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di Carlo Baiamonte
La storia della riqualificazione della costa sud-est di Palermo occupa più di mezzo secolo e costituisce l’esatta rappresentazione di una politica urbanistica che si è basata sulla scelleratezza e mancanza di progettualità delle scelte amministrative.
Il mare e la nostra città, una volta marinara, sono diventati nel tempo una situazione sentimentale che gli utenti di Facebook rivendicherebbero come “relazione complicata”, il che accade quando in realtà non sussiste alcuna relazione e si vogliono evitare molestie e forme di stalking seduttivo.
In questo caso di sentimentale non vi è rimasto nulla e la costa sud si è trasformata, per dirla con Marc Augé, in un Non-Luogo, con una perdita pressoché definitiva della propria peculiarità di lungomare e località balneare ben frequentata sino agli anni sessanta dai residenti del territorio e dai turisti.
Il mare da queste parti era gettonatissimo con il famoso stabilimento “Bagni Italia” dove era possibile noleggiare oltre che i pedalò anche i costumi. Lo sanno bene a Corleone, uno dei comuni dell’entroterra siciliano dal quale le famiglie e i giovani, attraverso una linea ferrata ed un treno speciale, scendevano ogni fine settimana per bagnarsi godendo della vista di Monte Pellegrino.
Oggi, se pensiamo a questi sette chilometri di costa che si sviluppano da S. Erasmo al confine con il comune di Ficarazzi, possiamo solo coltivare, con l’aiuto delle vecchie generazioni, un pezzo di memoria storica e collettiva, non senza provare un senso di vergogna e sentirci partecipi di un processo che ci ha condotti verso una crisi identitaria irreversibile.
Palermo è oggi una città marinara con sette chilometri di mare dimenticato, non balneabile, un processo di riqualificazione mai avviato, privo di elaborazione programmatica, nonostante nel territorio si registri la presenza di forme di associazionismo che negli ultimi vent’anni hanno posto in valore l’opportunità di una rinascita costruttiva.
In qualche misura questa componente culturale e ambientale che è rappresentata dal mare l’abbiamo rimossa dopo che l’abbiamo abusata, così l’approdo di S. Erasmo che ha conosciuto solo da pochissimo una parzialissima riqualificazione (peraltro fredda e discutibile), il porticciolo di Bandita con le barche che si insabbiano, gli arenili di Romagnolo e di Acqua dei Corsari, nel degrado ormai irriconoscibili.
Il tema della percezione estetica della città tra passato e presente, attraverso la documentazione fotografica, a scapito del presente è una certezza. La città del passato era più bella. Rispetto al tema del mare di Palermo, il nostro immaginario si è fissato definitivamente su Mondello e l’Addaura.
Abbiamo pure, in una fase di coito amministrativo, ideato il Museo del Mare ma sembra che questa istituzione svolga prevalentemente attività a scopo conservativo e di memoria culturale. Invece a noi servirebbero organismi militanti, vivaci, intraprendenti, capaci di sensibilizzare e trasformare la sensibilizzazione in una battaglia civica e identitaria.
Il mare appartiene a tutti, come la terra, il sole, lo scirocco, la sabbia e la costa sud-est di Palermo. A distanza di anni ci si ritrova ad occuparsi di questa progettualità mancata e, sbirciando senza alcuno sforzo negli archivi giornalistici, scopriamo che niente è cambiato, che tutto tace, che anche nella spinta ideale in attesa del rinnovamento delle cariche dell’amministrazione cittadina, il nostro mare, assorbito dalla periferia difficile che si sviluppa sull’asse di via Messina Marine, non costituisca una priorità.
Anzi il mare di Palermo è diventato un argomento tabù, un distillato di competenze interistituzionali che si sovrappongono all’infinito, senza soluzione di continuità e in modo da non produrre alcun cambiamento.
Nella costa sud-est di Palermo si leggono i sintomi della malattia dell’urbanistica siciliana che ostacola, blocca, immobilizza le migliori energie, devasta e deturpa le risorse ambientali, le conserva e le dimentica, le gestisce in termini di interesse privato e non in funzione del bene comune.
