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Il “giullare della scienza” in Sicilia. Brevi note su Rafinesque-Schmaltz

Rafinesque Constantine Samuel (1783-1840)

Rafinesque Constantine Samuel (1783-1840)

di Giovanni Altadonna 

«Eccomi dunque in Sicilia, la più grande e la più bella delle isole del Mediterraneo e un soggiorno forzato di 10 anni me la fece conoscere perfettamente, così come le sue produzioni. Vi sono pochi viaggiatori o scienziati che possono avervi viaggiato o studiato la Natura così a lungo. Fu la più bella epoca della mia vita. Questo soggiorno costituirebbe quasi un romanzo se io ne fornissi tutti gli avvenimenti. Sarà il Romanzo delle mie Memorie o Biografia» (Rafinesque-Schmaltz, 1836; tr. it. Violani, 1995: XII). 

Nel maggio 1805 (mentre Napoleone Bonaparte, già Imperatore dei francesi, veniva incoronato Re d’Italia a Milano) un vascello, partito da Livorno due mesi prima, giungeva a Palermo.

Ai passeggeri non fu consentito sbarcare se non dopo «una seccante quarantena di venti giorni a causa della febbre gialla di Livorno dell’anno prima» (ibidem). Fra di essi, l’eclettico naturalista franco-tedesco Constantine Samuel Rafinesque-Schmaltz (1783-1840), autore della citazione, tratta dalla sua autobiografia, A life of travels, pubblicata a Filadelfia nel 1836 1. Le notizie disponibili sulla sua vita non solo consentono di ricostruire un’esistenza avventurosa e travagliata, che spazia dall’Impero Ottomano agli Stati Uniti d’America passando per il Mediterraneo, ma offrono anche una testimonianza del contesto storico e culturale della Sicilia del primo Ottocento, nonché del modo di fare scienza nella prima metà del XIX secolo. Nella «più grande e più bella delle isole del Mediterraneo», come egli ebbe a definirla, Rafinesque visse infatti per un decennio, fino al 1815, quando vicende personali di vario tipo lo convinsero a ritornare definitivamente negli Stati Uniti, dove visse fino alla morte (Violani, 1995). Queste brevi note hanno lo scopo di riassumere alcuni aspetti della permanenza di Rafinesque in Sicilia e in America, al fine di contestualizzarne storicamente la figura di naturalista. 

9729213-lLa permanenza in Sicilia 

La Sicilia presenta agli occhi del Naturalista Contemplatore un campo vasto di osservazioni e scoperte (Rafinesque-Schmaltz, 1810). 

Come attestato da diversi studi (Pasta, 2009; Lentini, 2012; Sparacio, 2022, per citare solo i più recenti), la Sicilia dell’Ottocento rappresentava, nonostante l’apparente marginalità geografica, uno dei principali crocevia della vita intellettuale europea per quanto attiene al campo delle scienze naturali. Pertanto il giovane Rafinesque «non ebbe difficoltà a inserirsi in un contesto nel quale il livello degli studi naturalistici mostrava un relativo grado di avanzamento ed era possibile rinvenire testi e manoscritti importanti di autori del passato» (Lentini, 2012: 254).  

Nato a Costantinopoli, nel quartiere latino di Galata, nel 1783, da François Rafinesque, un mercante francese, e Madeleine Schmaltz, di nazionalità tedesca, Costantine si trasferì giovanissimo al seguito della famiglia a Marsiglia, per poi essere inviato presso i nonni a Livorno al fine di sfuggire agli eventi della Rivoluzione francese. Il padre morì di febbre gialla, contratta durante un viaggio commerciale in Cina, quando Costantine aveva solo dieci anni. Dai 19 ai 21 anni si trasferì, insieme al fratello minore Antoine, negli Stati Uniti, per lavorare come apprendista commerciale, conducendo altresì le sue prime prospezioni naturalistiche. Nel 1805 ritornò in Europa: dopo una breve tappa a Livorno, arrivò a Palermo, dove divenne segretario di Abraham Gibbs, Console degli Stati Uniti nel Regno di Sicilia; incarico che lasciò al fratello nel 1808, avendo intanto fatto fortuna come commerciante (Rafinesque-Schmaltz, 1836; tr. it. Violani, 1995: XIII; Violani, 1995: X-XI; Lentini, 2012: 255).  

