C. e Londra. Ognuno di essi apporta qualche leggera modifica, e dopo l’approvazione di tutti i collaboratori dei Tre, viene letto [45].
Il sole non è ancora spuntato per illuminare quel 2 dicembre, quando Gorechi ed i cinque tedeschi si presentano a casa di Misbah Ebtehaj. Questi dissimula le sue intenzioni e li fa accomodare nella stanza più grande che c’è. Gli offre una bevanda calda per rassicurarli, e li informa che ha scelto i suoi lury più fidati per fare gli osservatori. Specifica che si trovano già nella cantina dell’edificio sull’altro lato della strada. Quindi li farà uscire da casa a gruppi di due alla volta e li condurrà in quella cantina. Dal momento che sa che ogni soldato avrebbe indossato tre granate Gammon, la sera precedente evacua precauzionalmente le famiglie che abitano in quell’edificio. Prima di uscire in strada, dice al primo gruppo che è più prudente andare ad uno ad uno per entrare nella cantina da dove proseguiranno con i suoi uomini attraverso un cunicolo per le direzioni prestabilite. I tedeschi non sospettano nulla e mano a mano che entreranno nella cantina, saranno immobilizzati ed imbavagliati da Ferguson e dagli agenti dell’Oss. Quando è la volta di Gorechi, questi riesce a svincolarsi dalla presa degli assalitori ed estrae un Gammon dalla quale strappa la linguetta colorata del detonatore. Ferguson senza pensarci sopra gli pianta tre pallottole in corpo e grida ai suoi: “Fuori alla svelta!” Fanno appena in tempo a ripararsi prima che l’edificio esploda. La mezza dozzina dell’Operazione Lungo Salto è stata mandata a “contare le stelle” [46]. Quella detonazione è il botto conclusivo della Conferenza dei Tre Grandi.
Il Presidente «[…] trascorse la sua ultima notte in Iran al campo militare USA ad Amirabad, ai piedi delle montagne Elbruz. Da lì fu portato con un’automobile militare al campo di aviazione di Gale Morghe. […] Roosevelt scoppiava di ottimismo, […] Non nascondeva di aver ottenuto quanto voleva: da quel momento in poi gli Stati Uniti avrebbero fatto da intermediari in tutte le future ostilità tra la Gran Bretagna e l’Unione Sovietica, ed avrebbero assicurato la pace nel mondo. In tal modo, l’America sarebbe stata la principale potenza mondiale».
Churchill «[…] ed un ufficiale, viaggiarono su una vecchissima automobile militare. […] Fecero mettere sul tetto della macchina alcune vecchie valigie, in modo che nessuno potesse indovinare chi c’era nell’automobile. […] Dal punto di vista emotivo Churchill era angustiato e depresso. Per lui la conferenza di Teheran era stata un completo fallimento». Le sue aspirazioni imperialiste nel settore Mediterraneo erano state frustrate quando Stalin votò a favore dell’invasione della Francia».
Stalin «[…] non aveva bisogno di simili trucchi. La strada che conduceva all’aeroporto era protetta da millecinquecento uomini» della Nkgb.
I siciliani apprenderanno la notizia dell’attentato da un taglio basso nel numero 135 di “Sicilia Liberata” del 19 dicembre 1943, con questo articolo: “DICHIARAZIONI DI ROOSEVELT ai giornalisti americani”
«Washington, 19
Il Presidente Roosevelt di ritorno dalle due Conferenze di Teheran e del Cairo è stato entusiasticamente accolto a Washington. Al suo arrivo alla Casa Bianca il Presidente ha immediatamente iniziato conversazioni con i Capi del Congresso, e più tardi, ha ricevuto i rappresentanti della Gran Bretagna, dell’Unione Sovietica, della Cina, della Persia, della Turchia e dell’Egitto. Alla conferenza stampa di ieri, il Presidente Roosevelt ha rivelato che durante il soggiorno a Teheran è stato sventato un complotto tedesco contro Churchill, Stalin e lo stesso Presidente degli Stati Uniti. In un primo tempo Roosevelt aveva deciso di abitare durante il suo soggiorno a Teheran nell’edificio dell’ambasciata americana che dista due chilometri circa dalle Ambasciate britannica e russa. Avuto sentore del complotto, il Maresciallo Stalin ha invitato il Presidente Roosevelt a modificare i suoi piani e trasferirsi all’ambasciata sovietica evitando in tal modo il percorso giornaliero attraverso le strade. Il Presidente Roosevelt terrà un radio discorso la notte di Natale» [47].