Nel nostro mare cittadino si legge la visione di Sciascia ma ancor di più, e in altro senso, la storia di uomini come Ciancimino, Lima, i fratelli Salvo, i palazzinari del famoso sacco di Palermo. Le trasformazioni che hanno interessato la costa sono il prodotto della nuova città, oggi rappresentata dai quartieri che si sono sviluppati in direzione nord; oggi la costa sud-est ospita le discariche di materiale di risulta al posto della sabbia che è stata usata per cementificare i palazzi nuovi.
Il reportage è composto da venti immagini che sono state scattate nell’arco di due giornate primaverili percorrendo in bicicletta la pista ciclabile costruita con i fondi europei, puntualmente e ad ogni centinaio di metri interrotta da auto in sosta e banchi di frutta e ortaggi (ma anche frutti di mare) improvvisati, attività abusive che persistono in assenza di controlli e che danno il senso di un territorio inselvatichito nell’assenza di ogni forma di legalità. Tra queste attività troviamo anche beni confiscati alla mafia come, ad esempio, l’area di una vecchia concessionaria di automobili di lusso che spicca quasi a cercare un contatto con il cielo terso e annuvolato.
Passeggiando lungo via Messina Marine non si possono non notare i tre grandi “mammelloni” a ridosso di S. Erasmo, Romagnolo ed Acqua dei Corsari. Strano l’appellativo, poiché le mammelle, simbolicamente correlate alla madre terra, generalmente nutrono e offrono protezione.
Invece i nostri tre mammelloni, “tossici” contengono tutta la terra contaminata, l’eternit, i tufi delle demolizioni che non sono stati smaltiti e si è deliberatamente deciso di accumulare sul mare, a ridosso del blu, in modo da costituire una scogliera piatta e brulla, alta trenta-quaranta metri, artificiale, orribile.
Accanto al materiale non smaltito che compone i mammelloni vi è però anche il materiale invisibile, sugli arenili, sulla battigia, nel fondale poco profondo di questo mare una volta accogliente. Qualcuno però raccoglie i ricci e racconta di un mare che si sta ripopolando.
All’ingresso di via Messina Marine, provenendo da S. Erasmo troviamo “via dello scaricatore”, un posto spettrale e che non trasmette alcuna speranza e senso di sicurezza sociale, forse perché si trova anche a ridosso dell’edificio che ospitava la famosa Camera della Morte dove venivano torturati e sciolti nell’acido gli avversari del clan di Corso dei Mille.
Il paesaggio rappresentato nel ciclo di immagini realizzate dal mammellone di Romagnolo diventa il paradigma della spiaggia fantasma, come l’omonimo medio metraggio realizzato dieci anni fa dal regista palermitano Emilio Orofino con la partecipazione di dodici giovani dei quartieri Settecannoli, Romagnolo, Brancaccio, Sperone.
Confidiamo in una rigenerazione di energie giovani. Le attività culturali promosse dall’associazionismo cittadino che si sono concretizzate nel tempo in momenti di aggregazione civica (le barche-aiuole ormai abbandonate testimoniano ancora una presenza e un’idea della tutela ambientale di questa parte della città) sono un esempio di buone prassi che andrebbero rivitalizzate in una prospettiva di riqualificazione generale del territorio. Noi continueremo a cercare la bellezza anche tra la plastica abbandonate e le discariche ma le istituzioni non possono certo rimanere a guardare.
Dialoghi Mediterranei, n. 49, maggio 2021
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Carlo Baiamonte, vive e lavora a Palermo, insegna Filosofia e Scienze Umane all’Istituto Regina Margherita di Palermo. Si è laureato in Filosofia nel 1993 e si è occupato a lungo di ricerca, progettazione e programmazione dei servizi socio-sanitari svolgendo attività di consulenza nel Terzo settore e negli enti locali, in particolare nella valutazione della qualità. È giornalista pubblicista, ha collaborato con la rivista “Prometheus” come responsabile della sezione scienze sociali e ha svolto sino al 2013 l’incarico di direttore responsabile di Medeu.it, quotidiano di informazione socio-sanitaria. Appassionato di fotografia, ha al suo attivo diverse pubblicazioni con contributi saggistici in ambito di sociologia della comunicazione. Nel 2018 pubblica con People&humanities il saggio fotografico Nel segno di Palermo, nel 2019 con Giusy Tarantino Di moka in moka. Storie di donne davanti a un caffè pubblicato da Edizioni Ex Libris.
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