Nel febbraio 1806 il Maresciallo André Massena invase il Regno di Napoli, costringendo Ferdinando IV di Borbone a ripiegare nuovamente in Sicilia (dopo esservi stato costretto una prima volta all’epoca dell’effimera Repubblica partenopea); così come il suo omologo sabaudo Carlo Emanuele IV era stato costretto da Napoleone, nel 1798, a rinunciare al Piemonte e a ritirarsi in Sardegna. Difatti, le due più grandi isole del Mediterraneo furono gli unici due territori italiani che non conobbero l’occupazione francese prima rivoluzionaria e poi napoleonica (Denis Mack Smith, 1968; tr. it. 1970: 434). Ciò, per la Sicilia, significò una dipendenza dall’Inghilterra sia in termini di protezione militare che sotto il profilo economico, la quale «portò alla Sicilia una prosperità quale l’isola non aveva conosciuto da secoli» (ivi: 443). Il Blocco Continentale annunciato da Napoleone il 21 novembre 1806 stabiliva infatti il divieto di commercio dell’Impero francese e i suoi alleati con l’Inghilterra e gli altri Paesi ostili: cosicché, scrive Rafinesque, si «ruppero tutte le comunicazioni con l’Italia e la Francia» e il commercio della Sicilia «restò limitato all’Inghilterra, all’America, alla Spagna, alla Barberia, alla Sardegna, a Malta e all’Oriente» (Rafinesque-Schmaltz, 1836; tr. it. Violani, 1995: XIII). Tale congiuntura permise a Rafinesque di acquistare i prodotti siciliani (in particolare piante officinali, manna, olio e altre derrate alimentari) a un prezzo irrisorio e rivenderli con gran profitto: 

«I Siciliani erano stupiti nel vedermi seccare e preparare le Scille, delle quali non facevano né caso né uso; credevano che io dovessi impiegarle per la tintura, ed io glielo lasciai credere. Mi procuravo le Scille fresche a 5 franchi per 100 libbre o anche meno, e le vendevo preparate agli Americani e agli Inglesi fino a 50 franchi per 100 libbre. Ne ho anche vendute in Inghilterra, America e Russia a 100 e a 150 franchi per 100 libbre. Ne confezionai più di 200.000 libbre, fin quando i Siciliani non appresero a imitarmi e a condividere i miei profitti. è dunque a me che devono questo nuovo ramo del commercio, e molti altri» (ibidem). 

La disponibilità economica così guadagnata gli permise di finanziare le proprie ricerche naturalistiche (soprattutto botaniche, malacologiche, ittiologiche e geologiche) in Sicilia, specialmente (ma non esclusivamente) nei dintorni di Palermo, «che fu sempre il mio soggiorno fisso» (ivi: XIV). In queste ricerche, com’era normale per i naturalisti dell’Ottocento che disponevano di discreti mezzi finanziari (basti pensare ad Enrico Ragusa: cfr. Romano, 2006), Rafinesque coinvolgeva la gente locale nella raccolta dei campioni zoologici o per essere informato sugli esemplari notevoli della fauna ittica siciliana che arrivavano al mercato di Palermo, prima che venissero portati via per essere destinati al consumo alimentare: 

«Infine impiegai dei ragazzini perché andassero a raccogliere tutto ciò che le onde ributtavano sulla costa, e dei pescatori perché mi portassero gli scarti delle loro sciabiche e draghe. Fu così che mi procurai una quantità di oggetti preziosi e rari, delle conchiglie microscopiche e delle enormi pinne lunghe due piedi, parecchie nuove specie di cefalopodi, granchi, tetidi, etc. […] Quanto ai grandi pesci lunghi dai 3 ai 10 piedi, pagavo coloro che venivano ad avvertirmi del loro arrivo sul mercato, dove mi recavo di fretta per disegnarli prima che fossero fatti a tranci. è così che ho visto pesci molto rari e destinati alla tavola del Re di Sicilia» (Rafinesque-Schmaltz, 1836; tr. it. Violani, 1995: XIV-XV). 