Dialoghi Mediterranei, n. 42, marzo 2020
[*] Per gentile autorizzazione dell’editore si pubblica in anteprima un capitolo del libro di Maurizio Tosco, L’Immacolata segreta del 1943. Il misterioso viaggio di Roosevelt a Castelvetrano, in corso di stampa nella collana “Controstoria” di 21 Editore.
Note
[1] Reichssicherheitshauptamt, Ufficio Centrale della Sicurezza del Reich dal 1941 sino al 1945. La sua attività è subordinata ad Heinrich Himmler, capo supremo delle ϟϟ.
[2] «Termine del linguaggio spionistico che indica tanto il livello di affidabilità di una Fonte (l’informatore) quanto il grado di fondatezza di una notizia. […] Presso i servizi di informazione occidentali è consolidato il ricorso ad una classifica dell’attendibilità della fonte con lettere maiuscole da “A” ad “F”: A, affidabile; B, normalmente affidabile; C, abbastanza affidabile; D, usualmente non affidabile; E, non affidabile; F, non classificabile. La fondatezza della notizia con numeri arabi da “1” a “6”: 1, notizia confermata; 2, probabilmente vera; 3, possibilmente vera; 4, di dubbia fondatezza; 5, improbabile; 6, non classificabile» (Quaderni di intelligence: Il linguaggio degli organismi informativi, Glossario di intelligence, Roma 2013, Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza)
[3] Lubjanka o Dom Dva (Casa Due) sono sinonimi del quartier generale del servizio di sicurezza russo, al numero 2 di via Lubjanka, nel palazzo che ospitava la compagnia di assicurazioni Rossija. Dal 1917 al fallito colpo di stato del 1991, l’edificio ospitava il comando del servizio di sicurezza sovietico. (Sudoplatov XXV)
[4] Termine spionistico che indica un agente di rifermento in una certa località.
[5] Peter Ferguson giunge a Teheran 31 marzo 1943 su un aereo militare americano, con 600 dollari in tasca. Ѐ stato reclutato dall’Oss nel 1942 ed addestrato nel centro sperimentale in Virginia (Havas: 117).
[6] «Gli aiuti alla Russia da parte degli Stati Uniti sotto forma di equipaggiamento militare possono riassumersi come segue: più di 3.000 aeroplani, 2.400 carri armati, 109.000 fucili mitragliatori, 16.000 jeep militari, 80.000 autocarri, 7.000 motociclette, 130.000 telefoni da campo, e 75.000 tonnellate di esplosivi. Tutto questo materiale è giunto effettivamente in Russia, insieme con molto altri armamento, cibo, e materie prime» (Marshall G. C., Relazione del Comando Supremo Americano: 78).
[7] Nel 1913 il presidente Wilson lo nomina assistente segretario della Marina.
[8] Nome di un ballo americano.
[9] Nel corso del conflitto i nomi in codice assegnati ai Tre Grandi nelle comunicazioni tra i Comandi Alleati ma anche tra Roosevelt e Churchill, sono: Admiral Q(een) per Roosevelt, Former Naval Person per Churchill e Uncle Joe per Stalin.
[10] Soprannome con il quale Churchill si riferisce a Stalin.
[11] «Tra le azioni di spionaggio più efficaci operate dal Terzo Reich una non fu compiuta da ‘spie’ classiche, bensì da un insignificante burocrate: il Dr. Ohnesorge, Ministro delle Poste. Egli spinse i suoi tecnici a sperimentare nuovi strumenti fino a che, nel 1942, l’istituto di ricerca del Deutsche Reichpost perfezionò il sogno dei servizi segreti. Dallo scoppio del conflitto le comunicazioni tra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti erano artificialmente disturbate per mezzo di complicate installazioni tecniche. I tedeschi tentavano invano di intercettare tali comunicazioni, esse erano inintelligibili. Sotto la guida dell’ingegnere Vetterlein, i tecnici delle poste trovarono un ‘antidoto’; con l’aiuto di installazioni molto complesse essi riuscirono ad eliminare i disturbi dalle comunicazioni telefoniche Alleate e a renderle intelligibili. Il 6 marzo 1942, il ministro informò Hitler che i suoi tecnici erano riusciti ad eliminare i disturbi nelle comunicazioni telefoniche – che costituivano l’unico mezzo di collegamento a lunga distanza tra l’Inghilterra e gli Stati Uniti – tra i due Alleati più importanti del conflitto mondiale. In questo modo essi erano in grado di carpire per tempo ogni decisione di importanza strategica» (Havas: 160).
[12] Il Dr. Ernst Kaltenbrunner fu a capo della RSHA a partire dal mese di gennaio del 1943. Al processo di Norimberga fu condannato a morte, e impiccato la notte del 16 ottobre 1945.