31023017576Sulle ricerche malacologiche e ittiologiche di Rafinesque al mercato di Palermo un’importante testimonianza proviene dal naturalista britannico William John Swainson 2, suo amico e compagno di escursioni, il quale conferma (contro Georges Cuvier, che contestava a Rafinesque che le descrizioni di nuove specie di pesci siciliani fossero eseguite su esemplari malamente conservati, e pertanto risultassero scientificamente inaffidabili) che il naturalista franco-tedesco eseguisse “dal vivo” gli schizzi e gli appunti sugli esemplari prima che venissero venduti al pubblico (Lentini, 2012: 260-261).

Nella sua autobiografia, Rafinesque narra senza soluzione di continuità le proprie attività in materia commerciale, editoriale e scientifica, considerandole evidentemente come parti complementari della propria “vita di viaggi”. Alla sua prima monografia, Caratteri di alcuni nuovi generi e nuove specie di animali e piante della Sicilia (1810), Rafinesque accenna brevemente fra il resoconto di una spedizione scientifica e l’altra: 

«Nel 1809 cominciai a stampare la mia prima opera, che fu pubblicata solo nel 1810, su molti nuovi generi e nuove specie di animali e di piante della Sicilia con 20 tavole, etc. Quest’opera è soprattutto dedicata all’Ittiologia. La scrissi in italiano con prudenza benché avrei voluto pubblicarla in francese. La differenza politica mi obbligava ad aggiungere Schmaltz (nome di mia madre) al mio nome e a farmi passare per americano» (Rafinesque-Schmaltz, 1836; tr. it. Violani, 1995: XVII). 

Il riacuirsi delle ostilità antifrancesi durante il 1809 (nella Quinta Coalizione antifrancese era coinvolto, sebbene formalmente, anche il Regno di Sicilia) rendevano probabilmente non troppo infondate le cautele onomastiche e linguistiche dell’autore. D’altra parte, proprio l’attenzione di Rafinesque per le lingue costituisce uno dei tratti fondamentali della sua figura. Egli imparò da autodidatta decine di idiomi diversi, fra cui Latino, Greco, Ebraico, Sanscrito, Cinese; oltre che ovviamente Italiano, Francese e Inglese (Lentini, 2012: 260). Nei Caratteri di alcuni nuovi generi, accanto alle nomenclature latine e italiane, Rafinesque (1810) ha l’accortezza di segnalare anche i vocaboli vernacolari con cui le varie specie da lui elencate sono chiamate dai Siciliani: ciò testimonia una sensibilità, per così dire, “etnologica” ‒ che si ritroverà altresì nel periodo statunitense della sua vita, allorché si interesserà degli idiomi e delle tradizioni degli Indiani d’America (cfr. Violani, 1995: XXVI); nonché nell’attenzione con cui non manca di annotare le particolarità della lingua galloitalica di Nicosia (Rafinesque-Schmaltz, 1836; tr. it. Violani, 1995: XVIII). Soprattutto, egli esprime consapevolezza della propria qualità di poliglotta in vista del suo principale progetto di divulgazione scientifica (diremmo oggi): il periodico Specchio delle scienze, da lui fondato a Palermo nel 1814 con lo scopo, fra gli altri, di far conoscere al pubblico siciliano le opere pubblicate all’estero in lingua straniera (Lentini, 2012).

fig-3-chloris-aetnensisFra luglio e agosto 1809, Rafinesque intraprese un’impegnativa escursione sull’Etna, la quale gli diede occasione di incontrare i fratelli Gemmellaro (Rafinesque-Schmaltz, 1836; tr. it. 1995: XIX) e di redigere, nel dicembre 1813, un opuscolo botanico: la Chloris Aetnensis o le quattro florule dell’Etna (Rafinesque-Schmaltz, 1815), inserita quale appendice al primo tomo della Storia naturale e generale dell’Etna di Giuseppe Recupero, opera postuma pubblicata dal nipote Agatino (Rafinesque-Schmaltz, 1836; tr. it. Violani, 1995: XXV; Lentini, 2012: 261). 

Sia dai contemporanei che dai posteri, Rafinesque è spesso descritto come un esuberante, un giullare, quasi un buffone (cfr. infra); con ciò si dimentica che, almeno in parte, tale “eccentricità” rispetto al comune sentire connota irrimediabilmente ogni naturalista. Nello stesso anno in cui Rafinesque compiva la sua spedizione sull’Etna, il conte Pierre François Marie Auguste Dejean (1780-1845) ‒ colonnello in servizio presso l’Armata d’Aragona napoleonica, al comando del generale Suchet (Maresciallo dell’Impero dal 1811) ‒ durante la battaglia di Alcañiz (23 maggio 1809), poco prima di lanciare l’attacco contro le linee nemiche, fu attirato da un coleottero presente sul campo di battaglia: ritenendolo appartenere a una specie non ancora descritta, Dejean non esitò un attimo a smontare da cavallo e infilzarlo sul sughero del suo elmetto (Conniff, 2011: 9-10). Lo stesso Rafinesque riporta un aneddoto significativo in tal senso; che vede protagonista, suo malgrado, il suo amico inglese Swainson: 

«Nel 1812 erborizzai con Swainson e andammo insieme sulle montagne [nei dintorni di Palermo] dove egli poteva cacciarvi insetti, e dove veniva preso per un matto o un mago. Non parlava per nulla italiano e un giorno dovetti salvarlo dai colpi di pietra che gli tiravano per cacciarlo da un campo, dove credevano stesse per scoprire dei tesori, a causa dei suoi retini acchiappafarfalle, secondo la credenza dei Siciliani di tesori sepolti dai Greci» (Rafinesque-Schmaltz, 1836; tr. it. Violani, 1995: XXII-XXIII). 

fig-2-dedica-rafinesque-bivonaCertamente, certi episodi del periodo americano di Rafinesque (cfr. infra) indicano comunque una “eccentricità” insolita anche per gli standard di un naturalista del suo tempo. Ad ogni modo, nel periodo siciliano a prevalere sulla sua reputazione di studioso non erano i sentimenti irrisori e denigratori che lo accompagneranno nell’ultima fase della sua vita. I botanici Antonino Bivona Bernardi (a cui è dedicata la sua prima monografia) e Francesco Tornabene, il già citato Swainson, la viaggiatrice inglese Jeannette Villepreux Power, il naturalista madonita Francesco Minà Palumbo e lo zoologo palermitano Pietro Doderlein non mancarono di evidenziare le sue qualità di studioso (cfr. Lentini, 2012).

Tuttavia, la permanenza in Sicilia di Rafinesque fu anche fonte di scottanti delusioni, di cui forse la maggiore è quella relativa alle modalità dei concorsi a Cattedra all’Università di Palermo, nel 1812: 

«Il Prof. Tineo morì e la Cattedra di Botanica dell’Università si rese vacante. Fu destinata segretamente a suo figlio, a dispetto dei regolamenti che richiedevano un concorso, e benché gli autori avessero la precedenza. Bivona ed io eravamo in lista come autori, ma a causa di ritardi e sotterfugi, il concorso non ebbe luogo se non dopo due anni, quando Tineo figlio ebbe raggiunto l’età necessaria e fu preferito a Bivona, dato che io mi ritirai dal concorso disgustato da questi impacci e liti. Mi misi pure in lista per un concorso relativo alla Cattedra di Agricoltura, che ebbe luogo, e dove appresi come lo conducevano, ma fui sorpreso di vedere che mi si preferì un commesso del Ministero» (Rafinesque-Schmaltz, 1836; tr. it. Violani, 1995: XXIII). 