[13] Un agente appartenente ad un servizio di informazione cui sono affidati compiti di collegamento con strutture o enti esterni.
[14] Vale a dire che combatte dalla parte dello Zar.
[15] Narodnyj Komissariat Gosudarstvennoj Bezopasnosti, Commissariato del popolo per la Sicurezza dello Stato.
[16] «Ufficio Politico. Organo dirigente del Comitato Centrale del partito comunista bolscevico dell’U.R.S.S., composto di 7 membri tra i più influenti del regime, dal quale in sostanza emanano le direttive della politica dell’Unione sovietica» (A. Basso, Dizionario di cultura politica, Milano, AUTAS Autori associati, 1946: 494).
[17] «William Bullit, già ambasciatore americano in Francia, tentò per tre ore di convincere il Presidente che la linea che seguiva con i russi e la sua prontezza a fare qualsiasi concessione avrebbe avuto conseguenze catastrofiche. Ma invano. Roosevelt […] insisteva a dire che lui era sicuro che Stalin non fosse l’uomo che tutti credevano. Egli credeva, disse, che se concedeva a Stalin tutto ciò che era possibile e non chiedeva nulla in cambio, noblesse oblige, e che quindi i russi non avrebbero nemmeno pensato ad annettersi un paese o un’area. […] Bullit disse a Roosevelt che l’uomo con cui trattava, non era il ‘Duca di Norfolk’ ma un ‘bandito caucasico’. […] Il Presidente sapeva, comunque, che le idee di Churchill sul futuro del mondo differivano dalle sue e che il Premier inglese non credeva minimamente nella nobiltà del modo di pensare di Stalin. Era proprio per questo che desiderava tenere lontano Churchill, quando si fosse incontrato con Stalin. C’era comunque una possibilità che Churchill venisse a sapere del piano, se non da altri, dallo stesso Stalin» (Havas: 88-89).
[18] Con vari cambiamenti il Narodnyj Komissariat Vnutrennykh Del, (NKVD) Commissariato del popolo per gli Affari interni, dal 1943 Divenne il Narodnyj Komissariat Gosudarstvennoe Bezopasnosti (NKGB) Commissariato del popolo per la Sicurezza dello Stato.
[19] Nella lingua russa: cane perduto. Termine dispregiativo per designare la spia sullo scalino più basso, che lavora per i servizi segreti sovietici (Pujol: 41).
[20] Espressione usata per la prima volta nel 1936 dal generale franchista E. Mola Vidal nel corso dell’attacco a Madrid, per indicare persone o gruppi all’interno di un paese che agiscono per interesse o ideologie comuni d’accordo col nemico.
[21] «Circa l’ottanta per cento delle informazioni di intelligence su argomenti politici non proviene da veri e propri agenti» (KGB: 276).
[22] Elyesa Bazna iniziò a fotografare documenti segreti inglesi il 21 ottobre 1943. Incontrò Ludwig Moyzisch, l’addetto commerciale dell’ambasciata tedesca ad Ankara, chiedendo 20 mila sterline inglesi per 56 documenti che aveva già fotografato. Diventò un agente tedesco a libro paga nel 1943 e gli venne dato il nome in codice di Cicero.
[23] Vyacheslov Mikhailovich Molotov, nome in codice Mr. Brown, Commissario del Popolo per gli Affari Esteri dell’Unione Sovietica.
[24] La HMS Renown, decima nave da guerra britannica a portare questo nome, è stata un incrociatore da battaglia dell’omonima classe della Marina britannica.
[25] La più moderna unità della flotta militare americana.
[26] Sarà presente a Castelvetrano l’8 dicembre.
[27] Lo stesso messaggio sarà inviato al generale Mark Clark quando dovrà andare a Castelvetrano. Vedi pag.68 seguente.
[28] Bombardieri tedeschi Junker.
[29] Con il quale atterrerà a Castelvetrano. Per permettere al Presidente di scendere con la sedia a rotelle, era necessario che sulla pista vi fosse una rampa. Per la Conferenza a Yalta, sarà studiato un modello con un piccolo ascensore. «When President Franklin D. Roosevelt flew to the Casablanca Conference in 1943 on board a commercial Boeing 314 Clipper Ship, he became the first U.S. president to fly while in office. Concerned about relying upon commercial airlines to transport the president, the USAAF leaders ordered the conversion of a military aircraft to accommodate the special needs of the Commander in Chief. After encountering difficulties with converting a C-87A transport, the USAAF arranged with Douglas Aircraft to construct a new transport aircraft specifically for presidential use. Nicknamed the Sacred Cow, this VC-54C became the first military aircraft to transport a U.S. president when President Roosevelt took it to the USSR for the Yalta Conference in February 1945. On 26 July 1947, President Truman signed the National Security Act of 1947 while on board the Sacred Cow. This act established the Air Force as an independent service, making the Sacred Cow the ‘birthplace’ of the USAF» (The Historical Collections Division (HCD) of CIA’s Information Management Services, The Creation of the Intelligence Community: Founding Documents, (1978) Washington DC, U.S. Government Printing Office).