Commentando sarcasticamente questo passo, Romano (2006: 160) scrive: «Altri tempi!». Non possiamo che aggiungere: Nihil sub sole novum. Consolati, Constantine: non fosti né il primo, né l’ultimo anello di una lunga catena di Vinti. Anche gli ultimi due anni del periodo siciliano di Rafinesque sono pesantemente condizionati dal mutare della congiuntura politica internazionale, come egli stesso riferisce: «Nel 1813 vi fu una rivoluzione pacifica in Sicilia; grazie all’influenza degli Inglesi, la Costituzione fu rimodellata e l’autorità dei Parlamentari estesa. Una delle clausole fu la libertà di stampa, il che mi spinse a progettare un Giornale scientifico per l’anno del 1814» (Rafinesque-Schmaltz, 1836; tr. it. Violani, 1995: XXIII). Tale periodico è lo Specchio delle scienze di cui si è in precedenza accennato. Nello stesso anno furono pubblicati i Precis des Decouvertes e i Principes fondamentaux de Somiologie (1814).

È in particolare su queste ultime opere che si concentra la critica che ha segnato la reputazione scientifica di Rafinesque fino ai giorni nostri: quella di “moltiplicatore” di specie (uno splitter, diremmo con il lessico odierno), di tassonomista impreciso e disinvolto; contestazione portata avanti, fra gli altri, da Bertolini e soprattutto da Georges Cuvier (nonché, anni dopo, da Thomas Say e John J. Audubon negli Stati Uniti: cfr. Conniff, 2011: 130-133). In risposta a Cuvier (che, com’è noto, rappresentava un’autorità preminente nel mondo scientifico europeo del primo Ottocento anche grazie alle sue connessioni politiche: cfr. Appel, 1987 e Massa, 2009), Swainson evidenzia come il Blocco Continentale napoleonico (1806-1814) necessariamente impedisse a Rafinesque di ricevere notizie, per non parlare di pubblicazioni, circa le descrizioni di nuovi taxa che si andavano accumulando in Francia; portando inevitabilmente ad un accumulo di “nuove specie” poi passate in sinonimia. D’altra parte, continua Swainson, molte specie descritte da Cuvier erano già state descritte dallo stesso Rafinesque con anni di anticipo, per poi essere ignorate (cfr. Lentini, 2012: 268-269).

Lo stesso Rafinesque racconta che, con la prima abdicazione di Napoleone e la riapertura dei contatti della Sicilia con l’estero, egli poté finalmente riallacciare con Francia e Italia i propri traffici commerciali e scientifici; nell’ambito dei quali fu invitato dagli stessi Professori del Museo di Parigi «a procurare loro i pesci della Sicilia» (Rafinesque-Schmaltz, 1836; tr. it. Violani, 1995: XXIV).

È a questo punto che matura in Rafinesque il proposito 

«di viaggiare di nuovo fuori dalla Sicilia, dove ero stato trattenuto troppo a lungo, mio malgrado. Fu a questo scopo che feci dei preparativi nel 1815 e che pubblicai la mia Analyse de la Nature in francese, opera che destinavo a farmi conoscere favorevolmente in Francia, dove volevo andare a raggiungere mia madre, allora a Parigi. Ma sopravvennero gli avvenimenti dei Cento Giorni, che mi fecero temere nuove guerre. Sono un uomo così pacifico e così nemico dei litigi e delle guerre, che dovetti rinunciare a rivedere la Francia per il momento. Dato che i miei preparativi erano nel frattempo fatti, e che il disgusto dei processi e delle ingiustizie che provavo in Sicilia mi spingevano a lasciarla, rivolsi gli occhi sugli Stati Uniti […]» (Rafinesque-Schmaltz, 1836; tr. it. Violani, 1995: XXV). 

Sebbene accurate ricerche archivistiche (Lentini, 2012: 266-268) sembrino indicare vicissitudini familiari ed economiche fra i motivi che indussero Rafinesque di lasciare definitivamente la Sicilia, non si può escludere che, a contribuire al «disgusto dei processi e delle ingiustizie che provavo in Sicilia», non fossero anche le scottanti delusioni provate in ambito accademico (cfr. Romano, 2006: 160; Lo Cascio, 2014: 15). 

da Rafinesque, Caratteri alcuni generi e nuove specie di animali,

da Rafinesque, Caratteri di alcuni generi e nuove specie di animali, 1810

La fine del viaggio 

La cosa peggiore di tutta la faccenda è che Rafinesque aveva la stoffa per essere un grande naturalista (Conniff, 2011: 133) 

Scrive Rafinesque della sua traversata oceanica: «Il nostro viaggio da Palermo all’America fu lunghissimo e disastroso; la nostra nave era un cattivo veliero e noi restammo più di tre mesi in viaggio, comprese le nostre soste a Gibilterra e alle Azzorre» (Rafinesque-Schmaltz, 1836; tr. it. Violani, 1995: XXVI). Non solo il viaggio, ma anche l’arrivo in America fu un dramma: il veliero naufragò presso Long Island Sound; Rafinesque sì salvo ma perse le sue collezioni naturalistiche (fra cui 600 mila campioni malacologici), i suoi manoscritti inediti e parte della biblioteca 4 (ivi: XXV).

Visse a New York fino al 1818, quando si trasferì nel Kentucky allo scopo di intraprendere un’esplorazione ittiologica del fiume Ohio. Lì fu ospite dell’ornitologo John James Audubon, il quale racconta un bizzarro aneddoto che ben giustifica la fama di Rafinesque come personaggio folle ed eccentrico. Audubon riferisce di essere accorso nel cuore della notte presso la camera del naturalista, avendo udito un fracasso insolito, e di aver assistito ad una scena surreale: 

«Mi alzai, corsi sul posto in un attimo, aprii la porta e, stupefatto, vidi il mio ospite correre nudo per la stanza tenendo in mano il mio amato violino il cui corpo era stato mandato in pezzi contro il muro nl tentativo di uccidere i pipistrelli che erano entrati dalla finestra aperta, probabilmente attirati dagli insetti che svolazzavano attorno alla candela. Rimasi impietrito, ma lui continuava a correre e saltare fino a quando, vedendolo esausto, non mi offrii di procurargli uno degli animali, che era convinto che appartenessero “a una nuova specie”. Pur convinto del contrario, presi i resti del mio demolito Cremona, dando un giusto colpo a ogni pipistrello che mi veniva vicino, fino ad avere abbastanza esemplari» (cit. in Conniff, 2011: 127). 

Audubon, successivamente, si sarebbe vendicato con Rafinesque della distruzione del suo violino sottoponendogli schizzi di “nuove specie” (inventate) di pesci del fiume Ohio, fra cui un fantomatico luccio con scaglie a prova di proiettile. Rafinesque lo descrisse come Litholepis adamantinus, solo sulla base della scherzosa diceria di Audubon (ivi: 132).

In generale, sebbene la sua fama di naturalista lo precedesse, negli Stati Uniti Rafinesque non era granché stimato: 

«Una donna che lo aveva conosciuto ai tempi dell’Ohio descrisse Rafinesque come “una creatura sola e senza amici”, dagli occhi scuri e i capelli setosi, così assorbito dal suo lavoro da dimenticare spesso di pulirsi dalla melma che lo aveva sporcato sul campo o di lavarsi la faccia. […] “La sua disgrazia era l’urgente bramosia di novità, e la sua foga nel pubblicarle”, ha scritto il paleontologo Louis Agassiz, aggiungendo che “era un uomo migliore di quanto apparisse”. William Baldwin, il botanico della spedizione Long, liquidò il lavoro di Rafinesque come “le manifestazioni selvagge di una follia letteraria”» (ivi: 125-126). 

Successivamente, egli divenne professore di Botanica e Storia Naturale alla Transylvania University di Lexington, nel Kentucky. Nel 1826 ritorna a Filadelfia, dove vivrà per il resto della vita, stampando in proprio le opere che gli editori si rifiutano di pubblicargli. In una di esse, Rafinesque istituisce un nuovo genere botanico, Meiemianthera, sulla scorta della descrizione di Gussone dell’endemismo eoliano Cytisus aeolicus (Lo Cascio, 2014: 15-16). Nel 1832 riceve la cittadinanza statunitense. Nel 1840 muore di cancro, in miseria e con i debitori infuriati: tutti i suoi ultimi averi, incluse le collezioni, i libri e i manoscritti, «furono venduti all’asta per recuperare i soldi per le spese di pigione arretrate. Poco ci mancò che anche il suo stesso corpo non fosse venduto alla Scuola di Medicina per le dissezioni di Anatomia!» (Violani, 1995: XXVI-XXVII). 