[30] «Gli americani erano consapevoli che le poste in giuoco a Teheran non erano soltanto militari, ma anche geopolitiche. Nel corso di quella conferenza, l’ascendente di Stalin fu dovuto non soltanto alla scaltrezza bolscevica quanto a due politiche di Washington. La prima di esse era stata stabilita dopo Pearl Harbour, quando Roosevelt aveva convenuto con il generale Marshall che le considerazioni di politica internazionale sarebbero dovute venire dopo le necessità militari, per tutta la durata del conflitto. La seconda, emerse nel 1943 quando si decise che bisognava fare tutto il possibile per assicurarsi la fiducia di Stalin e dei suoi collaboratori. Queste due politiche fecero pendere la bilancia ideologica americana dalla parte di Mosca» (Murphy: 307).
[31] Sarà presente a Castelvetrano l’8 dicembre.
[32] Squadra operativa fantasma, che al suo attivo vanta di avere «messo fuori combattimento 137.00 soldati e ufficiali tedeschi, ucciso 87 alti gradi delle forze armate tedesche mediante azioni terroristiche individuali, liquidato 2.045 agenti e ufficiali sovietici collaborazionisti» (KGB: 156).
[33] Sono quelli atterrati nei pressi di Qom.
[34] Funzionario dell’Ufficio Relazioni pubbliche inglese a Teheran. Si tratta di un agente superiore del Secret Service britannico.
[35] * Presenti a Castelvetrano.
[36] Genero del Presidente.
[37] Quando il presidente Roosevelt si trova nell’ambasciata russa, il maresciallo Stalin si sposta in uno degli edifici secondari del complesso diplomatico (Franklin D. Roosevelt Library & Museum Collection: Grace Tully Archive Series: Grace Tully Papers Box 7; Folder = Logs of the President’s Trips: Africa and the Middle East (Cairo and Teheran Conferences), November-December, 1943).
[38] Una delle tribù più famose persiane, a quel tempo in lotta contro il governo dello Shah.
[39] Description of Sword of Stalingrad. The Sword is akin to some of the finer ceremonial swords of the City Corporations but is conceived in the free manner characteristic of the design and craftsmanship of English silverwork today. It is a two-handed fighting weapon 4 feet 2 inches long with a broad and convex two-edged blade of the hardest tempered steel inscribed up the center in capitals “TO THE STEEL-HEARTED CITIZENS OF STALINGRAD, THE GIFT OF KING GEORGE VI IN TOKEN OF THE HOMAGE OF THE BRITISH PEOPLE”. A Russian version of the inscription is on the other side of the blade. The SCABBARD, covered in red Morocco leather, bears the Royal Arms, Crown and Cypher, chased in gold. It is bound with Lockets of wrought silver which form pointed arches and are gently stepped. Between these there are three red Stars, enamelled and set in silver-gilt stepped frames, from the points of which radiate tooled gold rays. The QUILLON (or Cross-guards) is of silver wrought and chased, ending in gilt Leopards’ heads. The contoured GRIP is served with 18 carat gold wire, with a ferrule of red enamel on silver at either end. The POMMEL is of rock crystal, held with a gold Rose of England. The design of the Sword was chosen by The King and carried out by the concerted effort of a team of craftsmen whose ancestors had been engaged in the trade of sword making for many generations. (Franklin D. Roosevelt Library & Museum Collection: Grace Tully Archive Series: Grace Tully Papers Box 7; Folder = Logs of the President’s Trips: Africa and the Middle East (Cairo and Teheran Conferences), November-December, 1943, Appendix C).
[40] Dove invia la spedizione del SOE da Tito, della quale soltanto Roosevelt è al corrente.
[41] La persona che annuncia il brindisi, si alza dalla tavola e si avvicina a colui il quale il brindisi è indirizzato.
[42] Queste granate sono modificate dagli specialisti dell’Abwehr in modo che gli attentatori le possano indossare sotto gli abiti e innescarle prima di lanciarsi sul bersaglio.