Quale bilancio dare di questa vita, straordinaria anche per un naturalista del XIX secolo? Prescindendo dalle sue stravaganze e dalla sua vituperata fama di splitter, altri aspetti vanno considerati a tal fine. Nel “Compendio storico” aggiunto alla terza edizione dell’Origine delle specie, Darwin cita Rafinesque fra i sostenitori dell’idea dell’evoluzione biologica (cfr. anche Barsanti, 2005: 201-202; Pasta, 2009: 442): 

«Rafinesque, nel suo New Flora of North America, pubblicato nel 1836, si esprimeva nel modo seguente: “Tutte le specie hanno potuto essere in passato delle varietà, e molte varietà diventano gradualmente specie, acquistando caratteri permanenti e caratteristici”; ma aggiunge più avanti: “ad eccezione dei tipi originari, o antenati del genere”» 3. (Darwin, 1872; tr. it. 2011: 78). 

Alcuni, come il biologo Raoul-Michel May, hanno sostenuto che ciò farebbe di Rafinesque «un éminent précurseur de Darwin» (cit. in Lentini, 2012: 269). Tuttavia, l’intuizione del fenomeno del trasformismo biologico non rende in alcun modo Rafinesque un “precursore” della teoria di Darwin (ammesso che tale concetto abbia senso, epistemologicamente e storicamente) in quanto egli «non aveva alcuna idea su ciò che causava l’evoluzione, che fu l’intuizione chiave di Darwin» (Conniff, 2011: 134; corsivo mio).

Rafinesque fu, altresì, un autore straordinariamente prolifico, 

«pubblicando parecchie centinaia di contributi su diverse branche delle scienze naturali e descrivendo molte centinaia di specie vegetali (20 tuttora valide, di cui 10 endemiche, nella sola Sicilia), uccelli, rettili (Podarcis sicula, lucertola che per uno scherzo del destino è perfettamente naturalizzata proprio a Philadelphia), pesci, lepidotteri, ecc., proponendo migliaia (!) di combinazioni scientifiche nuove. Biasimato da vivo e disprezzato da morto, Rafinesque lavorò e ragionò sempre sopra le righe, mostrando la capacità di grandi intuizioni in una produzione scientifica costellata da innumerevoli errori marchiani» (Pasta, 2009: 442). 

Pasta sottolinea efficacemente quello che forse è il tratto più rimarchevole della personalità umana e scientifica di Rafinesque: la sconcertante ambiguità del suo genio. Ma forse sono le parole di Richard Conniff quelle più adatte a descrivere questo “giullare della scienza”: «Era il buffone di corte del mondo scientifico, che sprigionava scintille di genio sempre soffocate da una cappa di assurdità» (Conniff, 2011: 127). 

Dialoghi Mediterranei, n. 58, novembre 2022 
Note
[1] Si cita dalla traduzione di Carlo Violani, inserita nella sua Introduzione a C.S. Rafinesque-Schmaltz, Animali e piante della Sicilia, Accademia Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti di Palermo, Palermo 1995 [ristampa anastatica di C.S. Rafinesque-Schmaltz, Caratteri di alcuni nuovi generi e nuove specie di animali e piante della Sicilia con varie osservazioni sopra i medesimi, Sanfilippo, Palermo 1810]: XI-XXVI.
[2] Sulla cui figura cfr. Pasta, 2009: 444.
[3] Una precisazione, questa, in linea con le idee trasformiste del Linneo maturo, per il quale era possibile sostenere che diverse specie vegetali fossero sorte (per ibridazione) da una sola specie creata da Dio per ogni genere, o addirittura per ogni ordine (cfr. Barsanti, 2005: 74-78).
[4] Va peraltro aggiunto che indagini archivistiche sembrerebbero indicare, piuttosto, che Rafinesque avesse lasciato a Palermo la propria biblioteca e le collezioni naturalistiche come pegno per estinguere dei debiti, e che esse almeno in parte siano finite all’asta (Lentini, 2012: 266-267). 
Riferimenti bibliografici 
Appel T.A. 1987, The Cuvier-Geoffroy Debate. French Biology in the Decades before Darwin, Oxford University Press, New York.
Barsanti G., 2005, Una lunga pazienza cieca. Storia dell’evoluzionismo, Einaudi, Torino.
Conniff R., 2011, Cercatori di specie. Eroi e folli alla scoperta della natura, tr. it. di G. Guerrerio, Le Scienze, Roma.
Darwin C.R. [18726], L’origine delle specie, tr. it. di L. Fratini, Bollati Boringhieri, Torino, 2011.
Lentini R., 2012, Gli scritti del periodo siciliano e lo Specchio delle scienze (1814) di Constantin Samuel Rafinesque Schmaltz. Il Naturalista siciliano, 36 (2): 253–278.
Lo Cascio P., 2014, «Cose diverse dalle vulcaniche». Le Eolie dell’Ottocento esplorate da Mandralisca e altri naturalisti, Pungitopo, Gioiosa Marea.
Mack Smith D. [1968], Storia della Sicilia medievale e moderna, tr. it. di L. Biocca Marghieri (1970), Laterza, Roma-Bari 201611.
Massa B., 2009, 1809–2009: duecento anni di evoluzionismo. Il Naturalista siciliano, 33 (3-4): 399-433.-
Pasta S., 2009, Charles Darwin, i naturalisti europei e la Sicilia: retrospettiva e nuove prospettive. Il Naturalista siciliano, 33 (3-4): 435-480.
Rafinesque-Schmaltz C.S., 1810, Caratteri di alcuni nuovi generi e nuove specie di animali e piante della Sicilia con varie osservazioni sopra i medesimi, Sanfilippo, Palermo, 105 pp., 20 tavv.
Rafinesque-Schmaltz C.S., 1815, Chloris Aetnensis o le quattro florule dell’Etna, in G. Recupero, Storia naturale e generale dell’Etna. Opera postuma arricchita di moltissime interessanti annotazioni dal suo nipote tesoriere Agatino Recupero, Stamperia della Regia Università degli Studi, Catania, 15 pp.
Romano M., 2006, La ricerca entomologica in Sicilia: protagonisti, cultori e collezioni a cavallo di tre secoli. Il Naturalista siciliano, 30 (2): 151-226.
Sparacio I., 2022, The contribution of the Sicilian naturalists to the knowledge of circumsicilian islands during the 19th century. Biodiversity Journal, 13 (1): 187–280.
https://doi.org/10.31396/Biodiv.Jour.2022.13.1.187.280
Violani C., 1995, Introduzione: IX-XXVII, in C.S. Rafinesque-Schmaltz, Animali e piante della Sicilia, Accademia Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti di Palermo, Palermo [ristampa anastatica di C.S. Rafinesque-Schmaltz, 1810, Caratteri di alcuni nuovi generi e nuove specie di animali e piante della Sicilia con varie osservazioni sopra i medesimi, cit.]. 
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Giovanni Altadonna, ha conseguito la Laurea magistrale in Scienze filosofiche presso l’Università degli Studi di Catania con una tesi in Epistemologia avente per oggetto L’erronea misurazione dell’uomo. La critica all’antropologia razziale in Stephen Jay Gould. I suoi interessi di ricerca riguardano la filosofia della scienza e la storia della biologia, con particolare attenzione al neodarwinismo e alla storia della teoria dell’evoluzione. Coltiva per diletto lo studio delle scienze naturali, con particolare riferimento all’entomologia e alla fauna siciliana. Ha al suo attivo una ventina di pubblicazioni nell’ambito delle scienze umanistiche e delle scienze naturali.

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