[43] «Winston Churchill non immaginava neppure che il suo amico ed alleato, Franklin Delano Roosevelt, potesse ingannarlo deliberatamente. […] Già il 14 dicembre 1941, in una lettera al dittatore russo, il Presidente aveva accennato al potersi incontrare, e l’11 aprile 1942 chiese ancora a Stalin se avrebbe avuto il piacere di trascorrere qualche giorno con lui in Alaska, durante l’estate. Nel novembre e nel dicembre dello stesso anno, tentò poi di convincere Stalin a partecipare alla già programmata conferenza tra lui e Churchill. […] Naturalmente il Premier d’Inghilterra non poteva sapere che il 4 maggio il Presidente aveva scritto ancora a Stalin una lettera, che fu portata a Mosca personalmente dall’ambasciatore americano Joseph G. Davies. Mandò così la lettera, non solo perché l’Abwehr intercettava spesso i messaggi d’oltre oceano, ma anche perché non cadesse tra le mani dell’Intelligence Service britannico. E a Roosevelt importava meno che la lettera fosse letta da Hitler, piuttosto che da Churchill: […] La cosa più semplice e pratica possibile sarebbe un incontro non ufficiale di qualche giorno, tra lei e me… Penso che nessuno di noi due vorrà portare con sé lo Stato maggiore. Io sarei accompagnato da Harry Hopkins, interprete e stenografo (falso, perché era il suo consigliere personale). Lei ed io parleremmo molto liberamente, raggiungendo quello che noi chiamiamo ‘un incontro delle menti’. Non credo affatto che siano necessari accordi e dichiarazioni ufficiali preliminari» (Havas: 137-138).
[44] Il Presidente non ha ancora deciso il Briefing – fuori programma – a Castelvetrano.
[45] «We–The President of the United States, the Prime Minister of Great Britain, and the Premier of the Soviet Union, have met these four days past, in the capital of our ally, Iran, and have shaped and confirmed our common policy. We express our determination that our nations shall work together in war and in the peace that will follow. As to war–our military staffs have joined in our round table discussions, and we have concerted our plans for the destruction of the German forces. We have reached complete agreement as to the scope and timing of the operations to be undertaken from the east, west and south. The common understanding which we have here reached guarantees that victory will be ours. And as to peace– we are sure that our concord will win an enduring peace. We recognize fully the supreme responsibility resting upon us and all the United Nations to make a peace which will command the good will of the overwhelming mass of the peoples of the world and banish the scourge and terror of war .for many generations. With our diplomatic advisers we have surveyed the problems of the future. We shall seek the cooperation and the active participation of all nations, large and small, whose peoples in heart and mind are dedicated, as are our own peoples, to the elimination of tyranny and slavery, oppression and intolerance. We will welcome them, as they may choose to come, into a world family of democratic nations. No power on earth can prevent our destroying the German armies by land, their U-boats by sea, and their war plants from the air. Our attack will be relentless and increasing. Emerging from these cordial conferences we look with confidence to the day when all peoples of the world may live free lives, untouched by tyranny, and according to their varying desires and their own consciences. We carry here with hope and determination. We leave here, friends in fact, in spirit and in purpose». Signed at Teheran, December 1, 1943. ROOSEVELT. STALIN. CHURCHILL. (Franklin D. Roosevelt Library & Museum Collection: Grace Tully Archive Series: Grace Tully Papers Box 7; Folder = Logs of the President’s Trips: Africa and the Middle East (Cairo and Teheran Conferences), November-December, 1943, Appendix D).
[46] Gli incontri dei lottatori iraniani sono l’equivalente, sia per i nativi sia per i forestieri, delle corride spagnole che avevano luogo allo ‘Zurkhane’. Si ottiene la vittoria tra i contendenti quando uno di essi rovescia l’avversario e lo manda a contare le stelle.
[47] La notizia induce il lettore a pensare che Roosevelt si trasferisce presso l’ambasciata russa.
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Maurizio Tosco è un architetto, specializzato in urbanistica, consolidamento e degrado del calcestruzzo. Svolge la libera professione occupandosi di attività diverse comprese tra la didattica universitaria, la consulenza peritale giudiziaria, i rifiuti, l’ecologia, e il fenomeno migratorio africano. Da circa quaranta anni si dedica allo studio della storia della Seconda guerra mondiale ed alla militaria di quel periodo, approfondendo le vicende storiche relative allo sbarco in Sicilia e sull’attività di spionaggio ad esso collegata. Nel corso dei suoi studi ha stabilito contatti con associazioni di reduci statunitensi ed archivi militari, ed ha elaborato il progetto di turismo militare Following Heroes’ steps© per il quale guida turisti, reduci e appassionati sui luoghi spesso poco conosciuti dello sbarco in Sicilia.
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